asterisco. Professo’, ma perche’ e’ venuto a Napoli?
“Professo’, ma perche’ e’ venuto a Napoli?” Era la fine degli anni ’70. “Perche’
la domenica si vende ancora il pane cafone per la strada.” Questa fu la
risposta di Antonio Calabro’, Professore
Emerito di Filosofia della Storia a Berlino, Cattedratico a Roma, Seminarista
al Suor Orsola benincasa ed una serie impressionante di ecc....ecc... Calabrese
d’un pezzo, alto corpulento e lento nei movimenti, sguardo profondo, barba sempiterna.
“Ma perche’ ha scelto proprio questa Facolta’, che appare piu’ il Monumentale
del Cimitero di Poggioreale che una stamperia di Lauree?” “Perche’ per venire a
scuola ogni mattina passo per il mercato di Porta Nolana”. La seconda ed ultima
risposta.
C’ho messo anni per intuire cosa il Professore avesse potuto voler
significare con i riferimenti al pane fresco e “cafone”, alla domenica, al
mercato ed al casino economico organizzato. C’era dentro anche altra roba: la
Famiglia, il Rito del pranzo domenicale, la Santita’ del Cibo condiviso tra gli
invitati, la Comuncazione interindividuale, la Gerarchia familiare, lo scambio
d’informazioni, gli affari e come condurli, l’educazione individuale a “stare
insieme” per lunghe ore, ed altro ancora. Insomma voleva significare che ogni
elemento e fattore storico della Domenica Napoletana era espresso al miglior
livello possibile in ogni Famiglia, da ogni Famiglia, prescindendo dal “Reale economico
e culturale” che “rimaneva fuori”. Una protuberanza che affonda le sue radici nell’epoca
greco-romana. A Napoli
Quello che non ho ancora capito e’ perche’ a Napoli la “Legge” deve essere
imposta dall’alto ed “obtorto collo”, quando in padania - per imporla - bisogna
passare per le “esigenze dei consumatori” e per quelle ancor piu’ potenti degli
“interessi del mercato e degli operatori del settore”. Una differenza mica da
poco, anche perche’ a Napoli la selezione l’ha sempre fatta il mercato, “la
domanda”, e chi vende fetenzie dura lo spazio di due giorni. E’ anche per
questo che la Domenica Napoletana e’ dura a morire, grazie anche a quelli come
Antonio Calabro’.
grecanico
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