n. 15 - L'economia del Molise
n. 16 - L'economia della Campania
n. 17 - L'economia della Puglia
n. 18 - L'economia della Basilicata
n. 19 - L'economia della Calabria
n. 20 - L'economia della Sicilia
n. 21 - L'economia della Sardegna
n. 14 - L'economia dell'Abruzzo
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 l'attività economica in
Abruzzo si è fortemente indebolita. La produzione dell'industria manifatturiera
regionale è marcatamente diminuita, per effetto della contrazione della domanda
interna e del rallentamento di quella estera. La propensione delle imprese a
investire è stata frenata dall'incertezza sull'evoluzione del quadro economico
e dagli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata.
Le recenti indagini della Banca
d'Italia confermano come anche in Abruzzo performance relativamente migliori
siano state conseguite dalle aziende che hanno adottato strategie di
internazionalizzazione e di innovazione. Il grado di diffusione dell'attività
innovativa tra le imprese della regione appare in linea con il dato nazionale;
tuttavia le risorse da esse destinate alla ricerca e sviluppo sono inferiori
alla media.
Nell'edilizia, le attività legate
alla ricostruzione degli immobili danneggiati nell'area del sisma hanno
attenuato la contrazione dei livelli produttivi. Nel comparto residenziale,
l'attività ha risentito del forte calo delle compravendite immobiliari,
dimezzatesi rispetto al picco raggiunto nel 2006. Il ristagno degli
investimenti in fabbricati da parte delle imprese ha inciso negativamente
sull'attività edilizia nel comparto non residenziale.
Nel terziario, l'attività
produttiva si è contratta, in concomitanza con la flessione della domanda di
servizi da parte delle imprese e il calo dei consumi delle famiglie, frenati
dalla dinamica negativa dei redditi e dalle forti incertezze sulle prospettive
economiche e occupazionali.
Le esportazioni regionali sono
diminuite in valore, riflettendo il calo delle vendite nei paesi dell'Unione
europea. Nel comparto dei mezzi di trasporto, il principale settore di
specializzazione dell'export abruzzese, le vendite all'estero sono tornate a
contrarsi, dopo due anni di ripresa sostenuta. Tra i comparti del made in
Italy, le esportazioni sono calate nel settore del tessile e dell'abbigliamento
e in quello del legno e dei prodotti in legno; hanno ristagnato nel settore
alimentare.
A seguito del protrarsi della
crisi, la redditività operativa delle imprese aventi sede in regione è
diminuita, collocandosi su livelli storicamente bassi; le condizioni di
indebitamento delle imprese e il loro grado di liquidità hanno registrato un
peggioramento. Il numero di imprese attive si è ridotto, anche a seguito
dell'aumento delle uscite dal mercato determinate dalle crisi aziendali.
Nel 2012 la situazione del mercato
del lavoro in Abruzzo ha mostrato segnali di progressivo deterioramento.
L'occupazione ha mediamente tenuto, anche per effetto dell'accresciuto ricorso
alla Cassa integrazione guadagni. Allo stesso tempo, si è registrato un marcato
incremento del numero di persone che cercano attivamente un'occupazione. Il tasso
di disoccupazione è di conseguenza aumentato, in particolare per le classi di
età più giovani.
A dicembre del 2012 i prestiti
alle imprese si sono ridotti pressoché in tutti i settori di attività e in
tutte le classi dimensionali. Il calo si è protratto anche nel primo trimestre
dell'anno in corso. La dinamica dei prestiti al settore privato non finanziario
riflette sia la contenuta domanda di credito, in considerazione dell'attuale
fase del ciclo economico e dell'elevato grado di incertezza, sia le condizioni
di offerta praticate dal sistema bancario, che permangono restrittive, anche
alla luce dell'indebolimento dei bilanci delle imprese. I tassi di interesse
bancari a breve termine praticati alle imprese sono lievemente aumentati.
L'incremento è stato più accentuato per le imprese di piccole dimensioni. La
qualità del credito è ulteriormente peggiorata, per effetto della recessione e
della crisi di alcune rilevanti imprese con sede in regione.
È proseguito il rallentamento dei
prestiti alle famiglie, in particolare nella componente dei mutui per
l'acquisto di abitazioni; il calo degli acquisti di beni durevoli ha inciso
negativamente sulla dinamica del credito al consumo.
Nel 2012 sono tornati a crescere i
depositi detenuti dalle famiglie; vi hanno contribuito le politiche di offerta
delle banche volte a sostenere la raccolta. È diminuito l'investimento in
titoli di Stato e in azioni, mentre sono aumentati gli acquisti di quote di
fondi comuni che investono in valori mobiliari.
n. 15 - L'economia del Molise
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 le prospettive
dell'economia globale sono peggiorate. Nell'area dell'euro la fase recessiva si
è acuita, interessando con maggiore intensità il nostro Paese. Le stime di
Prometeia hanno indicato per il Molise una diminuzione del prodotto del 3,1 per
cento, più accentuata rispetto al Mezzogiorno.
