Aumento delle estrazioni in Val d'Agri
L'UNIONE SARDA - Politica: Le Province
spariscono dallo Statuto sardo
Istat. Fiducia dei consumatori
Industria: crolla competitività Italia, Spagna
ci sorpassa
Male lavoro e
produttività. Per Ue c'è "vera deindustrializzazione"
25 settembre, 11:26
BRUXELLES - Italia
sempre più a picco nella classifica della competitività dell'industria europea.
Anche la Spagna, paese sotto aiuti Ue per le banche e dove la disoccupazione è
seconda solo a quella della Grecia, ci ha sorpassato, agganciando il gruppo di
testa dei paesi Ue più performanti guidato dalla Germania. Il Belpaese sta
infatti vivendo quella che Bruxelles, nel rapporto annuale che presenterà
domani, non esita a definire una ''vera e propria deindustrializzazione''.
Dal 2007, in periodo
pre-crisi, a oggi, la produzione industriale italiana ha registrato un crollo
del 20%, sebbene la quota di valore aggiunto totale nell'economia del
manifatturiero resti ''leggermente al di sopra della media Ue''. Anche sul
fronte della competitività in termini di costo del lavoro, in Italia questa
''si è erosa in modo considerevole negli ultimi 10 anni''. A pesare, secondo
l'analisi di Bruxelles, l'aumento del salario lordo nominale combinato con zero
crescita della produttività. Anzi, questa è ulteriormente scesa negli ultimi
cinque anni, dal 2007 al 2012, solo in Italia, Francia, Finlandia e
Lussemburgo. E questo trend avviene a fronte, invece, di un netto miglioramento
realizzato dalla Spagna, ma anche da Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro.
Madrid, passata alla
categoria dei paesi più 'virtuosi', resta però un ''caso borderline'', tiene a
precisare la Commissione, in quanto registra indicatori della competitività
molto positivi insieme ad altri negativi. Tra i primi, costi dell'energia più
bassi, buone esportazioni, infrastrutture, manodopera qualificata e, appunto,
un miglioramento della produttività, mentre tra i secondi rientra una debole
capacità d'innovazione e difficili condizioni di accesso al credito.
Resta preoccupante,
però, anche la fotografia che il rapporto della Commissione scatta a livello
Ue: non solo non diminuisce, ma continua a crescere il divario di competitività
tra i 28, con i paesi competitivi che lo diventano ancora di più, e quelli già
indietro sempre più staccati dal gruppo di testa. Si è insomma bloccato il
cosiddetto 'processo di convergenza', per cui gli stati 'virtuosi' trainano gli
altri verso l'alto in una dinamica di reciproco vantaggio. Tra le cause
principali del problema identificate da Bruxelles il costo dell'energia, che
sta portando alla de-industrializzazione non solo dell'Italia ma dell'intera
Ue, ma anche gli investimenti rimasti al palo dallo scoppio della crisi, la
difficoltà di accesso al credito e l'inefficienza della pubblica
amministrazione.
Ilva: fonti Ue, al via procedura infrazione
giovedì
Documentazione arrivata dall'Italia è
ritenuta insufficiente
24 settembre, 16:52
BRUXELLES - La Commissione Ue si avvia ad
aprire una procedura di infrazione contro l'Italia per l'Ilva di Taranto.
Secondo fonti europee, il provvedimento, salvo un colpo di scena dell'ultimo
momento, sarà ufficializzato già dopodomani. La documentazione arrivata
dall'Italia nel fine settimana è stata infatti giudicata insufficiente.
Secondo quanto spiegato all'ANSA, la
proposta di messa in mora dell'Italia - primo passo della procedura
d'infrazione - e' stata preparata dai servizi del commissario Ue responsabile
per l'Ambiente Janez Potocnik, sulla base delle direttive sulle emissioni degli
impianti industriali (Ippc), e sulla Responsabilità ambientale.
Il
provvedimento arriva dopo un intenso scambio di lettere con le autorità italiane
iniziato nel 2012. Nuovi documenti sono arrivati a Bruxelles anche negli ultimi
giorni, per scongiurare l'iniziativa.
