Petrolio. Il fondo Memorandum e l'accordo per
il gas gratis
Petrolio. "L'aumento non c'entra"
Petrolio. Un rivolo a 6 zeri partito in
anticipo per i comuni della Valle
Petrolio. Viaggio nel tesoro di Tempa Rossa
Ilva: Ue contro Italia per carenze controlli a
Taranto
Istat. Clima di fiducia delle imprese
Petrolio. Nel 2016 Centro Oli Total a Tempa
Rossa
In Basilicata a
regime tratterà 50 mila barili greggio al giorno
26 settembre, 19:32
(ANSA) - CORLETO
PERTICARA (POTENZA), 26 SET - Entrerà in funzione nel primo quadrimestre del
2016 il Centro oli che la Total - con un investimento complessivo di 1,6
miliardi di euro - realizzerà a Tempa Rossa, in Basilicata, per trattare a
regime 50 mila barili di petrolio al giorno. La zona è stata fatta visitare
oggi ai giornalisti dalla Total, in occasione dell'inaugurazione, a Corleto
Perticara, di una scuola di formazione per 54 operatori (nove donne e 45
uomini).
Petrolio. Il fondo Memorandum e l'accordo per
il gas gratis
Il capo dell'Unmig:
"Il decreto può cambiare"
Attesi tra i 40 e i
55 milioni all’anno dal nuovo accordo con Eni. «Ma se non si fanno nuovi pozzi
diminuiranno subito», sottolinea Franco Terlizzese, direttore generale per le
risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello sviluppo economico
di LEO AMATO
POTENZA - Quanto
arriverà in Basilicata dei due miliardi di euro (per l’esattezza poco più di un
miliardo e 900 milioni) attesi per infrastrutture e occupazione in cambio del
via libera all’aumento delle estrazioni in Val d’Agri. Franco Terlizzese,
direttore generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello
sviluppo economico, chiede cautela sui numeri («Al dicastero dell’Economia hanno
fatto una serie di proiezioni ma ci sono variabili che dipendono dalle
compagnie»). Ma su una questione si dice possibilista: «Quello approvato lo
scorso 12 dicembre è un decreto innovativo sotto molti aspetti. Vediamo
all’opera i risultati che produrrà con la consapevolezza che può essere sempre
modificato».
Direttore una
domanda secca: quanto?
«Diciamo prima che
si tratta di una novità assoluta nel panorama fiscale italiano. Si sono
contemperati interessi diversi, infatti la difficoltà principale per chi ci ha
lavorato è stata quella di cambiare logica. Utilizzare uno strumento di
fiscalità generale come l’imposta sul reddito delle società per indirizzare
risorse verso un territorio in particolare. Una forma di federalismo fiscale,
per capirsi. Come non è mai esistita. Metabolizzarlo non è stato semplice né
veloce, per questo il decreto è arrivato con un anno di ritardo».
Quindi la soglia dei
50 milioni di euro l’anno?
«Sono state adottate
delle misure di prudenza. Mi metterei anche nei panni del colleghi del
ministero dell’Economia. In questa prima fase si sono tutelati introducendo
requisiti come quello che le società protagoniste dei nuovi accordi abbiano
sede nei territori interessati dalle estrazioni, o per la quota del 30% fino a
130milioni di imposte e poi del 15%. Così pure il tetto annuale dei 50 milioni
perché si vuole fare una verifica di questo nuovo approccio, che apre un
orizzonte dove molti hanno tentato prima senza successo. Questo - però - chi ci
ha lavorato non l’ha visto messo in evidenza da nessuno. Il provvedimento che
abbiamo adottato va anche contestualizzato in un 2013 difficilissimo per cui
far passare principio di ridistribuire ai territori risorse mentre nel Governo
si prova a tagliare dappertutto non è una cosa da poco».
Ma si parlava di
quasi due miliardi e adesso al massimo di 500 in dieci anni non le pare poco?
«Tre anni fa con il
presidente Vito De Filippo e i sottosegretari Stefano Saglia e Guido Viceconte
sono state esaminate quali erano le esigenze di sviluppo infrastrutturale della
Basilicata e il suo potenziale petrolifero. Per questo si parlava di un 1miliardo
e 900milioni ma oggi quel potenziale di sviluppo è ancora da verificare perché
le ricerche sono ancora ferme. I progetti in Basilicata non sono solo Val
d’Agri e Tempa Rossa. Ci sono anche Monte Grosso e altre aree interessanti per
l’esplorazione del sottosuolo. All’epoca facemmo una stima per ognuno di
questi».
