lunedì 26 agosto 2013

XXVI.VIII.MMXIII – Il ranking, dallo sport alle questioni d’euro. Quello di stilare “classifiche moralistiche” e’ una delle principali funzioni della stampa meridionale, se non la principale; stampa che non si chiede il perche’ delle cose e quali le cause – sarebbe contrario alla sua funzione –bensi’ “denuncia”, ad alta voce, roboanti cazzate fantozziane. Il giornalista meridionale e l’insegnante di scuola inferiore, sono il pilastro del potere padano nelle colonie del Sud. Se la stampa fosse autonoma, il Mezzogiorno sarebbe indipendente. E florido

Competitività regionale, Basilicata tra le ultime in Europa
Il Grande Imbroglio: la Sicilia “vende” ma non è competitiva
La Calabria è messa peggio dell'est europeo nella classifica Ue sulle regioni competitive
Conti pubblici, unimpresa "122 miliardi debito da rinnovare entro 2013"
Trst, oltrepadania est. Giurastante e il Tlt: «Ricuseremo i giudici iscritti all’Anm»




Competitività regionale, Basilicata tra le ultime in Europa
La Basilicata è al 227esimo posto nella graduatoria delle Regioni dell’Unione Europea per indice di competitività, su 262 territori regionali: vale a dire un livello uguale a quello di regioni dei Paesi Balcanici
LA Basilicata è al 227esimo posto nella graduatoria delle Regioni dell’Unione Europea per indice di competitività, su 262 territori regionali: vale a dire un livello uguale a quello di regioni dei Paesi Balcanici.
Questa - commenta il segretario della Uil, Carmine Vaccaro - «è forse l’ennesima spia della necessità di “allargare” il pensiero piccolo della Basilicata, del fallimento di un sistema di potere, e dell’esigenza di uomini nuovi per concepire una strategia al centro del Mezzogiorno per il bene comune». L’ultima statistica che arriva da Bruxelles mostra che le regioni del meridione d'Italia che occupano tutte le ultime posizioni della classifica (la Sicilia e' al 235esimo; la Calabria e' al 233esimo subito dietro alla Puglia e poco distante dalla Basilicata).
«Non potendo mettere in discussione i criteri socio-economici oggettivi scelti per determinare la classifica stilata tenendo conto di diversi fattori (istituzioni, stabilita' macroeconomica, infrastrutture, sanita' e istruzione di base), magari se ne possono aggiungere-contrapporre altri, è evidente – aggiunge Vaccaro - che l’idea di una regione aperta al centro del Mezzogiorno per proiettarsi sui mercati europei è sicuramente una delle pochissime risposte possibili, se non proprio l’unica, per riacquistare competitività. Di qui lo snodo per la politica lucana troppo avvitata su stessa e troppo presa dall’individuazione di nomi: se non vogliamo farci trovare impreparati  rispetto ai nuovi appuntamenti, primo fra tutti la programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, dobbiamo, adesso, – dice Vaccaro – tirare fuori le idee e le proposte per determinare le condizioni dell'apertura di una nuova stagione, che pure tutti dicono di volere, per costruire il disegno di buona Basilicata. E’ tutta qui la “malattia del coraggio” che dovrebbe contagiare chi ha a cuore il destino delle nostre comunità e propagarsi in tutta la regione. E allora se non parliamo di competitività dello stabilimento di Melfi della Fiat, quindi di nuovi modelli, di auto a basso impatto ambientale-basso consumo, di competitività della nostra agricoltura di qualità, delle potenzialità del turismo per competere con i mercati esteri persino in questa fase di “fuga” dei turisti dal Mar Rosso, di cosa vogliamo parlare? Io continuo a sostenere - conclude Vaccaro - che anche grazie alle risorse energetiche, strumento fondamentale di competitività industriale e per piccole e medie imprese, la Basilicata ha un ruolo di regione aperta - incrocio nel Mezzogiorno che può guardare alla sponda mediterranea secondo i progetti di europartenariato con i Paesi del Nord Africa. Ecco le convenienze che dobbiamo creare per  far sì che la Basilicata diventi attrattore di grandi investimenti e possa risalire la graduatoria della competitività. Le nostre  tradizioni, la nostra identità vanno preservate, tutelate, sicuramente, ma da soli  non possiamo farcela perché l'occupazione si crea con progetti che dobbiamo attrarre». 
LA SCHEDA - CHE COSA E’ L’INDICE
L’indicatore  regionale dell’Unione europea, l’indice di competitività regionale, rappresenta il primo indicatore composito che fornisce una descrizione sintetica della competitività territoriale per tutte le regioni di livello NUTS 2 dei 27 Stati membri dell’UE. L’indice tiene in considerazione il livello di sviluppo della regione ponendo l’accento sulle questioni basilari nelle regioni meno sviluppate e sulla capacità innovativa nelle regioni più sviluppate. Questi i dieci  territori Ue, su un totale di 262, che figurano alla guida dell’Indice di competitività regionale 2013 pubblicato dalla Commissione Ue: 1) NL: Utrecht 2) UK: Area di Londra (Bedfordshire, Hertfordshire, Essex, Inner e Outer London) 3) UK: Berkshire, Buckinghamshire e Oxfordshire 4) SE: Regione di Stoccolma 5) UK: Surrey, East and West Sussex 6) NL: Regione di Amsterdam (Flevoland, Noord-Holland) 7) DE: Regione di Francoforte (Darmstadt) 8) FR: Regione di Parigi (Ile de France) 9) DK: Regione di Copenhagen (Hovedstaden) 10) NL: Zuid-Holland. Per trovare la prima regione italiana, la Lombardia, occorre invece scorrere l’indice fino alla posizione 128, seguita dalle altre, fino alla Sicilia, fanalino di coda nazionale 235ma su una graduatoria di 262: 128) Lombardia 141) Emilia Romagna 143) Lazio 145) Provincia autonoma di Trento 146) Liguria 152) Piemonte 157) Friuli Venezia Giulia 158) Veneto 160) Toscana 167) Umbria 173) Provincia autonoma di Bolzano 177) Marche 178) Valle d’Aosta 187) Abruzzo 201) Molise 217) Campania 222) Sardegna 227) BASILICATA 232) Puglia 233) Calabria 235) Sicilia.
lunedì 26 agosto 2013 08:55