Il persistente ridimensionamento
dell'attività economica, che ha riguardato tutti i settori produttivi, ha messo
in luce le difficoltà competitive dell'economia molisana frenata da carenze
infrastrutturali, da una scarsa capacità di innovazione e da una limitata
apertura ai mercati esteri.
L'attività industriale ha
registrato un calo, attestandosi su livelli ampiamente inferiori a quelli
raggiunti prima dell'insorgere della crisi. Un andamento relativamente peggiore
ha caratterizzato le imprese orientate unicamente al mercato interno. Nel settore
alimentare, all'espansione del comparto pastario si sono contrapposte le
difficoltà strutturali delle imprese a partecipazione pubblica.
Le esportazioni si sono ridotte,
in controtendenza rispetto alla dinamica nazionale. Tra il 2007 e il 2012 le vendite
all'estero a prezzi correnti sono diminuite di oltre il 40 per cento.
Al ridimensionamento del processo
di accumulazione di capitale delle imprese industriali si è accompagnato un
drastico calo degli investimenti in abitazioni e di quelli in opere pubbliche,
ostacolati, rispettivamente, dalle minori disponibilità reddituali delle
famiglie e dagli stringenti vincoli di bilancio delle amministrazioni locali.
Rispetto ai livelli raggiunti prima della fase recessiva, anche a causa del
calo delle quotazioni degli immobili in termini reali, la redditività delle
imprese del settore delle costruzioni si è notevolmente ridotta fino ad
assumere valori negativi.
L'occupazione è lievemente
diminuita rispetto all'anno precedente. Al netto calo degli occupati dell'industria,
soltanto in parte mitigato da un elevato ricorso agli ammortizzatori sociali,
si è contrapposto l'incremento del numero di addetti del settore dei servizi.
Anche per effetto dell'aumento dell'offerta di lavoro, il tasso di
disoccupazione è cresciuto, raggiungendo per i più giovani valori prossimi a
quelli riscontrati nelle altre regioni del Mezzogiorno.
Nell'ultimo quinquennio, la
retribuzione media dei lavoratori molisani è risultata inferiore a quella
nazionale, ma più elevata rispetto alle altre regioni meridionali; il livello
medio delle retribuzioni è sostenuto in regione dalla bassa incidenza di donne
e lavoratori stranieri, che si caratterizzano per retribuzioni inferiori alla
media.
Nel corso del 2012 il credito
all'economia molisana è diminuito. Alla contrazione dei finanziamenti alle
imprese si è affiancata la stagnazione di quelli alle famiglie. Le tendenze più
recenti rilevate nei primi mesi dell'anno segnalano un ulteriore peggioramento,
con una riduzione del credito concesso anche alle famiglie.
La prolungata fase recessiva
dell'economia regionale ha inciso sia sulla domanda di finanziamenti, sia sulle
condizioni di offerta degli intermediari. Il calo della domanda ha riguardato
le imprese di tutti i comparti produttivi e ha interessato la realizzazione di
investimenti e, nell'ultimo anno, la copertura del capitale di funzionamento.
L'accresciuta rischiosità delle imprese, in parte connessa con la crisi di
specifici settori dell'economia regionale, ha inoltre contribuito al restringimento
dell'offerta di credito, prevalentemente attraverso un innalzamento dei tassi
di interesse.
La flessione del reddito
disponibile e le incerte prospettive occupazionali hanno indebolito la domanda
delle famiglie relativa ai mutui per l'acquisto delle abitazioni;
l'inasprimento delle condizioni di offerta dei finanziamenti bancari si è
concretizzato in un ulteriore aumento dei tassi di interesse.
La qualità del credito è
notevolmente peggiorata. Sull'incremento del flusso di nuove sofferenze ha
inciso soprattutto il deterioramento dei finanziamenti concessi alle imprese.
Seppure in misura minore, anche gli indicatori relativi alle famiglie
evidenziano segni di difficoltà nel rimborso del debito.
Le politiche di bilancio delle
Amministrazioni locali continuano a essere condizionate dall'esigenza di
contenere la dinamica della spesa. Per il terzo anno consecutivo, il
disequilibrio dei conti sanitari ha obbligato la Regione Molise a utilizzare la
leva fiscale oltre i livelli massimi praticati dalle altre regioni a statuto
ordinario.
In un contesto caratterizzato da
una marcata contrazione del PIL e dall'esigenza di una gestione oculata della
spesa pubblica, un efficace utilizzo dei fondi strutturali delle politiche di
coesione destinati alla nostra regione potrebbe contribuire a mitigare gli
effetti della crisi economica sul tessuto imprenditoriale locale, rilanciando
le prospettive di crescita dell'economia.
n. 16 - L'economia della Campania
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 il PIL dell'area
dell'euro è diminuito dello 0,6 per cento. In Italia il calo è stato più
intenso ( 2,4 per cento); per la Campania, le stime di Prometeia indicano una
contrazione ancora maggiore ( 2,6 per cento).