Quindi i 24mila
barili al giorno in più in Val d’Agri quanto dovrebbero portare nel fondo?
«Diciamo che una
produzione del genere può portare ad avere 700/800 milioni di entrate l’anno».
Fatti due conti ci siamo,
tra i 40 e i 55 milioni?
«Da solo
l’incremento di produzione in Val d’Agri non basterà a lungo se non si procede
a effettuare dei pozzi di completamento. Quelli esistenti sono destinati a
esaurirsi in fretta senza sfruttare appieno il giacimento».
venerdì 27 settembre
2013 08:46
Petrolio. "L'aumento non c'entra"
Alberti rassicura e
garantisce
Giuseppe Alberti,
intervistato dal Quotidiano, commenta l’accordo stipulato due settimane fa con
Eni per quasi 5 milioni e mezzo di gas all’anno da distribuire tra i 10 comuni
dell’area delle estrazioni in Val d’Agri
«NON è una
concessione né della Regione né dell'Eni a questi territori. C’è una legge
dello Stato che prevede che nei comuni in cui si svolge attività estrattiva gli
enti locali possono chiedere dei ristori per le attività che le compagnie
svolgono».
E’ il commento del
sindaco di Viggiano Giuseppe Alberti intervistato dal Quotidiano sull’accordo
stipulato due settimane fa con Eni per quasi 5 milioni e mezzo di gas all’anno
da distribuire tra i 10 comuni dell’area delle estrazioni in Val d’Agri.
Come nasce
quest’accordo?
«Dalla richiesta di
autorizzazione integrata ambientale che ha fatto l’Eni, la cosiddetta Aia. Per
averla l’Eni ha presentato un rapporto da cui emergeva che a parità di barili prodotti al giorno, ovvero i 104mila
autorizzati nel 1998, la quantità di gas estratto passava da 3 milioni di metri
cubi a 4 milioni e 6. Ne ho scritto e ne
ho parlato con il presidente De Filippo sostenendo che anche se non c’era
aumento di produzione di petrolio era previsto un minimo aumento di emissioni
in atmosfera. A fronte di questo perciò chiedevamo che una quota di quel gas in
più prodotto dovesse restare sul territorio».
Perché allargare agli
altri comuni oltre Viggiano?
«In Val d’Agri non
si produce petrolio solo a Viggiano. Grumento, Montemurro, Marsicovetere,
Marsico Nuovo, sono altri comuni dove avviene attività estrattiva. E’ chiaro
poi che anche gli altri che sono molto vicini al Centro oli pur non avendo
attività sul loro territorio un disagio lo vivono».
E la prospettiva
dell’aumento di produzione di 25mila barili?
«Non c’entra niente.
La trattativa che abbiamo condotto si basa sui 104mila barili al giorno. Tutto
ciò che verrà dopo sarà oggetto di un’ulteriore trattativa da parte della
Regione e gli enti locali interessati. Noi non abbiamo fatto nessuna
valutazione circa la possibilità che ci sia un aumento di produzione».
Perché allora tanta
riservatezza?
«Ma questo forse
dipende dal carattere del sindaco di Viggiano e del senatore Coviello. Le
comunicazioni io ce l’ho, sono state per iscritto e partono dall’avvio della
trattativa. Prima di dare notizie abbiamo preferito che le cose si
concludessero. “Mai dire gatto finché non ce l'hai nel sacco”».
Io però ho saputo
che in questa trattativa siete stati supportati dalla struttura della Regione
che si sta occupando del Memorandum
«No, c’era il
sindaco di Viggiano, Romualdo Coviello Eni e Shell. Per la prima volta gli enti
locali trattano direttamente con Eni. Questo è un grande risultato con una
grande apertura anche da parte del presidente Vito De Filippo».
Quindi nessuna
delega del comune di Viggiano per il sì all'aumento delle estrazioni?
«Niente. Niente.
Niente. Per altro in primavera ci sono le elezioni comunali e penso che prima
di allora nulla potrà accadere».
venerdì 27 settembre
2013 09:25
Petrolio. Un rivolo a 6 zeri partito in
anticipo per i comuni della Valle
Dietro l’accordo per
la cessione da parte dell’Eni ai comuni della Val d’Agri di oltre 5 milioni di
euro di gas resta un’ambiguità irrisolta
POTENZA -
Indipendente dall’agognato aumento di produzione fino a 130mila barili al
giorno. Ma neanche tanto. Dietro l’accordo per la cessione da parte dell’Eni ai
comuni della Val d’Agri di oltre 5 milioni di euro di gas resta un’ambiguità
irrisolta. Così il sospetto che si tratti di un rivolo delle compensazioni
legate al prossimo accordo con la Regione partito in anticipo per i comuni
della Valle resta tutt’altro che sopito.
