Dopo il boom, ipermercati in affanno in Sicilia
Il ministro dà l’ok: “Soldi europei, la Sicilia ce l’ha
fatta”
A settembre prestiti alle famiglie in calo, -1.1%
L'accusa dei giovani di talento: banche e imprese, non ci
valorizzate
Ilva, per addolcire l’Aia del 2011 pressing dei Riva su
Gianni Letta
di Mimmo Mazza
TARANTO - Sarebbe stato l’ex sottosegretario
alla presidenza del Consiglio Gianni Letta il punto di riferimento per la
famiglia Riva nella complessa e tribolata procedura di rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento Ilva di Taranto,
firmata il 4 agosto del 2011 dal ministro Stefania Prestigiacomo e riesaminata
appena un anno dopo, alla luce del sequestro effettuato dall’autorità
giudiziaria. È quanto si legge, come la Gazzetta è in grado di rivelare,
nell’ultima informativa redatta dai finanzieri del Gruppo di Taranto e allegata
alla montagna di atti messi a disposizione dei 53 indagati dell’inchiesta per
disastro ambientale.
Intercettando Fabio Riva, vicepresidente di
Riva Fire, latitante a Londra dal 26 novembre del 2012, e l’avvocato Franco
Perli, l’amministrativista del gruppo finito sotto inchiesta per associazione a
delinquere ed altri gravi reati, i militari delle Fiamme Gialle si imbattono in
diversi colloqui nei quali Riva e Perli fanno costantemente riferimento a
Gianni Letta.
Ma per la Finanza, «la conferma che la
famiglia Riva interloquisce con il sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio, on. Gianni Letta si rileva - è scritto nell’informativa - nuovamente
da una conversazione a tre che avviene tra Fabio Riva, il fratello Daniele
(responsabile dello stabilimento di Genova, non indagato ndr) e la dott.ssa Vittoria
Romeo (responsabile dell’ufficio romano del gruppo, indagata per concorso in
abuso e rivelazione di segreto d’ufficio con il presidente della commissione
Aia, il componente Luigi Pelaggi e il funzionario regionale Pierfrancesco
Palmisano, ndr) il 13 luglio 2010, nella quale i tre apportano delle correzioni
al testo di una lettera che sarà sottoscritta dal presidente del gruppo
Riva-Fire, cioè l’ing. Emilio Riva e sarà consegnata brevi manu al destinatario
(Gianni Letta, appunto ndr), dalla dott.ssa Romeo». Per i finanzieri, la
lettera è «finalizzata ad illustrare al destinatario le difficoltà che l’Ilva
sta incontrando in quel periodo storico, sia per quanto attiene l’Aia, che per
quanto attiene talune problematiche sui siti produttivi di Taranto e Genova».
Perli riferì a Pelaggi della lettera inviata a Letta, suscitando agitazione nel
capo della segreteria dell’allora ministro Stefania Prestigiacomo: «guarda...
prima di tutto, guarda che i Riva - è quanto dice Perli a Fabio Riva,
raccontando il suo colloquio con Pelaggi - sono incazzati come delle bisce, poi
hanno già scritto a Letta....” e già quando gli ho detto Letta haaaa...... (…)
no, no, no si è preoccupato, si è preoccupato!! Guarda che su sta roba qui non
salta Ticali, salta la Prestigiacomo!». Una affermazione, quest’ultima, che
secondo la Finanza fu fatta da Perli «proprio in relazione ai rapporti in
essere con l’on. Gianni Letta».
12 Novembre 2013
Dopo il boom, ipermercati in affanno in Sicilia
«Mercato saturo», dicono gli analisti. I «superstore»
nell’Isola sono 29, concentrati nelle grandi città. La Regione: ora
regolamentiamo
di GERARDO MARRONE
CATANIA. Nell'Isola, i «giganti» sono ventinove: cinque
ipermercati con superficie di vendita superiore agli 8 mila metri quadrati,
sette al di sopra dei 4 mila 500, diciassette «superstore tra 2 mila 500 e 4
mila 500 metri quadrati. In percentuale - rispetto al totale della distribuzione
organizzata che comprende pure i più «piccoli» supermercati, discount e cash
& carry - la Sicilia dei «grandi» centri commerciali è al di sotto delle
medie nazionali: 0.5 qui, 1.5 in Italia. Eppure, i segnali di difficoltà sono
evidenti, tanto da impegnare le organizzazioni sindacali in difficili vertenze,
a Catania e Siracusa soprattutto. «Mercato saturo», dicono alcuni analisti.
Altri aggiungono: «La Sicilia non è un territorio totalmente saturo, ma lo è il
mercato nei grandi comuni dove s'è concentrata nel tempo la grande
distribuzione. Qui, negli ultimi 10 anni, la superficie di vendita è cresciuta
di oltre il 60 per cento. La crisi economica e dei consumi ha contribuito a
rendere la concorrenza ancora più difficile».
