martedì 19 novembre 2013

XIX.XI.MMXIII – L’economia delle Regioni del Mezzogiorno, secondo Banca d’Italia. Sommari

n. 14 - L'economia dell'Abruzzo
n. 15 - L'economia del Molise
n. 16 - L'economia della Campania
n. 17 - L'economia della Puglia
n. 18 - L'economia della Basilicata
n. 19 - L'economia della Calabria
n. 20 - L'economia della Sicilia
n. 21 - L'economia della Sardegna




n. 14 - L'economia dell'Abruzzo
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 l'attività economica in Abruzzo si è fortemente indebolita. La produzione dell'industria manifatturiera regionale è marcatamente diminuita, per effetto della contrazione della domanda interna e del rallentamento di quella estera. La propensione delle imprese a investire è stata frenata dall'incertezza sull'evoluzione del quadro economico e dagli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata.
Le recenti indagini della Banca d'Italia confermano come anche in Abruzzo performance relativamente migliori siano state conseguite dalle aziende che hanno adottato strategie di internazionalizzazione e di innovazione. Il grado di diffusione dell'attività innovativa tra le imprese della regione appare in linea con il dato nazionale; tuttavia le risorse da esse destinate alla ricerca e sviluppo sono inferiori alla media.
Nell'edilizia, le attività legate alla ricostruzione degli immobili danneggiati nell'area del sisma hanno attenuato la contrazione dei livelli produttivi. Nel comparto residenziale, l'attività ha risentito del forte calo delle compravendite immobiliari, dimezzatesi rispetto al picco raggiunto nel 2006. Il ristagno degli investimenti in fabbricati da parte delle imprese ha inciso negativamente sull'attività edilizia nel comparto non residenziale.
Nel terziario, l'attività produttiva si è contratta, in concomitanza con la flessione della domanda di servizi da parte delle imprese e il calo dei consumi delle famiglie, frenati dalla dinamica negativa dei redditi e dalle forti incertezze sulle prospettive economiche e occupazionali.

Le esportazioni regionali sono diminuite in valore, riflettendo il calo delle vendite nei paesi dell'Unione europea. Nel comparto dei mezzi di trasporto, il principale settore di specializzazione dell'export abruzzese, le vendite all'estero sono tornate a contrarsi, dopo due anni di ripresa sostenuta. Tra i comparti del made in Italy, le esportazioni sono calate nel settore del tessile e dell'abbigliamento e in quello del legno e dei prodotti in legno; hanno ristagnato nel settore alimentare.
A seguito del protrarsi della crisi, la redditività operativa delle imprese aventi sede in regione è diminuita, collocandosi su livelli storicamente bassi; le condizioni di indebitamento delle imprese e il loro grado di liquidità hanno registrato un peggioramento. Il numero di imprese attive si è ridotto, anche a seguito dell'aumento delle uscite dal mercato determinate dalle crisi aziendali.

Nel 2012 la situazione del mercato del lavoro in Abruzzo ha mostrato segnali di progressivo deterioramento. L'occupazione ha mediamente tenuto, anche per effetto dell'accresciuto ricorso alla Cassa integrazione guadagni. Allo stesso tempo, si è registrato un marcato incremento del numero di persone che cercano attivamente un'occupazione. Il tasso di disoccupazione è di conseguenza aumentato, in particolare per le classi di età più giovani.

A dicembre del 2012 i prestiti alle imprese si sono ridotti pressoché in tutti i settori di attività e in tutte le classi dimensionali. Il calo si è protratto anche nel primo trimestre dell'anno in corso. La dinamica dei prestiti al settore privato non finanziario riflette sia la contenuta domanda di credito, in considerazione dell'attuale fase del ciclo economico e dell'elevato grado di incertezza, sia le condizioni di offerta praticate dal sistema bancario, che permangono restrittive, anche alla luce dell'indebolimento dei bilanci delle imprese. I tassi di interesse bancari a breve termine praticati alle imprese sono lievemente aumentati. L'incremento è stato più accentuato per le imprese di piccole dimensioni. La qualità del credito è ulteriormente peggiorata, per effetto della recessione e della crisi di alcune rilevanti imprese con sede in regione.

È proseguito il rallentamento dei prestiti alle famiglie, in particolare nella componente dei mutui per l'acquisto di abitazioni; il calo degli acquisti di beni durevoli ha inciso negativamente sulla dinamica del credito al consumo.

Nel 2012 sono tornati a crescere i depositi detenuti dalle famiglie; vi hanno contribuito le politiche di offerta delle banche volte a sostenere la raccolta. È diminuito l'investimento in titoli di Stato e in azioni, mentre sono aumentati gli acquisti di quote di fondi comuni che investono in valori mobiliari.

n. 15 - L'economia del Molise
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 le prospettive dell'economia globale sono peggiorate. Nell'area dell'euro la fase recessiva si è acuita, interessando con maggiore intensità il nostro Paese. Le stime di Prometeia hanno indicato per il Molise una diminuzione del prodotto del 3,1 per cento, più accentuata rispetto al Mezzogiorno.

