La «questione meridionale»
nasce con la conquista del Sud, Domenico Bonvegna
Durante la presentazione del volume "Santa Teresa" di Saitta -
Raccuglia, ripubblicato ora dal duo Cavarra-Coglitore, uno dei relatori
presenti alla presentazione del volume, dal palco della Piazza Lungomare
Bucalo, ha ripetuto la solita vulgata di un Meridione d'Italia fortemente in
ritardo e quindi sottosviluppato rispetto a un presunto e progredito
Settentrione ben governato dagli illuminati sovrani della casa Savoia.
Quello dell'arretratezza del nostro Meridione,
è un luogo comune da sfatare, non è stato sempre così, il clichè della
marginalità del Sud in ogni momento della sua storia, scrive lo storico campano
Mario Del Treppo e della sua conclamata inferiorità - politica, economica,
civile - mai riscattata, nemmeno dall'opera del Risorgimento, è destinata a
dissolversi.
I primi
a diffondere giudizi falsi sull'inferiorità del Meridione sono gli esuli
napoletani che nel decennio 1850-60, "[...] con la loro propaganda
antiborbonica non solo contribuiscono a demolire il prestigio e l'onore della
dinastia, ma determinano anche una trasformazione decisiva nell'immagine del
sud, riproponendo secolari stereotipi sul «paradiso abitato da diavoli»"
(Francesco Pappalardo, «Come il mezzogiorno è diventato una questione», in
«Cristianità», n. 299, maggio-giugno 2000).
In seguito ad alimentare questa tesi
contribuiscono diversi storici come Pasquale Villari e Antonio Gramsci, dove il
Mezzogiorno è letto come un grande problema sociale e materiale, pur nelle
diversità delle interpretazioni, l'analisi fa sempre riferimento al modello
economico liberale del secolo XVIII, che giudica la storia del mezzogiorno
secondo il parametro della crescita della «coscienza civile», che sarebbe
giunta a maturazione solo grazie al Risorgimento, interpretato come la marcia
ineluttabile verso una superiore civiltà politica, compiuta dagli esponenti
liberali del regno contro l'incomprensione e l'ostilità della «plebe».
Da questo momento il Meridione d'Italia è
valutato come una devianza dai modelli economici liberali e viene descritto in
termini d'individualismo e di carente spirito civico, di arretratezza
tecnologica e di resistenza alla modernizzazione, di corruzione e di
clientelismo, utilizzando le dicotomie Nord/Sud, sviluppo/sottosviluppo, e
progresso/arretratezza come indicatori del livello raggiunto rispetto a una
scala ideale da percorrere. (Ibidem)
I cosiddetti meridionalisti creano
un'interpretazione sociale e culturale, dove il dualismo civiltà-barbarie
permea la loro visione, nella quale il Sud non è più un campo geografico ma una
metafora che rimanda a un'entità mitica e immaginaria, dove si possono
ritrovare sia criminalità, residui feudali e superstizione, sia tradizioni
popolari, folclore ed esotismo. E' il pessimismo dello scrittore e uomo
politico Giustino Fortunato e di altri che vedono nell'inferiorità meridionale
come una costituzionale e irreparabile inferiorità razziale.
A questo si aggiunge anche un'interpretazione
diffusa nel mondo protestante, secondo cui il Sud è impregnato di paganesimo
perenne e di cultura subalterna di una religiosità superficiale, rozza e
superstiziosa, perfino con pratiche magiche.
E' stata creata dunque una leggenda nera
sull'arretratezza economica del Regno delle due Sicilie. Non è possibile qui
approfondire ma si può fare qualche esempio della reale situazione del Regno
borbonico, nel momento in cui è aggredito nel 1860 dalle forze garibaldine e
piemontesi.
Leggo dal testo di Massimo Viglione,
«L'Identità ferita» edito da Ares. Sotto Carlo di Borbone vi fu grande attività
edilizia, in tutti i campi: la Reggia di Caserta, secondo palazzo reale al
mondo per grandezza e bellezza, strade, ponti, porti, forti militari. Creato ex
novo l'esercito nazionale e la flotta, la più importante in Italia, seconda in
Europa sola a quella inglese. A Napoli s'iniziò a costruire il primo cimitero.
Nel 1768 sotto Ferdinando IV si stabilì una
scuola gratuita per ogni Comune del Regno e per ambo i sessi; istituì inoltre
un Collegio per educare la gioventù in ogni provincia, il tutto senza tasse
supplementari. Nel 1779 fu creata l'Università di Palermo con teatro anatomico,
laboratorio chimico e gabinetto di fisica. Solo in Sicilia fondò 4 licei, 18
collegi e molte scuole normali. Per la prima volta negli ospedali si vide la
cattedra di ostetricia, scelse tra i docenti i migliori ingegni.
E' lo stesso Cavour a riconoscere che la
legislazione piemontese è arretrata rispetto a quella napoletana. Nel 1818
salpò da Napoli la prima nave a vapore italiana. La prima ferrovia inaugurata
in Italia fu la Napoli-Portici (1839), costruito il primo telegrafo elettrico
in Italia. Questa in breve la barbarie del Regno delle Due Sicilie [...] e ciò
spiega perché durante le invasioni rivoluzionarie del Regno il popolo fu sempre
massicciamente dalla parte dei legittimi sovrani.
E' vero quello che scrive lo storico Marius
Andrè nel 1927: "[...] Vi sono due Storie: la falsa e la vera. La prima è
destinata ai bambini delle scuole primarie, al popolo, e a quei borghesi che,
terminati i loro studi all'età di circa sedici anni, non li proseguono e si
accontentano di leggere opere dette di volgarizzazione [...] L'altra ha un
carattere quasi confidenziale, tanto é ristretta l'elite alla quale si
rivolge..." («Magna Europa», a cura di Giovanni Cantoni e Francesco
Pappalardo, D'Ettoris Editore).
15.8.2007.
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