Il Grande Imbroglio: la Sicilia “vende” ma non è competitiva
25 agosto 2013 - 20:50 - Economia
Ultima fra le Regioni italiane, preceduta dalla Calabria, e in coda fra le Regioni europee – 235esima su 262 – la Sicilia conquista la maglia nera della competivita’. Un caso senza precedenti nel mondo occidentale ed industrializzato. L’Isola infatti vanta la piu’ alta crescita nell’export, il 24 per cento in due anni, fra le Regioni italiane. Non si vende se non si e’ competitivi? Come spiegare il mistero?
 La classifica della Commissione Ue non lascia dubbi, e’ stata elaborata grazie a una analisi rigorosa che utilizza parametri oggettivi.
La competivita’ pretende l’efficienza della pubblica amministrazione, la stabilita’ macro-economica, buone infrastrutture, servizi di qualita’ (quello sanitario in particolare), istruzione universitaria eccellente, l’apprendimento permanente, innovazione tecnologica.
La Commissione Ue indaga su questi parametri per elaborare la classifica della competivita’. La maglia nera della Sicilia si spiega con una pagella piena di brutti voti in ognuna delle “categorie” prese in esame.
 La bocciatura non sorprende perche’ i dati sull’occupazione, il reddito, l’impresa collocano il Sud e la Sicilia in fondo, e non avrebbero permesso previsioni rosee.
Ma se tutto va male, con qualche eccezione (alcuni settori dell’agricoltura, come l’enogastronomia), perche’ la Sicilia vende cosi’ tanto, piu’ di ogni altra regione italiana? E perche’ pur vendendo cosi’ tanto, la sua economia e’ depressa che piu’ non si puo’? Pura schizofrenia dei mercati? Speculazioni? Il destino cinico e baro? Nemici “occulti”?
Quando si vende tanto, si incassa tanto: i soldi entrano in circolo, come il sangue. Pompati dal cuore, arrivano al cervello e fanno funzionare la “macchina” che e’ un piacere. Si innesca il circolo virtuoso, una regola che non conosce eccezione in alcuna economia del mondo.
Deve esserci qualcosa che non va, dunque, se la macchina fa soldi, mentre tutto cio’ che gli sta attorno “sopravvive” per virtu’ dello spirito santo. La spiegazione a questa enormita’ e’ una sola: la Sicilia produce e trasforma materia prima – petrolio, gas, chimica di base – e dalla sua produzione, affidata a siciliani che fanno bene il loro lavoro, non trae alcun profitto, con l’eccezione degli stipendi e dei salari al personale dipendente: niente, rispetto a quel che arriva nel portafogli delle aziende che producono e vendono.
La Sicilia aggiusta la bilancia commerciale e non ci guadagna quasi niente. Non solo: invece che guadagnarci, ci perde, sia perche’ le tasse vengono pagate altrove, sia perche’ la macchina per far soldi e’ causa di svantaggi e danni incalcolabili all’ambiente ed alla salute. Le aziende che esportano, infatti, “lavorano” materie “insalubri”, inquinano l’aria, il mare, i fiumi, i laghi, i boschi. Non ci sono soldi che bastano per ripagare questi danni, peraltro pressocche’ irrimediabili.
Questo scenario e’ di una evidenza palmare, ma c’e’ chi si comporta come quel coniuge adultero che scoperto a letto con l’amante, nega la realta’. Cornuti e mazziati, insomma.
La Sicilia passa per una Regione parassita, che sperpera denaro pubblico, e basta, come urlano da anni i Ministri padani, ottenendo credito e “silenzi” anche da parte dei compagni di viaggio siciliani dalla testa ai piedi.
La realta’ si e’ capovolta, la questione meridionale non esiste piu’: e’ stata rimpiazzata dalla “questione” settentrionale. E’ il Paese che produce, il Nord, a subire il gap: paga le tasse, piu’ di quanto ne paga il Sud, e non ha servizi decenti. E questo avviene a causa del fatto che si buttano via i quattrini “padani” in regioni come la Sicilia, dove si sperpera e si sgoverna.
Il teorema “regge” perche’ le istituzioni siciliane hanno fatto male i compiti a casa ed hanno svenduto l’Isola per un piatto di pasta. E’ questa la ragione per la quale la Sicilia vende tanto senza vendere niente che la arricchisca. Un imbroglio grande quanto una casa tollerato in modo indecente.

La Calabria è messa peggio dell'est europeo nella classifica Ue sulle regioni competitive
Bocciatura per tutta l'italia nella graduatoria stilata da Bruxelles che tiene conto dei parametri economici, sociali e istituzionali. La Lombardia fuori dalla top 100. E il ranking calabrese è in picchiata: penultimo tra gli italiani, è davanti solo alla Grecia e alle aree più depresse dei paesi orientali
LA crisi ha cancellato l’Italia dalla cartina europea della competitività e la Calabria risulta in coda alla graduatoria delle regioni stilata dall'Unione europea. Anche la Lombardia, fino a tre anni fa tra le prime cento regioni europee, è uscita dalla classifica e si trova ora al posto numero 128 e su base nazionale la Penisola è solo al 18 posto dietro Cipro e Portogallo. 
La classifica tiene conto di diversi fattori: istituzioni, stabilità macroeconomica, infrastrutture, sanità e istruzione di base. Nessuna delle regioni italiane è stata 'promossa a pieni votì in almeno uno di questi capitoli. Scorrendo l’elenco si trovano tutte nella parte bassa della lista. E la Calabria, in particolare, è penultima tra le italiane, davanti solo alla Sicilia, al 233esimo posto su 262 regioni europee considerate, subito dietro alla Puglia e poco distante dalla Basilicata.
Hanno ottenuto indici peggiori della Calabria solo alcune regioni della Spagna, della Romania, della Bulgaria e della Grecia. Ma diverse zone elleniche travolte dalla crisi sono comunque davanti e anche l'est europeo ha ormai bruciato la punta della penisola italiana dove la tendenza, tra l'altro, è in picchiata: dal 2010 il ranking calabrese è precipitata di 19 posizioni.
Redazione web

Conti pubblici, unimpresa "122 miliardi debito da rinnovare entro 2013"
26 agosto 2013
ROMA (ITALPRESS) – Oltre 122 miliardi di euro di debito pubblico da rinnovare entro l’anno. Dopo la pausa estiva arrivano a scadenza 74,5 miliardi di bot, 37,8 miliardi di btp e 10,6 miliardi di ctz: titoli che vanno rimborsati e che richiederanno nuove emissioni da parte del Tesoro. Lo rileva il Centro studi Unimpresa, secondo cui si tratta di una enorme quantità di denaro per cui una eventuale crisi della maggioranza e una caduta del Governo potrebbero avere ripercussioni pericolose su spread e tassi di interesse.
 Il calendario delle scadenze dei titoli in circolazione previsto per l’ultimo quadrimestre del 2013 è intenso. Secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia, a settembre scadono 30,3 miliardi di emissioni. Quasi il doppio rispetto a quelle in agenda per ottobre, quando arrivano a fine corsa 18,4 miliardi di titoli. A novembre, invece, andranno rimborsati 34,4 miliardi, mentre a dicembre si sale fino a 39,6 miliardi. Tra settembre e dicembre non sono previste scadenze di cct. Una piccola parte dei rifinanziamenti in agenda sono già stati “coperti” dal Tesoro che negli scorsi mesi ha incrementato le emissioni di titoli sfruttando un andamento dei tassi di interesse sostanzialmente favorevole.
 (ITALPRESS).