Il persistente ridimensionamento dell'attività economica, che ha riguardato tutti i settori produttivi, ha messo in luce le difficoltà competitive dell'economia molisana frenata da carenze infrastrutturali, da una scarsa capacità di innovazione e da una limitata apertura ai mercati esteri.
L'attività industriale ha registrato un calo, attestandosi su livelli ampiamente inferiori a quelli raggiunti prima dell'insorgere della crisi. Un andamento relativamente peggiore ha caratterizzato le imprese orientate unicamente al mercato interno. Nel settore alimentare, all'espansione del comparto pastario si sono contrapposte le difficoltà strutturali delle imprese a partecipazione pubblica.

Le esportazioni si sono ridotte, in controtendenza rispetto alla dinamica nazionale. Tra il 2007 e il 2012 le vendite all'estero a prezzi correnti sono diminuite di oltre il 40 per cento.

Al ridimensionamento del processo di accumulazione di capitale delle imprese industriali si è accompagnato un drastico calo degli investimenti in abitazioni e di quelli in opere pubbliche, ostacolati, rispettivamente, dalle minori disponibilità reddituali delle famiglie e dagli stringenti vincoli di bilancio delle amministrazioni locali. Rispetto ai livelli raggiunti prima della fase recessiva, anche a causa del calo delle quotazioni degli immobili in termini reali, la redditività delle imprese del settore delle costruzioni si è notevolmente ridotta fino ad assumere valori negativi.

L'occupazione è lievemente diminuita rispetto all'anno precedente. Al netto calo degli occupati dell'industria, soltanto in parte mitigato da un elevato ricorso agli ammortizzatori sociali, si è contrapposto l'incremento del numero di addetti del settore dei servizi. Anche per effetto dell'aumento dell'offerta di lavoro, il tasso di disoccupazione è cresciuto, raggiungendo per i più giovani valori prossimi a quelli riscontrati nelle altre regioni del Mezzogiorno.

Nell'ultimo quinquennio, la retribuzione media dei lavoratori molisani è risultata inferiore a quella nazionale, ma più elevata rispetto alle altre regioni meridionali; il livello medio delle retribuzioni è sostenuto in regione dalla bassa incidenza di donne e lavoratori stranieri, che si caratterizzano per retribuzioni inferiori alla media.

Nel corso del 2012 il credito all'economia molisana è diminuito. Alla contrazione dei finanziamenti alle imprese si è affiancata la stagnazione di quelli alle famiglie. Le tendenze più recenti rilevate nei primi mesi dell'anno segnalano un ulteriore peggioramento, con una riduzione del credito concesso anche alle famiglie.

La prolungata fase recessiva dell'economia regionale ha inciso sia sulla domanda di finanziamenti, sia sulle condizioni di offerta degli intermediari. Il calo della domanda ha riguardato le imprese di tutti i comparti produttivi e ha interessato la realizzazione di investimenti e, nell'ultimo anno, la copertura del capitale di funzionamento. L'accresciuta rischiosità delle imprese, in parte connessa con la crisi di specifici settori dell'economia regionale, ha inoltre contribuito al restringimento dell'offerta di credito, prevalentemente attraverso un innalzamento dei tassi di interesse.

La flessione del reddito disponibile e le incerte prospettive occupazionali hanno indebolito la domanda delle famiglie relativa ai mutui per l'acquisto delle abitazioni; l'inasprimento delle condizioni di offerta dei finanziamenti bancari si è concretizzato in un ulteriore aumento dei tassi di interesse.

La qualità del credito è notevolmente peggiorata. Sull'incremento del flusso di nuove sofferenze ha inciso soprattutto il deterioramento dei finanziamenti concessi alle imprese. Seppure in misura minore, anche gli indicatori relativi alle famiglie evidenziano segni di difficoltà nel rimborso del debito.

Le politiche di bilancio delle Amministrazioni locali continuano a essere condizionate dall'esigenza di contenere la dinamica della spesa. Per il terzo anno consecutivo, il disequilibrio dei conti sanitari ha obbligato la Regione Molise a utilizzare la leva fiscale oltre i livelli massimi praticati dalle altre regioni a statuto ordinario.

In un contesto caratterizzato da una marcata contrazione del PIL e dall'esigenza di una gestione oculata della spesa pubblica, un efficace utilizzo dei fondi strutturali delle politiche di coesione destinati alla nostra regione potrebbe contribuire a mitigare gli effetti della crisi economica sul tessuto imprenditoriale locale, rilanciando le prospettive di crescita dell'economia.

n. 16 - L'economia della Campania
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 il PIL dell'area dell'euro è diminuito dello 0,6 per cento. In Italia il calo è stato più intenso ( 2,4 per cento); per la Campania, le stime di Prometeia indicano una contrazione ancora maggiore ( 2,6 per cento).
Giunta al quinto anno di recessione, la regione mostra intense riduzioni nei flussi di produzione e di investimento e una sensibile diffusione delle crisi d'impresa.
Tra il 2008 e il 2012 sono uscite dal mercato circa 8.400 imprese all'anno, principalmente per effetto di liquidazioni volontarie, ma con una crescente incidenza di procedure fallimentari, che coinvolgono soprattutto le aziende di maggiori dimensioni. In termini di fatturato, il peso sull'economia regionale delle imprese cessate è stimabile in circa il 10 per cento. In base a indicatori di redditività e indebitamento, tali imprese mostravano una forte fragilità finanziaria già negli anni precedenti la crisi.
Nell'industria, l'azione selettiva della recessione si associa a un'elevata dispersione di perfomance settoriali e territoriali. Non mancano, in regione, aree a forte specializzazione manifatturiera che hanno superato i livelli di attività precedenti la crisi. Tali realtà operano sia in settori ad alto contenuto di tecnologie (aerospaziale, farmaceutico) sia in settori tradizionali (agroalimentare, abbigliamento) e pesano per circa un terzo sugli addetti dell'industria regionale. Nella restante parte del tessuto industriale campano, i segnali di recupero appaiono invece deboli o del tutto assenti.
Oltre che a peculiarità locali e di settore, le dinamiche delle imprese manifatturiere sono risultate sensibili all'adozione di strategie di internazionalizzazione. L'indagine della Banca d'Italia su un campione di aziende con almeno 20 addetti, pur indicando in media forti riduzioni di fatturato e investimenti nel 2012, segnala un andamento decisamente meno sfavorevole per le imprese entrate in nuovi mercati.
Per il 2013 una consistente ripresa delle vendite è prevista solo dalle imprese con un'elevata quota di fatturato esportato. Dall'avvio della crisi l'incidenza delle esportazioni sul valore aggiunto industriale della regione è aumentata di quasi venti punti percentuali, ma resta lontana dalla media nazionale.
Per accelerare il processo di internazionalizzazione è necessario innalzare la capacità delle imprese di innovare i prodotti, i processi produttivi, gli assetti organizzativi e gestionali. La diffusione dell'attività innovativa è in Campania significativamente inferiore alla media italiana, anche a parità di settore e dimensione aziendale.
Il progressivo indebolirsi della domanda interna continua a condizionare in negativo l'attività nei comparti dell'edilizia e del commercio. Nel settore delle costruzioni i volumi di produzione hanno risentito di forti contrazioni sia nel segmento immobiliare sia in quello delle opere pubbliche. Le nuove opere previste dal Piano di azione per la coesione e un più rapido avanzamento nell'utilizzo dei fondi dell'Unione europea, concentrati in misura significativa nella realizzazione di grandi progetti infrastrutturali, potrebbero contrastare il calo degli investimenti pubblici.
I consumi, ostacolati dalle negative prospettive nel mercato del lavoro e dal debole andamento dei flussi turistici, sono calati, tornando sui livelli di 15 anni fa.
Tra il 2007 e il 2011 l'occupazione in Campania aveva mostrato il calo più intenso e prolungato fra le regioni italiane. Nel 2012 il numero di occupati è tornato a crescere, ma a ritmi lievi e insufficienti a ridurre l'ampio squilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Molto più accentuato è stato il contemporaneo incremento nel numero di persone in cerca di lavoro. Il tasso di disoccupazione si è situato nel 2012 al livello più elevato tra le regioni italiane, soprattutto nella componente femminile.
A parità di caratteristiche osservabili, la retribuzione oraria netta dei lavoratori dipendenti della Campania è di circa il 6 per cento inferiore rispetto al resto del paese.
Negli anni recenti il calo delle vendite ha dimezzato la redditività operativa delle imprese, rendendo meno sostenibile l'indebitamento finanziario. A fine 2012 oltre un terzo dei prestiti erogati alle imprese campane mostrava anomalie nella regolarità dei rimborsi. L'incidenza dei crediti deteriorati raggiunge il 43 per cento per le imprese collegate alla filiera immobiliare.
Le difficoltà di accesso al credito, dopo il picco rilevato a fine 2011, si sono lievemente attenuate lo scorso anno, ma restano elevate nel confronto storico.
Al lordo delle sofferenze, i prestiti alle imprese risultano in calo da circa un anno. Dal 2008 la domanda di credito, debole nella componente di finanziamento degli investimenti, si è concentrata nella richiesta di sostegno al capitale circolante o di ristrutturazione del debito, componenti che caratterizzano in maggiore misura le imprese più vulnerabili. L'offerta di credito si è invece orientata verso le imprese meno rischiose.
Dalla fine del 2012 hanno cominciato a calare anche i prestiti erogati dalle banche e dalle società finanziarie alle famiglie campane, sia nella componente del credito al consumo sia in quella dei mutui per l'acquisto di abitazioni.
È invece tornata a crescere la raccolta bancaria effettuata presso le famiglie e le imprese residenti in regione, favorita anche dalle maggiori remunerazioni dei depositi a scadenza protratta e dalla componente obbligazionaria.
Rispetto alla media del paese, resta elevato il ricorso alla leva fiscale da parte delle Amministrazioni locali della Campania, impegnate in politiche di riduzione del debito accumulato negli anni passati. Proseguono le azioni di contenimento della spesa imposte dal Piano di rientro dal deficit sanitario.
Negli anni recenti, dalla sanità, alla gestione dei rifiuti, fino al settore dei trasporti pubblici locali, sono state numerose in regione le situazioni di dissesto economico di interi comparti dove l'operatore pubblico è chiamato a fornire servizi essenziali. Appare necessario insistere nella ricerca di azioni strutturali, non solo dal lato delle entrate, che impediscano per il futuro il riformarsi di tali squilibri.

n. 17 - L'economia della Puglia
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 il valore aggiunto in Puglia è tornato a flettere per effetto della diminuzione della domanda interna e del rallentamento di quella estera, interrompendo la debole ripresa del biennio precedente. La contrazione è stata di intensità inferiore a quella del Mezzogiorno e in linea con l'Italia. La produzione nel comparto industriale regionale si è ridotta; secondo un'indagine della Banca d'Italia, il fatturato a prezzi costanti è diminuito di circa il 2 per cento. La flessione delle vendite ha riguardato anche gli stabilimenti di imprese del Centro Nord o estere, che nello scorso decennio hanno accresciuto il proprio peso nel settore manifatturiero regionale: nel 2010 essi rappresentavano un quarto del valore aggiunto e degli investimenti, un sesto degli occupati.

In presenza di un'alta quota di capacità produttiva inutilizzata e della flessione della domanda, gli investimenti si sono ridotti per il quinto anno consecutivo. Per il 2013 le imprese prevedono una stabilizzazione del fatturato sui livelli dell'anno precedente e un'ulteriore lieve riduzione dell'accumulazione di capitale.

Le esportazioni, che hanno fortemente sostenuto il fatturato industriale dal 2010, hanno rallentato. L'export ha continuato a crescere presso i comparti della meccanica, dei mezzi di trasporto, della gomma, dei prodotti chimico-farmaceutici e dell'alimentare. Sono calate invece le vendite all'estero dei settori del "made in Italy" e della siderurgia, che ha risentito del blocco della vendita dei prodotti dello stabilimento Ilva. Dall'inizio della crisi nel 2008 le esportazioni pugliesi sono cresciute più che nel resto del paese.

Il calo della produzione del settore delle costruzioni ha riflesso in prevalenza l'ulteriore indebolimento del mercato residenziale: il numero delle compravendite si è ridotto di un quarto, dimezzandosi rispetto al picco del 2006. Le imprese della filiera immobiliare rappresentano una quota sul fatturato delle imprese regionali maggiore che in Italia; esse hanno registrato una crescita delle vendite superiore alla media nazionale nel periodo pre-crisi e un calo minore durante la crisi. L'attività nel settore dei servizi si è ridotta, risentendo del calo dei consumi. La flessione delle vendite al dettaglio ha riguardato con particolare intensità i beni durevoli. Il comparto dei trasporti ha registrato nel complesso un andamento negativo e anche le presenze di turisti sono diminuite dopo una crescita ininterrotta dalla seconda metà del decennio scorso.

La capacità innovativa delle imprese pugliesi, nonostante la presenza di alcuni casi di eccellenza, è complessivamente in linea con quella delle regioni meridionali, ancora bassa nel confronto col resto del paese. Il divario è riconducibile alla minore quantità di risorse investite dal settore privato, a sua volta dovuta alla minore dimensione media delle imprese. Anche la presenza d'investitori specializzati che possono agevolare la crescita di imprese innovative, quali i fondi di private equity, appare più scarsa che in altre aree del paese.

Il calo dell'attività economica si è ripercosso sulle condizioni del mercato del lavoro. In presenza di un numero di occupati stazionario, le ore lavorate sono diminuite, meno intensamente rispetto al Mezzogiorno e all'Italia. Le minori ore lavorate hanno riflesso la ricomposizione degli occupati a favore dei contratti part time, il minor lavoro straordinario e il più intenso ricorso ad ammortizzatori sociali. Il tasso di disoccupazione è cresciuto soprattutto per effetto del maggior numero di uomini alla ricerca di un lavoro dopo averlo perso e di donne senza precedenti esperienze di lavoro che si sono messe in cerca di occupazione. Nel 2012 le minori ore lavorate e la debole crescita delle retribuzioni orarie si sono tradotte in un ristagno dei salari medi dei lavoratori dipendenti.

Nel 2012 si è arrestata la crescita del credito all'economia. I prestiti alle imprese hanno ristagnato risentendo della debolezza della domanda, soprattutto di quella legata agli investimenti. Dopo il forte irrigidimento nell'autunno del 2011, le condizioni di accesso al credito sono rimaste tese, ma le banche hanno mantenuto atteggiamenti differenziati verso imprese caratterizzate da diversi profili di rischiosità. Anche per effetto della debole domanda di abitazioni le erogazioni di nuovi mutui si sono più che dimezzate.

Durante la crisi la quota di famiglie indebitate per un mutuo o per credito al consumo è cresciuta in Puglia più rapidamente che nelle altre aree del paese, quelle che hanno fatto ricorso a entrambi i tipi di debito sono quasi raddoppiate. I tassi d'interesse dopo essere aumentati fino al primo trimestre sono diminuiti nei mesi successivi riportandosi su livelli poco superiori a quelli della fine del 2011. La recessione ha provocato un deterioramento della qualità del credito specie nel settore manifatturiero e delle costruzioni, con un aumento dei prestiti in sofferenza e di quelli incagliati. In corso d'anno si sono allentate le tensioni sulla raccolta delle banche: è proseguita con vigore la crescita dei depositi bancari, si è invece attenuata, pur rimanendo positiva, quella delle obbligazioni.

Il bilancio della sanità è tornato sostanzialmente in equilibrio, con un livello della spesa inferiore alla media nazionale. Gli obiettivi economici fissati dal piano di rientro dai disavanzi sanitari sono stati in buona misura conseguiti. I tavoli di monitoraggio in sede ministeriale segnalano però il permanere di gravi criticità nell'erogazione dei servizi. Nel 2012 è ulteriormente cresciuta la spesa finanziata dai fondi strutturali europei, che ha superato i target minimi previsti in sede di programmazione mantenendosi su un livello superiore a quello delle altre regioni meridionali.

n. 18 - L'economia della Basilicata
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 l'economia lucana, secondo le stime di Unioncamere-Prometeia, ha registrato una caduta del prodotto interno lordo del 3,1 per cento. La produzione industriale, secondo l'indagine Unioncamere, è calata bruscamente nel 2012 (-9,5 per cento, -4,3 nel 2011), come nel Mezzogiorno ma in misura più marcata rispetto al resto del paese. La contrazione si è estesa a tutti i principali settori, compreso quello meccanico, che include le imprese specializzate nella produzione di autoveicoli, in linea con le tendenze degli ultimi anni. Tra il 2007 e il 2011, il fatturato delle imprese lucane dell'automotive si è ridotto complessivamente del 18,2 per cento, più della media del settore nel resto del paese.

Tra le regioni italiane, la Basilicata ha registrato il calo più marcato delle esportazioni ( 17,5 per cento). Vi ha contribuito principalmente la contrazione delle vendite di autoveicoli, mentre altri comparti hanno continuato a espandersi. Al netto dell'automotive e del petrolio greggio, le esportazioni sono aumentate dell'1,4 per cento su base annua, trainate dal settore dell'elettronica e da quello metallurgico.

Il valore aggiunto delle costruzioni, secondo stime di Prometeia, ha continuato a contrarsi a un ritmo sostenuto. La forte caduta delle compravendite immobiliari (-17,7 per cento) si è accompagnata al calo delle quotazioni. Nel complesso, durante la fase recessiva le imprese della filiera immobiliare hanno registrato un calo del fatturato e una crescita dell'indebitamento, sebbene in misura inferiore rispetto ad altre aree del paese. In prospettiva, il settore delle opere pubbliche risentirà dello sfavorevole andamento degli appalti pubblici che, secondo il Cresme, si sarebbero ridotti fortemente nel 2012.

Lo sfavorevole quadro occupazionale e il calo del reddito disponibile hanno influito sull'andamento dei consumi. Le vendite al dettaglio si sono ridotte del 10,5 per cento, più che in Italia e nel Mezzogiorno. Dopo essere aumentate nel 2011, le presenze di turisti sono diminuite del 4,2 per cento nel 2012, riflettendo principalmente la flessione di quelle degli italiani (che rappresentano oltre il 92 per cento del totale), diminuite per la prima volta dopo un quinquennio di espansione.
Dopo il calo registrato nel 2011, il ricorso alle procedure fallimentari ha ripreso a crescere nel 2012; l'incidenza è rimasta tuttavia inferiore al Mezzogiorno e all'Italia. In base a diversi indicatori, la capacità innovativa delle imprese lucane, che potrebbe dare impulso alla competitività del sistema economico regionale, è più bassa di quella media del paese. Il divario è riconducibile alla minore quantità di risorse investite dal settore privato, a sua volta connessa alla minore dimensione media delle imprese.