Giunta al quinto anno di
recessione, la regione mostra intense riduzioni nei flussi di produzione e di
investimento e una sensibile diffusione delle crisi d'impresa.
Tra il 2008 e il 2012 sono uscite
dal mercato circa 8.400 imprese all'anno, principalmente per effetto di
liquidazioni volontarie, ma con una crescente incidenza di procedure
fallimentari, che coinvolgono soprattutto le aziende di maggiori dimensioni. In
termini di fatturato, il peso sull'economia regionale delle imprese cessate è
stimabile in circa il 10 per cento. In base a indicatori di redditività e
indebitamento, tali imprese mostravano una forte fragilità finanziaria già
negli anni precedenti la crisi.
Nell'industria, l'azione selettiva
della recessione si associa a un'elevata dispersione di perfomance settoriali e
territoriali. Non mancano, in regione, aree a forte specializzazione
manifatturiera che hanno superato i livelli di attività precedenti la crisi.
Tali realtà operano sia in settori ad alto contenuto di tecnologie
(aerospaziale, farmaceutico) sia in settori tradizionali (agroalimentare,
abbigliamento) e pesano per circa un terzo sugli addetti dell'industria
regionale. Nella restante parte del tessuto industriale campano, i segnali di
recupero appaiono invece deboli o del tutto assenti.
Oltre che a peculiarità locali e
di settore, le dinamiche delle imprese manifatturiere sono risultate sensibili
all'adozione di strategie di internazionalizzazione. L'indagine della Banca
d'Italia su un campione di aziende con almeno 20 addetti, pur indicando in
media forti riduzioni di fatturato e investimenti nel 2012, segnala un
andamento decisamente meno sfavorevole per le imprese entrate in nuovi mercati.
Per il 2013 una consistente
ripresa delle vendite è prevista solo dalle imprese con un'elevata quota di
fatturato esportato. Dall'avvio della crisi l'incidenza delle esportazioni sul
valore aggiunto industriale della regione è aumentata di quasi venti punti
percentuali, ma resta lontana dalla media nazionale.
Per accelerare il processo di
internazionalizzazione è necessario innalzare la capacità delle imprese di
innovare i prodotti, i processi produttivi, gli assetti organizzativi e
gestionali. La diffusione dell'attività innovativa è in Campania
significativamente inferiore alla media italiana, anche a parità di settore e
dimensione aziendale.
Il progressivo indebolirsi della
domanda interna continua a condizionare in negativo l'attività nei comparti
dell'edilizia e del commercio. Nel settore delle costruzioni i volumi di
produzione hanno risentito di forti contrazioni sia nel segmento immobiliare
sia in quello delle opere pubbliche. Le nuove opere previste dal Piano di
azione per la coesione e un più rapido avanzamento nell'utilizzo dei fondi
dell'Unione europea, concentrati in misura significativa nella realizzazione di
grandi progetti infrastrutturali, potrebbero contrastare il calo degli
investimenti pubblici.
I consumi, ostacolati dalle
negative prospettive nel mercato del lavoro e dal debole andamento dei flussi
turistici, sono calati, tornando sui livelli di 15 anni fa.
Tra il 2007 e il 2011
l'occupazione in Campania aveva mostrato il calo più intenso e prolungato fra
le regioni italiane. Nel 2012 il numero di occupati è tornato a crescere, ma a
ritmi lievi e insufficienti a ridurre l'ampio squilibrio tra domanda e offerta
di lavoro. Molto più accentuato è stato il contemporaneo incremento nel numero
di persone in cerca di lavoro. Il tasso di disoccupazione si è situato nel 2012
al livello più elevato tra le regioni italiane, soprattutto nella componente
femminile.
A parità di caratteristiche
osservabili, la retribuzione oraria netta dei lavoratori dipendenti della
Campania è di circa il 6 per cento inferiore rispetto al resto del paese.
Negli anni recenti il calo delle
vendite ha dimezzato la redditività operativa delle imprese, rendendo meno
sostenibile l'indebitamento finanziario. A fine 2012 oltre un terzo dei
prestiti erogati alle imprese campane mostrava anomalie nella regolarità dei
rimborsi. L'incidenza dei crediti deteriorati raggiunge il 43 per cento per le
imprese collegate alla filiera immobiliare.
Le difficoltà di accesso al
credito, dopo il picco rilevato a fine 2011, si sono lievemente attenuate lo
scorso anno, ma restano elevate nel confronto storico.
Al lordo delle sofferenze, i
prestiti alle imprese risultano in calo da circa un anno. Dal 2008 la domanda
di credito, debole nella componente di finanziamento degli investimenti, si è
concentrata nella richiesta di sostegno al capitale circolante o di
ristrutturazione del debito, componenti che caratterizzano in maggiore misura
le imprese più vulnerabili. L'offerta di credito si è invece orientata verso le
imprese meno rischiose.
Dalla fine del 2012 hanno
cominciato a calare anche i prestiti erogati dalle banche e dalle società
finanziarie alle famiglie campane, sia nella componente del credito al consumo
sia in quella dei mutui per l'acquisto di abitazioni.