Trst, oltrepadania est. Giurastante e il Tlt: «Ricuseremo i giudici iscritti all’Anm»
Affollata assemblea del Movimento Trieste Libera, impegnato su vari fronti giudiziari. Si alza il tono della polemica con l’Associazione nazionale magistrati
 di Davide Ciullo
«Ci faremo consegnare l’elenco degli iscritti all’Associazione nazionale magistrati cosicché, se assegneranno le nostre cause ad un giudice aderente all’Anm, ne potremo chiedere la ricusazione». Parole e musica di Roberto Giurastante, leader del Movimento Trieste Libera, che con un’inedita provocazione rinfocola la polemica innescatasi nel mese scorso in seguito al rinvio dell’udienza in cui si sarebbe dovuta esaminare l’eccezione del “difetto di giurisdizione italiana su Trieste”.
La protesta inscenata dagli indipendentisti alabardati aveva suscitato le reprimende del presidente della sezione penale del Tribunale, Filippo Gulotta, e della giunta distrettuale dell’Anm, determinando inoltre la richiesta dello statuto e della lista di attivisti e simpatizzanti del movimento da parte della Digos.
E via con le solite filippiche. «Siamo vittime di una campagna disinformativa aggressiva e terroristica». E visto che la miglior difesa è sempre l’attacco, il Movimento Trieste Libera sfodera gli artigli per difendersi da un clima che percepisce come avverso e creato ad arte nei suoi confronti da quelle che chiama “autorità italiane”. E attacca, per l’appunto. Lancia in resta.
«Ma con le armi del diritto, che i nostri detrattori non possono usare per contrastarci». Questo ha dichiarato Giurastante venerdì sera a Muggia, sull’inconsueta location del molo “T”, durante la prima di una serie di assemblee pubbliche che Trieste Libera si propone di convocare d’ora in poi almeno a cadenza quindicinale.
Ogni qual volta il suo monologo si pigmentava di livore nei confronti delle “autorità italiane”, scrosciavano applausi da un assiepato “molo T” (erano presenti più di duecento persone). «Non ci metteranno a tacere». Chi? Sempre le autorità: magistrati, giornali, politici italiani. E varie «massomafie», non meglio specificate. Ma l’atmosfera, malgrado l’enfasi verbale, si è mantenuta distesa, non si mai surriscaldata.
Giurastante, dopo essersi soffermato sul “casus belli” del 17 luglio scorso, ha elencato i prossimi appuntamenti. «Il 15 settembre manifesteremo per la liberazione di Trieste: la città dimostrerà il suo orgoglio in opposizione ad un’occupazione illegittima che dura da sessant’anni». E poi? Di nuovo in aula, il 9 ottobre. «La Regione si è costituita nel ricorso al Tar presentato da 56 cittadini per l’annullamento delle elezioni regionali e ne ha chiesto il rigetto. Ma noi – ha annunciato Giurastante – faremo valere una sentenza del Consiglio di Stato del 1961 in cui è riconosciuta l’inesistenza della sovranità della Repubblica italiana sul Tlt».
E non è assolutamente finita. Sempre nell’ambito della legalità, sono più battaglieri che mai. «Porteremo all’Onu la petizione per la nomina del governatore, ricorreremo alla giustizia internazionale». Senza dimenticare, ancora, il fronte interno: «Insinuano che siamo finanziati da chissà chi per mantenere la sede e le attività? Allora indagheremo sul denaro pubblico elargito all’associazionismo».
Intanto è nata “Trieste Libera Impresa”, ramo del movimento dedicato all’imprenditoria locale: «Abbiamo bisogno di tutti. La nostra battaglia è anche economica». A tutto campo.

Nessun commento: