La bufala campana
dop cerca un patto con i consumatori
Pensioni,
confesercenti "italiani i più tartassati d'europa"
Rimborsi fiscali, contribuenti.it: in italia l'attesa
dura 15,6 anni, nuovo primato mondiale.
Finanza: Consob, famiglie controllano 2 societa' quotate
su 3
A settembre surplus commerciale Eurozona salito a 13,1
mld
Vendola, «difendevo posti di lavoro»
di Pierpaolo D'Auria
Sciacallaggio e
decontestualizzazione, Vendola proprio non riesce a digerirli. E non ne fa
mistero ai partiti che fanno parte della sua maggioranza in Regione chiamati
ieri mattina a raccolta. Ma non si abbatte più di tanto e, subito, il
governatore di Puglia rialza la testa perchè, alla fine, è l’orgoglio che
prevale. L’orgoglio «di aver difeso, ogni giorno, ogni singolo posto di
lavoro».
Insomma, il Nichi nazionale resta sul ponte di
comando, con il pieno sostegno di tutti i capigruppo di maggioranza che ieri
hanno fatto quadrato intorno a lui, Pd compreso che manda il suo segretario
regionale, Blasi, a dare pieno sostegno. Ed è pronto ad affrontare in Consiglio
regionale e in qualsiasi momento «il dibattito su questo tema».
Dell’intercettazione della telefonata con
Girolamo Archinà, l’uomo che curava le pubbliche relazioni dei Riva, e della
risata, per come questi abbia strappato il microfono ad un giornalista (Luigi
Abate, ndr) reo di aver formulato una domanda ritenuta imbarazzante per il
patròn dell’Ilva, resta «l’operazione di sciacallaggio». Un’operazione,
ribadisce Vendola in conferenza stampa, tesa «a rappresentare una telefonata,
una tra le migliaia di telefonate, il cui oggetto era riagganciare i rapporti
con l’ambasciatore dell’Ilva, cioè con quel Girolamo Archinà che nel corso
degli anni è stato il punto di riferimento della interlocuzione esattamente su
questi temi, avanzamento sul piano della ambientalizzazione e difesa dei posti
di lavoro» con l’unico obiettivo «di dare speranza alla città di Taranto».
E, poi, ripete a più riprese Vendola, la
telefonata «va contestualizzata» e il contesto di quei giorni «era
incandescente e complesso, era un contesto in cui, accanto alla battaglia per
la difesa del posto dei lavoratori somministrati, non volevamo perdere
l’appuntamento con l’abbattimento delle emissioni di benzo(a)pirene». Del
resto, sottolinea il governatore, gli atti amministrativi compiuti dalla sua
Giunta «sono un repertorio di documenti che non consentono dubbio alcuno sulla
volontà di dare scacco matto a chiunque pensasse di continuare, con la
furbizia, a gestire una centrale di inquinamento in una città come Taranto».
Sì ma il rapporto diretto con Archinà? Presto
detto. La «confidenza telefonica» con l’ex pr dell’Ilva era legata «al
raggiungimento di alcuni obiettivi, in particolare quello della difesa dei
posti di lavoro. Molti dimenticano – sottolinea ancora il presidente – che
stiamo parlando di oltre 20mila famiglie che campano su Ilva e indotto. Per me
difendere i posti di lavoro non è una cosa da considerare oggetto di vergogna.
Io sono orgoglioso di aver difeso ogni giorno, ogni singolo posto di lavoro
naturalmente cercando di porre tutte le aziende di fronte al loro dovere di
ambientalizzare gli impianti».
Come suo dovere «è stato quello di dare
speranza alla città di Taranto» e, per farlo, era necessario «tenere in
equilibrio due questioni». La prima, «mettere in agenda l’appuntamento con il
diritto alla vita e alla salute lungamente negato, anche con gravi complicità e
gravi silenzi, in un clima di decenni e decenni di omertà generale e quindi,
contemporaneamente, cominciare a mettere limiti drastici alle grandi ciminiere
e fare i conti con gli effetti dell’inquinamento industriale sulla salute dei
cittadini». La seconda, «garantire l’esercizio del diritto al lavoro. La nostra
opinione, forse opinabile sul piano politico, non può costituire un reato o un
crimine. La nostra opinione è che non si può risolvere la questione
dell’inquinamento industriale con la chiusura del siderurgico. Questo abbiamo
pensato nel corso degli anni, anche alla luce di altre esperienze che ci erano
note come quella di Bagnoli».
Pensierino finale per Luigi Abate, il
giornalista al centro della sua risata telefonica. «Sono dispiaciuto per aver
maltrattato il giornalista» ma se Vendola lo ha fatto era perchè era
«strumentale a quella captatio benevolentiae con l’interlocutore». Quello che
più «mi interessava», conclude Vendola, «erano fondamentalmente due questioni:
le centinaia di lavoratori somministrati che rischiavano il posto di lavoro e
la legge sul benzo(a)pirene».
La bufala campana
dop cerca un patto con i consumatori
La pazienza,
come si dice, ha un limite, e il limite per quelli del consorzio della
mozzarella di bufala campana è stato più che superato, non dai media che
rimesterebbero nel torbido - come a qualcuno piace insinuare - ma dalla cronaca
stessa. Dalle notizie divulgate dalle stesse forze dell'ordine, a seguito dei
sequestri di interi allevamenti, per brucellosi, e anche dai pentiti di mafia che
dopo anni vuotano il sacco raccontando di territori martoriati dagli
sversamenti e dai fuochi (incendi di copertoni come pratica di
"smaltimento" abusivo) che generano diossina.
Da giornalisti pensiamo che il diritto/dovere
di cronaca sia sacro e incontestabile. Da comunicatori capiamo altresì che
certi clamori possano essere sgraditi a chi, a seguito di quelle notizie, trae
perdite sia in termini di immagine che economici.
Bene ha fatto quindi il consorzio bufalino dop
a lanciare un'iniziativa finalmente intelligente, e a promuoverla attraverso i
canali più vicini al mondo dei consumi, invitando le principali associazioni
dei consumatori a far analizzare i loro prodotti, reperiti liberamente sul
mercato, e a divulgare i risultati di quelle indagini.
Lo racconta Antonio Lucisano, in
un'articolo-intervista pubblicato giovedì scorso su Consumerismo.it, la testata
telematica che definisce sé stessa come "fatta da consumatori per i
consumatori" e che fa capo ai vertici di Codacons, Movimento Difesa del
Cittadino e Associazione di Consumatori "Codici". «Saranno queste
associazioni», spiega il direttore del consorzio «a consegnare direttamente a
un laboratorio di analisi tedesco (verosimilmente l'ente certificatore della
Dop, ndr) riconosciuto a livello internazionale che provvederà a effettuare i
più sofisticati test, proprio allo scopo di dimostrare l’assoluta salubrità
delle nostre mozzarelle».
Nell'articolo Lucisano ci tiene a sottolineare
che quella del consorzio è «una sorta di sfida che si basa sulla certezza del
lavoro capillare di controllo che svolgiamo tutti i giorni a tutela della
qualità dei nostri prodotti e, di conseguenza, della salute dei cittadini».
"Fortunatamente", racconta
l'articolo, "qualcosa sta cambiando negli ultimi giorni", e questo
qualcosa lo fa raccontare a Domenico Raimondo, che del consorzio è il
presidente: «importanti trasmissioni ci chiedono confronti leali e notizie,
offrendo allo spettatore l’opportunità di approcciare la questione in modo più
realistico. E importanti personaggi come Oscar Farinetti, patron di Eataly,
dichiarano dal salotto televisivo di Bruno Vespa, Porta a Porta, l’importanza
di affidarsi ai marchi Dop, gli unici in grado di offrire precise garanzie ai
consumatori».
A noi sinceramente era sembrato che Farinetti
si fosse messo in testa di creare un suo marchio, che superasse le garanzie
offerte dai marchi di protezione Doc, Dop, Igp, etc. Era più o meno un anno fa,
quando l'imprenditore albese sodale di Carlin Petrini divulgava (qui un
articolo, tra le decine di pezzi che ne parlarono) al mondo intero le sue
intenzioni di promuovere il made in Italy di qualità - quello da lui
commercializzato - con l'apposizione di una mela tricolore come marchio. A
Bruxelles di certo l'idea non piacerà che a pochi, e ci sarà da vedere,
all'atto pratico, se l'operazione potrà davvero andare in porto (la
legislazione comunitaria vieta marchi che si sovrappongano - o che
sostituiscano - ai marchi di protezione comunitaria).
Al di là
dell'aspetto mediatico, si registrano in questi giorni attività tese ad
ottimizzare la tracciabilità e la formazione dei professionisti operanti nella
filiera bufalina, come quella intrapresa dall'Ordine dei Biologi della
provincia di Caserta, che ha ritenuto necessario organizzare una conferenza sull'"Autocontrollo
nel comparto lattiero-caseario: nuovi approcci applicativi". Nel corso
dell'incontro, tenutosi la settimana scorsa nella città della Reggia, la
Confartigianato locale ha ribadito la necessità di un "marchio di
sanità" come sistema aggiuntivo a quello ordinario, in grado di seguire il
prodotto alimentare in tutte le sue fasi (di produzione, trasformazione e
distribuzione), di garantire elevata qualità e sicurezza alimentare e che
soddisfi i requisiti per la certificazione territoriale, di filiera e di
prodotto.
18 novembre
2013
Pensioni,
confesercenti "italiani i più tartassati d'europa"
18 novembre 2013
ROMA (ITALPRESS) – Il trattamento fiscale dei pensionati italiani e’
pesante e punitivo. Sia perche’ soffre dell’eccesso di prelievo che scaturisce
dalla combinazione fra Irpef e addizionali regionale e comunale; sia perche’,
diversamente da quanto avviene nel resto d’Europa, il carico fiscale sulle
pensioni e’ superiore a quello che grava sui redditi da lavoro dipendente di
analogo ammontare. E’ quanto emerge da uno studio di Confesercenti che
confronta il rapporto tra fisco e pensioni in Europa, e che verra’ trattato
domani, nel corso dell’Assemblea Fipac Confesercenti. In particolare, spiega
Confesercenti, emergono due significative differenze particolarita’ tutte
italiane: l’importo delle
detrazioni d’imposta riconosciute ai
pensionati (1.725 euro al di sotto dei 75 anni e a 1.783 euro oltre 75 anni e’
inferiore a quello previsto a favore dei redditi da lavoro dipendente (1.840
euro); nel nostro Paese non vi e’ traccia dei trattamenti
impositivi agevolati che sono
riconosciuti nella quasi generalita’ dei paesi europei, ricorrendo a deduzioni
maggiorate e, talora, esentando parzialmente dall’imposta sul reddito l’importo
della pensione. Prendendo in considerazione i due livelli principali, quelli
corrispondenti a 1,5 volte e a 3 volte il trattamento minimo Inps (pari, nel 2013,
a 9.661 euro e a 19.322 euro), si evince che non esiste per la pensione pari a
1,5 volte il trattamento minimo: solo il pensionato italiano paga le imposte
(che decurtano di oltre il 9% la sua pensione), mentre altrove non si subisce
alcun prelievo, a motivo dell’operare di specifici trattamenti agevolativi.
Ma non meno dirompente e’ il
risultato che emerge nel caso del trattamento pari a tre volte il minimo: il
pensionato italiano e’ soggetto ad un prelievo doppio rispetto a quello
spagnolo, triplo rispetto a quello inglese, quadruplo rispetto a quello
francese e, infine, incommensurabilmente superiore a quello tedesco. Il divario
emerge ancor piu’ nettamente con i valori in euro delle imposte pagate in
ciascun paese con riferimento a una pensione pari a tre volte il minimo: si va
dagli oltre 4mila euro sopportati dal pensionato italiano ai 39 euro a carico
del pensionato tedesco. Secondo Confesercenti, quindi, nel nostro Paese esiste
un problema di eccesso di prelievo sui redditi delle persone fisiche che
riguarda i redditi da lavoro come i redditi da pensione. Un problema che viene
sottolineato anche dalle impietose statistiche Ocse ed Eurostat che collocano
l’Italia ai primissimi posti quanto a livello di prelievo sul lavoro e a
dimensione del cuneo fiscale.
(ITALPRESS).
Rimborsi fiscali, contribuenti.it: in italia l'attesa
dura 15,6 anni, nuovo primato mondiale.
ROMA - In Italia, in cinque anni, il debito pubblico per
i rimborsi fiscali si è quasi triplicato passando da 18,4 miliardi del 2008 a
51,6 miliardi del 2013, da rimborsare a 14,7 milioni di contribuenti.
E' questa la sintesi della nuova indagine, presentata
oggi a Roma, condotta dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche "Antonella
Di Benedetto" di KRLS Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it
Magazine dell'Associazione Contribuenti Italiani.
In Italia, quando si tratta di pagare le tasse il fisco
non perdona. Basta anche un solo giorno di ritardo per far scattare sanzioni ed
interessi da capogiro. Ma sul versante opposto, lo Stato, invece, si conferma
un pessimo e tardo pagatore. Fa resistenza finanche nei confronti delle aziende
che erogano servizi di trasporto pubblico. Le Amministrazioni finanziarie in!
Italia impiegano mediamente 15,6 anni per rimborsare le imposte, contro una media
europea di 9 mesi.
Nella speciale classifica dei rimborsi fiscali, l'Italia
si aggiudica il 'primato mondiale' per la lentezza nei rimborsi fiscali con
15,6 anni, seguita dalla dalla Grecia (3,8 anni), Cipro (3,2 anni), Turchia
(2,6 anni), dalla Spagna (2,3 anni), Romania (1,8 anni), dalla Francia (1,2
anni), dall'Inghilterra (0,8 anni), dalla Germania (0,4 anni), dall'Austria
(0,3 anni), dagli Usa (0,2 anni) e dal Giappone (0,1).
Nel 2013, i contribuenti maggiormente penalizzati dai
mancati rimborsi dei crediti fiscali sono quelli residenti nelle regioni del
Sud Italia con in testa i residenti in Campania, con +235,6%. Secondo e terzo
posto spettano rispettivamente ai residenti nel Molise con + 223,7% ed in
Puglia con +215,7%. A seguire nella Sicilia con +201,8%, nella Basilicata con
200,4%, nel Lazio con 197,3%, nelle Marche con +193,5%, nell'Abruzzo con
+192,6%, nella Valle d'Aosta con! 190,1%, nell'Emilia Romagna con +182,4%,
nella Toscana con +175,3%, nella Liguria con +174,1%, nell'Umbria con +171,3%,
nel Piemonte con +168,7%, nel Veneto con +108,2%, ed in Lombardia con +102,2%.
Tutto questo accade perché le Amministrazioni
finanziarie, dopo 13 anni, non ha ancora dato attuazione all'art. 8 dello
Statuto del contribuente, in dispregio della Carta Costituzionale, che prevede
la possibilità di pagare tutte le imposte mediante compensazione.
"Per esigenze di cassa non si può sempre far leva
sui rimborsi fiscali - afferma Vittorio Carlomagno, presidente di
Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani - Agiremo innanzi alle Corti
di giustizia europee per far valere i diritti dei contribuenti italiani. Solo
l'Europa forte, che metta al centro i diritti dei contribuenti, può far
rinascere l'economia in Italia. Urge un'armonizzazione fiscale in modo che,
quanto prima, in tutta Europa, la tassazione possa essere omogenea e i rimborsi
fiscali possano es! sere erogati con gli stessi tempi e modalità"
Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani
L'ufficio stampa Infopress 3314630647 – 0642828753
Finanza: Consob, famiglie controllano 2 societa' quotate
su 3
14:21 18 NOV 2013
(AGI) - Roma, 18 nov. - Il
capitalismo italiano e' ancora di tipo famigliare. Lo rileva il rapporto Consob
sulla corporate governance delle societa' quotate. Le famiglie infatti
"rivestono un ruolo rilevante in quanto a esse sono riconducibili quasi i
due terzi delle societa' quotate", prevalentemente piccole societa'. Lo
Stato invece e' azionista di riferimento in imprese di maggiore dimensioni
operanti nel settore dei servizi. Infine, le societa' non controllate sono
prevalentamente finanziarie.
A settembre surplus commerciale Eurozona salito a 13,1
mld
Eurostat: in primi 8 mesi avanzo Germania a quota 127,8
mld
18 novembre, 16:11
BRUXELLES - Lo scorso settembre la bilancia commerciale
dell'Eurozona con il resto del mondo ha registrato, secondo le prime stime
Eurostat, un surplus di 13,1 miliardi di euro rispetto ai 6,9 miliardi di
agosto e agli 8,6 miliardi del settembre 2012. Il saldo positivo della bilancia
commerciale della Germania, il più grande tra i 28 Paesi dell'Ue, ha invece
toccato i 127,8 miliardi.
Per l'Ue nel suo insieme Eurostat ha stimato per
settembre un surplus di 0,6 miliardi rispetto al deficit di 2,4 mld di agosto e
di 14,5 di settembre 2012. Le esportazioni dei 17 Paesi dell'Eurozona, lo
scorso settembre rispetto al mese precedente, sono cresciute dell'uno per cento
mentre le importazioni sono diminuite dello 0,3%. A livello Ue l'export è
cresciuto dello 0,2% e l'import è diminuito nella stessa misura.
Tra i singoli Paesi Ue, nel periodo gennaio-agosto, dopo
la Germania il maggiore avanzo negli scambi commerciali con l'estero è stato
registrato dall'Olanda (36 miliardi) seguita dall'Irlanda (25,3) e dall'Italia
(19,3). La Francia ha registrato invece un passivo di 50,1 miliardi, la Gran
Bretagna un deficit di 44,5 miliardi e la Grecia di 12,9 miliardi di euro.
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