È invece tornata a crescere la
raccolta bancaria effettuata presso le famiglie e le imprese residenti in
regione, favorita anche dalle maggiori remunerazioni dei depositi a scadenza
protratta e dalla componente obbligazionaria.
Rispetto alla media del paese,
resta elevato il ricorso alla leva fiscale da parte delle Amministrazioni
locali della Campania, impegnate in politiche di riduzione del debito
accumulato negli anni passati. Proseguono le azioni di contenimento della spesa
imposte dal Piano di rientro dal deficit sanitario.
Negli anni recenti, dalla sanità,
alla gestione dei rifiuti, fino al settore dei trasporti pubblici locali, sono
state numerose in regione le situazioni di dissesto economico di interi
comparti dove l'operatore pubblico è chiamato a fornire servizi essenziali.
Appare necessario insistere nella ricerca di azioni strutturali, non solo dal
lato delle entrate, che impediscano per il futuro il riformarsi di tali
squilibri.
n. 17 - L'economia della Puglia
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 il valore aggiunto in
Puglia è tornato a flettere per effetto della diminuzione della domanda interna
e del rallentamento di quella estera, interrompendo la debole ripresa del
biennio precedente. La contrazione è stata di intensità inferiore a quella del
Mezzogiorno e in linea con l'Italia. La produzione nel comparto industriale
regionale si è ridotta; secondo un'indagine della Banca d'Italia, il fatturato
a prezzi costanti è diminuito di circa il 2 per cento. La flessione delle
vendite ha riguardato anche gli stabilimenti di imprese del Centro Nord o
estere, che nello scorso decennio hanno accresciuto il proprio peso nel settore
manifatturiero regionale: nel 2010 essi rappresentavano un quarto del valore
aggiunto e degli investimenti, un sesto degli occupati.
In presenza di un'alta quota di
capacità produttiva inutilizzata e della flessione della domanda, gli
investimenti si sono ridotti per il quinto anno consecutivo. Per il 2013 le
imprese prevedono una stabilizzazione del fatturato sui livelli dell'anno
precedente e un'ulteriore lieve riduzione dell'accumulazione di capitale.
Le esportazioni, che hanno
fortemente sostenuto il fatturato industriale dal 2010, hanno rallentato.
L'export ha continuato a crescere presso i comparti della meccanica, dei mezzi
di trasporto, della gomma, dei prodotti chimico-farmaceutici e dell'alimentare.
Sono calate invece le vendite all'estero dei settori del "made in
Italy" e della siderurgia, che ha risentito del blocco della vendita dei
prodotti dello stabilimento Ilva. Dall'inizio della crisi nel 2008 le
esportazioni pugliesi sono cresciute più che nel resto del paese.
Il calo della produzione del
settore delle costruzioni ha riflesso in prevalenza l'ulteriore indebolimento
del mercato residenziale: il numero delle compravendite si è ridotto di un
quarto, dimezzandosi rispetto al picco del 2006. Le imprese della filiera
immobiliare rappresentano una quota sul fatturato delle imprese regionali
maggiore che in Italia; esse hanno registrato una crescita delle vendite
superiore alla media nazionale nel periodo pre-crisi e un calo minore durante
la crisi. L'attività nel settore dei servizi si è ridotta, risentendo del calo
dei consumi. La flessione delle vendite al dettaglio ha riguardato con
particolare intensità i beni durevoli. Il comparto dei trasporti ha registrato
nel complesso un andamento negativo e anche le presenze di turisti sono
diminuite dopo una crescita ininterrotta dalla seconda metà del decennio
scorso.
La capacità innovativa delle
imprese pugliesi, nonostante la presenza di alcuni casi di eccellenza, è
complessivamente in linea con quella delle regioni meridionali, ancora bassa
nel confronto col resto del paese. Il divario è riconducibile alla minore
quantità di risorse investite dal settore privato, a sua volta dovuta alla
minore dimensione media delle imprese. Anche la presenza d'investitori
specializzati che possono agevolare la crescita di imprese innovative, quali i
fondi di private equity, appare più scarsa che in altre aree del paese.
Il calo dell'attività economica si
è ripercosso sulle condizioni del mercato del lavoro. In presenza di un numero
di occupati stazionario, le ore lavorate sono diminuite, meno intensamente
rispetto al Mezzogiorno e all'Italia. Le minori ore lavorate hanno riflesso la
ricomposizione degli occupati a favore dei contratti part time, il minor lavoro
straordinario e il più intenso ricorso ad ammortizzatori sociali. Il tasso di
disoccupazione è cresciuto soprattutto per effetto del maggior numero di uomini
alla ricerca di un lavoro dopo averlo perso e di donne senza precedenti
esperienze di lavoro che si sono messe in cerca di occupazione. Nel 2012 le
minori ore lavorate e la debole crescita delle retribuzioni orarie si sono
tradotte in un ristagno dei salari medi dei lavoratori dipendenti.
