Cosenza, nessuno vuole fare la metro: niente offerte
Giovani siciliani: uno su tre non fa nulla
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Cremona, padania.
Scorie tossiche nei campi Sequestrata centrale a biomasse
Cremona, padania.
TAMOIL - Raffineria di Cremona - inquinamento della falda
Cremona, padania.
Cremona è soffocata dall'inquinamento «Viviamo in un imbuto»
Cremona, padania.
Cremona tra le 23 città più inquinate d'Europa, la terza in Italia
Cremona, padania.
Montagne di amianto sfaldato
Cremona, padania.
Allarme metano! Da Brescia a Cremona emergenza inquinamento
Basta con l'emergenza Esperti uniti a tutela degli scavi
di Metaponto
Archeologi ed esperti puntano il dito sulla necessità di
mettere in sicurezza il territorio
di PIERANTONIO LUTRELLI
METAPONTO e la sua ricchezza storico-archeologica sono un
patrimonio da salvare, da valorizzare ulteriormente e da mettere in sicurezza
per il futuro.
Per lanciare l'appello e fare il punto sul da farsi, si
sono dati appuntamento ieri mattina al museo di Metaponto, la sezione
Basilicata dell’Associazione nazionale archeologi (Ana) e l’associazione
“Liberascienza” di Potenza, che hanno organizzato un'iniziativa culturale, in
collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata,
a quasi un mese dall’inondazione che ha completamente sommerso il Parco
archeologico di Metaponto.
Il programma é consistito, dopo la visita al museo, in un
percorso perimetrale esterno del Parco archeologico dell’area urbana conclusosi
nel Parco del Tempio extraurbano di Hera e delle Tavole Palatine.
All'incontro interdisciplinare, curato dagli archeologi
dell’Ana, hanno collaborato anche i geologi del Cnr-Imaa, al fine di far
conoscere una delle realtà ambientali e archeologiche di maggior pregio in
Basilicata. Ad accoglierci Ada Preite, archeologa e segretaria regionale Ana
Basilicata.
«L'obiettivo -ha spiegato al Quotidiano- é quello di
focalizzare l'attenzione su quanto é accaduto a Metaponto a causa
dell'alluvione del 7 e 8 ottobre scorso. L'incontro di oggi ha il fine di
sensibilizzare l'opinione pubblica e l'intera comunità regionale circa
l'accaduto. Le difficoltà sono tante -ha evidenziato Preite- bisogna
risistemare l'area archeologica, perché è tutta infangata, e poi bisogna
adottare progetti per la tutela e salvaguardia non solo dell'area in questione,
ma di tutta l'area circostante, poiché l'alluvione è statA causato da
interventi antropici non imputabili a noi; si pensi ad esempio alla non pulizia
dei canali di drenaggio».
Cosa fare? «Bisognerà procedere con la pulizia del fango,
che avviene tramite un procedimento stratigrafico di rimozione. Ci vorrà molto
tempo. Poi dipende da quante persone verranno impiegate e dai fondi che il
ministero metterà a disposizione. Poi tutto dipenderà dalle difficoltà che si
incontreranno.
Il lavoro lo dovranno fare persone specializzate, dirette
dalla Soprindentenza all'interno di un progetto che prevede il ripristino
dell'area archeologica. A breve il parco -ha concluso- dovrà essere chiuso, ma
si spera che in primavera possa ritornare ad essere fruibile ai visitatori».
A rappresentare Liberascienza, il presidente Pierluigi
Argoneto e la componente del direttivo, Fiorella Fiore.
Ad accogliere le delegazioni presenti, Nunzia Armento,
funzionario del Museo archeologico nazionale di Metaponto, che ha rimarcato che
«bisogna attuare una prevenzione anche culturale e lo si fa con dei fondi a
disposizione, perché per fronteggiare l'emergenza poi, si finisce per spendere
più risorse di quante ne servirebbero in regime ordinario». La
"padrona" di casa ha voluto ringraziare il soprintendente Antonio De
Siena, «per la sensibilità che dimostra ogni volta, quando si tratta di aprire
il museo a un lavoro di sensibilizzazione e valorizzazione dei territori in cui
ogni museo opera. Questo patrimonio non é nostro -ha spiegato- e quindi abbiamo
il dovere civico di tramandarlo alle future generazioni così come lo abbiamo
ereditato. Purtroppo, questi eventi calamitosi si ripetono ogni due anni per
cui bisogna stare attenti».
Infine Marcello Bianca, geologo del Cnr del progetto
"Metibas" (Metodi e Tecnologie Innovative per i Beni Culturali della
Basilicata), ha puntato ach'egli il dito sul fatto che «sono decenni ormai che
si sceglie di operare nell’emergenza, causata da eventi naturali come l’ultima
alluvione, che ha recentemente colpito la costa metapontina, piuttosto che
favorire investimenti a medio e lungo termine mirati alla prevenzione dal
rischio idrogeologico. I costi dell’emergenza -ha aggiunto- sono più elevati di
quelli della prevenzione, perché si ripropongono ciclicamente senza però
contribuire alla diminuzione della vulnerabilità del territorio e delle
infrastrutture. Mai come oggi è necessario fare ogni sforzo per divulgare la
cultura della prevenzione dai rischi naturali, visto che non possiamo fare
nulla per impedire il ripetersi dei fenomeni naturali, che -ha concluso-
dovremmo smettere di definire "eccezionali"». La bella giornata di
sole ha favorito il tour della sensibilizzazione. Ora si faccia presto.
lunedì 04 novembre 2013 08:42
Cosenza, nessuno vuole fare la metro: niente offerte
E ora si rischia di perdere i fondi europei
Deserto il bando per l'opera che dovrebbe collegare la
città a Rende e all'Unical. Un progetto che divide la politica ma per il quale
in ballo ci sono oltre cento milioni. Che ora, però, potrebbero tornare a
Bruxelles. E a Catanzaro nessuno si fa avanti per realizzare il depuratore
di MASSIMO CLAUSI
COSENZA - Nemmeno un’offerta. E’ andato deserto il bando
emanato dalla Regione Calabria per la realizzazione della metropolitana leggera
di superficie Cosenza-Rende. I termini per la partecipazione scadevano il 29
ottobre scorso, ma sono decorsi inutilmente.Una vera e propria sorpresa, visto
che durante l’apertura del bando al Dipartimento Lavori Pubblici della Regione
Calabria erano pervenuti ben 38 quesiti in cui si chiedevano delucidazioni sul
funzionamento della gara. Alla fine nessuno ha ritenuto evidentemente
vantaggiosa la partecipazione, nonostante l’importo non fosse di poco conto. A
base d’asta era di 115 milioni, oneri di legge esclusi.
Il progetto è finanziato con i fondi Por. E’ fra le tre
infrastrutture che la commissione Europea ha inserito nelle Grandi Opere
insieme alla metropolitana di Catanzaro e alla strada di comunicazione
Gallico/Gambarie. Il problema è che i cronoprogrammi di realizzazione prevedono
la conclusione dei lavori entro il 2015. E’ alta la probabilità che la spesa
non si completi entro i suddetti termini e, nel caso, la Regione dovrà
assicurare il relativo completamento con risorse della nuova programmazione o
risorse diverse ai sensi degli Orientamenti sulla chiusura del ciclo di
programmazione 2007/2013. Resta da chiedersi come mai in un periodo di vacche
così magre sul fronte degli appalti pubblici, nessuno abbia giudicato
conveniente la gara e soprattutto se ci sono margini per evitare la perdita del
finanziamento.
«Guardi che è andata deserta anche la gara sul depuratore
di Catanzaro - ci dice il dirigente del Dipartimento Lavori Pubblici della
Regione Calabria, Domenico Pallaria - è evidente che qualche problema c’è. Un
motivo dell’assenza di offerte potrebbe risiedere nel fatto che nel bando è
previsto un project financing e diciamo che le banche non sono molto generose
quando si tratta di effettuare operazioni finanziarie di questo genere in
Calabria. E’ chiaro che dobbiamo rispettare i tempi previsti, per cui credo che
a breve rimoduleremo il bando, magari anche con l’ausilio di esperti in
tematiche finanziarie». Pallaria si riferisce al fatto che il bando prevede, a
carico della ditta, l’acquisto e fornitura del materiale rotabile che viene poi
affidato alla Regione con un contratto di locazione della durata di otto anni.
C’è bisogno quindi di un esborso iniziale non indifferente.
E’ da escludere, invece, che la gara sia andata deserta
perchè ritenuta poco conveniente la gestione in quanto il bando non riguardava
poi la gestione dell’infrastruttura, ma solo la progettazione esecutiva, la
realizzazione e la fornitura appunto del materiale rotabile. Diciamo questo
perchè a Cosenza si è aperto un acceso dibattito sulla reale utilità dell’opera
che dovrebbe collegare Cosenza, Rende e l’Università della Calabria. Alcuni
sostengono che i dati inseriti nello studio di fattibilità del progetto (che
risale ormai agli anni ‘90) sono sproporzionati rispetto al reale bacino
d’utenza. A Cosenza è nato anche un comitato dal titolo esemplificativo “No Metro”,
mentre si è alzata forte la polemica fra il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto
e il capogruppo regionale del Pd, Sandro Principe. Il primo sin dal suo
insediamento ha manifestato un grande scetticismo sull’utilità dell’opera e
soprattutto sulla funzionalità del tracciato. Per Principe invece, che proprio
ieri dalle colonne del nostro giornale paventava il rischio di una perdita dei
finanziamenti, si è detto preoccupato per l’assenza di una proposta alternativa
al progetto per risolvere il delicato problema della mobilità di un’area ampia
come l’area urbana cosentina.
sabato 02 novembre 2013 19:38
Giovani siciliani: uno su tre non fa nulla
03 novembre 2013 - 18:55 - Cronaca Regionale,Economia
C’è una fascia della popolazione, in Sicilia, che non
studia né lavora. Insomma, non fa nulla. La media è di un giovane su tre, tra
quelli compresi nella forbice 15-24 anni. Il ministero del Lavoro vara le linee
guida del piano italiano per la “garanzia Giovani” che, chiesto dall’Ue, verra’
definito entro fine 2013. E traccia un bilancio dell’emergenza occupazione da
inizio crisi:
Suono l’allarme per i giovani, con una situazione
“particolarmente grave” nel Mezzogiorno dove “il tasso di disoccupazione
giovanile rasenta il 45% e quello di occupazione è bloccato al 13,2% (a fronte
del 18,6% nazionale e del 32,8% della media europea)”. E “preoccupa, in
particolare, il fenomeno dei 15-24enni non impegnati in un’attività lavorativa,
né inseriti in un percorso scolastico o formativo (Neet), stimabili in circa
1,27 milioni pari al 21% della popolazione di questa fascia di età, percentuale
che supera il 30% in Sicilia.
In generale, spiega la nota del Ministero: “Ci sono 1,2
milioni di disoccupati in più rispetto al 2007.
Si contrae la quota di occupati, di quasi due punti percentuali” tra
2007 e 2012, ma non per la fascia 55-64enni, unica componente della popolazione
che ha visto incrementare il relativo tasso di occupazione di oltre sei punti
percentuali”.
Cremona, padania.
Scorie tossiche nei campi Sequestrata centrale a biomasse
INCHIESTA - Il biogas in Lombardia Commenti
Trovati reflui industriali di colore nerastro 26 volte più tossici del
consentito, liberamente dispersi nei campi di un'azienda compiacente. I
cittadini si lamentavano per l'odore nauseabondo
Cremona, 19 ottobre 2013 - Una discarica abusiva di scorie tossiche è stata
scoperta nei campi agricoli del cremonese e una centrale a biomasse è stata
sequestrata dai carabinieri del Noe di Brescia, insieme ai terreni di
un'azienda agricola compiacente. L'indagine dei militari è scattata dalle
lamentele di alcuni cittadini che si lamentavano per delle esalazioni sospette e
dopo i controlli ambientali. I carabinieri hanno scoperto così una grande
quantità di rifiuti speciali pericolosi,
gestito da una società agricola che si era prestata allo stoccaggio abusivo nei
propri terreni delle scorie prodotte dalla centrale a biomasse.
Sin dal primo accesso i sospetti dei carabinieri sono caduti sulle scorie
ed i liquidi sparsi sul terreno agricolo confinante e nascosto alla vista dei
passanti, che si presentavano di colore nerastro e dall'odore nauseabondo. I
carabinieri del Noe hanno eseguito ulteriori accertamenti tecnici e
campionamenti per rilevare la composizione chimica e le caratteristiche del
materiale sospetto, insieme all'Arpa di Brescia e l'amministrazione provinciale
di Cremona.
Le analisi chimiche hanno rilevato la positività al parametro del 'cod'
(chemical oxygen demand) che rappresenta un indice che misura il grado di
inquinamento dell'acqua da parte di sostanze ossidabili, principalmente
organiche, risultato pari a 2.632 mg/l ovvero oltre 26 volte superiore ai limiti
previsti dal decreto legislativo 152/2006 per i reflui industriali sul suolo.
A seguito dell'allarmante risultato delle analisi, è scattato
immediatamente il blitz che ha portato alla segnalazione alla procura della
Repubblica di Cremona dei 2 soggetti ritenuti responsabili ed al sequestro
probatorio della centrale a biomasse gestita da una società milanese nonchè del
terreno, perchè contaminato per presenza di scorie e liquidi costituenti
rifiuti speciali pericolosi provenienti dall'impianto.
Sul posto è intervenuto il sindaco del comune di Gadesco Pieve Delmona che,
constata la gravità della situazione, si è riservato di emettere nelle prossime
ore un ordinanza sindacale a tutela della salute pubblica e dell'ambiente.
Cremona, padania.
TAMOIL - Raffineria di Cremona - inquinamento della falda
Cremona è una città per molti aspetti bella, gradevole, te la giri a piedi
e in bicicletta, ha un centro storico da mozzare il fiato. Ma è anche un luogo
dove si vive pericolosamente vicini a industrie pesanti:
- RAFFINERIA DI CREMONA TAMOIL- raffineria di greggio con produzione di
carburanti e gas liquefatti
- LIQUIGAS S.p.A. - deposito di gas liquefatti (GPL)
- ABIBES S.p.A. - deposito di gas liquefatti (GPL).
Queste tre aziende a rischio di "incidente rilevante" sono
concentrate in un raggio di 3500m e la Tamoil dista meno di 2500m dal centro
storico in linea d'aria essendo per di più attacata ad un quartiere residenziale
(quartiere Po). Il concetto di “delocalizzazione” non esiste a Cremona
Nel 2001, la TAMOIL si era autodenunciata in base alle norme di legge,
perché dalle analisi compiute sull'acqua di falda all' interno del perimetro
della raffineria era risultata la presenza di idrocarburi. Ma il 2 luglio 2007
erano state trovate tracce di idrocarburi anche nella falda acquifera attorno
all'impianto.
Ecco i risultati delle analisi dell'inquinamento delle acque della falda
riscontrato sotto la raffineria Tamoil (12/07/2007 Corriere della Sera, pagine
regionali della Lombardia.)
- Idrocarburi: limite consentito: 350 microgrammi per litro, valore
rilevato dai tecnici ARPA: 70.000 microgrammi per litro;
- Benzene: limite consentito: un microgrammo per litro, valore rilevato:
315 microgrammi per litro;
- Antidetonante (MBTE?): limite consentito fra i 20 e i 40 microgrammi per
litro, valore rilevato: 381 microgrammi per litro;
- Tetracloroetilene: limite consentito un micrigrammo per litro, valore
rilevato 503 microgrammi per litro.
Previsti da Arpa sei-sette mesi di lavoro per mettere in sicurezza la falda
e dieci anni di lavoro per bonificare tutta l'area!...
La Tamoil ricorda che è dal 1986 che ha in gestione la ditta in linea con
gli standard più alti di sicurezza e tutela ambientale. L'inquinamento è
precedente. La ditta era infatti operativa già dagli anni '50 quando
l'attenzione alle tematiche ambientali era scarsa e non aveva riflessi nelle
norme e nelle pratiche aziendali. La Tamoil si autodenuncia nel 2001, dichiarando
i livelli di contaminazione rilevati per usufruire dei benefici di una legge
che consente di attivare la messa in sicurezza senza la dismissione
dell'attività.
Di fronte ad un simile gravissimo inquinamento sorgono immediate alcune
domande: come mai simili dati emergono solo oggi visto che la raffineria ha
operato sotto diversi proprietari dal 1960? Come mai in tutti questi anni non
sono mai stati resi noti i dati sullo stato dell’aria e del suolo? Quali sono
state le campagne di analisi del suolo, dell’aria e dell’acqua e quali i
risultati?
Fino ad ora le analisi sono arrivate fino a 70 metri, trovando tracce di
inquinamento. Si pensa che il terreno potrebbe essere compromesso anche oltre i
70 metri raggiunti fino ad ora. Inoltre a monte della Tamoil, dalle analisi
effettuate dall’Arpa oltre la cinta muraria della raffineria, sono state
trovare tracce di solventi chimici altamente cancerogeni.
Si tratta del tricloetilene, trovato in due rilevazioni con una
concentrazione di 17 e 34 microgrammi contro un limite di legge di 1,5 e il
tetracloroetilene, trovato con una concentrazione di 500 microgrammi contro un
limite di legge di 1.
- Il tricloetilene è una sostanza nociva per via inalatoria e può
determinare effetti irreversibili. Uno dei suoi organi bersaglio è il fegato.
- Il tetracloroetilene, per le sue caratteristiche di ottimo solvente,
viene utilizza nello sgrassaggio dei metalli e in alcune attività
dell’industria chimica, farmaceutica e tessile. II tetracloroetilene, è un
solvente nocivo per l’uomo e pericoloso per l’ambiente.
Questi composti non sono stati mai usati in raffineria, quindi provengono
da lavorazioni a monte. Certamente della Tamoil è invece la contaminazione
delle falde con toluene, etilbenzene, idrocarburi vari, xilene, l’antidetonante
Mbte. In un pozzo si è trovato persino piombo. Questo dimostra che
l’inquinamento persiste nella storia della raffineria da tempo.
Concentrazione di idrocarburi superiore a 2000 volte il limite
«I dati sono ormai piuttosto
pacifici. Non sono opinabili. Le analisi hanno dimostrato un grave grado di
contaminazione della falda acquifera superficiale con un concentramento di
idrocarburi superiore anche di 2000 volte al parametro consentito. Sono già
stati aspirati più di 250mila litri di idrocarburi». Era il 19 maggio 2008,
quando il sostituto procuratore, Cinzia Piccioni, aveva fatto il punto
dell'indagine sull'inquinamento della falda acquifera, decollata nel luglio di
un anno fa, in forza dei risultati della consulenza tecnica affidata al proprio
perito. Al quale aveva poi chiesto ulteriori approfondimenti. «Si conferma il
grave inquinamento sotto la Tamoil che ha superato i confini catastali della
raffineria e si è estesa all'area golenale delle canottieri, con particolare
riferimento al Cral Tamoil e alla Bissolati» aveva evidenziato il pm, che ha
indagato per avvelenamento di acque e per altri reati in materia di ambiente
dieci componenti del cda della Tamoil dal 1999 al 2007. La perizia ha inoltre
svelato il contenuto dei 13 fusti sotterrati nella zona del depuratore della
Tamoil e portati alla luce dai carabinieri del Noe (Nucleo Operativo
Ecologico). Il consulente tecnico ha accertato che i fusti contenevano rifiuti
pericolosi «cioè idrocarburi cancerogeni, prodotti petroliferi». Si tratta di
materiale «non imputabile alla Tamoil, perché molto risalente nel tempo», dal
1980 al 1994. Il pm Piccioni aveva inoltre evidenziato la «piena efficienza»
della barriera idraulica realizzata dalla Tamoil. «Sono già stati aspirati
250mila litri di idrocarburi. Naturalmente bisognerà valutare quali saranno le
concentrazioni residue lasciate dal prodotto stesso». Nel dare atto alla Tamoil
di essersi attivata «dopo l'allarme dello scorso anno» con la realizzazione
della barriera idraulica, tuttavia il magistrato aveva invitato a non fare
trionfalismi «perché per la bonifica ci vorranno decenni». (fonte La Provincia,
2 giugno 2008)
Il magistrato sta indagando inoltre su uno sversamento sospetto di
idrocarburi che finivano in Po davanti alla Canottieri Flora, dove c'è uno
scarico per le acque di raffreddamento.
LA STORIA E I DATI.
Settrembre 2009.
Il caso Tamoil scoppiò nel 2007
quando emersero gli idrocarburi. Nel 2001, la Tamoil si era autodenunciata in
base alle norme di legge, perché dalle analisi compiute sull'acqua di falda
all'interno del perimetro della raffineria era risultata la presenza di
idrocarburi. Ma il 2 luglio 2007 erano state trovate tracce dì idrocarburi
anche nella falda acquifera attorno all'immpianto.
Ecco i risultati delle analsì
dell'inquinamento delle acque della falda riscontrati sotto la raffineria.
- Idrocarburi: limite consentito: 350 microgrammi per litro, valore
rilevato dai tecnici Arpa: 70.000 microgrammi per litro;
- Benzene: limlte consentito: un microgrammo per litro. valore rilevato:
315 microgrammi per litro;
- Antidetonante: limite consentito fra i 20 e 40 microgrammi per litro.
valore rilevato: 381 microgrammi per litro;
- Tetracloroetilene: limite consentito un microgrammo per litro, valore
rilevato 503 microgrammi per litro.
Cremona, padania.
Cremona è soffocata dall'inquinamento «Viviamo in un imbuto»
Mal d'aria Al terzo posto dopo Alessandria e Frosinone: pm10 alle stelle
CREMONA ? Pianura Padana patria dello smog e Cremona sua capitale. Il
rapporto di Legambiente «Mal d'aria» è ancora una volta impietoso con la
Lombardia. Tutti i suoi 12 capoluoghi di provincia non si salvano dalla
classifica sulle città in cui le polveri sottili superano per più di 35 giorni
(il limite fissato dalle legge) la soglia d'allarme dei 50 microgrammi. Con 118
giorni di sforamento, Cremona passa dalla nona posizione del 2011 alla terza
del 2012 (dopo Alessandria e Frosinone). Messa peggio di Milano e Brescia (in
coabitazione al 6° posto), Bergamo (8°), Monza (10°), Mantova (12°), Pavia
(17°). Va meglio, nella seconda parte della graduatoria, per Lodi, Como, Varese
e Lecco. Non la scampa nemmeno Sondrio che, con 36 giorni di Pm10 sopra il
tetto, chiude l'elenco. Cremona malata di inquinamento: Paolo Beati, direttore
dell'Arpa, una spiegazione ce l'ha. La solita che spinge i suoi concittadini
alla rassegnazione. La Pianura padana, classificata da Legambiente come «zona
critica con 18 città tra le prime venti», è ? dice Beati ? «una conca dove
vivono 26 milioni di persone che inquinano». Un imbuto con l'aria che ristagna.
Eppure, per l'assessore comunale all'Ambiente Francesco Bordi, ecologista e
tifoso dell'isola pedonale allargata, qualcosa si può fare. «Non però l'alt
estemporaneo alle auto, che pure ha un valore pedagogico e incide sugli stili
di vita. Si devono applicare misure su vasta scala, regionale e non solo, in
materia di traffico ma anche di riscaldamento». I dati lasciano «perplesso» Alessandro
Casula, docente di Gestione ambientale preso la sede distaccata del Politecnico
di Milano. «E non soltanto perché qui l'aria sembrerebbe peggiore che altrove.
A giudicare dalla quantità di sforamenti, parrebbero vanificati i passi in
avanti fatti sul piano dell'efficienza energetica ma, soprattutto, le
conseguenze della chiusura della raffineria Tamoil». Nello stop di quelle
ciminiere ci speravano, per i loro polmoni, anche i cremonesi.
Gilberto Bazoli
Pagina 12
(18 gennaio 2013) - Corriere della Sera
Cremona, padania.
Cremona tra le 23 città più inquinate d'Europa, la terza in Italia
Emerge dai dati dell'Aea, sotto il Torrazzo è allarme per le Pm10
CREMONA - Nella lotta all'emergenza inquinamento, Padova è maglia nera in
Europa sul fronte dell'ozono: la città veneta nel 2011 ha registrato 104 giorni
di superamenti del limite Ue, seguita da Pavia, Reggio Emilia, Treviso e Parma,
Verona e Varese. Ma Cremona non sta meglio: è tra le trenta città più inquinate
del Continente e la terza in Italia.
Il nostro Paese detiene anche il record dei livelli di ozono troposferico,
segnando valori oltre tre volte più elevati rispetto alla soglia. È quanto
emerge dai dati dell'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (Aea)
sulla qualità dell'aria, che vede 23 città italiane nei primi 30 posti della
classifica Ue degli sforamenti del limite per questo inquinante, pericoloso per
la salute.
Nord Italia e Sud della Francia risultano le aree più colpite dall'ozono
troposferico, che si forma a seguito delle reazioni fra vari inquinanti
provenienti da diverse fonti, come la combustione di carburanti fossili, il
trasporto stradale, le raffinerie, vegetazione, discariche, reflui, bestiame e
incendi. In presenza di caldo e luce solare si scatenano queste reazioni,
quindi si tratta di un problema tipico dell'estate, specie nel Sud Europa.
Ma l'Italia nel 2011 è stato anche uno dei Paesi europei a superare più
spesso il limite Ue della media annuale per le famigerate Pm10 (polveri
sottili) e Pm 2,5 (polveri ultrafini), insieme a Polonia e Slovacchia. Per
quanto riguarda le polveri sottili (Pm10), al dodicesimo posto della classifica
Ue c'è Monza (121 giorni di sforamenti nel 2011), tallonata da Brescia (113),
poi Cremona (109), Vicenza (107), e Torino (105), ancora Padova (93) e poi
Venezia (85).
Il caso Italia non è isolato: oltre il 90% degli europei che vive in città
respira un livello troppo elevato di polveri ultrafini (fino al 96% dei
cittadini Ue per le Pm 2,5) e di ozono (fino al 98%), considerando per il
periodo 2009-2011 le soglie limite dall'Organizzazione mondiale della sanità,
spesso più severe rispetto a quelle dell'Ue. Primo indiziato delle emissioni
killer il traffico, poi l'industria, l'agricoltura e le abitazioni.
Il commissario europeo all'ambiente, Janez Potocnik, si dice «pronto a
rispondere» all'emergenza con l'arrivo di nuove regole entro l'anno.
L'inquinamento dell'aria «è la prima causa ambientale di morte nell'Ue, con
oltre 400mila decessi prematuri nel 2010, cioè più di dieci volte le vittime di
incidenti stradali» ricorda Potocnik. «Si tratta - ha aggiunto il commissario
Ue all'ambiente - di un costo enorme per la salute dei cittadini e per
l'economia», con 100 milioni di giornate di lavoro perse ogni anno, cioè 15
miliardi di euro di produttività in meno. A questi costi vanno aggiunti «4
miliardi di euro in termini di assistenza sanitaria, per i ricoveri» ha detto
Potocnik.
15 ottobre 2013
Cremona, padania.
Montagne di amianto sfaldato
Blitz a Cignone: i militari del N.O.E. a caccia dei responsabili
Gravissimi i pericoli per l’inquinamento ambientale e per i lavoratori
impiegati all'interno dell'area sequestrata
E' stato il capitano Alessandro
Placidi, nuovo comandante del N.O.E. di Brescia, ad illustrare i dettagli del
blitz a Cignone che ha portato alla scoperta dell'area di 40mila metri quadri
zeppa di rifiuti speciali, tra cui amianto, con un insediamento produttivo del
valore di 10 milioni euro utilizzato da tre societa’, di cui due cremonesi ed
una bresciana, che operano nel campo dell’edilizia e macchine movimento terra.
