lunedì 17 settembre 2012

(1) XVII.IX.MMXII/


Trivelle alla Tremiti il Pd alza il tiro contro Clini
Puglia, piano per il lavoro. Boom dei bandi on line in 6 mesi 1.540 occupati
Crisi, Lo Bello: "Ai politici siciliani non interessa lo sviluppo dell'Isola"            
Precari 3 dipendenti su 10 under 35
Multe auto: contribuenti.it, +1512% ultimi 10 anni in italia
Fondo Ue per il sisma in Emilia, l'Ue proporrà oltre 600 milioni. Per Emilia Romagna, Veneto e Lombardia

Trivelle alla Tremiti il Pd alza il tiro contro Clini
BARI - Una «doccia fredda» per i pugliesi la risposta del ministro dell’Ambiente Cor rado Clini sull’impossibilità per il governo di impedire le trivellazioni al largo delle Tremiti a meno che non venga modificata la normativa nazionale. Ad insorgere è innanzitutto il Pd, il cui capogruppo alla Regione Antonio Decaro ricorda che «esiste già un disegno di legge, presentato quasi un anno fa dai senatori del Pd, che intende non solo vietare nuove ricerche di idrocarburi, ma anche stabilire per legge il coinvolgimento di Regioni e Enti locali nelle procedure autorizzative, cosa che adesso non è neppure lontanamente pensabile».
Senza contare che alle Camere è stata già inoltrata la proposta di legge sul divieto di prospezione «presentata dal consiglio regionale della Puglia». Di qui l’attesa sia per la conferenza delle regioni dell'Adriatico, che si dovrebbe tenere a Trieste, sia per una mobilitazione dei parlamentari «di ogni schieramento politico».
Una mobilitazione, in realtà, già annunciata da tutti i partiti ma che sta già provoncando qualche tensione a livello locale. Il deputato Udc Angelo Cera, dopo le tensioni conclamate tra i centristi e il governo Vendola, attacca a muso il presidente della Regione per l’iniziativa tenuta con lo stesso Clini nei giorni scorsi. «Ha mortificato tutte le istituzioni del Gargano - dice - pur sapendo gli impegni del ministro a Taranto, ha preferito scippare ai sindaci l'opportunità di un confronto serio e costruttivo sulla questione. Vendola non ha perso occasione per fare un gravissimo sgarbo politico-istituzionale non solo all'Udc, ma a tutti i sindaci del territorio interessato dalle ricerche petrolifere a largo delle coste. Grazie al Ministro Clini (che ha promesso di incontrare i sindaci dell’area, ndr) però, avremo occasione di ridare dignità al ruolo dei sindaci e alla cittadinanza tutta che merita coerenza e serietà. Vendola ha detto che il parlamento lavora con sciatteria. Bene, mi sento sereno nell’invitare il governatore - dice Cera - ad occuparsi della sciatteria che regna nel suo consiglio regionale».
Sempre dal Pd, è invece Michele Bordo ad incalzare il governo proponendo «una mozione parlamentare per bloccare le indagini geosismiche per la ricerca del petrolio in Adriatico e una proposta di legge che vieti questo tipo di attività industriale nel mare su cui si affacciano centinaia di comunità che vogliono vivere senza l'incubo di un disastro ambientale e prosperare investendo le proprie energie e risorse in attività economiche sostenibili e compatibili con questo ecosistema».
Come il ministro predecessore, Prestigiacomo, Clini invoca «il notarile rispetto della legge che svilisce la funzione anche politica di un ministro, il quale, invece, prima di rilasciare un'autorizzazione come quella data per le trivellazioni al largo delle Tremiti, dovrebbe compiere valutazioni di ordine sociale e territoriale, non solo tecnico-legislative. Cercare ed estrarre petrolio dal fondo dell'Adriatico è un gravissimo errore di politica ambientale e industriale, perché se ne ricaverebbe materia prima di scarsa qualità e in quantità modesta a fronte dell'enorme danno verso il turismo sostenibile». Per questo, «la decisione del Ministro Clini di convocare una conferenza internazionale dei Paesi dell'Adriatico è insufficiente - continua Bordo - se non sarà accompagnata dalla sospensione immediata delle attività di ricerca - conclude Bordo - E sarà proprio la richiesta al Governo di sospendere l'autorizzazione rilasciata l'obiettivo della mozione che presenterò a giorni in Parlamento insieme con la proposta di legge che punta al divieto assoluto di svolgere tali attività in Adriatico, perché è questo che chiedono e pretendono decine di migliaia di cittadini e le loro rappresentanze istituzionali».