Nel 2012 si è arrestata la
crescita del credito all'economia. I prestiti alle imprese hanno ristagnato
risentendo della debolezza della domanda, soprattutto di quella legata agli
investimenti. Dopo il forte irrigidimento nell'autunno del 2011, le condizioni
di accesso al credito sono rimaste tese, ma le banche hanno mantenuto
atteggiamenti differenziati verso imprese caratterizzate da diversi profili di
rischiosità. Anche per effetto della debole domanda di abitazioni le erogazioni
di nuovi mutui si sono più che dimezzate.
Durante la crisi la quota di
famiglie indebitate per un mutuo o per credito al consumo è cresciuta in Puglia
più rapidamente che nelle altre aree del paese, quelle che hanno fatto ricorso
a entrambi i tipi di debito sono quasi raddoppiate. I tassi d'interesse dopo
essere aumentati fino al primo trimestre sono diminuiti nei mesi successivi
riportandosi su livelli poco superiori a quelli della fine del 2011. La
recessione ha provocato un deterioramento della qualità del credito specie nel settore
manifatturiero e delle costruzioni, con un aumento dei prestiti in sofferenza e
di quelli incagliati. In corso d'anno si sono allentate le tensioni sulla
raccolta delle banche: è proseguita con vigore la crescita dei depositi
bancari, si è invece attenuata, pur rimanendo positiva, quella delle
obbligazioni.
Il bilancio della sanità è tornato
sostanzialmente in equilibrio, con un livello della spesa inferiore alla media
nazionale. Gli obiettivi economici fissati dal piano di rientro dai disavanzi
sanitari sono stati in buona misura conseguiti. I tavoli di monitoraggio in
sede ministeriale segnalano però il permanere di gravi criticità
nell'erogazione dei servizi. Nel 2012 è ulteriormente cresciuta la spesa
finanziata dai fondi strutturali europei, che ha superato i target minimi
previsti in sede di programmazione mantenendosi su un livello superiore a
quello delle altre regioni meridionali.
n. 18 - L'economia della Basilicata
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 l'economia lucana,
secondo le stime di Unioncamere-Prometeia, ha registrato una caduta del
prodotto interno lordo del 3,1 per cento. La produzione industriale, secondo
l'indagine Unioncamere, è calata bruscamente nel 2012 (-9,5 per cento, -4,3 nel
2011), come nel Mezzogiorno ma in misura più marcata rispetto al resto del
paese. La contrazione si è estesa a tutti i principali settori, compreso quello
meccanico, che include le imprese specializzate nella produzione di
autoveicoli, in linea con le tendenze degli ultimi anni. Tra il 2007 e il 2011,
il fatturato delle imprese lucane dell'automotive si è ridotto complessivamente
del 18,2 per cento, più della media del settore nel resto del paese.
Tra le regioni italiane, la
Basilicata ha registrato il calo più marcato delle esportazioni ( 17,5 per
cento). Vi ha contribuito principalmente la contrazione delle vendite di
autoveicoli, mentre altri comparti hanno continuato a espandersi. Al netto dell'automotive
e del petrolio greggio, le esportazioni sono aumentate dell'1,4 per cento su
base annua, trainate dal settore dell'elettronica e da quello metallurgico.
Il valore aggiunto delle
costruzioni, secondo stime di Prometeia, ha continuato a contrarsi a un ritmo
sostenuto. La forte caduta delle compravendite immobiliari (-17,7 per cento) si
è accompagnata al calo delle quotazioni. Nel complesso, durante la fase
recessiva le imprese della filiera immobiliare hanno registrato un calo del
fatturato e una crescita dell'indebitamento, sebbene in misura inferiore
rispetto ad altre aree del paese. In prospettiva, il settore delle opere
pubbliche risentirà dello sfavorevole andamento degli appalti pubblici che,
secondo il Cresme, si sarebbero ridotti fortemente nel 2012.
Lo sfavorevole quadro
occupazionale e il calo del reddito disponibile hanno influito sull'andamento
dei consumi. Le vendite al dettaglio si sono ridotte del 10,5 per cento, più
che in Italia e nel Mezzogiorno. Dopo essere aumentate nel 2011, le presenze di
turisti sono diminuite del 4,2 per cento nel 2012, riflettendo principalmente
la flessione di quelle degli italiani (che rappresentano oltre il 92 per cento
del totale), diminuite per la prima volta dopo un quinquennio di espansione.
Dopo il calo registrato nel 2011,
il ricorso alle procedure fallimentari ha ripreso a crescere nel 2012;
l'incidenza è rimasta tuttavia inferiore al Mezzogiorno e all'Italia. In base a
diversi indicatori, la capacità innovativa delle imprese lucane, che potrebbe dare
impulso alla competitività del sistema economico regionale, è più bassa di
quella media del paese. Il divario è riconducibile alla minore quantità di
risorse investite dal settore privato, a sua volta connessa alla minore
dimensione media delle imprese.
