sabato 19 febbraio 2011

Politica economica e Finanza pubblica, 19 febbraio 2011

Accelerano infrastrutture e Sud.
«Così si tradisce il federalismo fiscale».
Banche in affanno: Bce presta 16 miliardi.
Fiat: Giugiaro, "Marchionne grande uomo di finanza non di prodotto".
L'economia sommersa vale quasi il 18% del Pil.
Grecia: alpha bank dice no a proposta fusione con bng.
I russi lasciano Fiat e si alleano con Ford.
L'Mps cerca interlocutori nella politica. Ma esistono?


Accelerano infrastrutture e Sud. Isabella Bufacchi. ROMA. Un colpo di acceleratore per lo sviluppo nel Sud, la messa a punto del rilancio delle grandi opere e delle infrastrutture, la banda larga, il rafforzamento del sostegno alle imprese tramite le liberalizzazioni, le semplificazioni e un maggiore supporto all'estero per favorire l'internazionalizzazione delle Pmi anche con un potenziamento dei compiti della Cassa depositi e prestiti. Sono questi alcuni degli obiettivi prioritari sui quali si sono confrontati ieri nove ministri in un incontro organizzato dal numero uno del dicastero dell'Economia Giulio Tremonti.
Un brainstorming governativo, con una doppia missione: imbastire il "pacchetto" di misure per la crescita che dovrà andare in consiglio dei ministri tra una quindicina di giorni e iniziare a dare forma agli interventi - a grandi linee - del "Programma nazionale delle riforme" (Pnr), uno dei due documenti chiave che saranno presentati a Bruxelles dall'Italia nel quadro della nuova governance europea di stretto coordinamento delle politiche economiche nella Ue.
Attorno al tavolo di questa sorta di vertice per la crescita si sono ritrovati assieme a Tremonti il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, dello Sviluppo economico Paolo Romani, della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, dell'Agricoltura Giancarlo Galan, delle Infrastrutture Altero Matteoli, della Semplificazione normativa Roberto Calderoli, dell'Istruzione Mariastella Gelmini, dei Rapporti con le regioni Raffaele Fitto. Nessuna conferenza stampa, a conclusione dell'incontro, nessun commento ufficiale, bocche serrate.
L'impostazione della riunione, dettata da Tremonti, ha posto al centro la questione del Mezzogiorno che è una questione «nazionale» e non è la somma di «questioni regionali». «Il problema dell'Italia e del Pil italiano è il meridione», aveva ribadito Tremonti a Bruxelles ai margini dell'ultimo Ecofin. Il Nord dell'Italia è valutato da Eurostat «la regione più ricca d'Europa e quindi del mondo» mentre nel Sud venti milioni di persone stanno peggio del Portogallo: «per noi lo sviluppo deve avvenire soprattutto nel Mezzogiorno». Ancora ieri sera, intervenendo a un convegno su invito di Walter Veltroni, Tremonti ha affermato che «attualmente il Pil italiano é all'1,1% ma senza il Sud avrebbe livelli più elevati» (proprio ieri l'Ocse ha registrato la crescita italiana come più bassa rispetto ai partner europei). «In Europa dobbiamo chiedere molte deroghe per crescere», ha rilanciato il ministro spiegando, come aveva fatto a Bruxelles: «Se percorri la Salerno-Reggio Calabria vedi che lì ci vuole lo stato, l'Iri, la grande struttura: se vai con appalti e subappalti, un giorno fanno l'attentato, un altro rubano. Per fare il mercato ci vuole la base».
Le gare all'europea, insomma, penalizzano il Sud e per questo Tremonti chiederà una deroga su questo punto nel piano per lo sviluppo in aprile. Le grandi opere e le infrastrutture sono in effetti uno dei perni sui quali punta il numero uno del Mef per il rilancio dell'economia: Tremonti ha in mente da tempo di intervenire sulle "riserve" e le "opere compensative" perchè le opere pubbliche in Italia costano il doppio e impiegano il doppio del tempo rispetto agli standard europei. Ma tra le deroghe da richiedere all'Europa, Tremonti mira a potenziare la Cdp in un ruolo di supporto all'internazionalizzazione delle imprese.
Tra gli altri obiettivi passati in rassegna, la semplificazione del fisco e le liberalizzazioni per favorire le imprese: della modifica alla Costituzione per stabilire che «tutto è libero tranne ciò che è vietato dalla legge» se ne parlerà nel piano per Bruxelles. Il miglioramento della competitività passerà anche per il rapporto tra capitale e impresa, il tema "lavoro": Tremonti ha già detto in passato di essere favorevole ai contratti di produttività anche alla tedesca.
