mercoledì 26 settembre 2012

(1) XXVI.IX.MMXII/ La nevicata del ’56 (Mia Martini)


Crisi, 64 per cento di imprenditori del Sud è pessimista                Svimez, sud a rischio desertificazione industriale (4)
Istat: “Crollano le vendite al dettaglio, - 3,2% su anno”
Crollano i mutui: in un anno sono dimezzati
Maltempo: Commissione Ue, no aiuti per 11 regioni italiane
Crisi: Weidmann, Italia abbastanza forte per risolvere problemi da sola
Grecia: commissione Ue, tutte cifre su buco fuorvianti

Crisi, 64 per cento di imprenditori del Sud è pessimista                              
Lo rivela lo studio Ipsos per la Confederazione nazionale degli artigiani su un campione di 240 intervistati. ll 32 per cento sostiene che “il peggio deve ancora arrivare”
PALERMO. Il 64 per cento degli imprenditori del Sud Italia è pessimista, non vede prospettive per uscire dalla crisi, e il 32 per cento sostiene che “il peggio deve ancora arrivare”. Sono alcuni dei dati contenuti nella ricerca «Mezzogiorno, imprese e sviluppo: la crisi come occasione di cambiamento», realizzata dall'Ipsos per la Confederazione nazionale degli artigiani, su un campione di 240 intervistati.
I risultati dell'indagine sono stati presentati stamattina in un convegno a a Palazzo dei Normanni, a Palermo, alla presenza del presidente e del segretario della Cna Ivan Malavasi e Sergio Silvestrini. Secondo lo studio, gli imprenditori del Mezzogiorno operano in un contesto di mercato dove sono costretti a fronteggiare problemi cronici e strutturali: come l'eccessivo carico fiscale sull'impresa e sul lavoro (80 per cento), la lentezza e la macchinosità della pubblica amministrazione, specie se comparata con quella del Nord Italia (74 per cento), l'inefficienza della politica locale (62 per cento). E problemi legati alla crisi economica come ritardi nei pagamenti da parte dei debitori privati e pubblici (57per cento), stretta creditizia e rifiuto dei finanziamenti da parte delle banche (54 per cento).
Queste difficoltà, secondo lo studio, hanno fatto maturare una presa di coscienza: la crisi economica accomuna le imprese e rappresenta necessariamente un «fondo da cui risalire», ma non sono più sufficienti estro, fantasia, inventiva, determinazione come ingredienti per risolvere i propri problemi e farcela da soli, è necessaria una visione più ampia e lungimirante che passa attraverso una programmazione/pianificazione di medio-lungo periodo”.

Gli imprenditori del Sud hanno le idee molto chiare sulla complessità dell'attuale situazione
e sulle possibili vie d'uscita", ha detto Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos, presentendo a Palermo la ricerca. "L'appesantimento burocratico e la criticità della politica locale - ha aggiunto - sono fra le principali cause di freno, ma gli imprenditori hanno saputo fare anche autocritica, sanno che le aziende del Sud soffrono di un certo individualismo
che di certo non aiuta a fare sistema. Ad ogni modo c'é la consapevolezza che i mercati spingono gli imprenditori a uscire dalla cultura del 'sapere fare' per confluire nella cultura 'del
sapere'"

