La crisi nel Salento
Crisi: Coldiretti, per il 50% degli italiani il
peggio deve arrivare
Crisi: Barroso, non e' finita. Attuare piano
per crescita (1Upd)
Crisi: Van Rompuy, non e' finita ma ci sono
segnali positivi
Crisi: Grecia; negoziati governo-troika ripresi
via e-mail
Vertice ue, sì alla vigilanza bce sulle banche
Ticino. Banche, un declino che arriva da
lontano
Taranto. Il turismo affonda: un calo fino al
40%
Il bilancio degli
operatori turistici
Giangrande accusa:
non è responsabilità della crisi, si fa poco per promuovere il territorio
TARANTO - «Il 2011 è
andato male e l’anno prossimo sarà ancora peggio e porterà i turisti ad
allontanarsi dalle nostre coste. Non comprendo perché una risorsa come il
turismo, che crea occupazione, non è al centro dell’attenzione». Leonardo
Giangrande, presidente di Confcommercio Taranto, fotografa l’andamento della
stagione nell’area ionica nei settori alberghiero e balneare. Secondo
Federalberghi, l’estate 2011 è stata negativa per tutti. Dopo aver inanellato
successi per anni anche la Puglia ha registrato un calo del 6 per cento e,
all’interno di questa recessione, la provincia di Taranto si distingue con una
regressione di presenze che oscilla dal 20 al 40 per cento e un crollo dei
fatturati di oltre il 20 per cento. Tranne Martina Franca, e in misura più
modesta Crispiano, che vantano percentuali in crescita, i versanti orientali e
occidentali piangono un’emorragia di visitatori.
Vincenzo Leo,
presidente del settore stabilimenti balneari, e Francesco Palmisano,
responsabile di Federalberghi, concordano sulle cause della perdita di presenze
nelle strutture ricettive e al mare. Leo indica almeno tre ragioni, al di là
della crisi economica generalizzata che svuota i borsellini delle famiglie. Gli
scarichi a mare a causa della mancanza dei depuratori in alcuni tratti della
costa, l’erosione delle coste, in media dieci metri negli ultimi anni, mentre
il futuro non è roseo anche perché nel 2015 scadono le concessioni demaniali.
Palmisano aggiunge la questione ambientale che da mesi martella gli italiani
con lo slogan «Taranto è la città più inquinata d’Europa» che non agevola
l’arrivo dei turisti, la vicenda delle cozze distrutte e la concorrenza sleale
e al limite della legalità delle camere in affitto, di B&b improvvisati,
tutti soggetti non fiscali. «Chiediamo — dice — maggiore attenzione da parte
delle istituzioni per il nostro settore, nuovi strumenti per fare promozione,
una nuova legge regionale che tuteli gli operatori in regola, un programma di
tutela delle coste, un tavolo di coordinamento per l’area di Taranto». Gli
albergatori e i gestori degli stabilimenti balneari sono stanchi di lamentarsi
e pretendono attenzione. «Se altri settori produttivi sono in affanno — è il
suggerimento del presidente Giangrande — dobbiamo guardare a forme
complementari di sviluppo del territorio. Abbiamo le coste, il mare e la
natura, occorre una pianificazione seria per risolvere le problematiche del
settore e rilanciarlo se c’è la volontà di farlo. Stiamo subendo una serie di
situazioni come le acque rosse nella marina di Lizzano. Sono pronto a
incatenarmi sotto la sede della Regione se i percorsi istituzionali
falliscono».
La crisi nel Salento
Popolo di disperati 200mila
senza lavoro
di STEFANO LOPETRONE
Un popolo di oltre
200mila disperati. I salentini sono senza lavoro. I dati dell’Osservatorio del
mercato del lavoro (Olm) della Provincia di Lecce, che elabora i numeri forniti
da Inps Istat e Centri per l’impiego, fotografano un mondo occupazionale in
affanno. Il guaio è che ai 210mila 183 tra disoccupati (121mila 481),
inoccupati (49mila 698) e sottoccupati (39mila 4) si riferiscono al 31marzo.
Sette mesi dopo la situazione è radicalmente peggiorata, con la chiusura di
centinaia di aziende e i licenziamenti collettivi che fioccano giorno per
giorno. Oltre la metà degli iscritti ai Centri per l’impiego (Cpi) è
disoccupato (121mila 481), ossia il 57,8 per cento del totale. Il peso dei
disoccupati è forte soprattutto nei Cpi di Maglie e Casarano (oltre il 60 per
cento). Gli inoccupati rappresentano il 24 per cento degli iscritti (49mila
698): a Lecce e Casarano il peso maggiore. I sottoccupati sono il 18,6 per
cento del totale e non presentano rilevanti scostamenti nel territorio. Durante
il primo trimestre del 2012 sono stati stipulati 53mila 824 contratti, ma altri
55mila 639 si sono conclusi o interrotti.
