mercoledì 25 settembre 2013

XXV.IX.MMXIII – Matteo Sau: Bastano dieci minuti e un'Aula dimezzata per cancellare le Province storiche di Cagliari, Sassari e Nuoro.---BRUXELLES - Italia sempre più a picco nella classifica della competitività dell'industria europea. Anche la Spagna, paese sotto aiuti Ue per le banche e dove la disoccupazione è seconda solo a quella della Grecia, ci ha sorpassato, agganciando il gruppo di testa dei paesi Ue più performanti guidato dalla Germania. Il Belpaese sta infatti vivendo quella che Bruxelles, nel rapporto annuale che presenterà domani, non esita a definire una ''vera e propria deindustrializzazione''.---BRUXELLES - La Commissione Ue si avvia ad aprire una procedura di infrazione contro l'Italia per l'Ilva di Taranto. Secondo fonti europee, il provvedimento, salvo un colpo di scena dell'ultimo momento, sarà ufficializzato già dopodomani. La documentazione arrivata dall'Italia nel fine settimana è stata infatti giudicata insufficiente.

Ilva: fonti Ue, al via procedura infrazione giovedì
Aumento delle estrazioni in Val d'Agri
L'UNIONE SARDA - Politica: Le Province spariscono dallo Statuto sardo
Istat. Fiducia dei consumatori




Industria: crolla competitività Italia, Spagna ci sorpassa
Male lavoro e produttività. Per Ue c'è "vera deindustrializzazione"
25 settembre, 11:26
BRUXELLES - Italia sempre più a picco nella classifica della competitività dell'industria europea. Anche la Spagna, paese sotto aiuti Ue per le banche e dove la disoccupazione è seconda solo a quella della Grecia, ci ha sorpassato, agganciando il gruppo di testa dei paesi Ue più performanti guidato dalla Germania. Il Belpaese sta infatti vivendo quella che Bruxelles, nel rapporto annuale che presenterà domani, non esita a definire una ''vera e propria deindustrializzazione''.
Dal 2007, in periodo pre-crisi, a oggi, la produzione industriale italiana ha registrato un crollo del 20%, sebbene la quota di valore aggiunto totale nell'economia del manifatturiero resti ''leggermente al di sopra della media Ue''. Anche sul fronte della competitività in termini di costo del lavoro, in Italia questa ''si è erosa in modo considerevole negli ultimi 10 anni''. A pesare, secondo l'analisi di Bruxelles, l'aumento del salario lordo nominale combinato con zero crescita della produttività. Anzi, questa è ulteriormente scesa negli ultimi cinque anni, dal 2007 al 2012, solo in Italia, Francia, Finlandia e Lussemburgo. E questo trend avviene a fronte, invece, di un netto miglioramento realizzato dalla Spagna, ma anche da Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro.
Madrid, passata alla categoria dei paesi più 'virtuosi', resta però un ''caso borderline'', tiene a precisare la Commissione, in quanto registra indicatori della competitività molto positivi insieme ad altri negativi. Tra i primi, costi dell'energia più bassi, buone esportazioni, infrastrutture, manodopera qualificata e, appunto, un miglioramento della produttività, mentre tra i secondi rientra una debole capacità d'innovazione e difficili condizioni di accesso al credito.
Resta preoccupante, però, anche la fotografia che il rapporto della Commissione scatta a livello Ue: non solo non diminuisce, ma continua a crescere il divario di competitività tra i 28, con i paesi competitivi che lo diventano ancora di più, e quelli già indietro sempre più staccati dal gruppo di testa. Si è insomma bloccato il cosiddetto 'processo di convergenza', per cui gli stati 'virtuosi' trainano gli altri verso l'alto in una dinamica di reciproco vantaggio. Tra le cause principali del problema identificate da Bruxelles il costo dell'energia, che sta portando alla de-industrializzazione non solo dell'Italia ma dell'intera Ue, ma anche gli investimenti rimasti al palo dallo scoppio della crisi, la difficoltà di accesso al credito e l'inefficienza della pubblica amministrazione.

Ilva: fonti Ue, al via procedura infrazione giovedì
Documentazione arrivata dall'Italia è ritenuta insufficiente
24 settembre, 16:52
BRUXELLES - La Commissione Ue si avvia ad aprire una procedura di infrazione contro l'Italia per l'Ilva di Taranto. Secondo fonti europee, il provvedimento, salvo un colpo di scena dell'ultimo momento, sarà ufficializzato già dopodomani. La documentazione arrivata dall'Italia nel fine settimana è stata infatti giudicata insufficiente.
Secondo quanto spiegato all'ANSA, la proposta di messa in mora dell'Italia - primo passo della procedura d'infrazione - e' stata preparata dai servizi del commissario Ue responsabile per l'Ambiente Janez Potocnik, sulla base delle direttive sulle emissioni degli impianti industriali (Ippc), e sulla Responsabilità ambientale.
 Il provvedimento arriva dopo un intenso scambio di lettere con le autorità italiane iniziato nel 2012. Nuovi documenti sono arrivati a Bruxelles anche negli ultimi giorni, per scongiurare l'iniziativa.

Aumento delle estrazioni in Val d'Agri
Approvato il decreto sul fondo Memorandum
Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico, e Fabrizio Saccomanni, ministro dell'Economia, hanno firmato il decreto che mira a sviluppare investimenti infrastrutturali e occupazionali nei territori interessati da attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi
di LEO AMATO
POTENZA - Ora manca solo il sì del Consiglio regionale, e l’aumento delle estrazioni in Val d’Agri sarà realtà. Assieme al fondo per infrastrutture e lavoro di «rilievo regionale, provinciale e locale», da sommare alle vecchie royalties. Quello del Memorandum, tanto per capirsi. E potrebbe essere soltanto l’inizio.
E’ stato firmato dai ministri di Sviluppo economico ed Economia Flavio Zanonato e Fabrizio Saccomanni il decreto attuativo dell’articolo 16 del dl liberalizzazioni di gennaio del 2012. Il fatto risale al 12 settembre, dopo i rumors in proposito raccolti dal Quotidiano a partire da metà luglio, ma è stato reso noto soltanto ieri.
In realtà il provvedimento era atteso da settembre dell’anno scorso, ma è slittato di 12 mesi. Forse anche a causa del contrasto tra Governo e Regione nato sulla moratoria alle nuove trivellazioni decisa la scorsa estate dal parlamentino di via Verrastro, e bocciata dalla Corte costituzionale soltanto agli inizi di giugno.
Il regolamento attuativo della norma che ha recepito gli intenti sottoscritti ad aprile del 2011 dal presidente “dem” della Regione Vito De Filippo e il sottosegretario “azzurro” allo Sviluppo economico Guido Viceconte è composto da 4 articoli.
Al primo spiega il suo ambito di applicazione in cui rientrano tutti gli accordi regione-compagnie per la produzione di idrocarburi stipulati di qui in avanti. Non tutti però, ma soltanto quelli stipulati con imprese di nuova costituzione che hanno per oggetto sociale l’estrazione di petrolio e gas nel sottosuolo  e sede legale nello stesso territorio. In pratica non Eni e nemmeno Total Italia, che hanno sede a San Donato e Roma. Ma se la compagnia del cane a sei zampe di Sinisgalli vorrà una chance in più di convincere i lucani riottosi a estrarre i tanto agognati 25mila barili di petrolio in più al giorno farà bene a costituire una società apposita nei dintorni della Val d’Agri. Stabilire un ufficio più o meno di rappresentanza con qualcuno che risponda al telefono. E cominciare a pagare anche le tasse regionali tipo Irap, per finanziare la sanità locale piuttosto che quella lombarda.
Messe a posto le carte quello che prevede il regolamento appena approvato è che a Roma il gettito di un’altra imposta, l’Ires, dovrebbe essere “deviato” nel “Fondo” appena costituito in misura del 30%, fino a raggiungere 130 milioni di euro, e poi del 15% per le eccedenze. In soldoni? Le previsioni raccolte dal Quotidiano a fine luglio parlavano di 2 miliardi di euro. Dato il termine temporale stabilito di 10 anni dal rilascio della nuova autorizzazione vorrebbe dire 200 all’anno per «finanziare  interventi per lo sviluppo  di  progetti  infrastrutturali  e  occupazionali  di crescita dei territori di insediamento degli  impianti  produttivi  e dei territori limitrofi». Così il secondo articolo del decreto.
«L’intervento  del  Fondo - prosegue l’articolo numero 3 -  è  finalizzato  al  finanziamento  di progetti  strategici,  sia  di  carattere  infrastrutturale  sia  di carattere immateriale, di rilievo regionale,  provinciale  o  locale, aventi natura di grandi progetti  o  di  investimenti  articolati  in singoli interventi di consistenza progettuale ovvero realizzativa tra loro funzionalmente connessi, in relazione a  obiettivi  e  risultati quantificabili e misurabili, anche  per  quanto  attiene  al  profilo temporale».
Di più non dice e proprio quello che non si legge è la parte più scomoda di tutto il provvedimento perché sarà Roma, con ogni probabilità lo stesso ufficio che ha gestito lo “sfortunato” bonus idrocarburi a dover decidere quali progetti finanziare. E non è questione da poco, vista anche la concorrenza che si prospetta tra ammistrazioni «di rilievo regionale, provinciale o locale» proponenti.
La chiosa, infine, è sulla logica dietro l’improvvisa generosità del Governo. «Questo provvedimento - spiega la nota con cui è stato presentato alla stampa ieri mattina - è coerente con l’obiettivo, delineato nella Strategia energetica nazionale, di aumentare la produzione nazionale di idrocarburi portando dal 7 al 14% il contributo al fabbisogno energetico totale al 2020, con una previsione di 17 miliardi di euro di investimenti, oltre 100 mila posti di lavoro addizionali, un risparmio di oltre 5 miliardi di euro l’anno sulla fattura energetica e ulteriori 3 miliardi l’anno in entrate fiscali. E tale sviluppo può avvenire riducendo complessivamente il numero di infrastrutture (pozzi e piattaforme), grazie all’ottimizzazione della progettazione e all’uso di tecnologie all’avanguardia».
Oggi la Basilicata da sola si ferma al 6% con gli 83mila barili e rotti estratti dall’Eni in Val d’Agri ogni giorno, su 105 mila già autorizzati. Ma entro un paio d’anni dovrebbe entrare in produzione anche Tempa Rossa con altri 50mila sempre già autorizzati. Per arrivare a quanto previsto servono quindi i 105mila dell’Eni in Val d’Agri più altri 25mila. Resta solo da capire se il parlamentino lucano vorrà dire di sì. 

L'UNIONE SARDA - Politica: Le Province spariscono dallo Statuto sardo
25.09.2013
Bastano dieci minuti e un'Aula dimezzata per cancellare le Province storiche di Cagliari, Sassari e Nuoro. Ieri mattina il Consiglio regionale ha dato il via libera al Testo unificato che modifica il Titolo V dello Statuto della Sardegna. Per completare l'iter è necessario il passaggio in Parlamento, per la doppia lettura di Camera e Senato, ma questo non frena la soddisfazione della maggioranza e, soprattutto, dei Riformatori che hanno organizzato un sit-in con tanto di striscioni per festeggiare «un grande successo dei sardi».
LA SEDUTA Polemica l'opposizione che avrebbe voluto discutere la legge sulla cassa integrazione, impugnata dal Governo, per questo motivo, assieme al consigliere Paolo Maninchedda, non ha preso parte alla votazione. Sono stati accolti anche due emendamenti, presentati da Mario Diana (Sardegna è già domani): il primo sulla modifica del titolo del Testo unificato e il secondo che permette al presidente della Regione, con un disegno di legge, di far coincidere le elezioni regionali con le Politiche o le Europee se queste si tengono entro sei mesi dalla fine della legislatura.
UNA VITTORIA «L'abolizione delle Province è un fatto storico». Il coordinatore dei Riformatori, Michele Cossa, sottolinea che «la Sardegna è la prima Regione italiana a cancellare questi enti. Siamo soddisfatti che i nostri sforzi e il nostro impegno siano stati premiati». Sempre dai Riformatori, Pierpaolo Vargiu, portavoce del movimento referendario, aggiunge: «Ora bisogna smantellare i carrozzoni del sottopotere politico, rompendo con tutti gli interessi e le resistenze vischiose. Il Consiglio regionale è troppo lento». Ignazio Artizzu, relatore in Aula, sottolinea «l'orientamento unanime per l'abolizione e la necessità di iniziare il percorso di riforma degli enti locali». Soddisfatti anche i consiglieri del Pdl, Pietro Pittalis e Antonello Peru convinti che «sia il primo seme di una grande riforma istituzionale in linea con ciò che hanno chiesto i sardi».
L'AVENTINO L'opposizione non prende parte ai festeggiamenti, anzi, critica aspramente l'atteggiamento della maggioranza nei confronti della richiesta del capogruppo del Pd, Giampaolo Diana, di dare priorità alla legge sulla cassa integrazione, impugnata dal Governo. «Sebbene l'abolizione delle Province sia utile, pensiamo sia più importante risolvere un problema che riguarda 30 mila lavoratori». Daniele Cocco (Sel) sostiene che «l'aula avrebbe dovuto dare un segnale forte al Governo», mentre Giuseppe Stocchino (Prc) accusa: «Il centrodestra oltraggia i lavoratori preferendo la vuota propaganda elettorale». Stamattina i lavori riprenderanno e l'aula dovrebbe discutere un testo nuovo che permette di superare le questioni sollevate dal Governo, altrimenti «occuperemo l'Aula», afferma Diana. Matteo Sau

Istat. Fiducia dei consumatori
A settembre il clima di fiducia dei consumatori in base 2005=100 aumenta a 101,1 da 98,4 del mese di agosto.
Un miglioramento si rileva sia per il quadro personale sia per quello economico, i cui indici passano rispettivamente da 98,9 a 102,4 e da 97,7 a 99,7.
La componente riferita al quadro corrente migliora, con l'indice che passa da 96,9 a 102,6, mentre per quella futura si nota una leggera flessione rispetto al mese precedente (da 101,0 a 100,4 ).
Migliorano i giudizi sulla situazione economica del Paese: il saldo passa da -117 a -108, mentre per le attese si registra un peggioramento (da -7 a -11 il saldo). Per le aspettative sulla disoccupazione si rileva un miglioramento (il saldo passa a 68 da 72).
I giudizi e le attese sulla situazione economica della famiglia migliorano (i saldi passano rispettivamente a -58 da -66 e a -11 da -15). Il saldo dei giudizi sul bilancio familiare diminuisce a -18 da -17. Il saldo delle opinioni sulle opportunità attuali di risparmio registra un aumento (da 121 a 140), mentre diminuisce quello sulle possibilità future di risparmiare (da -44 a -48). Le valutazioni sull'opportunità di acquisto di beni durevoli migliorano: il saldo passa da -90 a -79.
Il saldo dei giudizi sull'evoluzione recente dei prezzi al consumo è in calo (da 51 a 46). Le valutazioni sull'evoluzione dei prezzi nei prossimi dodici mesi indicano una diminuzione della dinamica inflazionistica (il saldo passa da -1 a -5).
A livello territoriale, la fiducia migliora in tutto il Paese.

Industria: crolla competitività Italia, Spagna ci sorpassa
Male lavoro e produttività. Per Ue c'è "vera deindustrializzazione"
25 settembre, 11:26
BRUXELLES - Italia sempre più a picco nella classifica della competitività dell'industria europea. Anche la Spagna, paese sotto aiuti Ue per le banche e dove la disoccupazione è seconda solo a quella della Grecia, ci ha sorpassato, agganciando il gruppo di testa dei paesi Ue più performanti guidato dalla Germania. Il Belpaese sta infatti vivendo quella che Bruxelles, nel rapporto annuale che presenterà domani, non esita a definire una ''vera e propria deindustrializzazione''.
Dal 2007, in periodo pre-crisi, a oggi, la produzione industriale italiana ha registrato un crollo del 20%, sebbene la quota di valore aggiunto totale nell'economia del manifatturiero resti ''leggermente al di sopra della media Ue''. Anche sul fronte della competitività in termini di costo del lavoro, in Italia questa ''si è erosa in modo considerevole negli ultimi 10 anni''. A pesare, secondo l'analisi di Bruxelles, l'aumento del salario lordo nominale combinato con zero crescita della produttività. Anzi, questa è ulteriormente scesa negli ultimi cinque anni, dal 2007 al 2012, solo in Italia, Francia, Finlandia e Lussemburgo. E questo trend avviene a fronte, invece, di un netto miglioramento realizzato dalla Spagna, ma anche da Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro.
Madrid, passata alla categoria dei paesi più 'virtuosi', resta però un ''caso borderline'', tiene a precisare la Commissione, in quanto registra indicatori della competitività molto positivi insieme ad altri negativi. Tra i primi, costi dell'energia più bassi, buone esportazioni, infrastrutture, manodopera qualificata e, appunto, un miglioramento della produttività, mentre tra i secondi rientra una debole capacità d'innovazione e difficili condizioni di accesso al credito.
Resta preoccupante, però, anche la fotografia che il rapporto della Commissione scatta a livello Ue: non solo non diminuisce, ma continua a crescere il divario di competitività tra i 28, con i paesi competitivi che lo diventano ancora di più, e quelli già indietro sempre più staccati dal gruppo di testa. Si è insomma bloccato il cosiddetto 'processo di convergenza', per cui gli stati 'virtuosi' trainano gli altri verso l'alto in una dinamica di reciproco vantaggio. Tra le cause principali del problema identificate da Bruxelles il costo dell'energia, che sta portando alla de-industrializzazione non solo dell'Italia ma dell'intera Ue, ma anche gli investimenti rimasti al palo dallo scoppio della crisi, la difficoltà di accesso al credito e l'inefficienza della pubblica amministrazione.


Nessun commento: