sabato 19 febbraio 2011

Federali del Mattino. Coltivate vigneti, siamo ormai alla stregua di un paese africano: peculato, truffa aggravata, intralcio alla giustizia e induzione a fornire false dichiarazioni. Castrazione chimica? Il Papa alle celebrazioni. 19 febbraio 2011.

Sezione Forza Oltre padani:
1. Bozen. Ferrovie: da Trento e Bolzano appello a Moretti per le fermate dei treni tedeschi.
2. Belluno. La Provincia: «Coltivate vigneti». Bottacin teme che dei «foresti» possano prendersi i terreni bellunesi.
3. Trieste. Unità d'Italia, la comunità slovena "È una festa anche nostra".
4. San Marino. San Marino, l’Italia, gli Stati Uniti.

Sezione Forza padane (Ruby e Cinzia):
5. Unità d'Italia, il 17 marzo sarà festa. Scontro nel governo, Calderoli: follia.
6. Unità d’Italia, “sì” alla festa. Il Papa alle celebrazioni.
7. "Berlusconi travolto dalla dolce vita?" Ledeen (WSJ) ci crede poco.
8. "La Chiesa sconfessi Berlusconi". Il disagio dei cattolici per il "bunga bunga".
9. Bologna, 'Cinzia-gate': l'ex sindaco Delbono condannato a 1 anno e 7 mesi.
10. Venezia. Pdl, proposta shock «Castrazione chimica ai colpevoli di pedofilia».
11. Lazio. Cgil: le carceri della regione al collasso.
 
Sezione padania low cost:
12. Milano. Immobili low cost: ecco alcuni nomi.

1. Bozen. Ferrovie: da Trento e Bolzano appello a Moretti per le fermate dei treni tedeschi. BOLZANO. Il divieto per alcuni convogli internazionali gestiti congiuntamente dalle Ferrovie austriache e tedesche di svolgere fermate intermedie in Italia è stato uno dei temi al centro di un incontro fra il governatore dell'Alto Adige Luis Dunrwalder e l'ad del gruppo Ferrovie dello Stato Mauro Moretti. Come ha spiegato Durnwalder, i convogli gestiti dalle ferrovie austriache (Oebb) e germaniche (Db), si sono visti negare da Rfi la possibilità di fare tappa anche a Trento e Bolzano.
''Per l'Alto Adige - ha sottolineato Durnwalder - che è una terra ad alta vocazione turistica, l'essere tagliati fuori dai collegamenti ferroviari internazionali rappresenta un problema di notevole portata''.
La vicenda - ha ricordato Durnwalder - è arrivata sino a Bruxelles, visto che Oebb e Db hanno fatto ricorso all'Unione Europea denunciando una violazione della concorrenza e della liberta' di circolazione delle persone.
''Dare il via ad una lunga causa giudiziaria - ha commentato il presidente dell'alto Adige - rischia di non portarci da nessuna parte. Per questo motivo cercheremo di muoverci assieme, io e il collega trentino Lorenzo Dellai, con una lettera comune che invieremo alle società ferroviarie e ai ministeri dei trasporti dei tre paesi interessati, ovvero Italia, Austria e Germania. L'obiettivo è quello di sbloccare la situazione ed arrivare ad una soluzione condivisa''.
Sono nel frattempo 49 i membri del Parlamento europeo che hanno firmato una lettera indirizzata al Commissario per i Trasporti Siim Kallas e al Commissario della concorrenza Joaquin Almunia per informarli e esortarli ad intervenire contro il divieto di fare fermate intermedie in Italia rivolto ai treni della Db e della Oebb.
L'iniziativa è stata sostenuta dagli eurodeputati del Tirolo e dell'Alto Adige Herbert Dorfmann, Eva Lichtenberger e Richard Seeber. Nella lettera i parlamentari hanno rilevato che il sistema adottato per regolamentare il settore ferroviario italiano non e' solo un problema locale.
''Il modello monopolistico adottato dalle autorità italiane potrebbe fare scuola e ostacolare la liberalizzazione del trasporto ferroviario in Europa'', afferma. Herbert Dorfmann ha incontrato il Commissario Kallas, per informarlo della situazione. Il commissario - ha informato Dorfmann - ha promesso di agire al più presto per affrontare il problema e ordinare la revoca del divieto se verrà riscontrata una violazione delle norme sulla liberta' di concorrenza. 18 febbraio 2011
2. Belluno. La Provincia: «Coltivate vigneti». Bottacin teme che dei «foresti» possano prendersi i terreni bellunesi. BELLUNO. Tutti a fare vino. Magari qualcuno pensa: meglio berlo. Per intanto la Provincia invita gli agricoltori bellunesi a convertirsi alla produzione di Prosecco.
