martedì 12 novembre 2013

XII.XI.MMXIII – Mimmo Mazza, Taranto - Sarebbe stato l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta il punto di riferimento per la famiglia Riva nella complessa e tribolata procedura di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento Ilva di Taranto, firmata il 4 agosto del 2011 dal ministro Stefania Prestigiacomo e riesaminata appena un anno dopo, alla luce del sequestro effettuato dall’autorità giudiziaria. È quanto si legge, come la Gazzetta è in grado di rivelare, nell’ultima informativa redatta dai finanzieri del Gruppo di Taranto e allegata alla montagna di atti messi a disposizione dei 53 indagati dell’inchiesta per disastro ambientale.

Ilva, per addolcire l’Aia del 2011 pressing dei Riva su Gianni Letta
Dopo il boom, ipermercati in affanno in Sicilia
Il ministro dà l’ok: “Soldi europei, la Sicilia ce l’ha fatta”
A settembre prestiti alle famiglie in calo, -1.1%
L'accusa dei giovani di talento: banche e imprese, non ci valorizzate




Ilva, per addolcire l’Aia del 2011 pressing dei Riva su Gianni Letta
di Mimmo Mazza
 TARANTO - Sarebbe stato l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta il punto di riferimento per la famiglia Riva nella complessa e tribolata procedura di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento Ilva di Taranto, firmata il 4 agosto del 2011 dal ministro Stefania Prestigiacomo e riesaminata appena un anno dopo, alla luce del sequestro effettuato dall’autorità giudiziaria. È quanto si legge, come la Gazzetta è in grado di rivelare, nell’ultima informativa redatta dai finanzieri del Gruppo di Taranto e allegata alla montagna di atti messi a disposizione dei 53 indagati dell’inchiesta per disastro ambientale.
 Intercettando Fabio Riva, vicepresidente di Riva Fire, latitante a Londra dal 26 novembre del 2012, e l’avvocato Franco Perli, l’amministrativista del gruppo finito sotto inchiesta per associazione a delinquere ed altri gravi reati, i militari delle Fiamme Gialle si imbattono in diversi colloqui nei quali Riva e Perli fanno costantemente riferimento a Gianni Letta.
 Ma per la Finanza, «la conferma che la famiglia Riva interloquisce con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Gianni Letta si rileva - è scritto nell’informativa - nuovamente da una conversazione a tre che avviene tra Fabio Riva, il fratello Daniele (responsabile dello stabilimento di Genova, non indagato ndr) e la dott.ssa Vittoria Romeo (responsabile dell’ufficio romano del gruppo, indagata per concorso in abuso e rivelazione di segreto d’ufficio con il presidente della commissione Aia, il componente Luigi Pelaggi e il funzionario regionale Pierfrancesco Palmisano, ndr) il 13 luglio 2010, nella quale i tre apportano delle correzioni al testo di una lettera che sarà sottoscritta dal presidente del gruppo Riva-Fire, cioè l’ing. Emilio Riva e sarà consegnata brevi manu al destinatario (Gianni Letta, appunto ndr), dalla dott.ssa Romeo». Per i finanzieri, la lettera è «finalizzata ad illustrare al destinatario le difficoltà che l’Ilva sta incontrando in quel periodo storico, sia per quanto attiene l’Aia, che per quanto attiene talune problematiche sui siti produttivi di Taranto e Genova». Perli riferì a Pelaggi della lettera inviata a Letta, suscitando agitazione nel capo della segreteria dell’allora ministro Stefania Prestigiacomo: «guarda... prima di tutto, guarda che i Riva - è quanto dice Perli a Fabio Riva, raccontando il suo colloquio con Pelaggi - sono incazzati come delle bisce, poi hanno già scritto a Letta....” e già quando gli ho detto Letta haaaa...... (…) no, no, no si è preoccupato, si è preoccupato!! Guarda che su sta roba qui non salta Ticali, salta la Prestigiacomo!». Una affermazione, quest’ultima, che secondo la Finanza fu fatta da Perli «proprio in relazione ai rapporti in essere con l’on. Gianni Letta».
12 Novembre 2013