Nel 2012 il mercato del lavoro in
Basilicata ha risentito della contrazione dell'attività economica: sia la
flessione degli occupati, sia la diminuzione delle ore lavorate sono state più
ampie che nel Mezzogiorno e in Italia. Il calo degli occupati (1,5 per cento) e
l'aumento dell'offerta di lavoro hanno determinato un aumento del tasso di
disoccupazione (al 14,5 per cento nella media del 2012), che rimane inferiore
rispetto a quello del Mezzogiorno e superiore a quello medio italiano.
L'avversa congiuntura economica ha continuato a penalizzare maggiormente i più
giovani: il tasso di disoccupazione nella fascia di età compresa tra i 15 e i
34 anni è aumentato di 5,1 punti, portandosi al 28,2 per cento. Più marcata del
calo degli occupati è stata la riduzione delle ore lavorate, scese del 7,9 per
cento. Nel 2012 le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni (CIG) sono
aumentate del 46,3 per cento, in forte accelerazione rispetto al 2011. Circa
metà delle ore totali di CIG sono state autorizzate per il comparto della
produzione di mezzi di trasporto.
Alla debolezza dell'attività
economica ha corrisposto un andamento flettente dei prestiti bancari e un
peggioramento della qualità del credito. I prestiti bancari hanno
progressivamente rallentato nel corso del 2012, registrando una lieve
contrazione lo scorso dicembre (-0,7 per cento sui dodici mesi). La flessione è
stata più marcata per le famiglie consumatrici, a fronte di una sostanziale
stagnazione dei prestiti alle imprese. Tale andamento riflette sia una domanda
di credito ancora debole da parte di famiglie e imprese sia le perduranti
tensioni sulle condizioni di offerta, connesse in parte con il deterioramento
della qualità del credito.
Nel 2012 il credito concesso alle
famiglie consumatrici da banche e società finanziarie è diminuito, per la prima
volta negli anni recenti. Sono calati sia i mutui per l'acquisto di abitazioni
(-1,4 per cento), in connessione con la riduzione delle compravendite
immobiliari, sia il credito al consumo (-0,9 per cento), che ha riflesso la
perdurante debolezza degli acquisti di beni durevoli. Per quanto concerne le
imprese, la contrazione dei prestiti è stata ampia per le imprese
manifatturiere e per quelle delle costruzioni. È stata più lieve per i
finanziamenti concessi alle imprese dei servizi. Il flusso di nuove sofferenze
rettificate, riferito al complesso dei residenti in regione, è aumentato
rispetto al 2011. Il deterioramento è stato rapido in tutti i principali
settori di attività economica e particolarmente ampio per le imprese di
costruzioni; vi hanno influito specifiche crisi aziendali nel settore
dell'impiantistica, solo in parte riconducibili ad attività produttive svolte
in regione. Anche la qualità del credito concesso alle famiglie ha continuato a
deteriorarsi, sebbene a ritmi contenuti.
Anche per effetto della maggiore
rischiosità, il costo del credito alle imprese è aumentato, in particolare per
quelle di maggiori dimensioni, sia per i finanziamenti a breve termine sia,
soprattutto, per quelli a scadenza più protratta.
n. 19 - L'economia della Calabria
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 l'attività economica
della Calabria ha subito un forte calo in tutti i principali settori. Secondo
le stime di Prometeia, il PIL sarebbe diminuito del 3,0 per cento, in misura
superiore al Mezzogiorno e all'Italia.
In base alle indagini della Banca
d'Italia su un campione di imprese calabresi dell'industria in senso stretto,
si è avuto un calo del fatturato; le attese degli imprendi-tori
prefigurerebbero, tuttavia, una stabilizzazione per il 2013. Il grado di
utilizzo de-gli impianti è tornato sui livelli minimi del 2009; il calo della
domanda e l'inasprimento delle condizioni di finanziamento hanno determinato
una riduzione degli investimenti da parte delle imprese.
Le esportazioni di merci della
regione hanno ristagnato, dopo il recupero dell'anno precedente. Tra i
principali comparti di specializzazione, hanno tenuto le vendite all'estero
dell'agroalimentare, mentre si sono drasticamente ridotte quelle del settore
chimico.
Si è accentuata la crisi del
settore delle costruzioni in atto dal 2007, cui ha contribuito il forte calo
delle compravendite nell'edilizia residenziale.
Il settore dei servizi ha
risentito della diminuzione della domanda interna. I dati sui consumi di beni
durevoli e sul reddito disponibile indicano un'accentuazione del calo già
registrato nel 2011; è diminuita anche la spesa dei turisti provenienti
dall'estero.
Dopo la breve inversione di
tendenza verificatasi nel 2011, l'occupazione in Calabria è tornata a
contrarsi, con un calo sensibilmente più marcato di quello osservato nel
Mezzogiorno e in Italia. La riduzione ha interessato nel 2012 anche la
componente femminile, che era risultata in crescita nei precedenti due anni.
Tra i settori, quello delle costruzioni ha perso dal 2008 oltre un quarto degli
occupati. Le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni si sono ridotte,
per effetto principalmente del calo della componente in deroga, pur rimanendo
sui livelli molto elevati raggiunti nel triennio precedente.
Il tasso di disoccupazione è
aumentato più di quanto avvenuto nel Mezzogiorno e in Italia, anche per effetto
del sensibile aumento delle persone, prima inattive, che han-no iniziato a
cercare un'occupazione.
Nel corso del 2012 il credito
erogato dagli intermediari bancari alla clientela residente in Calabria, al
lordo delle sofferenze e dei pronti contro termine, è diminuito rispetto
all'anno precedente. I prestiti bancari alle famiglie consumatrici, che
dall'inizio della crisi avevano continuato a crescere, si sono ridotti. Una
simile dinamica ha riguardato anche il settore produttivo, per effetto della
diminuzione del credito concesso alle imprese di piccole dimensioni. La
riduzione dei finanziamenti ha interessato tutti i settori di attività, in
particolare quello delle costruzioni.
Si è indebolita la domanda di finanziamenti,
principalmente quella delle imprese fina-lizzata agli investimenti produttivi;
le condizioni di offerta sono rimaste tese e si sono tradotte in un aumento dei
margini applicati, in particolare alla clientela più rischiosa.
I tassi di interesse a breve
termine praticati alle imprese con sede in Calabria sono aumentati; quelli
applicati alle imprese di piccole dimensioni si sono mantenuti su livelli
superiori rispetto a quelli registrati per le imprese medio-grandi. Il tasso di
inte-resse medio sui mutui per l'acquisto di abitazioni è rimasto stabile.
Si è registrato un deciso
peggioramento della qualità del credito per il settore produt-tivo, a fronte di
una sostanziale stabilità per le famiglie. Per le imprese, l'aumento del-la
rischiosità è principalmente ascrivibile al comparto delle costruzioni.
L'incidenza delle partite deteriorate complessive sui prestiti lordi è
significativamente cresciuta dai valori pre-crisi.
La raccolta bancaria presso la
clientela calabrese è aumentata, sospinta dalla forte cre-scita dei depositi a
scadenza protratta, la cui remunerazione è aumentata nel corso dell'anno. La
componente relativa alle obbligazioni bancarie ha subito un deciso
ral-lentamento. Alla fine del 2012, la quota del risparmio delle famiglie
calabresi investita in depositi bancari risultava sensibilmente superiore
rispetto al dato nazionale.
n. 20 - L'economia della Sicilia
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel corso del 2012 la dinamica del
PIL in Italia è stata negativa, anche a seguito delle correzioni di finanza
pubblica intervenute nello scorcio dell'anno precedente. Soltanto la domanda
estera ha fornito un contributo positivo all'attività economica.
In Sicilia la fase ciclica
recessiva è risultata grave; in base alle stime Prometeia il PIL è sceso del
2,7 per cento. I settori più colpiti sono stati l'industria e l'edilizia.
Nel manifatturiero è diminuito il
fatturato e la perdurante incertezza sulle prospettive dell'economia ha causato
una nuova contrazione delle spese per investimenti. La domanda estera è
risultata favorevole, con una ripresa delle esportazioni per alcuni comparti,
come il petrolifero, l'elettronico e il farmaceutico.
Il livello di attività economica
del settore delle costruzioni si è contratto per il settimo anno consecutivo,
con cali sia per le opere pubbliche sia per il comparto delle costruzioni
residenziali. Nel mercato immobiliare il numero di compravendite ha registrato
un significativo arretramento; i prezzi sono diminuiti anche in termini
nominali.
Nel settore dei servizi, il
commercio ha risentito della perdurante debolezza dei consumi interni, legata
alla riduzione del reddito reale disponibile delle famiglie. I flussi
turistici, seppure in rallentamento, hanno continuato a crescere: il calo dei
pernottamenti di turisti italiani è stato compensato dalla crescita delle
presenze di stranieri e della spesa a essi associata.
Nel mercato del lavoro
l'occupazione è diminuita per il sesto anno consecutivo. L'aumento del numero
di persone in cerca di lavoro ha spinto in alto il tasso di disoccupazione, in
misura più marcata tra i più giovani.
Nel 2012 i prestiti bancari, che
erano già in rallentamento, sono diminuiti. Le richieste di finanziamenti hanno
risentito del calo degli investimenti delle imprese e della debolezza della
spesa da parte delle famiglie.
Le condizioni di offerta del
credito sono rimaste ancora tese anche per effetto del deterioramento della
qualità dei prestiti. La crisi economica ha continuato a ripercuotersi
sull'andamento dei crediti in sofferenza, in aumento sia per le imprese sia, in
misura meno accentuata, per le famiglie. Gli indicatori prospettici prefigurano
un ulteriore peggioramento nei prossimi mesi.
Un'analisi condotta sulle imprese
della filiera immobiliare mostra che gli effetti della recessione sul credito
sono stati particolarmente severi. Dall'insorgere della crisi la dinamica dei
prestiti nei confronti di queste imprese è stata più debole di quella media del
settore produttivo e la qualità del credito è notevolmente peggiorata: alla
fine del 2012 circa la metà dei finanziamenti presentavano anomalie nei
rimborsi.
