Il Grande Imbroglio: la Sicilia “vende” ma non
è competitiva
La Calabria è messa peggio dell'est europeo nella
classifica Ue sulle regioni competitive
Conti pubblici, unimpresa "122 miliardi debito
da rinnovare entro 2013"
Trst, oltrepadania est. Giurastante e il Tlt: «Ricuseremo
i giudici iscritti all’Anm»
Competitività regionale, Basilicata tra le
ultime in Europa
La Basilicata è al
227esimo posto nella graduatoria delle Regioni dell’Unione Europea per indice
di competitività, su 262 territori regionali: vale a dire un livello uguale a
quello di regioni dei Paesi Balcanici
LA Basilicata è al
227esimo posto nella graduatoria delle Regioni dell’Unione Europea per indice
di competitività, su 262 territori regionali: vale a dire un livello uguale a
quello di regioni dei Paesi Balcanici.
Questa - commenta il
segretario della Uil, Carmine Vaccaro - «è forse l’ennesima spia della
necessità di “allargare” il pensiero piccolo della Basilicata, del fallimento
di un sistema di potere, e dell’esigenza di uomini nuovi per concepire una
strategia al centro del Mezzogiorno per il bene comune». L’ultima statistica
che arriva da Bruxelles mostra che le regioni del meridione d'Italia che
occupano tutte le ultime posizioni della classifica (la Sicilia e' al 235esimo;
la Calabria e' al 233esimo subito dietro alla Puglia e poco distante dalla
Basilicata).
«Non potendo mettere
in discussione i criteri socio-economici oggettivi scelti per determinare la
classifica stilata tenendo conto di diversi fattori (istituzioni, stabilita'
macroeconomica, infrastrutture, sanita' e istruzione di base), magari se ne
possono aggiungere-contrapporre altri, è evidente – aggiunge Vaccaro - che
l’idea di una regione aperta al centro del Mezzogiorno per proiettarsi sui
mercati europei è sicuramente una delle pochissime risposte possibili, se non
proprio l’unica, per riacquistare competitività. Di qui lo snodo per la
politica lucana troppo avvitata su stessa e troppo presa dall’individuazione di
nomi: se non vogliamo farci trovare impreparati
rispetto ai nuovi appuntamenti, primo fra tutti la programmazione dei
fondi comunitari 2014-2020, dobbiamo, adesso, – dice Vaccaro – tirare fuori le
idee e le proposte per determinare le condizioni dell'apertura di una nuova
stagione, che pure tutti dicono di volere, per costruire il disegno di buona
Basilicata. E’ tutta qui la “malattia del coraggio” che dovrebbe contagiare chi
ha a cuore il destino delle nostre comunità e propagarsi in tutta la regione. E
allora se non parliamo di competitività dello stabilimento di Melfi della Fiat,
quindi di nuovi modelli, di auto a basso impatto ambientale-basso consumo, di
competitività della nostra agricoltura di qualità, delle potenzialità del
turismo per competere con i mercati esteri persino in questa fase di “fuga” dei
turisti dal Mar Rosso, di cosa vogliamo parlare? Io continuo a sostenere -
conclude Vaccaro - che anche grazie alle risorse energetiche, strumento
fondamentale di competitività industriale e per piccole e medie imprese, la
Basilicata ha un ruolo di regione aperta - incrocio nel Mezzogiorno che può
guardare alla sponda mediterranea secondo i progetti di europartenariato con i
Paesi del Nord Africa. Ecco le convenienze che dobbiamo creare per far sì che la Basilicata diventi attrattore
di grandi investimenti e possa risalire la graduatoria della competitività. Le
nostre tradizioni, la nostra identità
vanno preservate, tutelate, sicuramente, ma da soli non possiamo farcela perché l'occupazione si
crea con progetti che dobbiamo attrarre».