Analizzando il
territorio si nota che lì dove si sono stipulati più contratti, si registra
anche il maggior numero di cessazioni, a testimonianza della precarietà del
lavoro offerto nel Salento. Casarano e Lecce registrano la maggior incidenza di
avviamenti, rispettivamente il 18,9 ed il 20 per cento, e allo stesso tempo di
cessazioni, con valori intorno al 18 per cento. I dati, forniti ieri dalla
Provincia a margine dell’incontro sul progetto di sviluppo del territorio, sono
un utile strumento per capire in quale direzione sta andando la massa (sempre
più esigua) di lavoratori.
La risposta è
perfettamente in linea con le aspettative: turismo, agricoltura, istruzione.
Sono questi gli unici settori a segnare un saldo positivo tra avviamenti e
cessazioni di contratti di lavoro. Il comparto primario prende un respiro
profondo: quasi 3mila contratti di lavoro in più (2mila 930 per l’esattezza, ma
pesa l’incidenza della stagionalità). Seguono turismo (655, con un’alta percentuale
di stagionali) e istruzione (357, ma con tantissimi contratti precari).
Malissimo gli altri settori fin qui trainanti: i servizi perdono 1.598
contratti di lavoro, le costruzioni 1.415, il commercio 976, il Tac 395 (molti
a tempo indeterminato), gli studi professionali 99. Il disagio occupazionale
interessa prevalentemente le donne, che rappresentano il 58,2 per cento (122mila
337) degli iscritti ai Cpi.
La disoccupazione
per le donne inizia a avere un certo peso a partire dal 30esimo anno di età
fino al 49esimo, con un valore medio pari al 14 per cento. Per gli uomini
invece la disoccupazione interessa una fascia di età più ampia, che inizia dal
25esimo anno di età fino al 49esimo, ma con una media inferiore, pari al 12,6
per cento. Lo stato di inoccupazione, invece, interessa in maniera più decisa
le donne di tutte le età, con un peso del 26,5 per cento (32mila 430) rispetto
al 19,7o (17mila 268) degli uomini, che vede inoltre coinvolti principalmente i
soggetti più giovani, con una età compresa tra i 20 ed i 34 anni. Per quanto
riguarda la categoria dei sottoccupati (lavoratori che non hanno un impiego
fisso, ma lavorano comunque per alcuni giorni la settimana o per alcuni
periodi), si segnala una leggera prevalenza numerica degli uomini con il 20,7
per cento (18mila 151) rispetto al 17 delle donne. Lecce, Casarano, Nardò e
Campi: ecco la graduatoria degli iscritti nei Centri per l’impiego. Lecce copre
il 19,1 per cento degli iscritti (40mila 084 tra disoccupati, inoccupati,
sottoccupati), Casarano il 17,4 (36mila 610), Campi e Nardò circa l’11 per
cento ciascuno (22mila 739 il primo e 24mila 888 il secondo).
Crisi: Coldiretti, per il 50% degli italiani il
peggio deve arrivare
19 Ottobre 2012 -
09:37
(ASCA) - Roma, 19 ott - Con l'arrivo
dell'autunno quasi una famiglia su quattro (24 per cento) si trova in
difficolta' economiche, con un aumento del 3 per cento rispetto allo scorso
anno, ma quasi la meta' degli italiani (48 per cento) pensa che la propria
situazione sia destinata addirittura a peggiorare in futuro. E' quanto emerge
dalla presentazione dei risultati della prima indagine su ''I comportamenti degli
italiani nel tempo della crisi'', realizzata da Coldiretti-Swg a ottobre 2012,
in occasione della presentazione dei dati Istat su fatturato e ordinativi
dell'Industria, e illustrata nel corso del Forum Internazionale
dell'Agricoltura e dell'Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa
d'Este di Cernobbio.
L'ottimismo degli analisti economici per il
futuro non sembra - sottolinea la Coldiretti - trovare riscontro nelle
famiglie, che nel 51 per cento dei casi dichiarano di riuscire a pagare appena
le spese senza potersi permettere ulteriori lussi, mentre una percentuale
dell'8 per cento non ha un reddito sufficiente nemmeno per l'indispensabile.