È aumentata la raccolta bancaria
presso le famiglie; potrebbe avere influito una maggiore propensione al
risparmio precauzionale e l'offerta di remunerazioni più elevate sui depositi
con durata prestabilita e sulle emissioni obbligazionarie.
n. 21 - L'economia della Sardegna
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 si è aggravata la già
difficile situazione dell'economia regionale. Le prime stime, rese disponibili
da Prometeia, indicano un calo del prodotto interno lordo pari al 2,8 per cento
a prezzi costanti. Dopo il debole recupero che aveva caratterizzato il 2010 e
la prima parte dell'anno successivo, i principali indicatori congiunturali
hanno segnalato un nuovo marcato peggioramento. Sulla contrazione hanno inciso,
oltre che un ulteriore rallentamento della domanda interna, le ripercussioni a
livello territoriale delle tensioni sui debiti sovrani, che si sono riflesse in
più stringenti condizioni di operatività della finanza pubblica e nel perdurare
di tensioni nell'accesso al finanziamento privato.
L'attività delle imprese
industriali, in contrazione dalla metà del 2011, si è ulteriormente indebolita.
Secondo l'indagine della Banca d'Italia, la produzione e il fatturato
dell'industria sono diminuiti, risentendo del calo degli ordinativi provenienti
dal mercato nazionale; anche gli investimenti si sono contratti. La domanda
estera, in complessiva ripresa, ha parzialmente sostenuto i risultati delle
imprese. Nella media dell'ultimo anno, i livelli produttivi sono risultati
ancora nettamente inferiori a quelli registrati nel 2007, prima della crisi
finanziaria. Per l'industria regionale, alle difficoltà congiunturali si sono
sommate debolezze più radicate, che limitano la capacità innovativa e la
competitività delle produzioni. Le crescenti difficoltà nel rispondere alle
esigenze dei mercati hanno innescato un rapido ridimensionamento del settore,
in termini di valore aggiunto, numerosità di imprese e addetti; i dati degli
archivi sui bilanci segnalano l'aumento significativo della frequenza delle
procedure fallimentari dall'inizio della crisi.
La produzione nelle costruzioni è
ulteriormente diminuita, soprattutto a causa della progressiva flessione della
domanda di immobili residenziali e del calo degli investimenti pubblici. Anche
in questo settore si osserva una generalizzata contrazione della base
produttiva, con l'uscita dal mercato di significative quote di imprese.
Nei servizi, l'accentuata
diminuzione dei consumi ha inciso negativamente sui risultati delle attività
del commercio e di quelle turistiche; in quest'ultimo comparto, all'ulteriore
forte contrazione della domanda turistica nazionale si è associato nel 2012 un
netto calo della componente internazionale.
Il quadro congiunturale ha inciso
sulle condizioni occupazionali. Il marcato calo degli addetti nei settori
industriale e delle costruzioni non è stato compensato dall'espansione
registrata nei servizi anche nel 2012; è proseguita la crescita dell'utilizzo
della Cassa integrazione guadagni. Il tasso di disoccupazione è aumentato in
misura sostenuta, in particolare per i giovani con meno di 35 anni. Negli anni
della crisi si è intensificato il ricorso alle forme contrattuali più
flessibili, che sono state utilizzate in modo crescente soprattutto per
l'assunzione dei giovani e delle donne. Negli stessi anni, le retribuzioni
orarie dei lavoratori dipendenti in regione sono rimaste su un livello inferiore
a quello nazionale.
La fase recessiva attraversata
dall'economia regionale ha condizionato sia la domanda di credito, per la
limitata attività di investimento di imprese e famiglie, sia l'offerta di
finanziamenti, che rimane tesa in un contesto di progressivo deterioramento
della qualità del credito; ne è risultata una forte contrazione dei prestiti a
dicembre del 2012.
I finanziamenti alle imprese sono
diminuiti più intensamente della media italiana: la dinamica ha accomunato
tutti i comparti produttivi e si è estesa anche alle classi meno rischiose di
merito creditizio. Per la prima volta dall'inizio della crisi il credito alle
famiglie si è ridotto, risentendo della netta flessione dei mutui immobiliari,
su cui ha inciso anche l'incremento del costo dei finanziamenti, e del calo del
credito al consumo.
La rischiosità del credito alle
imprese è complessivamente aumentata. Il tasso di decadimento dei prestiti, che
era leggermente diminuito a dicembre, è tornato ad aumentare nei primi mesi
dell'anno in corso; la quota dei crediti deteriorati è cresciuta e anche altri
indicatori prospettici evidenziano un peggioramento della capacità di rimborso
in tutti i settori, in particolare in quello edile.
La raccolta bancaria ha ripreso ad
aumentare, trainata dalla crescita dei depositi delle famiglie, per le quali la
forte espansione della componente a risparmio ha più che compensato l'ulteriore
diminuzione dei conti correnti.
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