Aumento delle estrazioni in Val d'Agri
Approvato il decreto
sul fondo Memorandum
Flavio Zanonato,
ministro dello Sviluppo economico, e Fabrizio Saccomanni, ministro
dell'Economia, hanno firmato il decreto che mira a sviluppare investimenti
infrastrutturali e occupazionali nei territori interessati da attività di
ricerca e coltivazione di idrocarburi
di LEO AMATO
POTENZA - Ora manca
solo il sì del Consiglio regionale, e l’aumento delle estrazioni in Val d’Agri
sarà realtà. Assieme al fondo per infrastrutture e lavoro di «rilievo regionale,
provinciale e locale», da sommare alle vecchie royalties. Quello del
Memorandum, tanto per capirsi. E potrebbe essere soltanto l’inizio.
E’ stato firmato dai
ministri di Sviluppo economico ed Economia Flavio Zanonato e Fabrizio
Saccomanni il decreto attuativo dell’articolo 16 del dl liberalizzazioni di
gennaio del 2012. Il fatto risale al 12 settembre, dopo i rumors in proposito
raccolti dal Quotidiano a partire da metà luglio, ma è stato reso noto soltanto
ieri.
In realtà il
provvedimento era atteso da settembre dell’anno scorso, ma è slittato di 12
mesi. Forse anche a causa del contrasto tra Governo e Regione nato sulla
moratoria alle nuove trivellazioni decisa la scorsa estate dal parlamentino di
via Verrastro, e bocciata dalla Corte costituzionale soltanto agli inizi di
giugno.
Il regolamento
attuativo della norma che ha recepito gli intenti sottoscritti ad aprile del
2011 dal presidente “dem” della Regione Vito De Filippo e il sottosegretario
“azzurro” allo Sviluppo economico Guido Viceconte è composto da 4 articoli.
Al primo spiega il
suo ambito di applicazione in cui rientrano tutti gli accordi regione-compagnie
per la produzione di idrocarburi stipulati di qui in avanti. Non tutti però, ma
soltanto quelli stipulati con imprese di nuova costituzione che hanno per
oggetto sociale l’estrazione di petrolio e gas nel sottosuolo e sede legale nello stesso territorio. In
pratica non Eni e nemmeno Total Italia, che hanno sede a San Donato e Roma. Ma
se la compagnia del cane a sei zampe di Sinisgalli vorrà una chance in più di
convincere i lucani riottosi a estrarre i tanto agognati 25mila barili di
petrolio in più al giorno farà bene a costituire una società apposita nei
dintorni della Val d’Agri. Stabilire un ufficio più o meno di rappresentanza con
qualcuno che risponda al telefono. E cominciare a pagare anche le tasse
regionali tipo Irap, per finanziare la sanità locale piuttosto che quella
lombarda.
Messe a posto le
carte quello che prevede il regolamento appena approvato è che a Roma il
gettito di un’altra imposta, l’Ires, dovrebbe essere “deviato” nel “Fondo”
appena costituito in misura del 30%, fino a raggiungere 130 milioni di euro, e
poi del 15% per le eccedenze. In soldoni? Le previsioni raccolte dal Quotidiano
a fine luglio parlavano di 2 miliardi di euro. Dato il termine temporale
stabilito di 10 anni dal rilascio della nuova autorizzazione vorrebbe dire 200
all’anno per «finanziare interventi per
lo sviluppo di progetti
infrastrutturali e occupazionali
di crescita dei territori di insediamento degli impianti
produttivi e dei territori
limitrofi». Così il secondo articolo del decreto.
«L’intervento del
Fondo - prosegue l’articolo numero 3 -
è finalizzato al
finanziamento di progetti strategici,
sia di carattere
infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo
regionale, provinciale o
locale, aventi natura di grandi progetti
o di investimenti
articolati in singoli interventi
di consistenza progettuale ovvero realizzativa tra loro funzionalmente connessi,
in relazione a obiettivi e
risultati quantificabili e misurabili, anche per
quanto attiene al
profilo temporale».
Di più non dice e
proprio quello che non si legge è la parte più scomoda di tutto il
provvedimento perché sarà Roma, con ogni probabilità lo stesso ufficio che ha
gestito lo “sfortunato” bonus idrocarburi a dover decidere quali progetti
finanziare. E non è questione da poco, vista anche la concorrenza che si
prospetta tra ammistrazioni «di rilievo regionale, provinciale o locale» proponenti.
