sabato 15 settembre 2012

(2) XV.IX.MMXII/ Concisi concetti. 1. La locuzione “Pizza alla Napoletana” mi significa un toponimo tirolese.---2. Mauro Manzin: Come stanno i nostri due militari? Stanno bene, sono in un albergo, mangiano cibo italiano, hanno avuto la visita delle loro famiglie, ma sorpattutto hanno vista rispettata la loro dignità e per noi questo è un fattore importantissimo.---3. Giuseppe Armenise: E com’è che i parlamentari si svegliano solo adesso sulla questione delle trivellazioni petrolifere in mare? C’era un modo per fermarle, ed era non votare l’articolo 35 del decreto Sviluppo. È la sintesi estrema del Clini-pensiero.---4. La Slovenia e’ fallita, da tempo. Mettete mano al portafoglio, i greci non sono piu’ belli degli altri.


Petrolio, il ministro Clini «gela» il popolo «No triv»
Rifiuti: Ue attende risposta Italia su piano Campania
Meeting Confesercenti, Jean Paul Fiitoussi: "Senza eurobond non usciremo dalla crisi. Serve governo europeo"
L'Ue approva il pacchetto qualità: salvo "made in Italy" goloso
Bozen, oltrepadania. Toponomastica, intesa fra Svp e Pd
Trst, oltrepadania. l sottosegretario De Mistura: Serbia nell’Ue senza diktat
Slovenia. L’asta dei titoli statali finisce con un flop Lubiana in crisi nera

Petrolio, il ministro Clini «gela» il popolo «No triv»
di Giuseppe Armenise
E com’è che i parlamentari si svegliano solo adesso sulla questione delle trivellazioni petrolifere in mare? C’era un modo per fermarle, ed era non votare l’articolo 35 del decreto Sviluppo. È la sintesi estrema del Clini-pensiero. Il ministro dell’Ambiente, ieri a Bari e Taranto per la questione Ilva, non chiude le porte a chi chiede più rispetto sulla vocazione turistica dei territori come i sindaci del Gargano. Ma fa anche professione di realismo.
«Sono a disposizione - ha detto - per entrare nel merito. Il tema di fondo è quello degli usi energetici e non quello del rispetto di una procedura, stabilita dalla legge per esplorazioni petrolifere più severa al mondo. C'è il problema delle trivellazioni, dei porti petroliferi, dei gassificatori, del traffico petrolifero in Adriatico. Non è insomma una questione singola che va affrontata. Faremo una conferenza organizzata dal presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, con le regioni dell’Adriatico. Parteciperò con un contributo. Andrò anche a trovare l’on. Angelo Cera (Udc) per incontrare i sindaci del Gargano. La discussione deve essere però chiara perchè non sono disponibile a semplificazioni e, siccome non vendo le cravatte di mestiere, non sono neanche disponibile alla demagogia».
La via della legge era in effetti quella lanciata a gennaio dallo stesso presidente del Consiglio regionale, Introna, quando per la prima volta aveva proposto a Clini la conferenza internazionale con le regioni adriatiche italiane e i paesi dell’area dei Balcani. La conferenza si farà il 9 novembre e «dovrà valutare - ha spiegato Introna - se l’Adriatico debba essere chiuso a ogni forma di sfruttamento di giacimenti petroliferi o se la qualità e quantità di petrolio che si possono estrarre valgano l'impresa». Una richiesta a più voci, che, dunque, rafforzerà la richiesta di una legge salva-Adriatico.
Questo rifarsi alle regole attuali, tuttavia, non è piaciuto al presidente della Regione, Nichi Vendola, che accusa il presidente del Consiglio, Mario Monti, e lo stesso ministro Clini di aver assunto un atteggiamento «agnostico, di indifferenza al fatto che l'Adriatico possa essere ferito a morte con le trivelle. Ho anche scritto ai principali leader politici in Parlamento perchè le norme le cambino». L’assessore alla Qualità dell’Ambiente, Lorenzo Nicastro, ricorda che già il ledaer Idv, Antonio Di Pietro aveva dato la sua disponibilità a sostenere un’iniziativa parlamentare.
«Se - ha detto - l'unica via per tutelare il nostro mare è quello di costruire un fronte a sostegno diuna legge nazionale che tuteli l'Adriatico e l'indotto economico in termini di turismo e pesca, allora è la via che percorreremo». Seguono interventi sulla stessa lunghezza d’onda. Dall’Udc, Peppino Longo, si augura che «così come abbiamo fatto noi dell'Udc, anche gli altri partiti interessino i loro parlamentari». E da Sel, concorda su un appello ai parlamentari anche il consigliere regionale Pino Lonigro.
Sulla perversa logica economica (molti investimenti, poco petrolio e di scarsa qualità) che guida la ricerca petrolifera in mare si è invece intrattenuto con il ministro il presidente di Legambiente regionale, Francesco Tarantini. «Secondo le stime non di Legambiente - ha detto - ma del ministero dello Sviluppo Economico, le risorse sottomarine ammontano a 10,3 milioni di tonnellate di petrolio. Le disponibilità sarebbero sufficienti per il fabbisogno nazionale per sole 7 settimane».
Delusi della posizione assunta da Clini presidente e vicepresidente del Wwf Puglia, Leonardo Lorusso e Mauro Sasso. «L’ultima autorizzazione alle prospezioni sismiche al largo delle Tremiti - dicono - è la dimostrazione che il principio di precauzione è stato completamente disatteso».