Nel 2012 il mercato del lavoro in Basilicata ha risentito della contrazione dell'attività economica: sia la flessione degli occupati, sia la diminuzione delle ore lavorate sono state più ampie che nel Mezzogiorno e in Italia. Il calo degli occupati (1,5 per cento) e l'aumento dell'offerta di lavoro hanno determinato un aumento del tasso di disoccupazione (al 14,5 per cento nella media del 2012), che rimane inferiore rispetto a quello del Mezzogiorno e superiore a quello medio italiano. L'avversa congiuntura economica ha continuato a penalizzare maggiormente i più giovani: il tasso di disoccupazione nella fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni è aumentato di 5,1 punti, portandosi al 28,2 per cento. Più marcata del calo degli occupati è stata la riduzione delle ore lavorate, scese del 7,9 per cento. Nel 2012 le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni (CIG) sono aumentate del 46,3 per cento, in forte accelerazione rispetto al 2011. Circa metà delle ore totali di CIG sono state autorizzate per il comparto della produzione di mezzi di trasporto.

Alla debolezza dell'attività economica ha corrisposto un andamento flettente dei prestiti bancari e un peggioramento della qualità del credito. I prestiti bancari hanno progressivamente rallentato nel corso del 2012, registrando una lieve contrazione lo scorso dicembre (-0,7 per cento sui dodici mesi). La flessione è stata più marcata per le famiglie consumatrici, a fronte di una sostanziale stagnazione dei prestiti alle imprese. Tale andamento riflette sia una domanda di credito ancora debole da parte di famiglie e imprese sia le perduranti tensioni sulle condizioni di offerta, connesse in parte con il deterioramento della qualità del credito.

Nel 2012 il credito concesso alle famiglie consumatrici da banche e società finanziarie è diminuito, per la prima volta negli anni recenti. Sono calati sia i mutui per l'acquisto di abitazioni (-1,4 per cento), in connessione con la riduzione delle compravendite immobiliari, sia il credito al consumo (-0,9 per cento), che ha riflesso la perdurante debolezza degli acquisti di beni durevoli. Per quanto concerne le imprese, la contrazione dei prestiti è stata ampia per le imprese manifatturiere e per quelle delle costruzioni. È stata più lieve per i finanziamenti concessi alle imprese dei servizi. Il flusso di nuove sofferenze rettificate, riferito al complesso dei residenti in regione, è aumentato rispetto al 2011. Il deterioramento è stato rapido in tutti i principali settori di attività economica e particolarmente ampio per le imprese di costruzioni; vi hanno influito specifiche crisi aziendali nel settore dell'impiantistica, solo in parte riconducibili ad attività produttive svolte in regione. Anche la qualità del credito concesso alle famiglie ha continuato a deteriorarsi, sebbene a ritmi contenuti.

Anche per effetto della maggiore rischiosità, il costo del credito alle imprese è aumentato, in particolare per quelle di maggiori dimensioni, sia per i finanziamenti a breve termine sia, soprattutto, per quelli a scadenza più protratta.

n. 19 - L'economia della Calabria
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 l'attività economica della Calabria ha subito un forte calo in tutti i principali settori. Secondo le stime di Prometeia, il PIL sarebbe diminuito del 3,0 per cento, in misura superiore al Mezzogiorno e all'Italia.
In base alle indagini della Banca d'Italia su un campione di imprese calabresi dell'industria in senso stretto, si è avuto un calo del fatturato; le attese degli imprendi-tori prefigurerebbero, tuttavia, una stabilizzazione per il 2013. Il grado di utilizzo de-gli impianti è tornato sui livelli minimi del 2009; il calo della domanda e l'inasprimento delle condizioni di finanziamento hanno determinato una riduzione degli investimenti da parte delle imprese.
Le esportazioni di merci della regione hanno ristagnato, dopo il recupero dell'anno precedente. Tra i principali comparti di specializzazione, hanno tenuto le vendite all'estero dell'agroalimentare, mentre si sono drasticamente ridotte quelle del settore chimico.
Si è accentuata la crisi del settore delle costruzioni in atto dal 2007, cui ha contribuito il forte calo delle compravendite nell'edilizia residenziale.
Il settore dei servizi ha risentito della diminuzione della domanda interna. I dati sui consumi di beni durevoli e sul reddito disponibile indicano un'accentuazione del calo già registrato nel 2011; è diminuita anche la spesa dei turisti provenienti dall'estero.
Dopo la breve inversione di tendenza verificatasi nel 2011, l'occupazione in Calabria è tornata a contrarsi, con un calo sensibilmente più marcato di quello osservato nel Mezzogiorno e in Italia. La riduzione ha interessato nel 2012 anche la componente femminile, che era risultata in crescita nei precedenti due anni. Tra i settori, quello delle costruzioni ha perso dal 2008 oltre un quarto degli occupati. Le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni si sono ridotte, per effetto principalmente del calo della componente in deroga, pur rimanendo sui livelli molto elevati raggiunti nel triennio precedente.
Il tasso di disoccupazione è aumentato più di quanto avvenuto nel Mezzogiorno e in Italia, anche per effetto del sensibile aumento delle persone, prima inattive, che han-no iniziato a cercare un'occupazione.
Nel corso del 2012 il credito erogato dagli intermediari bancari alla clientela residente in Calabria, al lordo delle sofferenze e dei pronti contro termine, è diminuito rispetto all'anno precedente. I prestiti bancari alle famiglie consumatrici, che dall'inizio della crisi avevano continuato a crescere, si sono ridotti. Una simile dinamica ha riguardato anche il settore produttivo, per effetto della diminuzione del credito concesso alle imprese di piccole dimensioni. La riduzione dei finanziamenti ha interessato tutti i settori di attività, in particolare quello delle costruzioni.
Si è indebolita la domanda di finanziamenti, principalmente quella delle imprese fina-lizzata agli investimenti produttivi; le condizioni di offerta sono rimaste tese e si sono tradotte in un aumento dei margini applicati, in particolare alla clientela più rischiosa.
I tassi di interesse a breve termine praticati alle imprese con sede in Calabria sono aumentati; quelli applicati alle imprese di piccole dimensioni si sono mantenuti su livelli superiori rispetto a quelli registrati per le imprese medio-grandi. Il tasso di inte-resse medio sui mutui per l'acquisto di abitazioni è rimasto stabile.
Si è registrato un deciso peggioramento della qualità del credito per il settore produt-tivo, a fronte di una sostanziale stabilità per le famiglie. Per le imprese, l'aumento del-la rischiosità è principalmente ascrivibile al comparto delle costruzioni. L'incidenza delle partite deteriorate complessive sui prestiti lordi è significativamente cresciuta dai valori pre-crisi.
La raccolta bancaria presso la clientela calabrese è aumentata, sospinta dalla forte cre-scita dei depositi a scadenza protratta, la cui remunerazione è aumentata nel corso dell'anno. La componente relativa alle obbligazioni bancarie ha subito un deciso ral-lentamento. Alla fine del 2012, la quota del risparmio delle famiglie calabresi investita in depositi bancari risultava sensibilmente superiore rispetto al dato nazionale.

n. 20 - L'economia della Sicilia
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel corso del 2012 la dinamica del PIL in Italia è stata negativa, anche a seguito delle correzioni di finanza pubblica intervenute nello scorcio dell'anno precedente. Soltanto la domanda estera ha fornito un contributo positivo all'attività economica.

In Sicilia la fase ciclica recessiva è risultata grave; in base alle stime Prometeia il PIL è sceso del 2,7 per cento. I settori più colpiti sono stati l'industria e l'edilizia.

Nel manifatturiero è diminuito il fatturato e la perdurante incertezza sulle prospettive dell'economia ha causato una nuova contrazione delle spese per investimenti. La domanda estera è risultata favorevole, con una ripresa delle esportazioni per alcuni comparti, come il petrolifero, l'elettronico e il farmaceutico.

Il livello di attività economica del settore delle costruzioni si è contratto per il settimo anno consecutivo, con cali sia per le opere pubbliche sia per il comparto delle costruzioni residenziali. Nel mercato immobiliare il numero di compravendite ha registrato un significativo arretramento; i prezzi sono diminuiti anche in termini nominali.

Nel settore dei servizi, il commercio ha risentito della perdurante debolezza dei consumi interni, legata alla riduzione del reddito reale disponibile delle famiglie. I flussi turistici, seppure in rallentamento, hanno continuato a crescere: il calo dei pernottamenti di turisti italiani è stato compensato dalla crescita delle presenze di stranieri e della spesa a essi associata.
Nel mercato del lavoro l'occupazione è diminuita per il sesto anno consecutivo. L'aumento del numero di persone in cerca di lavoro ha spinto in alto il tasso di disoccupazione, in misura più marcata tra i più giovani.

Nel 2012 i prestiti bancari, che erano già in rallentamento, sono diminuiti. Le richieste di finanziamenti hanno risentito del calo degli investimenti delle imprese e della debolezza della spesa da parte delle famiglie.

Le condizioni di offerta del credito sono rimaste ancora tese anche per effetto del deterioramento della qualità dei prestiti. La crisi economica ha continuato a ripercuotersi sull'andamento dei crediti in sofferenza, in aumento sia per le imprese sia, in misura meno accentuata, per le famiglie. Gli indicatori prospettici prefigurano un ulteriore peggioramento nei prossimi mesi.

Un'analisi condotta sulle imprese della filiera immobiliare mostra che gli effetti della recessione sul credito sono stati particolarmente severi. Dall'insorgere della crisi la dinamica dei prestiti nei confronti di queste imprese è stata più debole di quella media del settore produttivo e la qualità del credito è notevolmente peggiorata: alla fine del 2012 circa la metà dei finanziamenti presentavano anomalie nei rimborsi.

È aumentata la raccolta bancaria presso le famiglie; potrebbe avere influito una maggiore propensione al risparmio precauzionale e l'offerta di remunerazioni più elevate sui depositi con durata prestabilita e sulle emissioni obbligazionarie.

n. 21 - L'economia della Sardegna
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nel 2012 si è aggravata la già difficile situazione dell'economia regionale. Le prime stime, rese disponibili da Prometeia, indicano un calo del prodotto interno lordo pari al 2,8 per cento a prezzi costanti. Dopo il debole recupero che aveva caratterizzato il 2010 e la prima parte dell'anno successivo, i principali indicatori congiunturali hanno segnalato un nuovo marcato peggioramento. Sulla contrazione hanno inciso, oltre che un ulteriore rallentamento della domanda interna, le ripercussioni a livello territoriale delle tensioni sui debiti sovrani, che si sono riflesse in più stringenti condizioni di operatività della finanza pubblica e nel perdurare di tensioni nell'accesso al finanziamento privato.

L'attività delle imprese industriali, in contrazione dalla metà del 2011, si è ulteriormente indebolita. Secondo l'indagine della Banca d'Italia, la produzione e il fatturato dell'industria sono diminuiti, risentendo del calo degli ordinativi provenienti dal mercato nazionale; anche gli investimenti si sono contratti. La domanda estera, in complessiva ripresa, ha parzialmente sostenuto i risultati delle imprese. Nella media dell'ultimo anno, i livelli produttivi sono risultati ancora nettamente inferiori a quelli registrati nel 2007, prima della crisi finanziaria. Per l'industria regionale, alle difficoltà congiunturali si sono sommate debolezze più radicate, che limitano la capacità innovativa e la competitività delle produzioni. Le crescenti difficoltà nel rispondere alle esigenze dei mercati hanno innescato un rapido ridimensionamento del settore, in termini di valore aggiunto, numerosità di imprese e addetti; i dati degli archivi sui bilanci segnalano l'aumento significativo della frequenza delle procedure fallimentari dall'inizio della crisi.

La produzione nelle costruzioni è ulteriormente diminuita, soprattutto a causa della progressiva flessione della domanda di immobili residenziali e del calo degli investimenti pubblici. Anche in questo settore si osserva una generalizzata contrazione della base produttiva, con l'uscita dal mercato di significative quote di imprese.

Nei servizi, l'accentuata diminuzione dei consumi ha inciso negativamente sui risultati delle attività del commercio e di quelle turistiche; in quest'ultimo comparto, all'ulteriore forte contrazione della domanda turistica nazionale si è associato nel 2012 un netto calo della componente internazionale.

Il quadro congiunturale ha inciso sulle condizioni occupazionali. Il marcato calo degli addetti nei settori industriale e delle costruzioni non è stato compensato dall'espansione registrata nei servizi anche nel 2012; è proseguita la crescita dell'utilizzo della Cassa integrazione guadagni. Il tasso di disoccupazione è aumentato in misura sostenuta, in particolare per i giovani con meno di 35 anni. Negli anni della crisi si è intensificato il ricorso alle forme contrattuali più flessibili, che sono state utilizzate in modo crescente soprattutto per l'assunzione dei giovani e delle donne. Negli stessi anni, le retribuzioni orarie dei lavoratori dipendenti in regione sono rimaste su un livello inferiore a quello nazionale.

La fase recessiva attraversata dall'economia regionale ha condizionato sia la domanda di credito, per la limitata attività di investimento di imprese e famiglie, sia l'offerta di finanziamenti, che rimane tesa in un contesto di progressivo deterioramento della qualità del credito; ne è risultata una forte contrazione dei prestiti a dicembre del 2012.

I finanziamenti alle imprese sono diminuiti più intensamente della media italiana: la dinamica ha accomunato tutti i comparti produttivi e si è estesa anche alle classi meno rischiose di merito creditizio. Per la prima volta dall'inizio della crisi il credito alle famiglie si è ridotto, risentendo della netta flessione dei mutui immobiliari, su cui ha inciso anche l'incremento del costo dei finanziamenti, e del calo del credito al consumo.

La rischiosità del credito alle imprese è complessivamente aumentata. Il tasso di decadimento dei prestiti, che era leggermente diminuito a dicembre, è tornato ad aumentare nei primi mesi dell'anno in corso; la quota dei crediti deteriorati è cresciuta e anche altri indicatori prospettici evidenziano un peggioramento della capacità di rimborso in tutti i settori, in particolare in quello edile.

La raccolta bancaria ha ripreso ad aumentare, trainata dalla crescita dei depositi delle famiglie, per le quali la forte espansione della componente a risparmio ha più che compensato l'ulteriore diminuzione dei conti correnti.


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