mercoledì 12 giugno 2013

XII.VI.MMXIII—Il mistero del reddito procapite distribuito.===1. Questi dovrebbero essere i piu’ ricchi d’Europa, grazie al petrolio: “Nel 2012 il mercato del lavoro in Basilicata ha risentito della contrazione dell'attività economica: sia la flessione degli occupati, sia la diminuzione delle ore lavorate sono state più ampie che nel Mezzogiorno e in Italia. Il calo degli occupati (1,5 per cento) e l'aumento dell'offerta di lavoro hanno determinato un aumento del tasso di disoccupazione (al 14,5 per cento nella media del 2012), che rimane inferiore rispetto a quello del Mezzogiorno e superiore a quello medio italiano”.===2. I finlandesi falliscono ogni secondo giorno, non hanno un cazzo, nenche le patate, ma sono tra i piu’ benestanti d’Europa, e nessuno fiata: “Rallenta di nuovo la produzione industriale nella zona euro ad aprile: da +0,9% di marzo scende a +0,4% di aprile. In Italia il calo invece rallenta: da -0,9% di marzo passa al -0,3% di aprile. Crollo di Finlandia (-5,1%), Olanda (-4,3%) e Portogallo (-3,6%)”.=== Comm’e’ stu’ fatt?

Bankitalia. n. 18 - L'economia della Basilicata
L'UNIONE SARDA - Economia: «In Sardegna costi energetici da record»
Crolla l’export a causa del blocco all’Ilva. La Puglia fanalino di coda tra le regioni
Istat. Prezzi al consumo
Ue-17: produzione industriale rallenta, +0,4% ad aprile

Bankitalia. n. 18 - L'economia della Basilicata
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 l'economia lucana, secondo le stime di Unioncamere-Prometeia, ha registrato una caduta del prodotto interno lordo del 3,1 per cento. La produzione industriale, secondo l'indagine Unioncamere, è calata bruscamente nel 2012 (-9,5 per cento, -4,3 nel 2011), come nel Mezzogiorno ma in misura più marcata rispetto al resto del paese. La contrazione si è estesa a tutti i principali settori, compreso quello meccanico, che include le imprese specializzate nella produzione di autoveicoli, in linea con le tendenze degli ultimi anni. Tra il 2007 e il 2011, il fatturato delle imprese lucane dell'automotive si è ridotto complessivamente del 18,2 per cento, più della media del settore nel resto del paese.
Tra le regioni italiane, la Basilicata ha registrato il calo più marcato delle esportazioni ( 17,5 per cento). Vi ha contribuito principalmente la contrazione delle vendite di autoveicoli, mentre altri comparti hanno continuato a espandersi. Al netto dell'automotive e del petrolio greggio, le esportazioni sono aumentate dell'1,4 per cento su base annua, trainate dal settore dell'elettronica e da quello metallurgico.
Il valore aggiunto delle costruzioni, secondo stime di Prometeia, ha continuato a contrarsi a un ritmo sostenuto. La forte caduta delle compravendite immobiliari (-17,7 per cento) si è accompagnata al calo delle quotazioni. Nel complesso, durante la fase recessiva le imprese della filiera immobiliare hanno registrato un calo del fatturato e una crescita dell'indebitamento, sebbene in misura inferiore rispetto ad altre aree del paese. In prospettiva, il settore delle opere pubbliche risentirà dello sfavorevole andamento degli appalti pubblici che, secondo il Cresme, si sarebbero ridotti fortemente nel 2012.
Lo sfavorevole quadro occupazionale e il calo del reddito disponibile hanno influito sull'andamento dei consumi. Le vendite al dettaglio si sono ridotte del 10,5 per cento, più che in Italia e nel Mezzogiorno. Dopo essere aumentate nel 2011, le presenze di turisti sono diminuite del 4,2 per cento nel 2012, riflettendo principalmente la flessione di quelle degli italiani (che rappresentano oltre il 92 per cento del totale), diminuite per la prima volta dopo un quinquennio di espansione.
Dopo il calo registrato nel 2011, il ricorso alle procedure fallimentari ha ripreso a crescere nel 2012; l'incidenza è rimasta tuttavia inferiore al Mezzogiorno e all'Italia. In base a diversi indicatori, la capacità innovativa delle imprese lucane, che potrebbe dare impulso alla competitività del sistema economico regionale, è più bassa di quella media del paese. Il divario è riconducibile alla minore quantità di risorse investite dal settore privato, a sua volta connessa alla minore dimensione media delle imprese.
Nel 2012 il mercato del lavoro in Basilicata ha risentito della contrazione dell'attività economica: sia la flessione degli occupati, sia la diminuzione delle ore lavorate sono state più ampie che nel Mezzogiorno e in Italia. Il calo degli occupati (1,5 per cento) e l'aumento dell'offerta di lavoro hanno determinato un aumento del tasso di disoccupazione (al 14,5 per cento nella media del 2012), che rimane inferiore rispetto a quello del Mezzogiorno e superiore a quello medio italiano. L'avversa congiuntura economica ha continuato a penalizzare maggiormente i più giovani: il tasso di disoccupazione nella fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni è aumentato di 5,1 punti, portandosi al 28,2 per cento. Più marcata del calo degli occupati è stata la riduzione delle ore lavorate, scese del 7,9 per cento. Nel 2012 le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni (CIG) sono aumentate del 46,3 per cento, in forte accelerazione rispetto al 2011. Circa metà delle ore totali di CIG sono state autorizzate per il comparto della produzione di mezzi di trasporto.
Alla debolezza dell'attività economica ha corrisposto un andamento flettente dei prestiti bancari e un peggioramento della qualità del credito. I prestiti bancari hanno progressivamente rallentato nel corso del 2012, registrando una lieve contrazione lo scorso dicembre (-0,7 per cento sui dodici mesi). La flessione è stata più marcata per le famiglie consumatrici, a fronte di una sostanziale stagnazione dei prestiti alle imprese. Tale andamento riflette sia una domanda di credito ancora debole da parte di famiglie e imprese sia le perduranti tensioni sulle condizioni di offerta, connesse in parte con il deterioramento della qualità del credito.
Nel 2012 il credito concesso alle famiglie consumatrici da banche e società finanziarie è diminuito, per la prima volta negli anni recenti. Sono calati sia i mutui per l'acquisto di abitazioni (-1,4 per cento), in connessione con la riduzione delle compravendite immobiliari, sia il credito al consumo (-0,9 per cento), che ha riflesso la perdurante debolezza degli acquisti di beni durevoli. Per quanto concerne le imprese, la contrazione dei prestiti è stata ampia per le imprese manifatturiere e per quelle delle costruzioni. È stata più lieve per i finanziamenti concessi alle imprese dei servizi. Il flusso di nuove sofferenze rettificate, riferito al complesso dei residenti in regione, è aumentato rispetto al 2011. Il deterioramento è stato rapido in tutti i principali settori di attività economica e particolarmente ampio per le imprese di costruzioni; vi hanno influito specifiche crisi aziendali nel settore dell'impiantistica, solo in parte riconducibili ad attività produttive svolte in regione. Anche la qualità del credito concesso alle famiglie ha continuato a deteriorarsi, sebbene a ritmi contenuti.
Anche per effetto della maggiore rischiosità, il costo del credito alle imprese è aumentato, in particolare per quelle di maggiori dimensioni, sia per i finanziamenti a breve termine sia, soprattutto, per quelli a scadenza più protratta.

L'UNIONE SARDA - Economia: «In Sardegna costi energetici da record»
12.06.2013
Il grido d'allarme degli artigiani sardi risuona dal palco dell'assemblea nazionale di Confartigianato. È un passaggio della relazione del presidente Giorgio Merletti a richiamare l'attenzione sulla Sardegna, citata come esempio di regione che paga i più alti costi energetici in Italia, che a sua volta è la “cenerentola” in Europa. «Non è l'unico problema che affligge le imprese sarde», chiarisce il presidente regionale di Confartigianato Luca Murgianu (foto). Ma è l'unico riferimento fatto alla Sardegna? «Espressamente sì ma la Sardegna c'era, eccome, tra le righe della relazione del leader nazionale. È il concentrato di tutti i difetti del sistema: burocrazia, costi energetici, fisco, costo del lavoro, stretta del credito, pagamenti in ritardo. Sono questi i nostri problemi». I numeri nazionali sono catastrofici, e nell'Isola? «Gli ultimi dati di Unioncamere vedono la Sardegna perdere un ulteriore pezzo del suo patrimonio di piccola impresa e imprenditoria artigiana. Al 31 marzo 2013 si è andati sotto quota 40mila, livello raggiunto dopo un ulteriore saldo negativo nel primo trimestre dell'1,74%, che vale un totale di 699 imprese in meno, dato dalla differenza tra le 401 iscrizioni e le 1.100 cessazioni». Con pesanti contraccolpi sull'occupazione. «Attualmente nelle 39.398 imprese artigiane ci sono 82mila addetti, il 14% del totale degli occupati. Dal 2008 a oggi sono andati perduti più di diecimila posti di lavoro». Dove intervenire per uscire dalla crisi? «Fisco e costo del lavoro innanzitutto: come ha detto Merletti le aziende artigiane non ce la fanno più a sopportare una pressione fiscale del 44% e costi altissimi del lavoro. Ci ha fatto piacere l'annuncio di nuovi sgravi del ministro Zanonato: il fatto è che occorrerebbe intervenire su tutti i fronti nevralgici in tempi medio-brevi». Come agire sul fronte del credito? «Noi oggi chiediamo alle banche di andare dentro le nostre aziende per conoscerle e valutarle: non è più possibile che sia un numero, il rating, a penalizzarle. Basti pensare che negli ultimi due anni il credito al totale delle imprese sarde è diminuito di 1,5 miliardi di euro». E poi c'è l'annoso problema dei debiti e pagamenti... «Da noi la partita è aperta e ci auguriamo che il confronto con la Regione prosegua per poter far luce sui punti ancora oscuri, sui residui passivi (4,9 milioni) e sul debito che la Regione ha certificato in 572 milioni». Almeno il taglio dell'Irap vi darà una boccata d'ossigeno «La paura è che le imprese, il 16 giugno, debbano pagare per intero l'anticipo 2013 in assenza di indicazioni ai commercialisti. E gli artigiani non possono permetterselo: le 3600 aziende chiuse negli ultimi anni significano che il settore non ce la fa più».

Crolla l’export a causa del blocco all’Ilva. La Puglia fanalino di coda tra le regioni
Meno 16,1%, diminuisce il peso sul totale nazionale
Nel primo trimestre 2013 caduta del 68,5% per l’acciaio
BARI - L’Ilva ribalta l’economia pugliese. Da regione modello per l’export fino al 2012 a fanalino di coda dell’intero Paese. I dati sulle esportazioni delle regioni italiane relativi al primo trimestre 2013 relegano la Puglia all’ultimo posto per la variazione delle esportazioni regionali: -16,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
LA TENDENZA - A trainare al ribasso l’export made in Puglia è stato il crollo della voce «metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti», che in Puglia per il 95% significa acciaio dell’Ilva, che ha evidenziato un passo all’indietro del 68,5%. Di conseguenza, si è ridotta di un terzo, dal 2,7% allo 0,9%, la quota della Puglia nelle esportazioni nazionale di settore e il già basso peso delle esportazioni pugliesi sul totale nazionale (2,2% nel primo trimestre 2012) si è ulteriormente ridotto sotto il 2%, all’1,8%.
Michelangelo Borrillo

Istat. Prezzi al consumo
Nel mese di maggio 2013, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una variazione nulla rispetto al mese precedente e aumenta dell'1,1% nei confronti di maggio 2012 (la stima provvisoria era +1,2%).
La stabilità dell'inflazione è il risultato di spinte al rialzo e al ribasso dei prezzi di diverse tipologie di prodotti, che si compensano tra loro, in un quadro generale di attenuazione delle tensioni inflazionistiche.
Le spinte al rialzo dei prezzi interessano sia gli alimentari non lavorati (in particolare la frutta fresca, +6,8% su base mensile, +9,4% rispetto a maggio 2012) sia i servizi relativi ai trasporti (+0,5% su base mensile, +3,3% su base annua). Le spinte al ribasso riguardano i Beni energetici (-1,7% su base mensile, -2,4% su base annua), trainati dai carburanti.
Rispetto alla stima provvisoria, la minore inflazione misurata dai dati definitivi si deve a un'ampiezza meno marcata delle spinte al rialzo e a un consolidamento di quelle al ribasso dei prezzi dei prodotti interessati da dinamiche congiunturali intense.
L'inflazione acquisita per il 2013 è pari all'1,0%. A maggio l'inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale all'1,3% (era +1,2% ad aprile).
Al netto dei soli beni energetici, la crescita tendenziale dell'indice dei prezzi al consumo si porta all'1,5% (dall'1,3% del mese precedente).
Rispetto a maggio 2012, il tasso di crescita dei prezzi dei beni scende allo 0,8% dallo 0,9% di aprile, mentre quello dei prezzi dei servizi sale all'1,7% (era +1,4% nel mese precedente). Pertanto, il differenziale inflazionistico tra servizi e beni si amplia di quattro decimi di punto percentuale rispetto ad aprile.
I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza diminuiscono dello 0,1% su base mensile e crescono dell'1,5% su base annua, come ad aprile.
A maggio 2013, l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) non varia su base mensile e fa registrare un tasso di crescita tendenziale stazionario all'1,3%, confermando le stime preliminari.
L'indice IPCA a tassazione costante (IPCA-TC) non varia sul piano congiunturale e aumenta dell'1,1% su quello tendenziale.
L'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra una variazione nulla su base mensile e cresce dell'1,2% su base annua.

Ue-17: produzione industriale rallenta, +0,4% ad aprile
Crollano Finlandia e Olanda. Italia frena calo, da -0,9% a -0,3%
12 giugno, 11:39
(ANSA) - BRUXELLES, 12 GIU - Rallenta di nuovo la produzione industriale nella zona euro ad aprile: da +0,9% di marzo scende a +0,4% di aprile. In Italia il calo invece rallenta: da -0,9% di marzo passa al -0,3% di aprile. Crollo di Finlandia (-5,1%), Olanda (-4,3%) e Portogallo (-3,6%). Su base annua, a marzo l'Italia aveva fatto registrare il calo record in Ue, mentre ad aprile con un -4,6% viene superata dalla Finlandia che perde invece il -5,1%. Nella zona euro su base annua la produzione industriale cala dello 0,6%.(ANSA).


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