La chiosa, infine, è
sulla logica dietro l’improvvisa generosità del Governo. «Questo provvedimento
- spiega la nota con cui è stato presentato alla stampa ieri mattina - è
coerente con l’obiettivo, delineato nella Strategia energetica nazionale, di
aumentare la produzione nazionale di idrocarburi portando dal 7 al 14% il
contributo al fabbisogno energetico totale al 2020, con una previsione di 17
miliardi di euro di investimenti, oltre 100 mila posti di lavoro addizionali,
un risparmio di oltre 5 miliardi di euro l’anno sulla fattura energetica e
ulteriori 3 miliardi l’anno in entrate fiscali. E tale sviluppo può avvenire
riducendo complessivamente il numero di infrastrutture (pozzi e piattaforme),
grazie all’ottimizzazione della progettazione e all’uso di tecnologie
all’avanguardia».
Oggi la Basilicata
da sola si ferma al 6% con gli 83mila barili e rotti estratti dall’Eni in Val
d’Agri ogni giorno, su 105 mila già autorizzati. Ma entro un paio d’anni
dovrebbe entrare in produzione anche Tempa Rossa con altri 50mila sempre già
autorizzati. Per arrivare a quanto previsto servono quindi i 105mila dell’Eni
in Val d’Agri più altri 25mila. Resta solo da capire se il parlamentino lucano
vorrà dire di sì.
L'UNIONE SARDA - Politica: Le Province
spariscono dallo Statuto sardo
25.09.2013
Bastano dieci minuti
e un'Aula dimezzata per cancellare le Province storiche di Cagliari, Sassari e
Nuoro. Ieri mattina il Consiglio regionale ha dato il via libera al Testo
unificato che modifica il Titolo V dello Statuto della Sardegna. Per completare
l'iter è necessario il passaggio in Parlamento, per la doppia lettura di Camera
e Senato, ma questo non frena la soddisfazione della maggioranza e,
soprattutto, dei Riformatori che hanno organizzato un sit-in con tanto di
striscioni per festeggiare «un grande successo dei sardi».
LA SEDUTA Polemica
l'opposizione che avrebbe voluto discutere la legge sulla cassa integrazione,
impugnata dal Governo, per questo motivo, assieme al consigliere Paolo
Maninchedda, non ha preso parte alla votazione. Sono stati accolti anche due
emendamenti, presentati da Mario Diana (Sardegna è già domani): il primo sulla
modifica del titolo del Testo unificato e il secondo che permette al presidente
della Regione, con un disegno di legge, di far coincidere le elezioni regionali
con le Politiche o le Europee se queste si tengono entro sei mesi dalla fine
della legislatura.
UNA VITTORIA
«L'abolizione delle Province è un fatto storico». Il coordinatore dei
Riformatori, Michele Cossa, sottolinea che «la Sardegna è la prima Regione
italiana a cancellare questi enti. Siamo soddisfatti che i nostri sforzi e il
nostro impegno siano stati premiati». Sempre dai Riformatori, Pierpaolo Vargiu,
portavoce del movimento referendario, aggiunge: «Ora bisogna smantellare i
carrozzoni del sottopotere politico, rompendo con tutti gli interessi e le
resistenze vischiose. Il Consiglio regionale è troppo lento». Ignazio Artizzu,
relatore in Aula, sottolinea «l'orientamento unanime per l'abolizione e la
necessità di iniziare il percorso di riforma degli enti locali». Soddisfatti
anche i consiglieri del Pdl, Pietro Pittalis e Antonello Peru convinti che «sia
il primo seme di una grande riforma istituzionale in linea con ciò che hanno
chiesto i sardi».
L'AVENTINO
L'opposizione non prende parte ai festeggiamenti, anzi, critica aspramente
l'atteggiamento della maggioranza nei confronti della richiesta del capogruppo
del Pd, Giampaolo Diana, di dare priorità alla legge sulla cassa integrazione,
impugnata dal Governo. «Sebbene l'abolizione delle Province sia utile, pensiamo
sia più importante risolvere un problema che riguarda 30 mila lavoratori». Daniele
Cocco (Sel) sostiene che «l'aula avrebbe dovuto dare un segnale forte al
Governo», mentre Giuseppe Stocchino (Prc) accusa: «Il centrodestra oltraggia i
lavoratori preferendo la vuota propaganda elettorale». Stamattina i lavori
riprenderanno e l'aula dovrebbe discutere un testo nuovo che permette di
superare le questioni sollevate dal Governo, altrimenti «occuperemo l'Aula»,
afferma Diana. Matteo Sau
Istat. Fiducia dei consumatori
A settembre il clima di fiducia dei
consumatori in base 2005=100 aumenta a 101,1 da 98,4 del mese di agosto.