Dopo il boom, ipermercati in affanno in Sicilia
«Mercato saturo», dicono gli analisti. I «superstore» nell’Isola sono 29, concentrati nelle grandi città. La Regione: ora regolamentiamo
di GERARDO MARRONE
CATANIA. Nell'Isola, i «giganti» sono ventinove: cinque ipermercati con superficie di vendita superiore agli 8 mila metri quadrati, sette al di sopra dei 4 mila 500, diciassette «superstore tra 2 mila 500 e 4 mila 500 metri quadrati. In percentuale - rispetto al totale della distribuzione organizzata che comprende pure i più «piccoli» supermercati, discount e cash & carry - la Sicilia dei «grandi» centri commerciali è al di sotto delle medie nazionali: 0.5 qui, 1.5 in Italia. Eppure, i segnali di difficoltà sono evidenti, tanto da impegnare le organizzazioni sindacali in difficili vertenze, a Catania e Siracusa soprattutto. «Mercato saturo», dicono alcuni analisti. Altri aggiungono: «La Sicilia non è un territorio totalmente saturo, ma lo è il mercato nei grandi comuni dove s'è concentrata nel tempo la grande distribuzione. Qui, negli ultimi 10 anni, la superficie di vendita è cresciuta di oltre il 60 per cento. La crisi economica e dei consumi ha contribuito a rendere la concorrenza ancora più difficile».
Vittorio Messina, presidente regionale di Confesercenti, avverte: «Siamo di fronte a un'inversione di tendenza. Gli ipermercati hanno vissuto il loro boom, ma adesso sono in declino. Negli Stati Uniti, dove il fenomeno era nato, tutto ciò è molto evidente». Dopo la lunga stagione della crescita indiscriminata, in Sicilia è tempo di «cannibalismo» tra strutture della distribuzione: «Prima - commenta Messina - i grossi mangiavano i piccoli, ora si stanno divorando tra loro». «Tutta colpa di anni di assoluta deregulation in cui ogni sindaco, anche del più piccolo comune, ha consentito nuove aperture senza tenere conto delle esigenze complessive del territorio», esclama l'assessore regionale Linda Vancheri. Lei, adesso, vuole correre ai ripari: «La prossima settimana la Giunta approverà e trasmetterà all'Ars il Testo unico sulle Attività produttive con un Piano regionale, al quale tutti gli enti locali dovranno adeguare il proprio Prg».
Sullo stato di salute dei centri commerciali, gli indicatori più eloquenti in Sicilia arrivano dalla terra d'Etna. Segnali in chiaroscuro, perché in questi mesi stanno faticosamente riaprendo gli ex «Aligrup», rilevati da «Coop» e altre società, ma soffrono il «Cash & Carry Metro» di Misterbianco - annunciati 49 esuberi su 120 addetti - e soprattutto gli «Auchan»: in contratto di solidarietà i dipendenti in servizio a San Giuseppe La Rena, mentre a Misterbianco sono già partite ventisette lettere di trasferimento con destinazione Brescia, Taranto, Bari. Solo pochi si sono visti proporre Palermo dove, intanto, «Auchan» annuncia di essere riuscita in ottobre a contrastare la flessione dei consumi alimentari con un «più 20 per cento» nella vendita di prodotti di sessanta aziende siciliane. Forse, i «colossi» non vanno più di moda nell'Isola ma il direttore di Confesercenti Catania, Salvo Politino, ricorda: «Su tutto, pesa la crisi che qui sta colpendo più forte le famiglie rispetto ad altre regioni. Tra gennaio e oggi, il potere d'acquisto è calato del 20, se non del 30 per cento. Lo abbiamo visto con i saldi. Ne risente pure la grande distribuzione, che ha rappresentato per un certo periodo una valvola di sfogo occupazionale. Senza voler parlare delle condizioni contrattuali imposte ai lavoratori, per nulla salvaguardati, possiamo certo affermare che quei centri non costituiscono il valore aggiunto ipotizzato da alcuni».

Il ministro dà l’ok: “Soldi europei, la Sicilia ce l’ha fatta”
09 novembre 2013 - 18:36 - Economia
“Abbiamo salutato con soddisfazione i risultati ottenuti dalla Sicilia sugli obiettivi di spesa dei fondi europei verificati il 31 ottobre, che sono stati positivi sia per il fondo sviluppo regionale sia per il fondo sociale, questo ci consente di essere ottimisti per la spesa della Regione al 31 dicembre. Credo che la Sicilia supererà l’obiettivo previsto per evitare il definanziamento, cioè la riduzione automatica dei finanziamenti della Commissione Europea, questo sarà evitato per il 2013”. Lo ha detto il ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, a Palermo, incontrando i giornalisti a margine del XXVII Osservatorio congiunturale curato dalla Fondazione Curella nell’ambito delle “Giornate dell’economia del Mezzogiorno”.
“La situazione resta comunque critica per il 2014 ed il 2015 – ha aggiunto -, gli obiettivi di spesa da raggiungere sono molto consistenti, confidiamo nel rapporto positivo di collaborazione con le strutture della Regione Siciliana di portare avanti un’operazione duplice: da un lato di sostegno ed accompagnamento per portar avanti tutti i provvedimenti e le misure per cui sembra di ipotizzare un risultato positivo alla fine del 2015, ma discuteremo con la Sicilia e con altre regioni del Mezzogiorno sulla possibilità di utilizzare diversamente, fermo restando la destinazione territoriale, le risorse che invece saranno valutate più a rischio riconvertendole in interventi a forte orientamento antirecessivo. Misure – ha concluso Trigilia – che possono riguardare la decontribuzione per il sostegno all’occupazione o l’erogazione di credito per le piccole e medie imprese o anche il credito d’imposta ai nuovi investimenti in ricerca. Insomma interventi capaci di smuovere le economie locali, tra queste misure ce ne saranno anche alcune per la riqualificazione urbanistica e l’edilizia scolastica”.

A settembre prestiti alle famiglie in calo, -1.1%
11 novembre 2013
ROMA (ITALPRESS) – A settembre il tasso di crescita sui dodici mesi dei depositi del settore privato è stato pari al 3,7 per cento (6,6 per cento ad agosto). La raccolta obbligazionaria, includendo le obbligazioni detenute dal sistema bancario, è diminuita del 7,2 per cento sui dodici mesi (-6,4 per cento ad agosto). Lo rende noto la Banca d’Italia, nel rapporto sulle “Principali voci dei bilanci bancari”.
 I prestiti al settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, hanno registrato una contrazione su base annua del 3,5 per cento, come quella registrata ad agosto. I prestiti alle famiglie sono scesi dell’1,1 per cento sui dodici mesi (-1,2 per cento ad agosto); quelli alle società non finanziarie sono diminuiti, sempre su base annua, del 4,2 per cento (-4,6 per cento ad agosto).
 Il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze è risultato pressoché invariato (22,8 per cento contro il 22,3 per cento registrato ad agosto).
 I tassi d’interesse, comprensivi delle spese accessorie, sui finanziamenti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni sono stati pari al 3,97 per cento (3,93 per cento ad agosto); quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo al 9,52 per cento (9,64 per cento ad agosto). I tassi d’interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie di importo fino a 1 milione di euro sono risultati pari al 4,34 per cento (4,50 nel mese precedente); quelli sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia al 2,98 per cento (2,86 per cento ad agosto). I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari all’1,02 per cento (1,04 per cento ad agosto).
 (ITALPRESS).

L'accusa dei giovani di talento: banche e imprese, non ci valorizzate
Cambia il rapporto tra universitari e lavoro. Nell'indagine di Bain&Co emergono le esigenze dei ragazzi che approcciano la professione: sono disposti a rinunciare a posto fisso e vita privata per avere maggior soddisfazione economica. Porte aperte ai trasferimenti all'estero, la soddisfazione sul lavoro è una priorità
di RAFFAELE RICCIARDI
MILANO - Sono ancor più disillusi di quanto si possa credere, disposti al sacrificio ma anche in cerca di una grande soddisfazione economica. Complessivamente, scettici sul fatto che il talento possa essere valorizzato - tanto in azienda quanto presso le istituzioni - e per questo pronti a trasferirsi all'estero pur di avere una carriera più veloce.
E' questo il ritratto dei giovani italiani secondo l'indagine condotta dalla società di consulenza Bain & Company, presentata a Milano nel corso della seconda edizione dell'Agenda Bain per i Giovani dal titolo "I giovani sfidano il futuro: dall'impiego all'impegno". Proprio a mille studenti universitari, tra i 18 e i 25 anni, è stato sottoposto il questionario illustrato dal ceo e cofondatore di Bain Italy, Giovanni Cagnoli. Tra le domande più significative, quella sulle priorità per i giovani d'oggi. In una scala da 1 a 100, domina la "soddisfazione sul lavoro", che si attesta al 69%, seguita dal reddito (52%). I ragazzi non sembrano affascinati dal potere fine a sé stesso, che scende dal 35 al 29% tra il 2012 e il 2013, mentre la certezza di un posto fisso è al 37%. Proprio questo ultimo elemento, però, è ormai tra i più sacrificabili. D'altra parte resterebbe una pia illusione per la maggior parte dei giovani, quindi tanto vale accantonarlo.
Pur di avere una carriere più veloce, dunque, proprio il contratto a tempo indeterminato passa in secondo piano e diventa sacrificabile, mentre c'è grande disponibilità ad accogliere maggiori responsabilità o a trasferirsi all'estero, nonché l'aumento degli orari lavorativi. In sostanza, insieme al posto fisso, il tempo per la vita privata verrebbe sacrificato per i primi 5 anni di lavoro per avere una maggiore soddisfazione economica.
I ragazzi, che si definiscono in grado di "generare idee veramente ambiziose" (4,43 punti su 5 nel sondaggio), che si mettono alla prova (4,23 punti) e mostrano grande flessibilità ma non ancora al massimo il "coraggio di fare impresa" (3,93), rimproverano molto alle istituzioni e alla situazione delle aziende. L'88% pensa che banche e finanziatori non contribuiscano alla nascita e allo sviluppo di nuove aziende, facilitando l'accesso al credito e accettando il rischio del fallimento come la nuova regola del gioco in un mondo in crisi ma dinamico. La classe dirigente non fa abbastanza e il 90% degli universitari non si definisce valorizzato in modo adeguato, pur nella consapevolezza (70%) del fatto che il talento non è sufficiente per affermarsi. Nel complesso, la fiducia nella possibilità di coltivare il talento e nella sua valorizzazione da parte di istituizioni e aziende scende dal 2,5% del 2012 all'attuale e irrisorio 1,9%.
(11 novembre 2013)

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