«Investite nella produzione del vino, il Prosecco lo possiamo fare anche noi. Altrimenti c'è il rischio che da fuori provincia arrivino a comprare i nostri terreni», è questo l'invito diffuso ieri dal presidente della Provincia Bottacin. «Lo avevo detto già un anno fa», spiega. «È bene che i nostri contadini valutino seriamente l'opportunità di convertire le loro colture in vigneto, maggiormente redditizie».
«Anche qui da noi è possibile produrre il Prosecco. Se non ci si muove per tempo, c'è il forte rischio che arrivino potenziali clienti da fuori provincia e dobbiamo evitare questa sorta di "colonizzazione". I nostri campi fanno gola alle aziende vitivinicole, e allora perché aspettare che arrivino produttori da fuori? Cominciamo noi a convertire parte dei nostri terreni in vigneto». «Dobbiamo giocare d'astuzia ed anticipare le richieste, investendo in quello che abbiamo a disposizione. E' tutto nelle nostre stesse mani, cioè nelle mani di chi, da generazioni, lavora con passione ed ingegno la nostra terra».
Come stanno per davvero le cose? Tutto inizia oltre un anno fa quando la Regione, per evitare un contenzioso con i friulani, allarga la possibilità di produrre Prosecco doc ad una vasta area che non comprende più solo il Trevigiano, ma anche la Valbelluna, Vicenza fino a toccare il Veronese.
Quindi, in linea di massima, si può produrre Prosecco doc anche nel Bellunese. Ci sono esempi si coltivazioni di viti, da poco attivate, a Cesiomaggiore, San Gregorio, Vignui e Limana.
E' Mauro Alpagotti, direttore della Confederazione agricoltori di Belluno, a spiegare quello che è accaduto negli ultimi mesi: «Sette o otto produttori del Trevigiano mi hanno contattato, interessati a investire nel Bellunese. Solo uno è rimasto interessato, gli altri, dopo aver fatto delle valutazioni sul clima e sui terreni, si sono tirati indietro».
«Per fare un vigneto di medie dimensioni - continua Alpagotti - ci vogliono parecchi ettari. Sappiamo bene quale è il problema nel Bellunese: la frammentazione fondiaria. Si rischia che per una dimensione di 40 ettari, ci vogliano 50 terreni di proprietari diversi. Di fronte ad ostacoli di questo tipo, chi è interessato ad una produzione industriale si tira indietro».
Attualmente c'è un vigneto ampio a Cesiomaggiore, uno attorno all'ettaro a Vignui, uno a San Gregorio, una importante coltivazione a Limana: tutto qui. E non sembra ci siano prospettive di uno sviluppo futuro importante.
Convertire la zootecnia in vigneti è una strada possibile per l'agricoltura bellunese? «Direi di no, conclude Alpagotti, il nostro tipo di agricoltura è la zootecnia. E non vedo particolari problemi se un imprenditore arriva 18 febbraio 2011.
3. Trieste. Unità d'Italia, la comunità slovena "È una festa anche nostra". di Piero Rauber. TRIESTE. Parenti serpenti? No, fratelli. Fratelli d’Italia. Speciali, più che diversi. Coinquilini, più che ospiti. Gli sloveni di Trieste sono pronti a festeggiare i 150 anni dell’unità del Paese di cui fanno parte. E se qualcuno di loro proprio non ce la fa a sventolare il tricolore... beh, per lo meno ne sbandiera pubblicamente il rispetto, consapevole che non è questo il momento di rivendicare, o peggio provocare.
È, al massimo, l’occasione per urlare ciò che tutti sanno e pochi ricordano: la Trieste che fu austro-ungarica, due volte redenta sì ma nel Novecento, ben poco ha a che fare con la geografia squisitamente risorgimentale. In questo controverso, politicamente parlando, conto alla rovescia verso il 17 marzo, la comunità slovena di casa nostra - a sentire i suoi rappresentanti politici, amministrativi, culturali, sportivi ed economici - si scopre e si proclama, insomma, distante anni luce da Luis Durnwalder, il governatore altoatesino, il quale ha annunciato che lui, alle celebrazioni dei 150 anni, non si farà vedere.
Fosse solo questo: quelli che della minoranza sono leader storici o pubblici rappresentanti in carica - inquadrabili a stragrande maggioranza in una sinistra italiana che si sta riscoprendo a sua volta patriottica - un’occasione storica oggi la annusano comunque. E così si prendono la briga e di certo il gusto di bacchettare i tentennamenti patriottici di un governo di centrodestra che senza la Lega non starebbe in piedi..
«Quella del lavorare lo stesso il 17 marzo perché c’è la crisi - attacca la senatrice del Pd Tamara Blazina - è una polemica strumentale. Se dev’essere festa, lo sia al 100%. Siamo una comunità minoritaria, è vero, ma siamo pronti a partecipare a pieno titolo a questi festeggiamenti. Viviamo e lavoriamo in questo Paese e ne contribuiamo alla crescita. Eppoi la ricorrenza è la base per difendere i valori della nostra Costituzione che riconosce le minoranze». «Concordo - si spinge oltre il consigliere regionale per Rifondazione comunista Igor Kocjancic - sul fatto che rimangano chiusi uffici pubblici e istituti scolastici. È un anniversario molto importante, dedicato a un valore che va preservato. E invece, guarda caso, tutti i dubbi e le prese di distanza vengono dalla compagine di governo...».
Su due livelli di partecipazione differenti, invece, pur nel rispetto delle celebrazioni, si muovono i sentimenti di due ex senatori di tradizione comunista come l’ex sottosegretario del governo Prodi Budin e il segretario regionale dei Comunisti italiani Spetic, Più ottimista si mostra Milos Budin: «Durnwalder? Mi pare una posizione frutto di una concezione ottocentesca dello Stato, come se lo Stato fosse un’entità che esiste in funzione dell’etnia e non invece un’entità civica e democratica che garantisce l’esistenza ai cittadini organizzando le scuole, i servizi sociali e quant’altro. Anche se lentamente, tutti assieme stiamo procedendo sulla strada che porta alla Nazione civica e al superamento di quella etnica. E in questo, ci aiuta l’Unione europea».
«Non c’è dubbio - è l’interpretazione di Stojan Spetic - che la minoranza prenderà parte, con i propri rappresentanti, che oggi sono cittadini italiani, alle manifestazioni del 17 marzo, in un atteggiamento normale e leale come avviene ogni 2 giugno. Basta che siamo sinceri e ricordiamo la storia, che dice che noi triestini non abbiamo partecipato al Risorgimento, siamo arrivati dopo».
E la festa, dev’essere festa fino in fondo? «Beh - chiude l’ex senatore comunista - è un’una tantum e non diventa una ricorrenza annuale, si potrebbero pertanto chiudere le scuole, anche se penso non sarebbe neppure un male parlarne, proprio in quella giornata, a scuola». Più pragmatico è l’atteggiamento del mondo dell’impresa. «Lavorare o meno - taglia corto Nicola Tenze, il presidente dell’Ures, l’Unione regionale econica slovena - è una decisione che spetta alla politica, fermo restando che il 17 marzo è una data importante. Da rispettare». Per Drago Stoka, numero uno della Sso, la Confederazione delle organizzazioni slovene, «l’importante è che sia una festa costruttiva, priva di alcun secondo fine politico. Siamo cittadini italiani in un contesto europeo, e affinché si tratti appunto di una festa costruttiva noi faremo la nostra parte: promuoveremo un’analisi di come l’Italia si è comportata con noi nel corso della storia».
Un indizio in più lo dà Rudi Pavsic, il presidente dell’Skgz, l’Unione culturale ed economica slovena: «Pensiamo che uno Stato tra i più democratici d’Europa dovrebbe essere più attento alle problematiche delle minoranze, ma siamo anche convinti che le barricate, che qualcun altro ha deciso di innalzare (Durnwalder, ndr) non servono. La soluzione è il dialogo, e per questo organizzeremo un convegno a livello regionale, probabilmente a Cividale, sempre nel mese di marzo».
La pulce all’orecchio - «ma per l’amor del cielo non abbiamo nulla in contrario che l’Italia festeggi i suoi 150 anni, e sul lavorare o meno apprezzeremo qualsiasi scelta che rappresenti la volontà del Paese - viene infine da Peter Mocnik, da leader politico dell’Unione slovena. «Mi spiace - è il suo punto di vista - che le vie della città qui abbiano solo i nomi di caduti irredentisti. Il 95% dei nostri morti, nella Prima guerra mondiale, sono stati morti austriaci, e quindi morti dimenticati. Eppure erano triestini come noi. Noi, 150 anni fa, eravamo sotto l’Austria, che era uno Stato molto diverso, totalmente multietnico».