Puglia, piano per il lavoro. Boom dei bandi on line in 6 mesi 1.540 occupati
Il segretario della Cgil Camusso: «Non si vince sconfiggendo il lavoro»
di BEPI MARTELLOTTA
BARI - In appena sei mesi 1.540 posti di lavoro creati con la Dote occupazionale tramite la rete domanda/offerta sul «sistema Puglia» e, da pochi giorni, ben 459 domande di accesso ai benefici del credito d’imposta, appena varato.
Sono i numeri di un mercato del lavoro in Puglia che, tramite i 10 milioni di euro stanziati col Piano straordinario del lavoro alla Dote occupazionale ma anche le altre misure di incentivazione alle imprese, stanno cambiando il volto della regione.
Ad elencarli con orgoglio, ieri in Fiera, la dirigente dell’Area Sviluppo Antonella Bisceglia, che ieri ha celebrato con gli assessori Elena Gentile e Loredana Capone e il presidente Nichi Vendola il traguardo dei 40mila iscritti al portale della Regione. Un numero, anche questo, cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni (erano 13.245 nel 2010) e che, nello stand allestito in Fiera, ha trovato il luogo fisico in cui manifestarsi (con 2mila richieste di accreditamento raccolte). Ben 45 milioni di accessi e 610mila visitatori nel sistema di domanda/offerta allestito parallellamente all’avvio dei bandi a favore di imprese e lavoratori dalla Regione. E di quei 40mila utenti registrati, oltre la metà (23mila) sono aziende, segno dell’attenzione che il mondo dell’impresa - alle prese con una crisi economica epocale - continua ad avere verso nuovi profili professionali o addetti da assumere.
Il sistema integrato di servizi informativi, servizi interattivi e piattaforma di lavoro per gli operatori pubblici e privati (www.sistema.puglia.it) ha avuto anche il vantaggio, tramite le procedure on-line, di abbattere i tempi e i costi di istruttoria delle domande, che in alcuni casi sono passati da 6-7 mesi lavorativi a soli 20 giorni. E, per 23.523 utenti che lo hanno richiesto, c’è l’aggiornamento on line di tutte le ultime notizie relative ai bandi, mentre a 21mila utenti arriva un sms direttamente sul cellulare all’uscita di ogni nuovo bando.
Un modello, questo, che ora la Regione intende esportare in tutti i 42 Centri per l’impiego sparsi nella Regione, in modo da consentire a tutti gli iscritti alle ex liste di disoccupazione di ottenere informazioni sui bandi in avvio.
«L’informatizzazione - dice la Capone - è un modo per praticare la trasparenza e la semplificazione. I bandi per le imprese, infatti, vengono presentati in anticipo rispetto all’entrata in vigore, così gli interessati li studiano e sono preparati, aumentando anche il grado di partecipazione. C’è poi l’elemento efficienza: noi siamo in grado di dare una risposta nell’arco di 45 giorni».
«Connettersi ai cittadini, alle imprese, ai giovani, fornire le conoscenze sempre più sofisticate che consentono di esercitare diritti, sono passaggi cruciali - dice Vendola - del cambiamento delle pubbliche amministrazioni. Tutto questo ha a che fare con la trasparenza, la democrazia e gli effetti reali sul benessere economico».