Vittorio Messina, presidente regionale di Confesercenti,
avverte: «Siamo di fronte a un'inversione di tendenza. Gli ipermercati hanno
vissuto il loro boom, ma adesso sono in declino. Negli Stati Uniti, dove il
fenomeno era nato, tutto ciò è molto evidente». Dopo la lunga stagione della crescita
indiscriminata, in Sicilia è tempo di «cannibalismo» tra strutture della
distribuzione: «Prima - commenta Messina - i grossi mangiavano i piccoli, ora
si stanno divorando tra loro». «Tutta colpa di anni di assoluta deregulation in
cui ogni sindaco, anche del più piccolo comune, ha consentito nuove aperture
senza tenere conto delle esigenze complessive del territorio», esclama
l'assessore regionale Linda Vancheri. Lei, adesso, vuole correre ai ripari: «La
prossima settimana la Giunta approverà e trasmetterà all'Ars il Testo unico
sulle Attività produttive con un Piano regionale, al quale tutti gli enti
locali dovranno adeguare il proprio Prg».
Sullo stato di salute dei centri commerciali, gli
indicatori più eloquenti in Sicilia arrivano dalla terra d'Etna. Segnali in
chiaroscuro, perché in questi mesi stanno faticosamente riaprendo gli ex
«Aligrup», rilevati da «Coop» e altre società, ma soffrono il «Cash & Carry
Metro» di Misterbianco - annunciati 49 esuberi su 120 addetti - e soprattutto
gli «Auchan»: in contratto di solidarietà i dipendenti in servizio a San
Giuseppe La Rena, mentre a Misterbianco sono già partite ventisette lettere di
trasferimento con destinazione Brescia, Taranto, Bari. Solo pochi si sono visti
proporre Palermo dove, intanto, «Auchan» annuncia di essere riuscita in ottobre
a contrastare la flessione dei consumi alimentari con un «più 20 per cento»
nella vendita di prodotti di sessanta aziende siciliane. Forse, i «colossi» non
vanno più di moda nell'Isola ma il direttore di Confesercenti Catania, Salvo
Politino, ricorda: «Su tutto, pesa la crisi che qui sta colpendo più forte le
famiglie rispetto ad altre regioni. Tra gennaio e oggi, il potere d'acquisto è
calato del 20, se non del 30 per cento. Lo abbiamo visto con i saldi. Ne risente
pure la grande distribuzione, che ha rappresentato per un certo periodo una
valvola di sfogo occupazionale. Senza voler parlare delle condizioni
contrattuali imposte ai lavoratori, per nulla salvaguardati, possiamo certo
affermare che quei centri non costituiscono il valore aggiunto ipotizzato da
alcuni».
Il ministro dà l’ok: “Soldi europei, la Sicilia ce l’ha
fatta”
09 novembre 2013 - 18:36 -
Economia
“Abbiamo salutato con
soddisfazione i risultati ottenuti dalla Sicilia sugli obiettivi di spesa dei
fondi europei verificati il 31 ottobre, che sono stati positivi sia per il
fondo sviluppo regionale sia per il fondo sociale, questo ci consente di essere
ottimisti per la spesa della Regione al 31 dicembre. Credo che la Sicilia
supererà l’obiettivo previsto per evitare il definanziamento, cioè la riduzione
automatica dei finanziamenti della Commissione Europea, questo sarà evitato per
il 2013”. Lo ha detto il ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia,
a Palermo, incontrando i giornalisti a margine del XXVII Osservatorio
congiunturale curato dalla Fondazione Curella nell’ambito delle “Giornate dell’economia
del Mezzogiorno”.
“La situazione resta comunque
critica per il 2014 ed il 2015 – ha aggiunto -, gli obiettivi di spesa da
raggiungere sono molto consistenti, confidiamo nel rapporto positivo di
collaborazione con le strutture della Regione Siciliana di portare avanti
un’operazione duplice: da un lato di sostegno ed accompagnamento per portar
avanti tutti i provvedimenti e le misure per cui sembra di ipotizzare un
risultato positivo alla fine del 2015, ma discuteremo con la Sicilia e con
altre regioni del Mezzogiorno sulla possibilità di utilizzare diversamente,
fermo restando la destinazione territoriale, le risorse che invece saranno
valutate più a rischio riconvertendole in interventi a forte orientamento
antirecessivo. Misure – ha concluso Trigilia – che possono riguardare la
decontribuzione per il sostegno all’occupazione o l’erogazione di credito per
le piccole e medie imprese o anche il credito d’imposta ai nuovi investimenti
in ricerca. Insomma interventi capaci di smuovere le economie locali, tra
queste misure ce ne saranno anche alcune per la riqualificazione urbanistica e
l’edilizia scolastica”.
A settembre prestiti alle famiglie in calo, -1.1%
11 novembre 2013
ROMA (ITALPRESS) – A settembre il tasso di crescita sui
dodici mesi dei depositi del settore privato è stato pari al 3,7 per cento (6,6
per cento ad agosto). La raccolta obbligazionaria, includendo le obbligazioni
detenute dal sistema bancario, è diminuita del 7,2 per cento sui dodici mesi
(-6,4 per cento ad agosto). Lo rende noto la Banca d’Italia, nel rapporto sulle
“Principali voci dei bilanci bancari”.
I prestiti al
settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri
crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, hanno registrato una
contrazione su base annua del 3,5 per cento, come quella registrata ad agosto.
I prestiti alle famiglie sono scesi dell’1,1 per cento sui dodici mesi (-1,2
per cento ad agosto); quelli alle società non finanziarie sono diminuiti,
sempre su base annua, del 4,2 per cento (-4,6 per cento ad agosto).
Il tasso di
crescita sui dodici mesi delle sofferenze è risultato pressoché invariato (22,8
per cento contro il 22,3 per cento registrato ad agosto).
I tassi
d’interesse, comprensivi delle spese accessorie, sui finanziamenti erogati nel
mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni sono stati pari al 3,97 per
cento (3,93 per cento ad agosto); quelli sulle nuove erogazioni di credito al
consumo al 9,52 per cento (9,64 per cento ad agosto). I tassi d’interesse sui
nuovi prestiti alle società non finanziarie di importo fino a 1 milione di euro
sono risultati pari al 4,34 per cento (4,50 nel mese precedente); quelli sui
nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia al 2,98 per cento (2,86 per
cento ad agosto). I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono
stati pari all’1,02 per cento (1,04 per cento ad agosto).
(ITALPRESS).
L'accusa dei giovani di talento: banche e imprese, non ci
valorizzate
Cambia il rapporto tra universitari e lavoro.
Nell'indagine di Bain&Co emergono le esigenze dei ragazzi che approcciano
la professione: sono disposti a rinunciare a posto fisso e vita privata per
avere maggior soddisfazione economica. Porte aperte ai trasferimenti
all'estero, la soddisfazione sul lavoro è una priorità
di RAFFAELE RICCIARDI
MILANO - Sono ancor più disillusi di quanto si possa
credere, disposti al sacrificio ma anche in cerca di una grande soddisfazione
economica. Complessivamente, scettici sul fatto che il talento possa essere valorizzato
- tanto in azienda quanto presso le istituzioni - e per questo pronti a
trasferirsi all'estero pur di avere una carriera più veloce.
E' questo il ritratto dei giovani italiani secondo
l'indagine condotta dalla società di consulenza Bain & Company, presentata
a Milano nel corso della seconda edizione dell'Agenda Bain per i Giovani dal
titolo "I giovani sfidano il futuro: dall'impiego all'impegno".
Proprio a mille studenti universitari, tra i 18 e i 25 anni, è stato sottoposto
il questionario illustrato dal ceo e cofondatore di Bain Italy, Giovanni
Cagnoli. Tra le domande più significative, quella sulle priorità per i giovani
d'oggi. In una scala da 1 a 100, domina la "soddisfazione sul
lavoro", che si attesta al 69%, seguita dal reddito (52%). I ragazzi non
sembrano affascinati dal potere fine a sé stesso, che scende dal 35 al 29% tra
il 2012 e il 2013, mentre la certezza di un posto fisso è al 37%. Proprio
questo ultimo elemento, però, è ormai tra i più sacrificabili. D'altra parte
resterebbe una pia illusione per la maggior parte dei giovani, quindi tanto
vale accantonarlo.
Pur di avere una carriere più veloce, dunque, proprio il
contratto a tempo indeterminato passa in secondo piano e diventa sacrificabile,
mentre c'è grande disponibilità ad accogliere maggiori responsabilità o a
trasferirsi all'estero, nonché l'aumento degli orari lavorativi. In sostanza,
insieme al posto fisso, il tempo per la vita privata verrebbe sacrificato per i
primi 5 anni di lavoro per avere una maggiore soddisfazione economica.
I ragazzi, che si definiscono in grado di "generare
idee veramente ambiziose" (4,43 punti su 5 nel sondaggio), che si mettono
alla prova (4,23 punti) e mostrano grande flessibilità ma non ancora al massimo
il "coraggio di fare impresa" (3,93), rimproverano molto alle
istituzioni e alla situazione delle aziende. L'88% pensa che banche e
finanziatori non contribuiscano alla nascita e allo sviluppo di nuove aziende,
facilitando l'accesso al credito e accettando il rischio del fallimento come la
nuova regola del gioco in un mondo in crisi ma dinamico. La classe dirigente
non fa abbastanza e il 90% degli universitari non si definisce valorizzato in
modo adeguato, pur nella consapevolezza (70%) del fatto che il talento non è
sufficiente per affermarsi. Nel complesso, la fiducia nella possibilità di
coltivare il talento e nella sua valorizzazione da parte di istituizioni e
aziende scende dal 2,5% del 2012 all'attuale e irrisorio 1,9%.
(11 novembre 2013)
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