Controstorie, di Gigi Di
Fiore
Eccoci
nei giorni di Ferragosto. Un anniversario particolare, per la storia dei primi
anni di unità d'Italia. 14 agosto 1861: l'eccidio di Pontelandolfo. La
cittadina, in provincia di Benevento, si è dichiarata per delibera
"martire dell'unità d'Italia". Quando, in occasione delle
celebrazioni per i 150 anni di unità, a Pontelandolfo arrivò Giuliano Amato
nella sua veste di presidente del comitato per l'anniversario, chiese scusa a
nome dell'Italia intera. E un messaggio di ricordo venne spedito anche dal
presidente Giorgio Napolitano.
Pontelandolfo. Come Pietrarsa, come Gaeta,
negli ultimi anni diventati luoghi simbolo di un'unità dai tanti lati oscuri.
Unità calata dall'alto, imposta con la forza, cui rimase estranea l'intera
classe contadina del Mezzogiorno, come osservò Antonio Gramsci.
"Giustizia è fatta su Pontelandolfo e
Casalduni, esse bruciano ancora", telegrafò il tenente colonnello Pier
Eleonoro Negri, vicentino al comando dei 400 bersaglieri che nella notte
irruppero nel paese. Diritto di rappresaglia, in una zona dove non c'era guerra
dichiarata, Era in corso, però, il più sanguinoso conflitto civile della storia
unitaria: le rivolte contadine bollate come brigantaggio.
Qualche giorno prima, nella strada verso
Casalduni, erano stati uccisi 41 soldati al comando del tenente Cesare Bracci,
inviati a controllare la zona, dove si muovevano numerose bande. La più
importante era quella guidata da Cosimo Giordano. Il comando italiano a Napoli,
con il luogotenente Enrico Cialdini, decise la rappresaglia. Una colonna,
guidata dal maggiore Carlo Melegari, si diresse a Casalduni. L'altro, quella di
Negri, a Pontelandolfo.
Immagini che ricordano il film Soldato blu,
con le giubbe azzurre a distruggere il villaggio di pellerossa cogliendo nel
sonno gli indiani. Successe anche a Pontelandolfo. Il Sud Far West dell'Italia,
nei mesi post-unitari.Tutto fu distrutto, rimasero in piedi solo tre case. E,
nel dicembre successivo, l'episodio venne ricordato in Parlamento a Torino dal
deputato milanese Giuseppe Ferrari. Parlò di "giustizia barbara".
I morti contati dai giornali dell'epoca furono
146, ma la stima esatta non si è mai conosciuta: molti furono travolti
dall'incendio delle loro case, di altri i familiari ebbero vergogna e timore a
denunciarne la scomparsa attraverso i registri parrocchiali. Eppure, la stima
comparata dei defunti in zona di quegli anni, nota un incremento tra il
1861-62. Sintomatico. Una lapide, fuori al comune di Pontelandolfo, ricorda le
vittime dai nomi certi. Anche la toponomastica è mutata due anni fa: ora strade
e piazze ricordano i nomi di alcuni di quei morti.
Anche così il Mezzogiorno fu unito all'Italia,
Sangue, repressione e violenze, da non dimenticare. E non per spirito di
nostalgia con il passato, o per seminare odio e separazioni, ma per non
rimuovere la memoria. Il quadro dell'unificazione deve essere completo e noto a
tutti. Come gli americani, dovremmo
finalmente cominciare a fare i conti con la nostra storia. Senza polemiche e
con serenità. Altrimenti, per la nostra povera Italia, non ci sarà futuro.
Pubblicato
il 10 Agosto 2013 alle 18:11
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