Economia - L'UNIONE SARDA: Prodotti agricoli,
vendita diretta
Uno studente lucano su tre va all’Università
fuori regione
Istat. Conti economici trimestrali
Istat, spesa famiglie II trimestre -3,3%
Fisco:Befera,nemico è chi spreca denaro
Vuoi far soldi a New York? Vendi hot dog
Al via inchiesta Senato su 'Terra dei Fuochi'
Per fare luce su
nesso tra rifiuti, roghi e aumento neoplasie
09 settembre, 21:52
NAPOLI - Prendono il
via le audizioni e i sopralluoghi della commissione Sanità del Senato sulla
cosiddetta "terra dei fuochi", l'ampia fetta del territorio campano che
si estende dai versanti vesuviani al Casertano, usata dalla criminalità
organizzata per lo smaltimento illegale dei rifiuti.
Un' indagine che chiamerà a rapporto medici
per l'ambiente di vari e autorevoli istituti oncologici, della Regione Campania
e ambientalisti appartenenti a varie sigle.
L'inchiesta dei senatori prevede anche dei
sopralluoghi nelle zone ritenute maggiormente a rischio, al fine di acquisire
quanti più dati è possibile sulla presunta correlazione tra quelle terre, -
nelle cui viscere sono state sotterrate tonnellate e tonnellate di tra scarti
speciali altamente tossici - e l'aumento delle patologie tumorali.
Nel luglio del 2012, l'istituto Pascale di
Napoli ha pubblicato un rapporto sui casi di morte verificatisi dal 1998 a
causa delle neoplasie: un quadro a tinte fosche che evidenzia un aumento dei
tumori stimato fino al 47%. Il dossier evidenzia anche la correlazione tra
inquinamento ambientale e patologie, mettendo in risalto che la crescita dei
malati oncologici in quelle zone, và di pari passo con i roghi di immondizia e
i fumi tossici che le fiamme liberano nell'aria. Tra la provincia di Napoli e
il Casertano, viene sottolineato nel rapporto, l'aumento delle neoplasie è
stimato in 28,4% negli uomini e del 32,7% tra le donne.
Economia - L'UNIONE SARDA: Prodotti agricoli,
vendita diretta
10.09.2013
La filiera agricola
si accorcia e da domani sarà molto più semplice vendere e consumare i prodotti
agricoli direttamente in azienda. Tutto questo è possibile grazie alle
semplificazioni del decreto legge cosiddetto del “Fare”. LA SEMPLIFICAZIONE
«Non sarà più necessaria la comunicazione di inizio attività, cosiddetta Scia,
per le vendite all'aperto al dettaglio in azienda agricola e in occasione di
fiere e sagre», spiega il senatore Dario Stefàno, componente della Commissione
Agricoltura del Senato, «come pure sarà possibile il consumo immediato nei
locali aziendali - che non avranno neanche necessità di cambiare destinazione
d'uso - dei prodotti agricoli, ovviamente nel rispetto delle norme
igienico-sanitarie e senza servizio ai tavoli». Insomma, si tratta di «un
intervento semplice», continua Stefàno, «che concretizza l'idea che abbiamo
della semplificazione burocratica, che serve alle nostre aziende per essere più
competitive. Un intervento che, senza costi per le casse pubbliche, darà modo
agli imprenditori di aumentare il reddito e l'occupazione e ai consumatori di
avvicinarsi alla realtà produttiva locale, con importanti risvolti ambientali
grazie all'acquisto di prodotti a km zero». IN SARDEGNA «Il decreto del Fare ha
introdotto una serie di misure favorevoli alla semplificazione del settore
agricolo anche se non determinanti e strategiche. Interpretiamo positivamente»,
dichiara il presidente di Confagricoltura Sardegna Elisabetta Falchi, «anche la
riduzione delle accise sul gasolio da serra e alcune agevolazioni in materia di
emissioni per le tipologie di impianti come gli essicatoi e le cantine, che
potranno tirare un sospiro di sollievo. L'eliminazione di norme eccessivamente
restrittive per le emissioni di inquinanti, se non modificate, avrebbero
infatti comportato per le aziende agricole una serie di gravosi oneri di
adeguamento degli impianti», osserva il presidente regionale di
Confagricoltura. LA BUROCRAZIA Questi interventi, «compreso quello sulla
vendita diretta», incalza Falchi, «vanno nella direzione di uno snellimento
della burocrazia e rappresentano un segnale di attenzione del Governo per il
settore, uno dei comparti economici più vessati». La burocrazia, prosegue
Falchi, «comporta consistenti perdite in termini di tempo e risorse,
quantificate in oltre 5 miliardi di euro all'anno, che corrispondono a una
media di cento giornate dedicate agli oneri derivanti dai mille adempimenti
richiesti». LA POLEMICA Sono contro la burocrazia anche i commercianti, ma
l'aiuto alla vendita diretta non è gradito. «Il decreto Fare concede agli imprenditori
agricoli un ingiustificato vantaggio», lamenta Agostino Cicalò, presidente
regionale di Confcommercio. «Gli agricoltori potranno vendere e somministrare
prodotti, anche non di propria produzione, senza essere soggetti alle regole e
agli obblighi degli altri operatori economici. Siamo di fronte a
un'inaccettabile disparità che penalizza le imprese della distribuzione
commerciale». Lanfranco Olivieri
Uno studente lucano su tre va all’Università
fuori regione
di Massimo Brancati
POTENZA - Nel 2012 sono stati circa 400 i
giovani potentini, tra i 19 e i 25 anni, che hanno lasciato la città. Il trend
è in crescita rispetto agli anni scorsi (siamo nell’ordine del +25% se
confrontiamo il dato al 2000). Perché questa impennata di nuovi emigranti?
L’80% dei ragazzi con la valigia ha scelto di partire per motivi di studio, per
iscriversi ad una facoltà universitaria di fuori regione (Roma e Milano le
«mete» preferite). È un particolare su cui riflettere, anche perché rispecchia
un andamento su scala regionale: trentamila lucani frequentano l’Università. E
di questi ben 23mila sono iscritti altrove, mentre circa 7mila giovani della
Basilicata hanno scelto l’ateneo lucano.
Secondo una recente ricerca dell’Istat,
inoltre, il 70 per cento di chi ha frequentato «fuori sede», al termine del
ciclo di studi, preferisce non ritornare in Basilicata. Una fuga dettata dalla
necessità di trovare sbocchi professionali, dalla carenza di opportunità in
regione e, in parte, dall’offerta formativa che evidentemente, dal punto di
vista quantitativo, non soddisfa in pieno le richieste degli studenti.
L’Università di Basilicata, nonostante la qualità della sua offerta formativa,
dunque, ha una scarsa capacità attrattiva nei confronti dei giovani lucani.
Lo conferma anche il Cnvsu, il comitato
nazionale per la valutazione del sistema universitario (organismo del Miur). Su
4.254 diciannovenni iscritti all’Università soltanto 1.305 scelgono le sedi di
Potenza e Matera, mentre circa 2.949 si iscrivono in sedi extra regionali.
L'obiettivo non è bloccare il flusso di talenti meritevoli verso Università di
eccellenza (Luiss, Lumsa e Bocconi), ma è necessario favorire un’inversione di
rotta per frenare un fenomeno che impoverisce tutti.
La prima ad interrogarsi su questa
problematica deve essere la Regione che non può limitarsi ad erogare fondi
(anche quelli servono, per carità), ma avviare una seria riflessione sul
rapporto tra Università e territorio e sulle ragioni che alimentano i dati
dell’emigrazione. Il problema è socio-economico: i ragazzi decidono a priori di
restare dove vanno a studiare. La Basilicata, d’altra parte, non è in grado di
offrire opportunità di lavoro e occasioni di crescita professionale. È
necessario trovare le contromisure per evitare che tutta questa situazione
alimenti il rischio spopolamento.
Istat. Conti economici trimestrali
Nel secondo
trimestre del 2013 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori
concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per gli effetti di
calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre
precedente e del 2,1% nei confronti del secondo trimestre del 2012.
La stima preliminare
diffusa il 6 agosto 2013 scorso aveva rilevato una diminuzione congiunturale
dello 0,2% e una diminuzione tendenziale del 2,0%.
Il secondo trimestre
del 2013 ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente e lo
stesso numero di giornate lavorative rispetto al secondo trimestre del 2012.
La variazione acquisita
per il 2013 è pari a -1,8%.
Rispetto al
trimestre precendente, i principali aggregati della domanda interna (consumi
finali nazionali e investimenti fissi lordi) sono diminuiti entrambi dello
0,3%, mentre le esportazioni sono aumentate dell'1,2%. Le importazioni hanno
registrato una flessione dello 0,3%.
La domanda nazionale
al netto delle scorte ha sottratto 0,3 punti percentuali alla crescita del PIL.
Il contributo dei consumi delle famiglie è stato di -0,3 punti percentuali,
mentre quello degli investimenti fissi lordi e della spesa della Pubblica
Amministrazione è stato nullo. La variazione delle scorte ha contribuito
negativamente per 0,4 punti percentuali alla variazione del PIL, mentre
l'apporto della domanda estera netta è stato positivo per 0,4 punti
percentuali.
Il valore aggiunto
ha registrato variazioni congiunturali negative del 2,2% nell'agricoltura, dello
0,9% nelle costruzioni, dello 0,3% nei servizi e dello 0,1% nell'industria in
senso stretto. In termini tendenziali, è diminuito del 6,9% nelle costruzioni,
del 2,6% nell'agricoltura, del 2,5% nell'industria in senso stretto e dell'1,2%
nei servizi.
Istat, spesa famiglie II trimestre -3,3%
Acquisti beni
durevoli -7,1%
10 settembre, 11:10
(ANSA) - ROMA, 10
SET - La spesa delle famiglie sul territorio nazionale nel secondo trimestre
2013 ha registrato un calo in termini tendenziali del 3,3%. Lo comunica l'Istat
con i dati sul Pil e specificando che gli acquisti di beni durevoli sono diminuiti
del 7,1%, gli acquisti di beni non durevoli del 3,3% e gli acquisiti di servizi
dell'1,8%.
Fisco:Befera,nemico è chi spreca denaro
Risultati lotta evasione 2013 in linea con
scorso anno
09 settembre, 19:40
(ANSA) - FRASCATI, 9 SET - "I veri
avversari per noi non sono gli evasori, che anche se ci contrastano danno senso
al nostro lavoro, ma sono quelli che sprecano il denaro pubblico. Loro rendono
vano il nostro lavoro". Lo ha detto il direttore dell'Agenzia delle
Entrate, Attilio Befera, parlando alla Summer School della Fondazione Magna
Charta. 'I risultati della lotta all'evasione sono in linea con l'anno scorso''
ha aggiunto.
Vuoi far soldi a New York? Vendi hot dog
Si possono guadagnare fino a 2.000 dollari
al giorno, ma la licenza da venditore ambulante ha prezzi piuttosto impegnativi
09-09-201317:16
In tempi di tagli alle spese sono in molti
a risparmiare anche sul cibo. Ma a un hot dog, specie se a Central Park,
difficilmente si resiste, soprattutto se si è turisti di passaggio nella Grande
Mela. Sarà per questo che i "carretti" che vendono bibite e panini
con salsicce non conoscono la crisi. In giornate di sole, specie in estate, i
venditori di hot dog nel centro di New York arrivano infatti a guadagnare anche
2.000 dollari. Certo, gli affari non vanno sempre così bene: in inverno gli
incassi sono più contenuti e soprattutto in giornate di pioggia possono contrarsi
fino a un decimo. Ma nel complesso - e a dispetto della disoccupazione
dilagante anche negli Stati Uniti - il lavoro non manca.Sarà per questo che
anche il prezzo da pagare per una licenza da venditore ambulante è molto alto,
persino proibitivo, se si cerca di accaparrarsi la possibilità di sostare col
proprio "carretto" nei pressi proprio di Central Park: qui, dove un
hot dog costa mediamente 2 dollari, un venditore deve sborsare qualcosa come
poco meno di 300.000 dollari per un permesso. Uno sproposito Apparentemente sì,
ma forse giustificato proprio dagli incassi a fine mese, dal momento che i
298.500 dollari pagati per la licenza da uno di questi venditori ambulanti di
cibo non è un caso isolato. Come racconta il New York Times , infatti, i prezzi
in zona hanno una media di 200.000 dollari e in molti, interrogati in
proposito, hanno affermato di essere comunque disposti a spendere oltre 100
mila dollari, pur di restare nella stessa zona. Prezzi più che raddoppiati
rispetto solo a 10 anni fa.Quella di Central Park resta infatti l'area più
ambita: ogni anno si calcola che ci siano 40 milioni tra turisti e passanti. E
se a non tutti piacciono i celebri panini imbottiti con wurstel, tipicamente
americani, certamente d'estate capita a tantissimi di acquistare anche solo una
bibita, venduta a caro prezzo, visto che una bottiglietta d'acqua ha un costo
medio di 3 dollari. La spesa per comprarsi una licenza per un
"carretto", dunque, viene ben ripagata, anche se ultimamente, secondo
il quotidiano della Grande Mela, la concorrenza da parte dei veterani di guerra
si fa sentire maggiormente: gli ex militari, grazie ad una legge del XIX
secolo, possono usufruire di prezzi ribassati per accaparrarsi uno dei 150
pemessi di vendita di cibo da strada, assegnati tramite una lotteria.In ogni
caso, quello dello street food sembra essere un mercato in positivo e non solo
per i venditori ambulanti: l'amministrazione comunale di New York incassa ogni
anno, dalla vendita delle licenze, qualcosa come 4,5 milioni di dollari. D'altro
canto, anche in Italia il settore sta vivendo un momento positivo: secondo la
Coldiretti il cibo da strada ha fatto registrare un vero e proprio boom con il
73% di turisti che, secondo un sondaggio, ha preferito acquistare alimenti da
asporto nei chioschetti, piuttosto che mangiare al ristorante o in trattoria.
Per gli appassionati del genre, poi, sono nate anche apposite App che aiutano
nell'individuazione dei punti di ristoro.
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