Rifiuti: Ue attende risposta Italia su piano Campania
Data limite a richieste Commissione e' 15 settembre
14 settembre, 17:10
Rifiuti: Ue attende risposta Italia su piano Campania
BRUXELLES - Alla vigilia della scadenza posta dalla Commissione europea, non è ancora giunta a Bruxelles "nessuna risposta dalle autorità italiane" alle nuove richieste poste loro dall'Esecutivo Ue sul piano rifiuti della Campania.
 Lo ha detto all'Ansa il servizio del portavoce del commissario europeo all'ambiente Janez Potocnik. La data limite è il 15 settembre. Risale allo scorso 22 giugno la presentazione da parte dell'Italia - come aveva concordato il 15 febbraio a Bruxelles - del programma della Campania per il periodo transitorio 2012-2016. Tuttavia, spiegava all'epoca il portavoce del commissario europeo Joseph Hennon, "la valutazione del testo ha mostrato che, nonostante i progressi notevoli fatti, il programma non contiene indicazioni sufficienti riguardanti tutti i progetti previsti per le infrastrutture. In particolare per quanto concerne l'ubicazione di nuove discariche". Per questo il 24 luglio scorso gli uffici della Direzione generale dell'ambiente alla Commissione europea hanno inviato una lettera alle autorità italiane chiedendo loro di fornire le informazioni mancanti, sia sulle opere più importanti che sulla tabella di marcia.

Meeting Confesercenti, Jean Paul Fiitoussi: "Senza eurobond non usciremo dalla crisi. Serve governo europeo"
Paghiamo vizio di fondo nella costruzione dell'Europa
"La soluzione alla crisi europea è ovvia: serve un titolo pubblico unico, per eliminare i margini in cui agiscono gli speculatori". Questa l'analisi dell'economista Jean Paul Fitoussi, nel suo intervento al Meeting Confesercenti. "L'Europa sta vivendo una crisi nella crisi: il problema è nato nel centro del capitalismo, negli Stati Uniti, come crisi di sostenibilità. Da noi è stata aggravata dal vizio di fondo di costruzione dell'Europa: siamo in un sistema in cui il debito è sovrano ma la moneta è senza sovrani. I paesi europei emettono titoli in una moneta sulla quale non hanno nessun controllo: è la prima volta nella storia. Siamo, tutto sommato, in una situazione simile a quella dei paesi emergenti che si indebitano con una moneta estera. Così, però, i mercati ottengono un potere enorme: quello di fare profezie autoavveranti". "Se i mercati diffidano di un Paese - spiega Fitoussi - i capitali fuggono, senza che ci sia una motivazione reale, e i tassi salgono fino a costringere all'insolvenza. Quando invece i mercati si fidano, il paese paga addirittura tassi negativi. Rispetto i mercati: ma si sbagliano sempre. Potremmo prendere ad esempio Spagna e Regno Unito: la prima ha un debito e un disavanzo più bassi del secondo, ma paga spread superiori. Si tratta di un problema che abbiamo creato noi europei. Il solo modo di reagire è di avere una moneta sulla quale si esercita sovranità. La soluzione è ovvia: serve un titolo pubblico unico, per eliminare i margini della speculazione. Anche perché i meccanismi messi in atto adesso sono inefficace: l'ESM, ad esempio, ha risorse troppo esigue, nell'ordine dei 700 miliardi, per salvare debiti di oltre 3.000. Dovrebbe per questo essere dotato di licenza bancaria. La Germania, però, è fortemente contraria: anche se è il Paese che ha il debito implicito più alto. La sua popolazione sta diminuendo: questo significa che deve trovare soldi per trovare le pensioni. E diventerà un paese creditore di altri paesi della zona euro".