C'e' pero' anche - continua la Coldiretti - un 40 per cento di italiani che
vive serenamente senza particolari affanni economici e l'1 per cento che si
puo' concedere dei lussi. Le difficolta' familiari - sostiene la Coldiretti -
si trasferiscono nei consumi e contribuiscono ad alimentare un clima di
recessione che fa prevedere alla maggioranza degli italiani (51 per cento) un
peggioramento della situazione economica dell'Italia. ''E' necessario rompere
questa spirale negativa aumentando il reddito disponibile soprattutto nelle
fasce piu' deboli della popolazione'', ha affermato il presidente della
Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare ''la necessita' di sostenere la
ripresa dei consumi''.
red/did/
Crisi: Barroso, non e' finita. Attuare piano
per crescita (1Upd)
19 Ottobre 2012 -
13:54
(ASCA) - Bruxelles, 19 ott - ''La crisi ancora
persiste, e c'e' un alto livello di disoccupazione che rischia di pregiudicare
la coesione sociale''. Lo afferma il presidente della Commissione europea,
Jose' Manuel Barroso, nel corso della conferenza stampa al termine del
Consiglio europeo.
''Per questo motivo
- aggiunge - abbiamo chiesto ai capi di Stato e di governo di attuare
rapidamente il patto per la crescita e l'occupazione'' concordato lo scorso
giugno.
Barroso lamenta che a distanza di mesi
''questo patto per la crescita e l'occupazione, con il suo pacchetto da 120
miliardi di euro, ancora non e' stato messo in atto''.
Barroso e' critico:
''Abbiamo un patto per la crescita e occupazione che e' solo sulla carta''.
Adesso ''abbiamo bisogno che sia messo in pratica, dobbiamo renderlo una
realta'''.
bne/sam/
Crisi: Van Rompuy, non e' finita ma ci sono
segnali positivi
19 Ottobre 2012 -
13:23
(ASCA) - Bruxelles, 19 ott - La crisi
economica ancora non e' finita e non finira' nel breve periodo, ma ci sono
segnali incorraggianti e ''positivi'' che suggeriscono che forse il peggio e'
passato. Questa l'analisi del presidente del Consiglio europeo, Herman Van
Rompuy, al termine del vertice del Consiglio europeo. ''La situazione per la
crescita e l'occupazione resta preoccupante'', ammette nel corso della
conferenza stampa conclusiva. ''Nella zona euro abbiamo una situazione quasi di
stagnazione, e la crescita per l'anno prossimo sara' molto lieve. Ma -
sottolinea Van Rompuy - ci sono elemeti positivi''. In questo momento, infatti,
''gli spread sono in diminuzione spettacolare in tutti i paesi dell'eurozona''.
Cio' per Van Rompuy sta a testimoniare che dopo un periodo turbolento adesso
''c'e' un momento di calma''.
bne/rf/ss
Crisi: Grecia; negoziati governo-troika ripresi
via e-mail
Sulle modifiche dei
contratti di lavoro del settore privato
19 ottobre, 10:47
(ANSAmed) - ATENE,
19 OTT - Le trattative tra il ministero del Lavoro ellenico e i rappresentanti
della troika (Ue, Bce e Fmi) sulle questioni riguardanti le modifiche ai
contratti di lavoro nel settore privato sono riprese via e-mail con i
rappresentanti dei creditori internazionali che fanno pressioni, in
particolare, per un taglio del 50% degli indennizzi per licenziamento a partire
dal gennaio 2012 (quindi retroattivo), la riduzione del periodo di preavviso
per licenziamento da sei a tre mesi e l'abolizione dell'adeguamento triennale
degli stipendi.
Come riferiscono i media ateniesi, il ministro
del Lavoro, Yannis Vroutsis, in una prima e-mail inviata alla troika ha esposto
le posizioni del governo a riguardo, proponendo di lasciare invariato il meccanismo
per gli adeguamenti triennali in quanto essi, secondo il ministero del Lavoro,
hanno "un simbolismo politico e sociale particolarmente intenso".
Per quanto riguarda gli indennizzi per
licenziamento, il ministero del Lavoro avrebbe proposto, sempre secondo i
giornali, che quelli senza preavviso continuino a funzionare come oggi, ovvero
che un lavoratore con 16 anni di servizio che viene licenziato senza preavviso
ha diritto a un indennizzo pari a 12 mensilita'. Per chi ha superato i 16 anni
di servizio e percepisce fino ai 3.000 euro al mese, l'indennizzo sara'
calcolato come oggi. Per chi ha superato i 16 anni di servizio e guadagna oltre
3.000 euro mensili di stipendio, l'indennizzo sara' calcolato come se
guadagnasse 3.000 euro.(ANSAmed).
Vertice ue, sì alla vigilanza bce sulle banche
Raggiunto nella
notte a Bruxelles un primo compromesso tra i 27. Monti e Hollande dicono no al
supercommissario ai bilanci voluto dalla Merkel
Roma - Nell’eurozona
la supervisione bancaria ci sarà, vigilare sulle seimila banche del Vecchio
Continente sarà compito della Banca Centrale europea e i controlli – che
partiranno già nel 2013 – saranno a regime nel 2014. Eccolo il primo importante
accordo giunto in nottata dal summit dei 27 capi di stato e di governo riuniti
a Bruxelles. Il primo passo sarà compiuto entro l’anno. Il 31 dicembre,
infatti, è il termine ultimo individuato entro il quale il Consiglio e
Parlamento europeo dovranno tratteggiare “il quadro legislativo”. Per la piena
operatività, invece, bisognerà attendere che l’Eurotower - obbligata a tenere
separate la politica monetaria e l'attività di supervisione (e che dovrà
rispondere al Parlamento europeo) - si sia attrezzata a dovere. Sempre sul
fonte bancario, poi, saranno i ministri delle Finanze dell'Eurogruppo a
definire i criteri in base ai quali le banche potranno chiedere gli aiuti ai
fondi messi in campo dall’Europa. Un’idea che rischia di rallentare la rete di
salvataggi e che fa tremare i polsi a Madrid.
Passo indietro infine della cancelliera
tedesca Angela Merkel sulla proposta del super-commissario con potere di veto
sui bilanci dei singoli stati. Francia e Italia hanno fatto fronte comune
puntando sui poteri che già detiene in materia il commissario per gli Affari
Economici e Monetari. Insomma, “no ai super-commissari”. (ilVelino/AGV)
(glv) 19 Ottobre
2012 08:11
Ticino. Banche, un declino che arriva da
lontano
di Generoso Chiaradonna - 10/18/2012
Un lento e
inesorabile declino. È questo il futuro del settore bancario ticinese. Gli
accordi Rubik e la Weissgeldstrategie , la strategia del denaro pulito, sono
soltanto gli aspetti visibili – e che non hanno ancora espletato tutti i loro
effetti – di un fenomeno che in realtà viene da lontano, almeno dal 2007, anno
d’inizio della crisi finanziaria internazionale.
Il modello vincente
per molti anni del Private banking – della gestione patrimoniale, per intenderci
– sta andando in crisi non soltanto per i doverosi mutamenti regolatori in
atto, ma per la mancanza e l’affievolirsi proprio del flusso di quei patrimoni
da gestire.
Il mercato più
importante e storicamente di riferimento per la piazza finanziaria ticinese,
quello italiano, da anni non produce più ricchezza o almeno non ne produce più
tanta da esportarla. Meno capitali da gestire equivalgono a meno ricavi e
quindi a meno posti di lavoro. È un’equazione lapalissiana. L’indebolimento di
euro, dollaro e sterlina rispetto al franco svizzero, infine, hanno contribuito
ad assottigliare ancora di più i margini di guadagno delle banche proprio come
successo all’industria. Spesso, infatti, viene dimenticato che proprio il
settore bancario è la prima ‘industria d’esportazione’ svizzera con costi fissi
in franchi e ricavi variabili in valuta estera.
I tempi in cui la
clientela straniera portava i capitali da questa parte del confine per sfuggire
alla svalutazione e all’inflazione sono finiti anche per chi tifa per l’imminente
implosione della moneta unica europea. Chi sceglie la Svizzera come ‘porto
sicuro’ cerca redditività, competenza e soprattutto spese e commissioni
adeguate al mercato. A maggior ragione se quei capitali sono o saranno noti al
fisco del Paese di provenienza. Fino a quando lo scopo era ‘semplice’ (celare
quei patrimoni alle autorità tributarie), il costo elevato delle commissioni
passava in secondo piano e si era ben lieti di pagare il ‘dazio’ implicito nel
segreto bancario. Non sarà più così in futuro.
Il mondo è cambiato
più velocemente di quanto si potesse immaginare e la creazione di patrimoni si
sta spostando sempre più a Oriente. E questa volta non sono più i patrimoni ad
arrivare in Svizzera, ma le banche svizzere che si spostano a est. In patria si
diminuisce l’occupazione, mentre all’estero si investe e anche tanto.
Singapore, per
esempio, sta diventando più redditizia dei mercati storici della piazza
finanziaria svizzera e chi affida i propri soldi alla competenza elvetica in
terra asiatica cerca convenienza. Per sé, ovviamente.
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