lunedì 7 febbraio 2011

Eurobond schiacciati dal debito

di Daniel Gros – il Sole 24 Ore.
Diverse forme di "bond europei" (eurobond), sono state proposte come via d'uscita dall'attuale crisi dell'Eurozona, cosa che, a detta dei fautori, faciliterebbe una riduzione dei costi di indebitamento. Tuttavia, questa ambizione sembra destinata a fallire sul nascere. Basta pensare ai benefici a lungo termine che ci si potrebbe aspettare da tali bond. La domanda è: gli eurobond potrebbero offrire tassi di interesse più bassi rispetto ai tassi medi previsti per le obbligazioni nazionali?


Secondo i loro sostenitori, gli eurobond potrebbero creare un mercato più ampio e più liquido rispetto a quello delle obbligazioni nazionali. Probabilmente tale vantaggio è però limitato a un risparmio potenziale di pochi decimi di punto percentuale, che non è altro che la differenza in tassi di interesse tra questi bond e bond sovrani di alta qualità, come quelli di Germania e Austria.
Un ulteriore vantaggio dei bond europei sarebbe il risk pooling, ossia la trasformazione di rischi individuali in frazioni di rischio collettivo: se i rischi a cui vanno incontro i singoli membri dell'Eurozona in difficoltà non fossero troppo dissimili - e non fossero troppo correlati tra loro - l'emissione condivisa di bond potrebbe, in teoria, ridurre il rischio di credito per gli eurobond rispetto al rischio medio delle obbligazioni nazionali. Questa però non è un'argomentazione da avallare ora, in un momento in cui i rischi dell'Eurozona sono del tutto irregolari.
Di conseguenza, i guadagni dell'Eurozona derivanti dai bond europei potrebbero risultare irrilevanti. La "scienza triste" non fa altro che ripetere: nessuno ti regala niente. Ciò che i paesi debitori guadagnano in termini di bassi costi di finanziamento sarebbe controbilanciato dalle perdite per i paesi creditori, sia in termini di elevati costi di indebitamento che di basso reddito da interessi.

Tuttavia, paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna devono affrontare un problema reale: ora che i boom dei consumi e dell'edilizia sono passati, dovranno attraversare un lungo periodo di lenta crescita. Allo stesso tempo, dovranno pagare tassi di interesse superiori, facendo lievitare il proprio debito e riducendo la propria capacità di estinguere tale debito. È quindi di vitale importanza per questi paesi una riduzione dei tassi di interesse.
Ciò nonostante, i bond europei non riusciranno a raggiungere neanche questo minimo obiettivo. Sono numerose le proposte avanzate, e tutte condividono due caratteristiche. La prima è quella di consentire ai membri dell'Eurozona di emettere bond garantiti "congiuntamente e individualmente" da tutti i membri fino a una certa soglia - a esempio, sino al 40% del Pil - come hanno proposto Jean-Claude Juncker e Giulio Tremonti. La seconda prevede che gli eurobond siano di tipo senior rispetto ai risarcimenti privati, rendendo tutti gli altri debiti governativi di tipo junior.
In pratica, ciò significa che se la Grecia dovesse ristrutturare il proprio debito una volta raggiunta la soglia per l'emissione di bond, presumibilmente estinguerebbe in toto questi bond e tutte le perdite sarebbero a carico dei prestatori privati. Il valore dei risarcimenti privati di conseguenza crollerebbe.

L'emissione di eurobond non ridurrebbe il debito complessivo di un paese, ne cambierebbe solamente la sua composizione. Fare in modo che alcuni risarcimenti siano di primo grado rispetto ad altri non riduce i costi medi di indebitamento, a causa del costo elevato di finanziamento privato una volta trasformato in debito junior.
La sostituzione parziale del debito nazionale con eurobond potrebbe ridurre il costo marginale di estinzione del debito per i paesi in difficoltà durante la loro emissione. Sostanzialmente il loro costo medio non verrebbe tuttavia ridotto perché, se i creditori ufficiali fossero di tipo senior rispetto ai prestatori privati, il finanziamento ufficiale su ampia scala - utilizzato principalmente per ripagare il debito maturato - impedirebbe ai governi di accedere ai mercati privati del credito.
Inoltre, a fronte di un'ampia emissione di eurobond, il problema si acuisce, perché l'esistente eccedenza di debito privato diventa sempre più rischiosa. Poiché i costi di indebitamento tendono a crescere proporzionalmente rispetto all'incremento del rischio, un paese con un ampio volume di bond europei circolanti potrebbe di fatto affrontare costi di indebitamento più onerosi. L'esperienza insegna altresì che i rischi negativi sono spesso esclusi dal mercato, e ciò implica che un paese con un elevato peso debitorio e numerosi bond europei circolanti potrebbe non essere in grado di emettere debito privato.

Naturalmente, se i paesi membri sono disposti a condividere i propri debiti, potrebbero ricavarne, in media, una piccola riduzione dei costi per l'estinzione del debito. Ma ciò richiederebbe l'europeizzazione della politica economica nel suo insieme, incluse, a esempio, le aliquote fiscali e le regole pensionistiche. Cosa decisamente improbabile.
Questo implica che gli eurobond sono in generale una cattiva idea? No. Se tutti i paesi membri avessero un basso livello di debito pubblico, l'emissione di eurobond fino al 40% o al 60% del Pil coprirebbe tutte le necessità di finanziamento, e i paesi potrebbero ricavare un modesto premio di liquidità. I mercati non consentirebbero loro di creare un vasto debito, e non sussisterebbe alcun rischio di default. Una condizione necessaria per l'emissione di eurobond è quindi quella di ridurre, prima di tutto, il debito pubblico a un livello sostenibile. Ma questo non rientra nell'agenda ufficiale, almeno non per il momento.

7 febbraio 2011

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