LA SCHEDA - CHE COSA
E’ L’INDICE
L’indicatore regionale dell’Unione europea, l’indice di
competitività regionale, rappresenta il primo indicatore composito che fornisce
una descrizione sintetica della competitività territoriale per tutte le regioni
di livello NUTS 2 dei 27 Stati membri dell’UE. L’indice tiene in considerazione
il livello di sviluppo della regione ponendo l’accento sulle questioni basilari
nelle regioni meno sviluppate e sulla capacità innovativa nelle regioni più
sviluppate. Questi i dieci territori Ue,
su un totale di 262, che figurano alla guida dell’Indice di competitività
regionale 2013 pubblicato dalla Commissione Ue: 1) NL: Utrecht 2) UK: Area di
Londra (Bedfordshire, Hertfordshire, Essex, Inner e Outer London) 3) UK:
Berkshire, Buckinghamshire e Oxfordshire 4) SE: Regione di Stoccolma 5) UK:
Surrey, East and West Sussex 6) NL: Regione di Amsterdam (Flevoland,
Noord-Holland) 7) DE: Regione di Francoforte (Darmstadt) 8) FR: Regione di
Parigi (Ile de France) 9) DK: Regione di Copenhagen (Hovedstaden) 10) NL:
Zuid-Holland. Per trovare la prima regione italiana, la Lombardia, occorre
invece scorrere l’indice fino alla posizione 128, seguita dalle altre, fino
alla Sicilia, fanalino di coda nazionale 235ma su una graduatoria di 262: 128)
Lombardia 141) Emilia Romagna 143) Lazio 145) Provincia autonoma di Trento 146)
Liguria 152) Piemonte 157) Friuli Venezia Giulia 158) Veneto 160) Toscana 167)
Umbria 173) Provincia autonoma di Bolzano 177) Marche 178) Valle d’Aosta 187)
Abruzzo 201) Molise 217) Campania 222) Sardegna 227) BASILICATA 232) Puglia
233) Calabria 235) Sicilia.
lunedì 26 agosto
2013 08:55
Il Grande Imbroglio: la Sicilia “vende” ma non
è competitiva
25 agosto 2013 -
20:50 - Economia
Ultima fra le
Regioni italiane, preceduta dalla Calabria, e in coda fra le Regioni europee –
235esima su 262 – la Sicilia conquista la maglia nera della competivita’. Un
caso senza precedenti nel mondo occidentale ed industrializzato. L’Isola
infatti vanta la piu’ alta crescita nell’export, il 24 per cento in due anni,
fra le Regioni italiane. Non si vende se non si e’ competitivi? Come spiegare
il mistero?
La classifica della Commissione Ue non lascia
dubbi, e’ stata elaborata grazie a una analisi rigorosa che utilizza parametri
oggettivi.
La competivita’
pretende l’efficienza della pubblica amministrazione, la stabilita’
macro-economica, buone infrastrutture, servizi di qualita’ (quello sanitario in
particolare), istruzione universitaria eccellente, l’apprendimento permanente,
innovazione tecnologica.
La Commissione Ue
indaga su questi parametri per elaborare la classifica della competivita’. La
maglia nera della Sicilia si spiega con una pagella piena di brutti voti in
ognuna delle “categorie” prese in esame.
La bocciatura non sorprende perche’ i dati
sull’occupazione, il reddito, l’impresa collocano il Sud e la Sicilia in fondo,
e non avrebbero permesso previsioni rosee.
Ma se tutto va male,
con qualche eccezione (alcuni settori dell’agricoltura, come l’enogastronomia),
perche’ la Sicilia vende cosi’ tanto, piu’ di ogni altra regione italiana? E
perche’ pur vendendo cosi’ tanto, la sua economia e’ depressa che piu’ non si
puo’? Pura schizofrenia dei mercati? Speculazioni? Il destino cinico e baro? Nemici
“occulti”?
Quando si vende
tanto, si incassa tanto: i soldi entrano in circolo, come il sangue. Pompati
dal cuore, arrivano al cervello e fanno funzionare la “macchina” che e’ un
piacere. Si innesca il circolo virtuoso, una regola che non conosce eccezione
in alcuna economia del mondo.
Deve esserci
qualcosa che non va, dunque, se la macchina fa soldi, mentre tutto cio’ che gli
sta attorno “sopravvive” per virtu’ dello spirito santo. La spiegazione a
questa enormita’ e’ una sola: la Sicilia produce e trasforma materia prima –
petrolio, gas, chimica di base – e dalla sua produzione, affidata a siciliani
che fanno bene il loro lavoro, non trae alcun profitto, con l’eccezione degli
stipendi e dei salari al personale dipendente: niente, rispetto a quel che arriva
nel portafogli delle aziende che producono e vendono.