Svimez, sud a rischio desertificazione industriale (4)
È allarme segregazione occupazionale. Occupata al Sud meno di una giovane donna su 4. L’istantanea dell’economia del Mezzogiorno nel Rapporto Svimez Roma –
EMERGENZA GIOVANI E DONNE - Dopo un biennio di stagnazione, nel 2011 gli occupati in Italia sono stati 22 milioni 967mila unità, 95mila in più rispetto al 2010, pari allo 0,4 per cento (+0,2 per cento nel Mezzogiorno, + 0,5 per cento nel Centro-Nord). Ma la vera e propria emergenza colpisce i giovani e le donne. In tre anni, dal 2008 al 2011, gli under 34 che hanno perso il lavoro al Sud sono stati 329mila. Nel 2011 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 44 per cento nel Mezzogiorno e del 64 per cento nel Centro-Nord. A livello regionale il tasso più alto si registra in Abruzzo (56,8 per cento), il più basso in Campania, dove continua a lavorare meno del 40 per cento della popolazione in età da lavoro. In valori assoluti, crescono gli occupati in Abruzzo (+13.300), Puglia (+11.600), Sardegna (+8.300), Calabria (+3.900) e Basilicata (+2.500). In calo invece in Molise (- 1.100), Sicilia (-7.300) e Campania (-16.700). Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile per la classe 25-34 anni è giunto nel 2011 ad appena il 47,6 per cento, pari cioè a meno di un giovane su due, a fronte del 75 per cento del Centro- Nord, cioè di 3 impiegati su 4. Situazione drammatica per le giovani donne meridionali, ferme nel 2011, al 24 per cento, pari a mano di una su quattro in età lavorativa, che spinge le stesse di fatto a una segregazione occupazionale rispetto sia ai maschi che alle altre donne italiane.

 DISOCCUPAZIONE REALE AL SUD E’ DEL 25% - Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 13,6 per cento al Sud e del 6,3 per cento al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Nel Centro-Nord la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro; nel Mezzogiorno solo in minima parte diventa effettivamente ricerca di nuova occupazione. Rispetto all’anno precedente, i disoccupati sono aumentati al Sud (+2 per cento, pari a 19.600 unità), con una crescita addirittura del 18 per cento in Molise (1.900 disoccupati in più) e della Campania (+11,5 per cento, pari a 29.800 nuovi disoccupati). Scendono invece al Centro-Nord di 14.200 unità, pari all’1,2 per cento. In testa alla non invidiabile classifica, la Campania, con un tasso di disoccupazione del 15,5 per cento, seguita dalla Sicilia (14,4 per cento) e dalla Sardegna (13,5 per cento). Il tasso di disoccupazione ufficiale rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l’indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10 per cento e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2011 al 25,6 per cento.

 IRREGOLARI QUASI TRE MILIONI - Nel 2011 secondo stime Svimez gli irregolari in Italia arrivano a 2 milioni 900mila unità., di cui 1 milione e 200mila al Sud. Se al Centro-Nord il lavoro nero interessa prevalentemente secondi lavori e stranieri non regolarizzati, al Sud vede invece protagonisti irregolari residenti. A livello di settore, nel 2011 al Sud è irregolare un lavoratore su 4 in agricoltura (25 per cento), il 22 per cento nelle costruzioni, il 14 per cento nell’industria. A livello regionale in valori assoluti si stimano 296mila lavoratori in nero in Sicilia, 253mila in Campania, 227mila in Puglia, 185mila in Calabria, 131mila in Sardegna, 62mila in Abruzzo, 46mila in Basilicata e 23mila in Molise.

 DONNE SEGREGATE - Non è esagerato oggi parlare di vera e propria segregazione occupazionale delle donne, che nel Mezzogiorno scontano una precarietà lavorativa maggiore sia nel confronto con i maschi del Sud sia con le donne del resto del Paese. Se da un lato la quota di donne meridionali occupate con un contratto a tempo parziale (27,3 per cento) è inferiore di quasi 3 punti rispetto a quella del Centro-Nord (29,9 per cento), dall’altro l’aspetto più allarmante è che il 67,6 per cento di queste lavora part-time perché non ha trovato un lavoro a tempo pieno. Il dato forse più rilevante è testimoniato dall’inattività, che riguarda ormai due donne meridionali su tre. Mentre nel corso degli ultimi dieci anni il Centro-Nord ha colmato in parte la distanza del suo tasso di attività femminile dalla media europea (recuperando due punti percentuali, da -7-7 a -5,4), nel Sud il divario è aumentato di 4 punti percentuali, passando da -24,5 del 2000 a -28,2 nel 2011). L’inattività femminile cresce al Sud perché da un lato le donne scoraggiate pensano di non trovare un’occupazione e non si mettono quindi neppure a cercarla; dall’altro perché i canali d’intermediazione formali sono carenti e inefficienti. Secondo quasi l’82 per cento delle donne inattive del Mezzogiorno non si cerca lavoro non per l’assenza, l’inadeguatezza o il costo eccessivo dei servizi di cura, bensì per la prospettiva di un’occupazione con una retribuzione bassa e discontinua.