L'Ue approva il pacchetto qualità: salvo "made in Italy" goloso
Pizza alla Napoletana, Parmigiano reggiano, cioccolata, prodotti di montagna, insomma tutte le prelibatezze italiane da Nord a Sud che tutto il mondo ci invidia (e ci copia) sono salve. E i produttori così come i consumatori possono tirare un sospiro di sollievo. Il Parlamento europeo ha approvato oggi un regolamento cruciale per il 'made in Italy' alimentare, con cui si dimezzano i tempi per l'attribuzione delle 'etichette di origine" per i marchi di qualità dei prodotti agricoli. D’ora in poi le richieste di registrazione, presentate da gruppi di produttori, trasformatori o produttori-trasformatori per ottenere i marchi DOP (denominazione di origine protetta, come il parmigiano), IGP (indicazione geografica protetta, come l’abbacchio romano) e STG (specialità tradizionale garantita, come la pizza napoletana) dovrebbero essere valutate dalla Commissione Ue in sei mesi anzichè un anno. Viene inoltre creata un’etichetta 'ad hoc' per tutelare i prodotti di montagna, mentre potrebbero essere introdotte a breve nuove etichette per i prodotti delle isole e quelli in vendita diretta. Non solo. Aumentano anche le garanzie contro i 'fintì prodotti tradizionali, per cui vengono portati a 30 gli anni richiesti di presenza sul mercato domestico. Il regolamento, che entrerà in vigore non appena riceverà l’ok del Consiglio Ue con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione, è un "successo importantissimo per il made in Italy alimentare", ha sottolineato il presidente della commissione Agricoltura dell’Europarlamento Paolo De Castro (Pd). L’Aula di Strasburgo ha infatti approvato il testo a larghissima maggioranza, con 528 si, 57 no e 33 astensioni. Tra le nuove norme, ci sono anche regole per tutelare i prodotti certificati dalle usurpazioni, imitazioni ed evocazioni, ma anche la possibilità di indicazione dei "marchi d’area" e l’estensione della lista di prodotti ammissibili a certificazione Ue, come per esempio il cioccolato. Unica pecca, ma su cui si potrà continuare a lavorare in sede Ue, la mancata estensione ai prosciutti certificati del sistema di programmazione produttiva prevista per i formaggi DOP. "L'approvazione del 'Pacchetto qualita» è un’ottima notizia per l’Italia", ha commentato il ministro per le politiche agricole Mario Catania. Una soddisfazione condivisa anche dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, dal Consorzio del Parmigiano Reggiano e dai difensori della Pizza Napoletana.

Bozen, oltrepadania. Toponomastica, intesa fra Svp e Pd
Consulta paritetica, fatta da esperti scelti dai relativi gruppi linguistici, con valutazione dei nomi su scala comprensoriale
di Orfeo Donatini
BOLZANO. La maggioranza fra Volkspartei e Partito democratico ieri pomeriggio, dopo lunghe ore di trattative soprattutto all’interno della Stella alpina, ha finalmente raggiunto l’accordo sui nuovi contenuti del disegno di legge sulla toponomastica in discussione in aula.
Una sofferta vittoria da parte dell’Obmann della Svp Richard Theiner, che ha dovuto fronteggiare l’agguerrita componente interna guidata da Martha Stocker contraria a qualunque apertura, e un successo per i due assessori democratici Christian Tommasini e Roberto Bizzo che con il capogruppo della Stella alpina Elmar Pichler Rolle hanno condotto le serrate trattative praticamente per tutta la giornata di ieri.
Ma cosa prevede la mediazione raggiunta che ha letteralmente riscritto il testo della proposta avanzata dalla Volkspartei? Intanto vi è un preciso ed esplicito riferimento all’articolo 8 dello Statuto di autonomia che prevede la potestà legislativa provinciale in materia di “toponomastica, fermo restando l’obbligo della bilinguità nel territorio della Provincia di Bolzano”.
Ribadito in norma questo fondamentale “paletto”, la nuova legge sulla toponomastica prevede l’istituzione di un Comitato cartografico provinciale che sarà composto in via paritetica fra i tre gruppi linguistici (due membri per ciascuno) superando il rigido riferimento ai rapporti della proporzionale da sempre difeso dalla Svp.
Ma una novità importante sarà anche la “qualità” dei membri che ne faranno parte : saranno infatti degli esperti della materia e non più scelti fra i funzionari provinciali. E con un ulteriore “condizione”: “tre componenti saranno designati dal Consiglio provinciale su proposta dei consiglieri dei rispettivi gruppi linguistici, e tre dalla giunta provinciale su proposta dei rispettivi gruppi linguistici”. Resteranno in carica per la durata della legislatura e all’interno del Comitato il presidente non avrà a disposizione il doppio voto.
Superato poi anche un altro passaggio cardine: il repertorio dei toponimi verrà “raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensoriale ” e non più, come aveva ipotizzato la Svp, semplicemente in sede locale attraverso una mera rilevazione da parte dell’Astat. E se ogni toponimo verrà raccolto nelle diverse versioni linguistiche su scala comprensoriale, non manca in legge anche un riferimento a “tutte le denominazioni dei luoghi in uso sul territorio provinciale “.
Questi in sostanza i passaggi più qualificanti dei due maxi-emendamenti presentati a firma Pichler Rolle (Svp) e Bizzo (Pd) nel tardo pomeriggio e che hanno di fatto “spiazzato” le opposizioni della destra sia tedesca che italiana.
E mentre - dopo una lunga pausa dei lavori in aula per consentire alle opposizioni di valutare la portata della nuova legge presentata dalla maggioranza - molti degli emendamenti sono stati ritirati, non sono mancati spunti polemici nel dibattito rispetto soprattutto alle modalità del nuovo regolamento “che - ha sottolineato Alessandro Urzì (Fli) - consente solo un dibattito finto anche su una legge così importante come quella sulla toponomastica”. Ma anche Eva Klotz ha attaccato la proposta sostenendo che “con questa legge Tolomei vince su tutta la linea, perché nomi come Vetta d’Italia ed altre invenzioni senza senso rimarranno”.
«Questa legge finalmente risolve il problema, come desidera gran parte della popolazione ha invece replicato a tutti il presidente della giunta provinciale Luis Durnwalder - perché ora sono ufficiali sono i nomi italiani, mentre questa legge permette che vengano ripristinati i nomi storici».
 La discussione, poco dopo le ore 20, è poi proseguita ad oltranza con il consigliere Donato Seppi (Unitalia) ad accusare “ il Pd che non può far finta di aver trovato un accordo, perché alla fine Durnwalder nominerà 5 rappresentanti su 6, e forse tutti e 6 se qualche italiano lo sostiene: “E questo doveva essere l’equilibrio etnico!”. La Dc quando si faceva “intortare” da Durnwalder almeno faceva finta di non esserlo stato, ma gli assessori italiani non sono capaci neanche di questo, e sono stati umiliati, perché la legge non é migliorata, ma peggiorata. Siamo pronti a fare tutti i ricorsi possibili”.

Trst, oltrepadania. l sottosegretario De Mistura: Serbia nell’Ue senza diktat
Il sottosegretario: «Basta la normalizzazione, non il riconoscimento del Kosovo». Beni abbandonati in Croazia: «Stiamo lavorando»
di Mauro Manzin
 TRIESTE. Fare politica estera in punta di piedi, lavorare ma in silenzio, senza clamori perché così i risultati si ottengono forse prima e meglio. È questa la “filosofia operativa” del sottosegratrio agli Esteri Staffan de Mistura che però sotto l’aspetto del gentiluono inglese di fine secolo, molto politically correct, nasconde il suo spirito dalmata, capace di improvvise e rapide sfuriate come quella che in India, nella vicenda dei due marò italiani, lo portò quasi alla rissa con le autorità giudiziarie dello Stato del Kerala. Ma tant’è: «Parce domine quia dalamata sum», affermava già San Girolamo. Profondo conoscitore della storia jugoslava si appassiona quando si parla degli avvenimenti nell’area balcanica.

La Serbia ha ottenuto lo status di Paese in via di adesione all’Ue. Ma pochi giorni fa a Belgrado il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz ha dichiarato che Belgrado entrerà in Europa solo se riconoscerà l’indipendenza del Kosovo, mentre, poche ore più tardi, il commissario all’Allargamento Stefan Fuele ha precisato al premier serbo Ivica Da›i„ che Bruxelles chiede solo la normalizzazione dei rapporti il che non significa riconoscimento. Come si pone l’Italia di fronte a questa vicenda?
 È nell’interesse dell’Italia e dell’Europa di avere la Serbia nel contesto europeo e la nostra politica attuale è quella di facilitare e favorire il ritorno della Serbia democratica nell’ambito europeo. Detto questo, è necessario che si trovino delle formule per affrontare quello che è comunque diventato un problema quasi anacronistico ossia la tensione verso il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.

Quindi l’Italia è in linea con la posizione espressa dalla Commissione Ue?
 Certo, è la posizione più vicina alla realtà.

La Croazia diventerà la ventottesima stella d’Europa il 1 luglio del 2013. Noi però abbiamo ancora un contenzioso aperto con Zagabria che è quello dei beni abbandonati. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi in un’intervista al Piccolo, poco tempo fa, ha detto che l’Italia sta valutando la possibilità di chiedere una rivalutazione ai valori attuali di quei 110 milioni di dollari pattuti con l’allora Jugoslavia come risarcimento dei beni negli Accordi di Roma del 1981...
 Stiamo lavorando, come ha detto il ministro Terzi, affinchè si trovi una formula di questo tipo, ma non entro nelle questioni negoziali che sono in corso e riguardano molti soggetti.

Con l’ingresso della Croazia nell’Unione europea gli equilibri geopolitici dell’area cambiano un’altra volta e la Slovenia sta rispondendo con qualche ritrosia a questo mutamento di scenario...
 L’importante è che tutte le nazioni che sono nostre vicine e che hanno un ruolo cruciale in quel territorio abbiano l’opportunità di essere coinvolte in campo europeo. Questo nel loro e nel nostro interesse. Quindi comprendo che ci siano problemi ancora da risolvere, ma la tendenza, la nostra volontà è di facilitare un percorso nella direzione che ho appena menzionato.

Cambiamo scenario. Come mai la Russia si ostina così pervicacemente a difendere il regime di Assad?
 Quando rivolgiamo questa domanda alle autorità di Mosca queste ci danno tre risposte: loro ritengono che c’è il pericolo di una implosione fondamentalista nel Paese; nella loro esperienza sulla Libia hanno avuto la chiara sensazione che la comunità internazionale sia andata molto più avanti di quanto era stato concordato, si trattava di salvare Bengasi, invece è cambiato il regime; non menzionano la loro base militare, ma non è detto che un futuro governo di Damasco non gliela possa confermare.

Come replicate a simili osservazioni?
 Anche se fosse così come la vedono loro, ogni giorno che passa sta portando sempre più vicino l’implosione del Paese comunque in una deriva fondamentalista con l’infiltrazione di gruppi di Al Qaeda. E questo è un motivo di più perché una soluzione si trovi al più presto con anche il contributo della Russia.

E veniamo al caso che lei ha seguito in prima persona, ossia la vicenda dei nostri due marò prigionieri in India. In questo periodo se ne parla poco. Che prospettive ci sono?
 Se ne parla meno perché anche noi in qualche maniera vogliamo evitare che la politica del Kerala, che ha avuto purtroppo troppa influenza su questa vicenda, si ecciti sull’argomento e di conseguenza stiamo cercando tutti di far sì che la soluzione si trovi per via giuridica ma efficacemente.

Quindi meno se ne parla meglio è?
 Che se ne parli poco per noi non è un male eccetto per una cosa: è importantissimo non dimenticarli e quindi apprezzo quando i deputati o i senatori parlano e attirano l’attenzione sul caso. Noi non facciamo dichiarazioni per non svegliare, non voglio dire un can che dorme, ma una questione che diventa politica.