Il capitano ha raccontato come i I militari si sono trovati di fronte ad una
serie di montagne di rifiuti speciali, che andavano persino a riversarsi sulla
roggia utilizzata per l’irrigazione del terreno agricolo posto al confine
dell’insediamento produttivo. Sul posto sono intervenuti anche il sindaco del
di Corte de' Cortesi e alcuni operatori dell’amministrazione provinciale di
Cremona che hanno constatato la gravita’ della situazione. Il sequestro
dell'area è legato principalmente alla presenza di un ingente quantitativo di
amianto sfaldato esposto all’aria ed in parte gia’ occultato sotto il terreno:
un serio pericolo per l’inquinamento ambientale e per i lavoratori, per i quali
non erano state adottate sufficienti cautele in materia di salute e sicurezza
sui luoghi di lavoro derivanti dall’esposizione al rischio di amianto. Nei
prossimi giorni proseguiranno le indagini da parte dei carabinieri del N.O.E.
di Brescia per individuare i responsabili e per eseguire ulteriori accertamenti
tecnici al fine di valutare complessivamente il danno ambientale e le possibili
opere di bonifica di concerto con l’arpa e l’Asl di Cremona. I carabinieri
rivolgono un appello alla popolazione affinché vengano segnalati casi analoghi
di abbandono incontrollato di rifiuti speciali pericolosi ed in particolare di
amianto, considerata l’alta volatilità ed invisibità delle fibre (spesse 1300
volte meno di un capello) e l’ormai conclamata cancerosità.
16 marzo 2013
Cremona, padania.
Allarme metano! Da Brescia a Cremona emergenza inquinamento
by Mirko on June 28th, 2012 at 07:29
Allarme metano! Da Capriano a Bordolano, una macchia sotterranea di gas
Gli ambientalisti criticano il nuovo progetto per un impianto Edison di
stoccaggio metano tra Capriano del Colle e Bagnolo. Mentre in contemporanea la
Stogit ne propone un altro a Bordolano, in Provincia di Cremona
di Alessandro Gatta 05/04/2012
Una macchia di metano sotterraneo
che parte da Bordolano di Cremona e arriva fino a Capriano del Colle, passando
per Quinzano, Verolavecchia e Verolanuova, Borgo San Giacomo e Pontevico, e poi
Ghedi, Leno, Manerbio, Dello, Montirone, Poncarale, Lograto, Castelmella,
Flero, Mairano, Longhena, Barbariga.. e un piccolo Comune che però tanti
conoscono, Brescia. Oltre 100 km quadrati e più di 300mila persone coinvolte
per i due progetti di impianti di stoccaggio di metano presentati
rispettivamente dall’Edison (per Capriano e Bagnolo) e dalla Stogit, gruppo ENI
(per Bordolano e dintorni). In terra bresciana a lanciare l’allarme sono i
comitati ambientalisti, che tornano alla carica dopo l’ultimo incontro di
Capriano del 26 marzo scorso che ha seguito di qualche giorno la prima
bocciatura del progetto da parte del Consiglio Comunale. Un progetto che
prevede la ripresa dei lavori di stoccaggio dopo quasi 20 anni dalla chiusura
dell’ultimo impianto, un impianto che ha lavorato per 40 anni (dal 1950 al
1990) nell’estrazione di circa 600milioni di mc di metano. Un progetto su cui
però sorgono ancora tantissimi dubbi, un progetto su cui ci sono ancora troppe
zone d’ombra.
“Sono già emerse molte preoccupazioni da parte dei cittadini, su aspetti
non troppo chiari – racconta a BresciaToday Ezio Corradi del Coordinamento dei
Comitati ambientalisti della Lombardia – Non ci hanno detto i Comuni che
saranno realmente coinvolti, i confini sotterranei del giacimento, non ci hanno
parlato della quantità effettiva dell’estrazione, non si sono espressi sui
rischi sismici del territorio”. L’impianto dovrebbe sorgere tra Capriano del
Colle e Bagnolo Mella: la stazione di pompaggio e di immissione a Capriano, la
stazione di misura e di controllo e il metanodotto a Bagnolo. “Gli interventi
dei tecnici hanno chiarito solo alcuni aspetti marginali. Lo stoccaggio
previsto prevede in pratica due movimenti nell’arco di un anno, sei mesi di
immissione (da aprile e settembre) e sei mesi d’estrazione (da ottobre a
marzo), quando nell’arco di 40 lunghi anni è stato fatto un solo movimento di
prelievo. Come reagirà il sottosuolo? Non dobbiamo dimenticarci che ci sono
anche numerosi documenti che attestano la sismicità della zona”.
Lo rivelano studi di varie università americane, lo confermano studi di
alcune università italiane, come Brescia o Trieste. E poi il Movico, e il Parco
di interesse regionale, il Parco Monte Netto, “di origine prettamente sismica”,
a seguito di “spaventosi eventi sismici che si perdono nella notte dei tempi”.
Proprio in una zona in cui, nel lontano 1222, si è verificato un sisma che in
termini moderni è paragonabile a un terremoto di magnitudo 9. Un’ampia zona
compresa tra due punti di criticità sismica, l’ITIS069 di Salò e l’ITIS104 di
Romanengo. “Non si riesce proprio a capire – continua Corradi – come sia possibile
che in Italia si pensi a questo tipo di stoccaggio in zone dichiaratamente
sismiche. Quando in Olanda ad esempio gli stoccaggi vengono fatti ad almeno 200
km di distanza da zone dove si sono verificate anche scosse minime”.
“Non credo che gli olandesi siano pazzi, forse sono solo più lungimiranti.
Tanto che monitorano continuamente la situazione, e i cittadini sono
perfettamente al corrente di tutto quello che succede. Ma in Italia è sempre la
solita storia! Nel nostro Paese la Convenzione di Arhus, firmata dalla Comunità
Europea e dai suoi Stati membri nel 1998, non viene minimamente rispettata. Una
convenzione che prevede la completa partecipazione dei cittadini alle scelte
che riguardano il loro territorio, questioni ambientali e anche energetiche”.
Il Comune di Capriano qualcosina ha fatto, ha indetto due assemblee pubbliche,
ha provato a trattare con il proponente. A Bordolano invece, in terra
cremonese, “non sono stati informati i cittadini, né dal Comune né dalla
Stogit, e tanto meno dalla Provincia di Cremona”.
Una lista di criticità infinite: “Come risponderà il sottosuolo alle
diverse sollecitazioni possiamo solo immaginarlo. A Capriano si parla di 140
BAR, a Bordolano di 240, nei vicini impianti di Sergnano e Romanengo di 200 e
180 BAR. Non ci sono elementi di precauzione, gli effetti di una tale pressione
su un luogo sismico non saranno certo cosa da poco”. Mentre in contemporanea la
centrale a metano di Bordolano continuerà a lavorare a pieno ritmo, per 52MW di
potenza, per un’emissione di circa 4,2 miliardi di mc di fumi nocivi ogni anno,
e a 550 gradi centigradi. Con tutte le conseguenze del caso.
“Quello che i cittadini devono sapere è che tutti questi impianti di
stoccaggio non servono proprio a niente. Il nostro Paese ha un consumo standardizzato
di metano, 83miliardi di mc all’anno, in calo continuo anche a causa degli
effetti della crisi, alla minor produzione, alla minore richiesta di energia da
parte delle industrie. Il problema è la propaganda sbagliata che spesso viene
fatta, i grandi allarmismi lanciati non appena Russia e Ucraina fanno appena
finta di litigare. E sui giornali e in televisione torna il sensazionalismo, e
tutti che gridano Emergenza Gas! Ma in Italia la potenza energetica si aggira
intorno ai 105 GW, e al massimo ne utilizziamo 53, poco più della metà”.
Sul tema si sono già espressi in tanti, le nuove centrali, la caccia
all’energia ad ogni costo anche se di bisogno proprio non ce n’è. “Tutta
speculazione, tutto business – ancora Corradi – Il business di queste società
finanziarie che devono vendere, devono piazzare le loro azioni. E in questo
caso cercando di colpire nuovamente la Pianura Padana, una delle aree più
inquinate del pianeta. Senza garanzie di occupazione, senza garanzie
ambientali. Fregandosene della popolazione e degli abitanti, fregandosene dei
cittadini e del loro futuro prossimo. Il metano non guarda in faccia a nessuno,
il metano non ha confini burocratici”.
L’allarme è lanciato, le preoccupazioni sono lecite. Può succedere davvero
di tutto, basta un malfunzionamento o un intervento non troppo tempestivo,
basta che il terreno non regga come previsto, o che il gas faccia un po’ come
vuole lui: “Quando lo stoccaggio parte non c’è poi nessuno in grado di fermare
un’attività di questo tipo, e tutti gli effetti collaterali. Questi sono
progetti al di fuori di qualunque logica, senza prudenza e senza prevenzione”.
La ricerca maledetta del profitto dovrà essere fermata, dal particolare al
generale. Prima che sia davvero troppo tardi.
Fonte:http://www.bresciatoday.it/cronaca/metano-stoccaggio-capriano-bagnolo-bordolano.html
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