C’è ancora un certo
riserbo sui contenuti del patto stipulato due settimane orsono nella sede della
compagnia del cane a sei zampe dal sindaco di Viggiano Giuseppe Alberti e
dall’ex senatore Romualdo Coviello, tornato nel consiglio comunale del suo
paese d’adozione.
Si attende infatti
che nei prossimi giorni il testo passi in giunta regionale per l’approvazione.
Ma da quanto si è riuscito a carpire da fonti pressoché certe oltre ai richiami
ripetuti ai 104mila barili di produzione previsti nel 1998, Eni avrebbe
ottenuto garanzie quantomeno sulla prosecuzione dei negoziati per un
incremento. Qualcosa tipo un accordo integrativo per cui resta da definire lo
strumento amministativo più adatto, che coincide con «i nuovi progetti di
sviluppo» menzionati nel decreto attuativo dell’articolo 16 del dl
liberalizzazioni, sottoscritto quasi incontemporanea con l’accordo tra Eni e
comune di Viggiano in rappresentanza di tutti i comuni della Valle.
Così oggi da una
parte c’è un decreto che prevede l’istituzione di un fondo per finanziare
infrastrutture e lavoro «in ambito regionale, provinciale e locale» con le
maggiori entrate tributarie attese dai «nuovi accordi di sviluppo». Per quanto
inferiori alle aspettative. Dall’altro - invece - comuni Regione e paesi della
Val d’Agri si stanno già attrezzando per ricevere dall’Eni una quantità
considerevole di gas naturale destinato a ridurre la bolletta energetica delle
utenze sui territori interessati dalle estrazioni.
Quei 45mila metri
cubi di gas al giorno destinati ai comuni di Viggiano, Paterno, Tramutola,
Montemurro, Marsicovetere, Marsico Nuovo, Moliterno, Grumento Nova, Sarconi e
Villa d’Agri andrebbero infatti considerati né più né meno di una parte di
quelli oggetto della trattativa in corso con la Regione per l’incremento della
produzione giornaliera nell’ambito della concessione Val d’Agri.
Senza che con questo
- però - l‘a loro’avvio della loro fornitura richieda dalla stipula del relativo «piano di
sviluppo». Nell’accordo infatti sarebbe stata introdotta una specie di clausola
“anticipatoria”, che prevede che possano essere scontati anche a posteriori.
D’altra parte Eni si riserva di interrompere l’erogazione nel caso in cui
dovessero frapporsi ostacoli di natura amministrativa o diversa alle sue
attività, incluso l’avvio di una fase di sviluppo che prevede l’incremento di
produzione.
Oltre all’ok della
giunta regionale perché i primi metri cubi di gas vengano destinati dove
stabilito dai comuni della Val d’Agri occorrerà quindi l’approvazione di un
disciplinare e ogni cinque anni le parti dovrebbero riunirsi per stabilire se
rinnovare l’accordo o meno e in che termini, nel caso in cui la produzione di
greggio dovesse aumentare o diminuire in maniera considerevole.
Stando a quanto
stabilito al primo posto tra i beneficiari del gas restano scuole, case per
anziani, ospedali e strutture di rilievo sociale per la comunità. Subito dopo
vengono le imprese per cui la bolletta energetica potrebbe abbassarsi in
maniera considerevole. C’è persino chi si spinge a dire che potrebbe azzerarsi.
Ma per questo anche 45mila metri cubi al giorno potrebbero non essere
sufficienti.
venerdì 27 settembre
2013 09:16
Petrolio. Viaggio nel tesoro di Tempa Rossa
Cantieri aperti per
la produzione che partirà dal 2016
Tra i pozzi di Gorgoglione,
un ventre da un miliardo e mezzo a 1.100 metri di altitudine, per una linea di
7 chilometri
di VALERIO
PANETTIERI
GORGOGLIONE - Ed
eccolo il ventre da un miliardo e mezzo a circa 1100 metri di altitudine.
L'impianto di Tempa Rossa è ancora una larga spianata su tre livelli, a poca
distanza dai pozzi veri e propri. Qui sorgerà l'intero impianto di raffinamento
delle materie prime: petrolio, zolfo, gpl e gas. La spianata è incastonata
sulle montagne. In lontananza si osservano i comuni di Gorgoglione, Corleto e
Guardia Perticara. E lungo l'area sorgono i sei pozzi già perforati. Ne mancano
ancora due all'appello. Quelli perforati sono quasi dei campi da calcio,
spianate di cemento circondate dai cancelli.
Al centro una gabbia
che custodisce "l'albero di Natale", una sorta di collettore che
servirà, una volta collegati i pozzi all'impianto di trattamento, a trasportare
il petrolio seppellito a sette chilometri di profondità. Sette chilometri che
sono un record personale per la Total, la società petrolifera francese che ha
messo le mani su questa concessione. Ancora è tutto in divenire, ma l'area di
cantiere ha delle scadenze ben precise. Ad agosto 2014 dovrebbe terminare il
lavoro di preparazione del sito, poi ci vorrà il 2016 per vedere a regime un impianto
che potrà prendersi dalla roccia un tetto massimo di 50mila barili al giorno.
Una cifra inferiore a quella prodotta nel centro oli di Viggiano, ma che
garantirà alla multinazionale francese un "vitalizio" di circa
trent'anni, ovvero fino all'esaurimento dei pozzi. Questa è la storia della
Total in Basilicata, una storia che racconta anche di terreni comprati a 35
euro al metro quadro e di vicende legali che ancora legano uno dei proprietari
di una parte della concessione. Ora le cose sono in mano alla ditta
Aleandri-Bocchi, che a sua volta ha sub appaltato i lavori a due ditte lucane.
Quando arriviamo il turno di lavoro è già concluso. L'unica struttura
riconoscibile è quella dei container logistici.
Qui la tecnologia
applicata è diversa: i pozzi non sono le classiche torri con fiamme sulla
punta. Sono semplicemente degli snodi appiattiti. Lei ammidi sicurezza restano
nascoste. Il pozzo Gorgoglione è stato scavato in 14 mesi. Al Tempa Rossa 2 i
lavori sono in corso. Qui svetta una torre arrivata da Milano, è la trivella
vera e propria in allestimento. Corleto è arroccata dall'altra parte della
valle. Qui il movimento è consistente, stanno installando l'enorme valvola di
sicurezza e i cavi elettrici. All'ingresso ci sono due ragazzi di Corleto. Sono
molti i lucani che lavorano qui, circa un centinaio tra ditte e Total vera e
propria. Ce lo conferma anche un carrellista che fa base in un hangar dove
all'esterno sono piazzate le "pipelines", i collettori che porteranno
il greggio e il gas. La linea del petrolio sarà lunga 7 chilometri dal centro
oli e poi si allaccerà a quella già esistente di 119 chilometri verso Taranto.
Il metano, invece,
entrerà direttamente nella rete Snam tramite collettore di 7,7 chilometri.
Storia diversa per il GPL che sarà stoccato sui camion così come le settanta
tonnellate di zolfo raccolte giornalmente. E poi c'è l'acqua di risulta. Questa
dovrà essere depurata in vasche fino a demineralizzarla quasi completamente
(0,01 ppm). Il "mud", la mistura di acque utilizzate dalle trivelle
invece è smaltita in discariche gestite in loco dalla Semataf di Matera.
Dunque, per il primo quadrimestre del 2016 Total marchierà definitivamente
questi territori, non solo i 400 chilometri quadrati dell'intera concessione.
Perchè stando ai progetti qui dovranno nascere strade di collegamento ex novo,
alcune finite proprio in mezzo ad antichi insediamenti ora sotto il controllo
della Sovrintendenza. Il loro destino si deciderà più in la'.
venerdì 27 settembre
2013 09:04
Ilva: Ue contro Italia per carenze controlli a
Taranto
Potocnik, buone
intenzioni governo ma ora provarle con i fatti
26 settembre, 20:04
(ANSA) - BRUXELLES,
26 SET - Bruxelles apre una procedura di infrazione contro l'Italia per l'Ilva
di Taranto. Roma non ha saputo garantire che lo stabilimento siderurgico più
grande d'Europa rispettasse le prescrizioni della normativa comunitaria sulle emissioni
industriali, "con gravi conseguenze per salute e ambiente". E il
Belpaese viene ritenuto "inadempiente" anche per il mancato rispetto
sulla responsabilità ambientale, per il principio di chi "inquina
paga".