 BOOM BASILICATA - nel 2011 il Pil è aumentato nel Mezzogiorno dello 0,1 per cento, distante dal +0,6 per cento del Centro-Nord. Non va meglio nel medio periodo: negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2011, il Mezzogiorno è rimasto inchiodato allo 0 per cento, rispetto al + 0,4 per cento del Centro-Nord, a testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due aree. Marche e Lazio sono state le regioni a crescere di più negli ultimi dieci anni, rispettivamente del +0,6 per cento e del +1,1 per cento, mentre fanalini di coda sono state Piemonte (0 per cento medio annuo) e Umbria (0,1 per cento). In altri termini, in cinque anni, dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10 per cento, tornando ai livelli di quindici anni fa, del 1997. A livello regionale, l’area che nel 2011 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+1 per cento), seguita dal Nord-Ovest (+0,6 per cento). Il Centro è stato fermo come il Sud a +0,1 per cento. Più in particolare, la forbice oscilla tra il boom della Basilicata (+2 per cento) e la flessione del Molise (- 1,1 per cento), che accusa particolarmente la crisi del tessile e dell’abbigliamento. Dopo la Basilicata, che si conquista la palma nazionale di regione virtuosa nella crescita, all’interno del Mezzogiorno, la crescita più alta spetta all’Abruzzo (+1,8 per cento), che consolida e conferma l’incremento dell’anno precedente (+1,7 per cento). Segni positivi anche in Sardegna (+0,9 per cento) e Puglia (+0,5 per cento). In calo invece la Calabria (-0,7 per cento), la Campania (-0,6 per cento), e la Sicilia (-0,2 per cento).

 IL DESERTO INDUSTRIALE DEL SUD - Il rischio reale è la scomparsa di interi comparti dell’industria italiana nel Sud. Negli ultimi quattro anni, dal 2007 al 2011, l’industria al Sud ha perso 147mila unità (-15,5 per cento), il triplo del Centro-Nord (-5,5 per cento). Giù al Sud anche gli investimenti fissi lordi, -4,9 per cento nel 2011, e -1,3 per cento del resto del Paese. Lo scenario è quindi quello di una profonda e continua de-industrializzazione, perché le imprese al Sud non riescono a mettere in pratica strategie di internazionalizzazione e delocalizzazione di fasi produttive tali accrescere la competitività del sistema. Situazione ancora più difficile in presenza di un costo del lavoro al Sud decisamente più alto dei competitors europei e asiatici. In relazione alla competitività del Sud in Europa, secondo una simulazione SVIMEZ contenuta nel Rapporto, un lavoratore rumeno conviene rispetto al meridionale perché pur essendo meno produttivo costa decisamente molto meno. Un lavoratore meridionale nel 2008, insomma, è costato circa 34.334 euro nel Sud, quanto quasi due polacchi (19.738 euro), sette rumeni (5.429) e quasi dieci bulgari (3.813), mentre il divario di produttività vede il lavoratore del Sud soltanto da 2 a 4 volte più produttivo del collega europeo.

 Un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da quattro anni, lavora ufficialmente meno di una giovane donna su quattro e si è a rischio segregazione occupazionale. Mentre un nuovo paradigma per il Sud dovrebbe essere capace di integrare sviluppo industriale, qualità ambientale, riqualificazione urbana e valorizzazione del patrimonio culturale. Questa la fotografia che emerge dal Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2011.   (ilVelino/AGV)
(red/glv) 26 Settembre 2012 11:05

Istat: “Crollano le vendite al dettaglio, - 3,2% su anno”
In calo del 2% i prodotti alimentari e del 3,8% i non alimentari
Ancora una contrazione per le vendite al dettaglio: a luglio, secondo i dati diffusi dall'Istat, l'indice destagionalizzato (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) ha segnato una diminuzione congiunturale dello 0,2%. Nella media del trimestre maggio-luglio 2012 l'indice è, invece, diminuito dell'1,0% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto con giugno 2012, sottolinea l’Istat, le vendite diminuiscono dello 0,1% per i prodotti alimentari e dello 0,3% per quelli non alimentari. Rispetto a luglio 2011, l'indice grezzo del totale delle vendite segna una diminuzione del 3,2%, sintesi di un calo del 2,0% per i prodotti alimentari e del 3,8% per quelli non alimentari. Le vendite per forma distributiva mostrano, nel confronto con luglio 2011, variazioni negative sia per la grande distribuzione (-2,3%) sia per le imprese operanti su piccole superfici (-3,8%). Nel confronto con i primi sette mesi del 2011, l'indice grezzo diminuisce dell'1,7%, come risultato di una lieve diminuzione per le vendite di prodotti alimentari (-0,1%) e di una flessione più marcata per quelle di prodotti non alimentari (-2,4%).

Crollano i mutui: in un anno sono dimezzati
Il mercato del mattone ripiomba nella crisi, a confermarlo è l’Istat che rileva nel primo trimestre una caduta annua delle compravendite del 17%, con le case che vanno peggio di uffici, negozi, capannoni. E ancora più forte è il crollo dei mutui, che nel giro di un anno risultano addirittura dimezzati. In Italia la capacità di spesa non perde terreno solo nei confronti dell’acquisto più importante, ovvero l’abitazione, ma anche sul fronte complessivo dei consumi: Confcommercio prevede un ribasso pro capite di oltre il 3% per il 2012, la caduta più forte dal dopoguerra.
La recessione si fa così sentire su tutti i campi. A cominciare proprio dall’immobiliare che interrompe nel modo più brusco la ripresa segnata nella seconda metà dello scorso anno. Il tonfo per il settore di case e pertinenze (posti auto, cantine) tocca il fondo nel Centro Italia (-21%). Invece sono quasi assenti differenze tra grandi città e piccoli centri: l'ondata di crisi non risparmia più niente. Quanto alle transizioni di immobili a uso economico (uffici, esercizi commerciali, laboratori) il crollo è meno ampio ma comunque a doppia cifra (-11,8%).
Le famiglie acquistano meno case anche perché con la crisi si riduce il numero di chi può chiedere un prestito e di chi si vede accettare la domanda di finanziamento. I numeri parlano chiaro: i mutui stipulati nei primi tre mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo del 2011, scendono del 49,6% nel complesso, e del 39,2% se si guarda solo a quelli con costituzione di ipoteca immobiliare.   La crisi inoltre continua a spingere al ribasso i prezzi degli immobili e secondo Immobiliare.it nel primo semestre dell’anno il prezzo medio di vendita delle abitazioni nei capoluoghi italiani è sceso del 2,7%, rispetto allo stesso periodo del 2011, mentre nello stesso periodo si è registrato un boom delle richieste d’affitto, 283mila, con un +16% rispetto al primo semestre 2011.  Insomma il 2012 inizia male per il mattone, su cui pesano anche il credit crunch dovuto alle nuove regole e una disoccupazione in crescita.
Previsioni «nere» sono quelle che arrivano dalla Confcommercio, che rivede al ribasso il calo dei consumi per quest’anno, annunciando così «la peggiore variazione negativa della storia della Repubblica». L’organizzazione dei commercianti rileva come solo pochissimi settori di spesa (la telefonia e l’informatica) e solo un canale di distribuzione, il discount, riescano a tenere. Per le associazioni dei consumatori, però, la caduta sarà ancora più forte: per Federconsumatori e Adusbef il rischio è che si raggiunga una flessione del 5%. Basti penare che per il Codacons i consumi per prodotti della tavola sono tornati indietro di 33 anni. Preoccupazioni vengono espresse anche dagli agricoltori, con Coldiretti che sottolinea come gli italiani stiano tagliando anche sui consumi alimentari. In allarme pure la Cia-Confederazione italiana agricoltori.

Maltempo: Commissione Ue, no aiuti per 11 regioni italiane
Domande non rispondono a criteri intervento Fondo solidarietà
26 settembre, 15:49
Bruxelles non accoglie la richiesta di aiuti 11 regioni per le nevicate dello scorso febbraio
BRUXELLES - La Commissione Ue ha deciso di non accogliere la richiesta di aiuti avanzata da 11 regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Molise, Puglia, Toscana e Umbria) che hanno subito danni in seguito alle nevicate eccezionali dello scorso febbraio. Lo si e' appreso da fonti comunitarie.
Secondo Bruxelles, la richiesta ''non risponde ai criteri fissati'' per l'intervento del Fondo europeo di solidarieta'. La decisione negativa e' stata confermata da fonti vicine al commissario Ue per la politica regionale Johannes Hahn, responsabile del dossier, ed e' stata presa dopo un'approfondita analisi della domanda presentata e delle ulteriori informazioni trasmesse dall'Italia a Bruxelles su richiesta della Commissione Ue.
Bruxelles ha ritenuto che complessivamente non fossero state rispettate due delle tre condizioni fondamentali previste per l'erogazione di aiuti da parte del Fondo di solidarieta' Ue anche nel caso in cui i danni accertati non raggiungano la soglia minima fissata in 3,6 miliardi di euro (nella documentazione presentata dall'Italia i danni sono stati stimati in 2,7 miliardi). In particolare, per i servizi della Commissione che hanno esaminato il dossier, l'Italia non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che le nevicate abbiano prodotto danni gravi e durevoli (cioe' con effetti superiori a un anno) sulle condizioni di vita delle popolazioni colpite e sulla stabilita' economica delle zone interessate.
E questo al di la' del fatto che l'eccezionale ondata di maltempo abbia causato numerose vittime, circostanza per la quale le fonti di Bruxelles esprimono il loro ''piu' profondo rincrescimento''. La scorsa settimana la Commissione ha invece accolto la richiesta di intervento del Fondo di solidarieta' Ue contro le calamita' naturali per fare fronte alle conseguenze del terremoto che ha colpito l'Emilia Romagna e le regioni limitrofe proponendo l'erogazione di aiuti per la cifra record di 670 milioni di euro a fronte di danni accertati pari a 13,3 miliardi di euro.

Crisi: Weidmann, Italia abbastanza forte per risolvere problemi da sola
26 Settembre 2012 - 17:35
 (ASCA) - Roma, 26 set - L'Italia non ha bisogno di alcun programma di aiuti da parte dell'Eurozona Lo ha spiegato il il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, parlando con i giornalisti dopo l'incontro bilaterale, tenutosi a Francoforte, con il ministro dell'economia e delle finanze Vittorio Grilli. Lo riporta l'agenzia Market News International.
 ''L'Italia e' abbastanza forte per risolvere da sola i suoi problemi. Si tratta di un paese fondamentalmente solido.
L'Italia ha avviato un ambizioso programma di riforme, che sono certamente difficili ma che alla fine hanno mostrato di portare benefici e stanno esercitando i primi effetti positivi, non solo per il popolo italiano ma anche per l'intera Eurozona'' ha detto Weidmann.
red/men

Grecia: commissione Ue, tutte cifre su buco fuorvianti
Secondo ultime indiscrezioni sarebbe arrivato a 30 mld
25 settembre, 15:19
(ANSA) - BRUXELLES, 25 SET - ''Fuorvianti'': con questo aggettivo un portavoce della Commissione Ue ha definito tutte le cifre sul 'buco' della Grecia che stanno circolando sui media.
Anziche' gli stimati 11,5 miliardi, secondo ultime indiscrezioni giornalistiche, il buco sarebbe salito a 30 miliardi di euro. Per Bruxelles, queste cifre, come la notizia su un terzo programma di aiuti, sono ''fuorvianti''. La Commissione invita ad aspettare il rapporto della troika, i cui negoziati riprenderanno lunedi' prossimo ad Atene. (ANSA).


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