Crisi, Lo Bello: "Ai politici siciliani non interessa lo sviluppo dell'Isola"            
Duro attacco del vicepresidente nazionale di Confindustria: "I segnali non sono incoraggianti, c'è un pezzo di società che non ha colto la gravità della situazione generale"
di NINO SUNSERI
PALERMO. Erg getta la spugna: cede la maggioranza delle raffinerie di Siracusa ai russi di Lukoil e abbandona definitivamente il progetto del rigassificatore. Un'uscita che fa seguito alla chiusura della Fiat di Termini Imerese, alla crisi del petrolchimico di Gela per non parlare dei tanti mal di pancia che si avvertono nell'Etna Valley. Il bilancio è sconfortante. Non solo non ci sono nuovi investimenti industriali in Sicilia ma quei pochi che esistono battono in ritirata. Nel frattempo il Pil cala e la disoccupazione sale. Nel frattempo la Regione, anziché incentivare l'impresa preferisce pagare i forestali. Così vengono persi 400 posti di lavoro perché due aziende di Reggio Emilia che facevano parte del distretto di Meccanotronica bloccano gli investimenti a fronte dell'inadempienza dell'amministrazione. Che cosa succede? Ne parliamo con Ivan Lo Bello, vice presidente di Confindustria ed esponente di primo piano dell'industria siciliana
A chi e che cosa attribuisce la responsabilità per questa fuga?
«Comincerei dal governo della Regione che verso i temi dell'industria ha mostrato costantemente un'attenzione residuale quando non addirittura aperta ostilità. Una scelta che ha penalizzato le opportunità. Molte aziende che pure avevano guardato con interesse alla Sicilia, hanno dirottato altrove i loro investimenti. In questo modo sottraendo occupazione e Pil che in Sicilia ormai scende dal 2007».
Qualche nome di impresa che ha cambiato idea?
«Ricordo General Elecritc, una delle più grandi multinazionali del mondo. Aveva previsto la costruzione di due impianti: uno a Palermo e l'altro a Catania. Ha aspettato le autorizzazioni e, non avendo ricevuto risposta, è andata via. Era tanto convinta dell'investimento da dare il via alle selezioni. Mai avrebbe pensato che una Regione come la Sicilia, affamata di lavoro, avrebbe rinunciato all'opportunità. Invece è successo e quei ragazzi ora lavorano a Firenze dove gli americani possiedono il Nuovo Pignone. L'avevano rilevato una ventina d'anni fa dall'Eni perché l'azienda è poco legata al ciclo del petrolio. General Electric l'ha trasformata nel polo mondiale delle turbine. Chissà che cosa avrebbero potuto fare in Sicilia».
Qual è stato l'ostacolo maggiore?
«Bisogna sfatare il mito che il nodo sia solo la burocrazia. Le nomine per i posti di maggior rilevanza hanno ormai origine politica e rispondono alla volontà dei partiti. Che la burocrazia sia largamente inefficiente è vero ma è anche vero che ormai opera sulla base di decisioni prese altrove. Si crea il connubio perverso fra alta burocrazia e scarsa volontà politica. Come accade di frequente la Regione non dice né "si" e nemmeno "no". Tanti "ni" che lasciano il quadro indefinito. Tempi così dilatati, ovviamente, bloccano qualunque iniziativa. Un'azienda non può aspettare sei o sette anni per far partire un investimento. Nel frattempo è cambiato tutto: il mercato, la tecnologia, i riferimenti».
