mercoledì 31 luglio 2013

Chi sono i fratelli padani/15

E' vero quello che scrive lo storico Marius Andrè nel 1927: "[...] Vi sono due Storie: la falsa e la vera. La prima è destinata ai bambini delle scuole primarie, al popolo, e a quei borghesi che, terminati i loro studi all'età di circa sedici anni, non li proseguono e si accontentano di leggere opere dette di volgarizzazione [...] L'altra ha un carattere quasi confidenziale, tanto é ristretta l'elite alla quale si rivolge..."

La «questione meridionale» nasce con la conquista del Sud, Domenico Bonvegna


Durante la presentazione del volume "Santa Teresa" di Saitta - Raccuglia, ripubblicato ora dal duo Cavarra-Coglitore, uno dei relatori presenti alla presentazione del volume, dal palco della Piazza Lungomare Bucalo, ha ripetuto la solita vulgata di un Meridione d'Italia fortemente in ritardo e quindi sottosviluppato rispetto a un presunto e progredito Settentrione ben governato dagli illuminati sovrani della casa Savoia.

 Quello dell'arretratezza del nostro Meridione, è un luogo comune da sfatare, non è stato sempre così, il clichè della marginalità del Sud in ogni momento della sua storia, scrive lo storico campano Mario Del Treppo e della sua conclamata inferiorità - politica, economica, civile - mai riscattata, nemmeno dall'opera del Risorgimento, è destinata a dissolversi.

I primi a diffondere giudizi falsi sull'inferiorità del Meridione sono gli esuli napoletani che nel decennio 1850-60, "[...] con la loro propaganda antiborbonica non solo contribuiscono a demolire il prestigio e l'onore della dinastia, ma determinano anche una trasformazione decisiva nell'immagine del sud, riproponendo secolari stereotipi sul «paradiso abitato da diavoli»" (Francesco Pappalardo, «Come il mezzogiorno è diventato una questione», in «Cristianità», n. 299, maggio-giugno 2000).
 In seguito ad alimentare questa tesi contribuiscono diversi storici come Pasquale Villari e Antonio Gramsci, dove il Mezzogiorno è letto come un grande problema sociale e materiale, pur nelle diversità delle interpretazioni, l'analisi fa sempre riferimento al modello economico liberale del secolo XVIII, che giudica la storia del mezzogiorno secondo il parametro della crescita della «coscienza civile», che sarebbe giunta a maturazione solo grazie al Risorgimento, interpretato come la marcia ineluttabile verso una superiore civiltà politica, compiuta dagli esponenti liberali del regno contro l'incomprensione e l'ostilità della «plebe».
 Da questo momento il Meridione d'Italia è valutato come una devianza dai modelli economici liberali e viene descritto in termini d'individualismo e di carente spirito civico, di arretratezza tecnologica e di resistenza alla modernizzazione, di corruzione e di clientelismo, utilizzando le dicotomie Nord/Sud, sviluppo/sottosviluppo, e progresso/arretratezza come indicatori del livello raggiunto rispetto a una scala ideale da percorrere. (Ibidem)

 I cosiddetti meridionalisti creano un'interpretazione sociale e culturale, dove il dualismo civiltà-barbarie permea la loro visione, nella quale il Sud non è più un campo geografico ma una metafora che rimanda a un'entità mitica e immaginaria, dove si possono ritrovare sia criminalità, residui feudali e superstizione, sia tradizioni popolari, folclore ed esotismo. E' il pessimismo dello scrittore e uomo politico Giustino Fortunato e di altri che vedono nell'inferiorità meridionale come una costituzionale e irreparabile inferiorità razziale.
 A questo si aggiunge anche un'interpretazione diffusa nel mondo protestante, secondo cui il Sud è impregnato di paganesimo perenne e di cultura subalterna di una religiosità superficiale, rozza e superstiziosa, perfino con pratiche magiche.
 E' stata creata dunque una leggenda nera sull'arretratezza economica del Regno delle due Sicilie. Non è possibile qui approfondire ma si può fare qualche esempio della reale situazione del Regno borbonico, nel momento in cui è aggredito nel 1860 dalle forze garibaldine e piemontesi.

 Leggo dal testo di Massimo Viglione, «L'Identità ferita» edito da Ares. Sotto Carlo di Borbone vi fu grande attività edilizia, in tutti i campi: la Reggia di Caserta, secondo palazzo reale al mondo per grandezza e bellezza, strade, ponti, porti, forti militari. Creato ex novo l'esercito nazionale e la flotta, la più importante in Italia, seconda in Europa sola a quella inglese. A Napoli s'iniziò a costruire il primo cimitero.
 Nel 1768 sotto Ferdinando IV si stabilì una scuola gratuita per ogni Comune del Regno e per ambo i sessi; istituì inoltre un Collegio per educare la gioventù in ogni provincia, il tutto senza tasse supplementari. Nel 1779 fu creata l'Università di Palermo con teatro anatomico, laboratorio chimico e gabinetto di fisica. Solo in Sicilia fondò 4 licei, 18 collegi e molte scuole normali. Per la prima volta negli ospedali si vide la cattedra di ostetricia, scelse tra i docenti i migliori ingegni.
 E' lo stesso Cavour a riconoscere che la legislazione piemontese è arretrata rispetto a quella napoletana. Nel 1818 salpò da Napoli la prima nave a vapore italiana. La prima ferrovia inaugurata in Italia fu la Napoli-Portici (1839), costruito il primo telegrafo elettrico in Italia. Questa in breve la barbarie del Regno delle Due Sicilie [...] e ciò spiega perché durante le invasioni rivoluzionarie del Regno il popolo fu sempre massicciamente dalla parte dei legittimi sovrani.

 E' vero quello che scrive lo storico Marius Andrè nel 1927: "[...] Vi sono due Storie: la falsa e la vera. La prima è destinata ai bambini delle scuole primarie, al popolo, e a quei borghesi che, terminati i loro studi all'età di circa sedici anni, non li proseguono e si accontentano di leggere opere dette di volgarizzazione [...] L'altra ha un carattere quasi confidenziale, tanto é ristretta l'elite alla quale si rivolge..." («Magna Europa», a cura di Giovanni Cantoni e Francesco Pappalardo, D'Ettoris Editore).
15.8.2007.


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