Le autorità italiane "hanno avuto molto
tempo per garantire che le disposizioni ambientali fossero rispettate",
spiega il commissario all'Ambiente Janez Potocnik, a capo della direzione
generale che ha preparato il provvedimento. "Questo è un chiaro esempio
del fallimento nell'adottare misure adeguate per proteggere salute umana e
ambiente". "Spero che le buone intenzioni del governo che mi sono
state espresse dal ministro Orlando in un incontro ieri a New York - aggiunge -
siano provate con passi e azioni concrete". Perchè, come il commissario tiene
a sottolineare, lui è abituato a non guardare in faccia nessuno quando si
tratta di prendere le decisioni. La sua unica bussola sono i fatti, ciò che è
"oggettivamente misurabile", ed il "parere degli esperti".
Roma intanto si aggrappa alle uniche parole
positive che arrivano dall'Ue, e da lì riparte. "Bruxelles riconosce il
lavoro del governo sull'Ilva" - evidenzia il ministro Orlando - e "la
prima risposta" all'apertura della procedura di infrazione "sarà
l'approvazione del nuovo piano ambientale che, come previsto dal decreto, nelle
prossime settimane sarà sottoposto in via preliminare, a consultazione
pubblica. Gli interventi di risanamento e di innovazione che i commissari
stanno ultimando sono parte essenziale di questa risposta".
Dal canto loro i Verdi, col presidente Angelo
Bonelli in testa, ci tengono invece ad indicare come l'azione avviata dalla
Commissione sia una "clamorosa bocciatura dell'Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) dell'ex ministro Corrado Clini". E rivolgendosi a Orlando
lo avverte: "sbaglia il ministro a dire che questa procedura non è contro
il governo italiano: in realtà è la certificazione che quello che gli esecutivi
hanno fatto viola le regole europee in materia di inquinamento, salute e
emissioni industriali, e che i provvedimenti fino ad ora adottati non hanno
fatto nulla per affrontare il disastro".
Di un "grande segnale" dall'Europa
parlano le organizzazioni ambientaliste tarantine Peacelink e Fondo
antidiossina, che hanno giocato un ruolo fondamentale in questa partita,
impegnandosi con tutte le risorse a loro disposizione per portare la vicenda
all'attenzione di Bruxelles. Così "la Commissione si fa garante della
messa a norma dello stabilimento", dicono.
Ora l'Italia ha due mesi di tempo per
rispondere alla lettera di messa in mora in arrivo da Bruxelles. Due mesi per
dimostrare che dalle parole è passata ai fatti.
Istat. Clima di fiducia delle imprese
A settembre 2013 l'indice composito del
clima di fiducia delle imprese italiane (Iesi, Istat economic sentiment
indicator) espresso in base 2005=100, sale a 83,3, da 82,0 di agosto.
L'andamento positivo dell'indice composito
rispecchia un miglioramento della fiducia diffuso in tutti i settori economici.
L'indice del clima di fiducia delle imprese
manifatturiere aumenta, passando da 93,4 di agosto a 96,6. I giudizi sugli
ordini e le attese di produzione migliorano (da -32 a -28 e da -1 a 3,
rispettivamente); il saldo relativo ai giudizi sulle scorte di magazzino passa
da 0 a -1.
L'analisi del clima di fiducia per
raggruppamenti principali di industrie (Rpi) indica un miglioramento
dell'indicatore nei beni di consumo (da 92,8 a 96,0), nei beni intermedi (da
94,2 a 98,0) e nei beni strumentali (da 91,7 a 94,8).
L'indice del clima di fiducia delle imprese
di costruzione sale da 76,4 di agosto a 78,6. I giudizi sugli ordini e/o piani
di costruzione e le attese sull'occupazione migliorano (i saldi aumentano da
-52 a -49 e da -18 a -16, rispettivamente).
L'indice destagionalizzato del clima di
fiducia delle imprese dei servizi cresce da 79,8 a 80,8. Al peggioramento dei
giudizi sul livello degli ordini (da -19 a -25 il saldo) si contrappone il
miglioramento delle relative attese (da -13 a -6); si conferma in recupero il
saldo relativo alle attese sull'andamento dell'economia in generale (da -38 a
-36).
Nel commercio al dettaglio, l'indice del
clima di fiducia sale da 86,6 di agosto a 91,1. L'indice aumenta sia nella
grande distribuzione (da 81,2 a 90,3) sia nella distribuzione tradizionale (da
93,2 a 94,9).
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