Come stanno i nostri due militari?
 Stanno bene, sono in un albergo, mangiano cibo italiano, hanno avuto la visita delle loro famiglie, ma sorpattutto hanno vista rispettata la loro dignità e per noi questo è un fattore importantissimo.

A marzo sembrava dovessero finire in una galera con detenuti comuni...
 Il 1 di marzo ho avuto un confronto quasi fisico da parte mia con le autorità penitenziare del Kerala perché tentavano proprio di metterli in una prigione comune, il che sarebbe stato inaccettabile e inammissibile. Ora da lì a oggi siamo in una situazione molto diversa, loro sono dignitosamente trattati.

Ma tutto ciò non basta....
 No, non basta, devono tornare a casa loro in Italia. È una questione di giustizia, è un fatto di rispetto nei confronti di tutti i nostri militari impegnati nelle missioni internazionali all’estero.

Slovenia. L’asta dei titoli statali finisce con un flop Lubiana in crisi nera
Sbagliati i calcoli: sono stati collocati solo 250 milioni di euro in obbligazioni slovene sui 400 preventivati
crisi economica
di Mauro Manzin
  TRIESTE. In Slovenia piove sul bagnato. L’asta dei titoli di Stato che doveva collocare sul mercato 400 milioni di euro in obbligazioni a breve termine è stata un fallimento. Collocati solamente 250 milioni.
 I mercati, dunque, dimostrano scarsa fiducia nelle capacità della Slovenia di uscire dalla crisi economica che la sta attanagliando. Interessante analizzare anche l’andamento dell’asta.
 Il ministero delle Finanze ha proposto la vendita di titoli a scadenza nove mesi e il tasso offerto per 59 milioni di titoli acquistati è stato del 2,9%, vale a dire 0,3 punti di percentuale in più di quanto è avvenuto per la prima asta di quest’anno. Sono stati inoltre acquistati 62 milioni di titoli semestrali al 2,99% e altri 65 milioni di titoli trimestrali all’1,2%.
 Un debito, quello acceso dallo Stato sloveno, che in gran parte (103 milioni) servirà nient’altro che a finanziare il debito pregresso risalente al marzo scorso quando il tasso di indebitamento fu dell’1,45%.
 Quindi per pagare il suo debito la Slovenia ha dovuto nuovamente indebitarsi ma a un tasso d’interesse praticamente doppio.
 I principali acquirenti del debito sloveno sono stati investitori locali tra cui anche gli istituti bancari. Secondo le fonti del quotidiano lubianese Dnevnik la Nova Ljubljanska Banka (di proprietà peraltro anche dello Stato) ha acquistato titoli per 60 milioni di euro.
 Ma, spiegano gli analisti, il fatto che l’asta non sia stata esaurita dimostra come il sistema bancario sloveno sia in una grave crisi di liquidità.
 Il ministro delle Finanze, Janez Šušterši› pochi giorni fa ha però dichiarato che lo Stato sloveno non ha crisi di liquidità sottolineando però che sarà molto difficile chiudere il bilancio corrente senza un indebitamento anche a lungo termine. «Per questo - ha dichiarato - la Slovenia deve rimanere uno Stato che può indebitarsi sui mercati finanziari internazionali».
 Gli esperti sostengono che se la situazione economico-finanziaria della Slovenia non migliorerà a breve e non si stabilizzeranno tutti i suoi parametri macreconomici la fiducia dei mercati nei suoi riguardi crollerà e non è da esludere che le agenzie di rating la declassino ulteriormente.
 Sull’intenzione del governo di emettere titoli in dollari per richiamare investitori d’oltreoceano questa è vista di buon occhio ma, se tutto dipenderà dalle riforme, se le stesse verranno attuate, altrimenti, senza la fiducia, non si otterrà alcun risultato degno di questo nome. In questi momenti così turbolenti, in effetti, trovare quello giusto per piazzare i titoli di stato non è opera facile certo è che, spiegano gli analisti di Borsa a Lubiana, qualsiasi riforma o notizia di impegno politico in questo senso può contribuire ad alleggerire i costi dell’indebitamento.
 I mercati, avvertono, si attendono una concreta unità politica nel Paese nell’elaborare la futura visione dello Stato

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