La Sicilia aggiusta
la bilancia commerciale e non ci guadagna quasi niente. Non solo: invece che
guadagnarci, ci perde, sia perche’ le tasse vengono pagate altrove, sia perche’
la macchina per far soldi e’ causa di svantaggi e danni incalcolabili
all’ambiente ed alla salute. Le aziende che esportano, infatti, “lavorano”
materie “insalubri”, inquinano l’aria, il mare, i fiumi, i laghi, i boschi. Non
ci sono soldi che bastano per ripagare questi danni, peraltro pressocche’
irrimediabili.
Questo scenario e’
di una evidenza palmare, ma c’e’ chi si comporta come quel coniuge adultero che
scoperto a letto con l’amante, nega la realta’. Cornuti e mazziati, insomma.
La Sicilia passa per
una Regione parassita, che sperpera denaro pubblico, e basta, come urlano da
anni i Ministri padani, ottenendo credito e “silenzi” anche da parte dei
compagni di viaggio siciliani dalla testa ai piedi.
La realta’ si e’
capovolta, la questione meridionale non esiste piu’: e’ stata rimpiazzata dalla
“questione” settentrionale. E’ il Paese che produce, il Nord, a subire il gap:
paga le tasse, piu’ di quanto ne paga il Sud, e non ha servizi decenti. E
questo avviene a causa del fatto che si buttano via i quattrini “padani” in regioni
come la Sicilia, dove si sperpera e si sgoverna.
Il teorema “regge”
perche’ le istituzioni siciliane hanno fatto male i compiti a casa ed hanno
svenduto l’Isola per un piatto di pasta. E’ questa la ragione per la quale la
Sicilia vende tanto senza vendere niente che la arricchisca. Un imbroglio
grande quanto una casa tollerato in modo indecente.
La Calabria è messa peggio dell'est europeo nella
classifica Ue sulle regioni competitive
Bocciatura per tutta
l'italia nella graduatoria stilata da Bruxelles che tiene conto dei parametri
economici, sociali e istituzionali. La Lombardia fuori dalla top 100. E il
ranking calabrese è in picchiata: penultimo tra gli italiani, è davanti solo
alla Grecia e alle aree più depresse dei paesi orientali
LA crisi ha
cancellato l’Italia dalla cartina europea della competitività e la Calabria
risulta in coda alla graduatoria delle regioni stilata dall'Unione europea.
Anche la Lombardia, fino a tre anni fa tra le prime cento regioni europee, è
uscita dalla classifica e si trova ora al posto numero 128 e su base nazionale
la Penisola è solo al 18 posto dietro Cipro e Portogallo.
La classifica tiene
conto di diversi fattori: istituzioni, stabilità macroeconomica,
infrastrutture, sanità e istruzione di base. Nessuna delle regioni italiane è
stata 'promossa a pieni votì in almeno uno di questi capitoli. Scorrendo
l’elenco si trovano tutte nella parte bassa della lista. E la Calabria, in
particolare, è penultima tra le italiane, davanti solo alla Sicilia, al
233esimo posto su 262 regioni europee considerate, subito dietro alla Puglia e
poco distante dalla Basilicata.
Hanno ottenuto
indici peggiori della Calabria solo alcune regioni della Spagna, della Romania,
della Bulgaria e della Grecia. Ma diverse zone elleniche travolte dalla crisi
sono comunque davanti e anche l'est europeo ha ormai bruciato la punta della
penisola italiana dove la tendenza, tra l'altro, è in picchiata: dal 2010 il
ranking calabrese è precipitata di 19 posizioni.
Redazione web
Conti pubblici, unimpresa "122 miliardi debito
da rinnovare entro 2013"
26 agosto 2013
ROMA (ITALPRESS) –
Oltre 122 miliardi di euro di debito pubblico da rinnovare entro l’anno. Dopo
la pausa estiva arrivano a scadenza 74,5 miliardi di bot, 37,8 miliardi di btp
e 10,6 miliardi di ctz: titoli che vanno rimborsati e che richiederanno nuove emissioni
da parte del Tesoro. Lo rileva il Centro studi Unimpresa, secondo cui si tratta
di una enorme quantità di denaro per cui una eventuale crisi della maggioranza
e una caduta del Governo potrebbero avere ripercussioni pericolose su spread e
tassi di interesse.
Il calendario delle scadenze dei titoli in
circolazione previsto per l’ultimo quadrimestre del 2013 è intenso. Secondo
l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia, a settembre
scadono 30,3 miliardi di emissioni. Quasi il doppio rispetto a quelle in agenda
per ottobre, quando arrivano a fine corsa 18,4 miliardi di titoli. A novembre,
invece, andranno rimborsati 34,4 miliardi, mentre a dicembre si sale fino a
39,6 miliardi. Tra settembre e dicembre non sono previste scadenze di cct. Una
piccola parte dei rifinanziamenti in agenda sono già stati “coperti” dal Tesoro
che negli scorsi mesi ha incrementato le emissioni di titoli sfruttando un
andamento dei tassi di interesse sostanzialmente favorevole.
(ITALPRESS).
Trst, oltrepadania est. Giurastante e il Tlt: «Ricuseremo
i giudici iscritti all’Anm»
Affollata assemblea
del Movimento Trieste Libera, impegnato su vari fronti giudiziari. Si alza il
tono della polemica con l’Associazione nazionale magistrati
di Davide Ciullo
«Ci faremo
consegnare l’elenco degli iscritti all’Associazione nazionale magistrati
cosicché, se assegneranno le nostre cause ad un giudice aderente all’Anm, ne
potremo chiedere la ricusazione». Parole e musica di Roberto Giurastante,
leader del Movimento Trieste Libera, che con un’inedita provocazione rinfocola
la polemica innescatasi nel mese scorso in seguito al rinvio dell’udienza in
cui si sarebbe dovuta esaminare l’eccezione del “difetto di giurisdizione
italiana su Trieste”.
La protesta
inscenata dagli indipendentisti alabardati aveva suscitato le reprimende del
presidente della sezione penale del Tribunale, Filippo Gulotta, e della giunta
distrettuale dell’Anm, determinando inoltre la richiesta dello statuto e della
lista di attivisti e simpatizzanti del movimento da parte della Digos.
E via con le solite
filippiche. «Siamo vittime di una campagna disinformativa aggressiva e
terroristica». E visto che la miglior difesa è sempre l’attacco, il Movimento
Trieste Libera sfodera gli artigli per difendersi da un clima che percepisce
come avverso e creato ad arte nei suoi confronti da quelle che chiama “autorità
italiane”. E attacca, per l’appunto. Lancia in resta.
«Ma con le armi del
diritto, che i nostri detrattori non possono usare per contrastarci». Questo ha
dichiarato Giurastante venerdì sera a Muggia, sull’inconsueta location del molo
“T”, durante la prima di una serie di assemblee pubbliche che Trieste Libera si
propone di convocare d’ora in poi almeno a cadenza quindicinale.
Ogni qual volta il
suo monologo si pigmentava di livore nei confronti delle “autorità italiane”,
scrosciavano applausi da un assiepato “molo T” (erano presenti più di duecento
persone). «Non ci metteranno a tacere». Chi? Sempre le autorità: magistrati,
giornali, politici italiani. E varie «massomafie», non meglio specificate. Ma
l’atmosfera, malgrado l’enfasi verbale, si è mantenuta distesa, non si mai
surriscaldata.
Giurastante, dopo
essersi soffermato sul “casus belli” del 17 luglio scorso, ha elencato i
prossimi appuntamenti. «Il 15 settembre manifesteremo per la liberazione di
Trieste: la città dimostrerà il suo orgoglio in opposizione ad un’occupazione
illegittima che dura da sessant’anni». E poi? Di nuovo in aula, il 9 ottobre.
«La Regione si è costituita nel ricorso al Tar presentato da 56 cittadini per
l’annullamento delle elezioni regionali e ne ha chiesto il rigetto. Ma noi – ha
annunciato Giurastante – faremo valere una sentenza del Consiglio di Stato del
1961 in cui è riconosciuta l’inesistenza della sovranità della Repubblica
italiana sul Tlt».
E non è
assolutamente finita. Sempre nell’ambito della legalità, sono più battaglieri
che mai. «Porteremo all’Onu la petizione per la nomina del governatore,
ricorreremo alla giustizia internazionale». Senza dimenticare, ancora, il
fronte interno: «Insinuano che siamo finanziati da chissà chi per mantenere la
sede e le attività? Allora indagheremo sul denaro pubblico elargito
all’associazionismo».
Intanto è nata
“Trieste Libera Impresa”, ramo del movimento dedicato all’imprenditoria locale:
«Abbiamo bisogno di tutti. La nostra battaglia è anche economica». A tutto
campo.
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