Un miglioramento si rileva sia per il
quadro personale sia per quello economico, i cui indici passano rispettivamente
da 98,9 a 102,4 e da 97,7 a 99,7.
La componente riferita al quadro corrente
migliora, con l'indice che passa da 96,9 a 102,6, mentre per quella futura si
nota una leggera flessione rispetto al mese precedente (da 101,0 a 100,4 ).
Migliorano i giudizi sulla situazione
economica del Paese: il saldo passa da -117 a -108, mentre per le attese si
registra un peggioramento (da -7 a -11 il saldo). Per le aspettative sulla
disoccupazione si rileva un miglioramento (il saldo passa a 68 da 72).
I giudizi e le attese sulla situazione
economica della famiglia migliorano (i saldi passano rispettivamente a -58 da
-66 e a -11 da -15). Il saldo dei giudizi sul bilancio familiare diminuisce a
-18 da -17. Il saldo delle opinioni sulle opportunità attuali di risparmio
registra un aumento (da 121 a 140), mentre diminuisce quello sulle possibilità
future di risparmiare (da -44 a -48). Le valutazioni sull'opportunità di
acquisto di beni durevoli migliorano: il saldo passa da -90 a -79.
Il saldo dei giudizi sull'evoluzione
recente dei prezzi al consumo è in calo (da 51 a 46). Le valutazioni
sull'evoluzione dei prezzi nei prossimi dodici mesi indicano una diminuzione
della dinamica inflazionistica (il saldo passa da -1 a -5).
A livello territoriale, la fiducia migliora
in tutto il Paese.
Industria: crolla competitività Italia, Spagna
ci sorpassa
Male lavoro e
produttività. Per Ue c'è "vera deindustrializzazione"
25 settembre, 11:26
BRUXELLES - Italia
sempre più a picco nella classifica della competitività dell'industria europea.
Anche la Spagna, paese sotto aiuti Ue per le banche e dove la disoccupazione è
seconda solo a quella della Grecia, ci ha sorpassato, agganciando il gruppo di
testa dei paesi Ue più performanti guidato dalla Germania. Il Belpaese sta
infatti vivendo quella che Bruxelles, nel rapporto annuale che presenterà
domani, non esita a definire una ''vera e propria deindustrializzazione''.
Dal 2007, in periodo
pre-crisi, a oggi, la produzione industriale italiana ha registrato un crollo
del 20%, sebbene la quota di valore aggiunto totale nell'economia del
manifatturiero resti ''leggermente al di sopra della media Ue''. Anche sul
fronte della competitività in termini di costo del lavoro, in Italia questa
''si è erosa in modo considerevole negli ultimi 10 anni''. A pesare, secondo
l'analisi di Bruxelles, l'aumento del salario lordo nominale combinato con zero
crescita della produttività. Anzi, questa è ulteriormente scesa negli ultimi
cinque anni, dal 2007 al 2012, solo in Italia, Francia, Finlandia e
Lussemburgo. E questo trend avviene a fronte, invece, di un netto miglioramento
realizzato dalla Spagna, ma anche da Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro.
Madrid, passata alla
categoria dei paesi più 'virtuosi', resta però un ''caso borderline'', tiene a
precisare la Commissione, in quanto registra indicatori della competitività
molto positivi insieme ad altri negativi. Tra i primi, costi dell'energia più
bassi, buone esportazioni, infrastrutture, manodopera qualificata e, appunto,
un miglioramento della produttività, mentre tra i secondi rientra una debole
capacità d'innovazione e difficili condizioni di accesso al credito.
Resta preoccupante,
però, anche la fotografia che il rapporto della Commissione scatta a livello
Ue: non solo non diminuisce, ma continua a crescere il divario di competitività
tra i 28, con i paesi competitivi che lo diventano ancora di più, e quelli già
indietro sempre più staccati dal gruppo di testa. Si è insomma bloccato il
cosiddetto 'processo di convergenza', per cui gli stati 'virtuosi' trainano gli
altri verso l'alto in una dinamica di reciproco vantaggio. Tra le cause
principali del problema identificate da Bruxelles il costo dell'energia, che
sta portando alla de-industrializzazione non solo dell'Italia ma dell'intera
Ue, ma anche gli investimenti rimasti al palo dallo scoppio della crisi, la
difficoltà di accesso al credito e l'inefficienza della pubblica
amministrazione.
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