I motivi di tanta inerzia?
«Ad un pezzo rilevante della classe politica siciliana non interessa lo sviluppo dell'impresa ma la crescita della clientela. Guardate quello che è successo di recente. La Regione ha speso duecento milioni per pagare i forestali e gli altri precari anziché liquidare le fatture alle ditte fornitrici. Fra le due emergenze ha soddisfatto quella che, a prima vista, garantiva un ritorno più immediato in termini elettorali. Una scelta irresponsabile e miope. Le imprese che restano a corto di liquidità ovviamente chiudono e se non ce la fanno più licenziano. Posso assicurare che i disoccupati sono molti di più dei forestali e dei precari».
Molto assistenzialismo, poco sviluppo. Come nel caso delle due aziende di Reggio Emilia che si sono ritirate dal distretto della Meccanotronica per l'inadempienza della Regione...
«I valori sono sotto gli occhi di tutti. La disoccupazione ha raggiunto la soglia del 19,5%. Si tratta solo dei dati ufficiali perché poi bisogna aggiungere tutti i siciliani, giovani e meno giovani che, stanchi di non trovare lavoro hanno anche smesso di cercare. Insomma, da questo punto di vista, purtroppo abbiamo superato la Spagna».
E anche alla Grecia. La lettura in chiave finanziaria della centralità della Sicilia nel Mediterraneo. Prende i vizi di una parte e anche dell'altra.
«C'è un pezzo della società siciliana che non ha colto i segnali della crisi. Il paradosso riguarda direttamente i 20 mila dipendenti regionali. Nessuno di loro si rende conto del rischio che corre. Come i pensionati pagati direttamente per cassa. Una procedura molto pericolosa che esiste solo in Sicilia. Effetto di un'autonomia che, purtroppo, ha finito per danneggiare tutti e tutto. Probabilmente se fossimo stati controllati dallo Stato i 30 mila precari e 30 mila forestali oggi contribuirebbero con altri lavori e impieghi alla crescita dell'economia isolana».
Qual è stata la risposta della Regione alle vostre proteste?
«Lombardo adombrava il sospetto che i nostri appelli fossero strumentali agli interessi di Confindustria. Come se fosse un peccato. Come se il nostro compito non fosse quello di rappresentare le istanze dei nostri associati. Tutto ciò è il frutto di una cultura radicata dove il rapporto fra politica e impresa non si sviluppa in maniera trasparente e in logica di mercato ma con strumenti opachi».
Che cosa chiedete ai candidati per le prossime elezioni regionali?
«Parlino di quello che vogliono fare: come fare ripartire la crescita che è ferma da più di dieci anni. Cosa vogliono fare di quel sistema clientelare che sta dentro al bilancio, se intendono riformare realmente e non a parole la pubblica amministrazione, se faranno un passo indietro rispetto all'occupazione del potere, se vogliono star dietro alla demagogia di una Sicilia negletta o utilizzare al meglio le risorse comunitarie, se intendono seguire il modello Lombardia sulla formazione professionale o mantenere l'attuale clientificio».
Iniziative concrete?
«Attendiamo che i candidati formino le liste. Poi, insieme alle altre organizzazioni imprenditoriali prepareremo una piattaforma su cui chiederemo un confronto».

Precari 3 dipendenti su 10 under 35
Istat su secondo trimestre, oltre 1,3 mln e' a tempo determinato
16 settembre, 16:00
(ANSA) - ROMA, 16 SET - Quasi 3 dipendenti su 10 under 35 non hanno un posto fisso, cioe' sono precari a tempo determinato. E' quanto emerge dai dati Istat del secondo trimestre 2012.
Infatti, in questa fascia d'eta', i dipendenti a tempo determinato sono oltre 1 milione 300 mila su un totale di piu' di 4 milioni 700 mila (27,9%).

Multe auto: contribuenti.it, +1512% ultimi 10 anni in italia
NAPOLI - L'Italia e' il Paese europeo con il piu' alto incremento delle multe automobilistiche negli ultimi 10 anni, con il 1512%. Lo rileva un'indagine del Centro Studi e Ricerche Sociologiche "Antonella Di Benedetto" di Krls Network of Business Ethics per Contribuenti.it Magazine dell' Associazione Contribuenti Italiani, che ha elaborato dati delle Polizie locali e stradali dei singoli stati dell'Ue. Dopo l'Italia, nella lista nera figurano la Romania con il 341%, la Grecia con il 315%, la Bulgaria con il 285%, l'Estonia con il 236%, la Slovacchia con il 222% e Cipro con il 194%. Fanalino di coda la Francia con il 46%, la Spagna con il 44%, il Belgio con 41%, l'Inghilterra con il 38%, la Germania con il 23% e chiude la Svezia con il 19%. A livello territoriale, in Italia le multe automobilistiche sono aumentate del 1534% nel Nord Est, del 1515% nel Centro, d! el 1501% nel Nord Ovest, del 1496% nel Sud e del 1432% nelle Isole.
Dall'indagine di Contribuenti.it Magazine è emerso che a Milano, Napoli e Aosta viene elevata una multa ogni 10 secondi; seguono Roma, Torino e Venezia con 12 secondi, Genova, Firenze e Bari con 13 secondi, Pescara, Bologna, Ancona e Perugia con 15 secondi, Caserta, Verona e Palermo con 19 secondi. Chiudono la classifica Potenza, Reggio Calabria Cagliari e Campobasso con 24 secondi.
"Dai dati e' emerso che - ha spiegato Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it - solo due italiani su dieci pagano la multa senza contestazione, mente l'88% impugnano il verbale innanzi al Prefetto o al Giudice di pace". E questo, "e' un altro primato negativo per l'Italia - continua Carlomagno - Gli Enti locali per far quadrare i conti debbono tagliare le spese inutili, come le auto blu o i cellulari d'oro, anziche' puntare su tassazioni occulte".
Contribuenti.it - Associazione Contribuenti! Italiani
L'Ufficio Stampa - Infopress 3314630647 – 0642828753

Fondo Ue per il sisma in Emilia, l'Ue proporrà oltre 600 milioni. Per Emilia Romagna, Veneto e Lombardia
14 settembre, 17:18
Sisma Emilia: fondo Ue, Commissione proporra' oltre 600 mln
BRUXELLES - La Commissione europea decidera' mercoledi' sul Fondo di solidarieta' dell'Ue per il sisma che ha colpito l'Emilia Romagna, il Veneto e la Lombardia. L'ammontare della proposta - indicano all'Ansa fonti qualificate - supera i 600 milioni di euro. La decisione sara' annunciata dal commissario Ue alla politica regionale Johannes Hahn.
 Sara' il piu' grosso intervento di nuovi finanziamenti mai elargito dal Fondo di solidarieta' dell'Unione europea, la proposta che prendera' mercoledi' la Commissone Ue di elargire oltre 600 milioni di euro alle aree colpite dal sisma, in grandissima parte situate in Emilia Romagna. Non solo. La risposta degli uffici del commissario Ue alla politica regionale Johannes Hahn, giunge in tempi rapidi, in modo da sperare in un via libera altrettanto veloce anche dall'autorita' di bilancio europea, ossia il Parlamento e il Consiglio dei ministri dell'Ue, che a loro volta devono decidere una rettifica del bilancio europeo.
 Un altro elemento importante del dossier, secondo quanto si apprende, e' il fatto che Bruxelles abbia riconosciuto nel sisma un disastro naturale di dimensione nazionale. E questo per almeno due ragioni. In primo luogo, i danni totali provocati dal terremoto (oltre 13 miliardi di euro, in base al dossier consegnato a Bruxelles dal Dipartimento della protezione civile) superano lo 0,9% del Pil italiano. Inoltre, le perdite rappresentano tre, quattro volte, l'ammontare globale del Fondo di solidarieta' Ue che e' di circa 3,6 miliardi di euro.
 In base alle regole del Fondo di solidarieta' europeo quindi, Bruxelles puo' rimborsare per la ricostruzione delle zone terremotate una percentuale del 2,5% del Fondo fino ai tre miliardi di danni riconosciuti, e del 6% per la parte rimanente.


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