Nel corso dell'incontro tra i nove ministri iniziato ieri mattina sul presto, però, i progetti sono andati oltre la traccia a grandi linee per il piano europeo, in vista del pacchetto di misure da adottarsi in cdm entro i primi di marzo. Stando a fonti bene informate, il Tesoro avrebbe a disposizione un bacino di risorse dal quale poter attingere. Così sono stati riproposti gli investimenti nella banda larga, quei 100 milioni di cui parlava nei giorni scorsi Romani per portare la banda larga dal Nord al Sud.
LE MISURE PER LA CRESCITA
Sud e infrastrutture
Per aumentare il Pil dell'Italia il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, è convinto che il problema sia il Sud e che è lì che vada rilanciato lo sviluppo. A tal fine saranno chieste all'Europa deroghe per evitare le gare europee negli appalti pubblici per le infrastrutture
Grandi opere e banda larga
Le infrastrutture sono considerate prioritarie. Su questo punto sono previsti interventi per abbattere i costi e al tempo stesso ridurre i tempi. Nel pacchetto di misure per la crescita dovrebbero entrare 100 milioni di euro per portare la banda larga nel sud
Imprese e mercati esteri
Per la competitività sono in arrivo liberalizzazioni e semplificazioni. Il ruolo internazionale della Cdp potrebbe essere potenziato, con l'ok di Bruxelles, in linea con il modello tedesco Kfw per aiutare le Pmi a vincere commesse all'estero: parteciperebbe come gigante tra i giganti.
«Così si tradisce il federalismo fiscale». Regioni fredde sulle proposte del governo. di Roberto Turno. «Così si tradisce il federalismo fiscale». Con promesse di finanziamenti da incassare non onorate dal governo, col decreto milleproroghe che è «a-federale». Mentre la speranza di azzerare l'Irap sarà «una missione impossibile» e con la pioggia di addizionali non alzare la pressione fiscale sarà una sfida inverosimile. I governatori alzano il tiro sul federalismo fiscale. Ancora senza strappi, ma con richieste che chiedono al governo di rispettare al più presto. Ma non senza divisioni, a cominciare dai distinguo delle regioni a trazione leghista, Piemonte e Veneto.
Sono stati di scena i governatori, ieri, nell'audizione davanti alla bicamerale sullo schema di decreto su fisco regionale e costi standard sanitari. Con loro anche le province e una rappresentanza dei sindaci, toccati non certo marginalmente dal federalismo regionale. Sul tappeto nodi e dubbi che i commissari hanno fatto capire di non voler lasciar passare sotto silenzio. «Clima positivo, ci sono margini di miglioramento», ha commentato Enrico La Loggia (Pdl), presidente della bicamerale che intanto ha nominato Massimo Corsaro (Pdl) relatore di maggioranza e Francesco Boccia (Pd) di minoranza. Ma siamo ancora alla battute iniziali. Non senza incognite sull'eventuale cambio dell'attuale rapporto di forza (15 a 15 tra maggioranza e opposizioni) se Mario Baldassarri, che però ieri lo ha negato, lasciasse il Fli.
Intanto ieri le regioni un risultato lo hanno incassato da Calderoli: le norme sulla conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica faranno parte del decreto sul fisco regionale, estrapolate dal decreto sulle sanzioni agli amministratori in deficit contestato dai governatori: «È incostituzionale ed esorbitante», ha detto Vasco Errani (Pd, Emilia Romagna). Stessa stroncatura attende del resto il ddl di Fitto che va oggi in consiglio dei ministri che fa nascere la «conferenza delle repubblica» dalle ceneri di stato-regioni, stato-città e conferenza unificata.
Proprio a Errani ha rappresentato la posizione delle regioni. Col primo affondo dedicato al mancato rispetto dell'accordo col governo – legato al parere positivo sul federalismo – che prevede tra l'altro il reintegro di 400 milioni per il trasporto pubblico locale. «È fondamentale per il rapporto sul fisco regionale, così il dialogo è a rischio», ha ribadito Errani. E qui c'è stato il distinguo del leghista Roberto Cota (Piemonte): «Certo, è stato sottoscritto un accordo. Ma è cosa diversa dal federalismo fiscale. Il governo manterrà l'accordo».
Altro tasto dolente: le modifiche al milleproroghe. Anche in questo caso Errani non s'è tirato indietro: «Ci sono norme caratterizzate da un impianto a-federale». Come l'obbligo per le regioni di pagare in proprio con le addizionali le calamità naturali, senza trasferimento di risorse dal fondo nazionale. O i 70 milioni per la sanità destinati agli enti lirici o ancora le risorse sottratte per le alluvioni in Veneto, Toscana e Liguria.
Insomma, conti che non tornano. E dubbi che crescono. Il raccordo tra i diversi decreti applicativi del federalismo fiscale, ha ribadito Errani, dev'essere chiaro e coerente: «Se si interviene sulle addizionali Irpef dei comuni e poi su quelle delle regioni e poi ancora sulle addizionali per le calamità naturali e in un comma si dice "senza aumentare la pressione fiscale", la domanda è: come?». Interrogativo che vale per la «missione impossibile, impraticabile, irrealizzabile» di arrivare a un fantomatico azzeramento dell'Irap. E ancora: i dubbi che i governatori seminano a piene mani sulla gestione del fondo transitorio e perequativo, sulla progressività dell'Irpef, sul finanziamento dei Lep (livelli di assistenza nel sociale), sui piani di rientro dal debito sanitario da allungare, su benchmark e costi standard sanitari. Mentre per le province Nicola Zingaretti (Pd, Roma) ha contestato l'autonomia insufficiente e il rischio di non poter svolgere le funzioni essenziali dalla scuola alla formazione professionale, dai servizi per il lavoro all'ambiente. E i sindaci non sono stati da meno: attenti al centralismo regionale, occhi aperti per arrivare a una perequazione con criteri precisi e separati. E questi sono paletti per i governatori.18 febbraio 2011
Banche in affanno: Bce presta 16 miliardi. I rifinanziamenti a breve scadenza ("marginal lending facility") chiesti alla Bce sono balzati ieri di colpo a 16 miliardi di euro, una cifra che non si vedeva dalla crisi di liquidità del 2009. Tra gli operatori sono circolate voci di banche in difficoltà in Spagna, Portogallo o Irlanda e c'è chi ha anche pensato a un errore tecnico, perché questi fondi d'emergenza vengono prestati dalla Bce a un tasso molto superiore a quello del mercato interbancario o delle aste settimanali della stessa Banca centrale europea.
Di credito ha parlato Mario Draghi ieri sera a Parigi, alla vigilia del G-20 finanziario: la crisi, secondo il governatore di Bankitalia, ha reso necessari ingenti aiuti alle banche troppo grandi per essere lasciate fallire, ma questo «ha rinforzato l'azzardo morale in modo significativo».
Fiat: Giugiaro, "Marchionne grande uomo di finanza non di prodotto". (Teleborsa) - Roma, 18 feb - "Sergio Marchionne è un grande uomo di finanza non di prodotto." A dichiararlo il designer torinese Giorgetto Giugiaro nel durante una presentazione del "Master of Science in design" in corso a Torino." Chi compra un auto non è interessato a sapere dove il prodotto è fatto, in Cina, in India o in Polonia, guarda i contenuti e cosa questi offrono e allora vince il migliore" ha detto Giugiaro, rimarcando una sulla competizione sempre più' agguerrita nel settore dell'auto.
Giugiaro ha poi parlato dell'internazionalità del gruppo Fiat sostenendo che il Lingotto ha avuto un "attimo di defaillance e adesso sta cercando di ripartire con Chrysler...io naturalmente faccio il tifo per l'industria italiana e spero possa avere soddisfazione, anche se faccio parte di un grande gruppo non italiano. Non metto in dubbio che ci sia la volontà di industrializzazione, il problema pero' e' arrivarci bene, in salute e con ottimi prodotti perchè la concorrenza è incredibilmente tosta. " Ha concluso Giugiaro.
L'economia sommersa vale quasi il 18% del Pil. Al top degli invisibili ci sono ristoranti e colf. Il sommerso in Italia vale tra un minimo del 16,1% e un massimo del 17,8% dell'economia. Lo dicono gli esperti che lavorano nella commissione per la riforma fiscale che si occupa di «economia non osservata e flussi finanziari». Le elaborazioni, fatte dall'Istat su dati 2005, sono le più aggiornate ed entrano nel dettaglio rispetto ai dati del sommerso diffusi lo scorso luglio per macrosettori.
Il record spetta al settore «alberghi e pubblici esercizi»
Il record spetta al settore «alberghi e pubblici esercizi», per i quali si aggira attorno al 56,8%, che supera anche il «nero» dei servizi domestici di colf e badanti che si ferma al 52,9%. Testa a testa, invece, tra l'agricoltura (31,1% di sommerso) e il commercio (che è al 21,7%). La tabella è stata elaborata tenendo conto di «correzioni» statistiche sugli introiti, i costi interni delle imprese, la dissimulazione dell'attività produttiva sul lavoro non regolare, e stime indipendenti di offerta e domanda. Emerge così che il sommerso nel settore industria tocca l'11,7%, il 21,7% nei servizi e il 31,1% nell'agricoltura.
La vera novità sono i dettagli
Ma la vera novità sono i dettagli. Per il comparto dell'industria il sommerso più evidente è quello delle costruzioni, che arriva al 28,4%, seguito dal tessile-abbigliamento-calzature che è al 13,7%, dagli alimentari (10,7%). Inesistente invece per l'elettricità, il gas e l'acqua (1,8%).
Più evidente è l'economia in nero nel settore dei servizi. Il top è - come abbiamo visto - per gli alberghi e i pubblici esercizi (56,8%), ma ci sono anche i servizi domestici (52,9), seguiti da «istruzione, sanità e altri servizi»(al 36,8%), trasporti e comunicazioni (33,9%), commercio (32,1%); servizi alle imprese (21,5%). L'unico settore con un sommerso sotto le due cifre è il «credito e assicurazione» con 6,4%. Gli evasori dovrebbero avere comunque vita sempre più difficile. Il Fisco, infatti, dispone ormai di una rete di informazioni capillare sulle operazioni commerciali.
Edi Sommariva (Fipe), «dati poco credibili»
«È sconcertante leggere il dato emerso dalla commissione che sta lavorando sulla riforma fiscale. Se è vero che nel settore di pubblici esercizi e alberghi il lavoro nero tocca il 56,8% allora significa che sono sballati tutti i dati finora resi pubblici, a cominciare dal Pil per finire alla contabilità nazionale». Questo il commento del direttore generale Fipe, Edi Sommariva, sulla quota di sommerso del settore. «La commissione deve spiegare agli italiani e alle imprese - prosegue Sommariva - il significato di questi numeri che non ci convincono per niente. Infatti, dai dati ufficiali Inps risulta che il nostro comparto dà lavoro a 700mila dipendenti e a 300mila indipendenti. Sono cifre che ci sembrano fotografare la situazione reale. Dai dati della commissione emerge, invece, una forza lavoro di circa un milione e seicentomila persone, cioè quanto la manodopera di hotel, ristoranti e caffè di Francia e Spagna messe assieme. Davvero poco credibile». 18 febbraio 2011
Grecia: alpha bank dice no a proposta fusione con bng. (ASCA-AFP) - Atene, 18 feb - Colpo di scena nell'operazione di fusione tra Banca Nazionale della Grecia e Alpha Bank: il cda di quest'ultima ha deciso di rifiutare l'offerta del primo gruppo bancario greco, spiegando un'eventuale unione sarebbe ''svantaggiosa'' per i propri azionisti.
''Il cda ha deciso all'unanimita' di rifiutare l'offerta'' di Bng, si legge in una nota di Alpha, il secondo gruppo bancario ellenico.
Il cda, in particolare, sottolinea che i contenuti dell'offerta sono ''scarsamente vantaggiosi'' gli azionisti.
Bng aveva dato praticamente per certa la fusione che avrebbe creato il piu' importante gruppo bancario greco. luq/sam/ss
I russi lasciano Fiat e si alleano con Ford. Salta l'alleanza tra la Fiat e la Sollers, la ex Severstal Auto, che annuncia un accordo con la Ford per produrre e distribuire i veicoli della casa statunitense in Russia. Per il Lingotto la decisione non modifica l'obiettivo di crescita nel Paese, che resta tra i mercati prioritari, ma non si sa ancora quale sia l'alternativa: Torino si limita a dire che l'intenzione è di continuare ad investire seguendo «una strategia indipendente». L'intesa con Sollers, siglata un anno fa con la benedizione del premier Vladimir Putin, era stata definita dall'ad Sergio Marchionne «un punto di svolta nella presenza della Fiat e della Chrysler in Russia, una delle più grandi alleanze siglate dal gruppo, in uno dei mercati a più alto potenziale». L'obiettivo era produrre, entro il 2016, 500 mila veicoli l'anno con nove nuovi modelli (focus soprattutto su Suv e fuoristrada) della Fiat e della Chrysler, per diventare il secondo produttore automobilistico del Paese. Ora Marchionne, che il designer Giorgetto Giugiaro definisce «uomo di finanza e non di prodotto», sarà costretto a rivedere la sua strategia in un mercato nel quale punta a vendere 280.000 vetture nel 2014 con una quota del 7%. Ford e Sollers, che già quest'anno avvieranno la produzione di una gamma di autovetture e veicoli commerciali leggeri della casa Usa, hanno presentato subito richiesta per poter accedere ai benefici previsti dal programma di sostegno al settore varato dal governo russo. Analoga richiesta era stata presentata dalla Sollers per finanziare il progetto con Fiat, ma era stata respinta perchè il business plan non era sufficientemente dettagliato e non ne era stata presentato un altro. In Italia, intanto, entra nel vivo la partita per l'investimento alla ex Bertone, dove la Fiat vuole produrre una Maserati del segmento E con un investimento da 500 milioni di euro. La proposta è stata discussa dai lavoratori, in cassa integrazione da sei anni, in un'assemblea molto partecipata con momenti di tensione tra i delegati della Fiom, che dispone di una larga maggioranza, e i rappresentanti della Fismic. La trattativa si aprirà il 28 febbraio, ma il confronto è già acceso, anche se Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom, vede questa volta «le condizioni per non dividere il sindacato come la Fiat ha fatto a Mirafiori e Pomigliano». Il consiglio di amministrazione della Fiat, intanto, ha approvato ieri i conti 2010 e la proposta di un nuovo programma di acquisto di azioni proprie per un controvalore massimo di circa 1,2 miliardi di euro.
L'Mps cerca interlocutori nella politica. Ma esistono? «Il Movimento dei Pastori Sardi cerca la politica come interlocutrice perchè le scelte che dovranno essere fatte sono scelte politiche. Il MPS non fa politica, ma parla con la politica». In queste poche parole, tratte da un recente scambio di battute colte nel profilo Facebook del movimento, c'è la sintesi di una situazione che ormai pare essere giunta ad un epilogo: i pastori cercano un dialogo con la politica e la politica va in crisi. Un po' cerca di evitare l'incontro, forse perché ha esaurito le promesse, o la credibilità, e un po' mostra i muscoli. Per poi nascondere la mano e dire "non siamo stati noi a picchiarvi, in piazza".
Dopo le aggressioni subite il 28 dicembre allo sbarco a Civitavecchia, dopo il "non sapevo" di Maroni su quell'episodio, dopo la disdetta dell'ultimora del ministro Galan all'appuntamento fissato per lunedì scorso al ministero, e non ancora riprogrammato, ecco che sono i pastori ora a farsi avanti di nuovo, esasperati dallo stato di abbandono in cui sono lasciati, loro, le loro famiglie, e la loro economia.
Le domande cominciano ad essere parecchie, e pesanti: perché le promesse dell'assessore Prato e del governatore Cappellacci sono svanite in palliativi e bolle di sapone? Perché un ministro disdice un appuntamento e non lo riconvoca per una nuova data? E poi, come fa un Ministro degli Interni a non sapere cosa fanno i suoi uomini e quanto picchiano gli inermi manifestanti di una manifestazione allora autorizzata? Da quando in qua gli agenti prenderebbero l'iniziativa di caricare manifestanti inermi? E chi avrebbe privato poi della vista da un occhio un pastore manifestante a Cagliari se non un lacrimogeno sparato ad altezza d'uomo?
Cosa aspettarsi ora, quindi, da una nuova manifestazione, annunciata ieri, che si dovrebbe tenere nei prossimi giorni in "continente"? Dalle voci trapelate si tratterebbe di un sit-in di protesta, o davanti alla Borsa di Milano o di fronte alla sede della Banca d'Italia a Roma. La trasferta sarebbe già organizzata, anche se tra gli allevatori regna il massimo riserbo, per non pregiudicare il fattore-sorpresa. Ma cosa c'è da attendersi, visto che la manifestazione non è autorizzata, dato che anche in quelle autorizzate le forze dell'ordine (o del disordine?) sono ricorse a metodi repressivi?
Di sicuro la disillusione per la politica locale si sta trasformando in una forte delusione per la politica centrale. E pensare che l'Mps si sta facendo promotore di un progetto transnazionale che vorrebbe portare le ragioni dei pastori del Mediterraneo direttamente a Bruxelles. Peccato che la politica di oggi abbia pochi argomenti credibili e, forse ormai, più nessuna risposta. 18 febbraio 2011

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