4. San Marino. San Marino, l’Italia, gli Stati Uniti. di Francesca Renzetti (ECSO): “Siamo ormai alla stregua di un paese africano (con tutto il rispetto per l’Africa) come considerazione dell’Italia nei nostri confronti. Non è il caso di chiedere aiuto a chi è più forte e preparato di noi? Gli Stati Uniti hanno sempre dimostrato sensibilità verso le democrazie in giro per il mondo in difficoltà e San Marino è ora una democrazia in crisi di identità e coraggio. Crediamo che ormai sia chiaro a tutti che il ministro Tremonti miri a toglierci la sovranità e crediamo che questo sia gravissimo.
Perchè non iniziare a dialogare ufficialmente con gli Stati Uniti d’America e chiedere aiuto dimostrando che ci stiamo adeguando agli standard intenazionali e che nonostante questo l’Italia ci vuole eliminare? Cosa stiamo attendendo ancora?
Lo scontro sociale è alle porte e quando non ci saranno più i soldi per pagare i dipendenti della pa scoppierà il caos. Tremonti attende solo l’implosione del sistema per eliminare la nostra sovranità.
Una sosta di economia di resistenza basata su consumi interni, rilancio del turismo e mille altre cose non si fa, mentre si dovrebbe fare per sopravvivere in attesa che il peggio passi e in attesa che in Italia si affaccino nuovi e più ” normali ” interlocutori.
Francesca Renzetti Associazione ECSO
5. Unità d'Italia, il 17 marzo sarà festa. Scontro nel governo, Calderoli: follia. Tre ministri contrari al decreto che istituisce la celebrazione. ROMA - Il Consiglio dei ministri ha deciso: il 17 marzo, 150 anni dell'unità d'Italia, sarà festa nazionale. Ma nel governo è scontro e tre ministri votano contro. Al decreto legge che ha istituito la festa il 17 marzo, ha detto infatti il ministro della Difesa, Ignazio La Russa in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, non hanno aderito tre ministri. L'annuncio dell'esecutivo arriva dopo le pesanti critiche degli industriali, contrari a un giorno di festa, e della Lega, ostile da sempre alle celebrazioni.
«Siamo soddisfatti, senza trionfalismi di nessun genere possiamo dire che il 17 marzo sarà festa nazionale con tutti gli effetti civili. Erano sorte questioni non ingiustificate sulla interpretazione delle norme ed in tempo brevissimo da quando il problema è stato sollevato, con la non adesione di 3 ministri, è stato approvato il decreto legge, stabilendo che si trasferiscono gli effetti economici e gli istituti giuridici, solo per il 2011, dal 4 novembre al 17 marzo», ha precisato La Russa.
Il decreto legge che considera giorno festivo il 17 marzo 2011 prevede che «al fine di evitare nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica e delle imprese private, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festività soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150/o anniversario dell'Unità d'Italia».
«Dobbiamo ricordare che il 17 marzo è la data più unificante che abbiamo», ha commentato il ministro della Gioventù Giorgia Meloni. Per Meloni, sarebbe stato «sbagliato» non celebrare adeguatamente la data.
«Fare un decreto legge per istituire la festività del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura (traslare come copertura gli effetti del 4 di novembre, infatti, rappresenta soltanto un pannicello caldo e non a casa mancava la relazione tecnica obbligatoria prevista dalla legge di contabilità), in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale»: lo dice il ministro Roberto Calderoli (Lega Nord) dopo la decisione del Consiglio dei ministri.
«Ho scritto una lettera di risposta al presidente Napolitano e credo che ne sarà molto contento. Lo invito in ogni momento in Alto Adige e sono disposto a spiegargli anche a voce a Roma la mia posizione». Lo ha detto il governatore dell'Alto Adige dopo il richiamo di Napolitano alla partecipazione alle celebrazioni per l'unità d'Italia, seguito alle dichiarazioni contro i festeggiamenti i Durnwalder.
«Proprio Napolitano - ha detto Durnwalder in un intervento - mi ha aiutato a riottenere la possibilità di usare gli schioppi per gli Schuetzen. Stesso discorso in altre occasioni: con il presidente della Repubblica ho avuto, quando era ministro, ed ho ancora ottimi rapporti». «Noi sappiamo - aggiunge Durnwalder - da dove è partito l'input per l'intervento di Napolitano. Se avrò la possibilità di parlare con il presidente, allora capirà, perchè è persona seria e preparata. Ho una grandissima stima del Capo dello Stato, ripeto che è invitato perennemente in Alto Adige. Se gradisse un invito specifico non ho nessun dubbio a proporglielo». Nei giorni scorsi il presidente della provincia aveva polemizzato con il Quirinale annunciando il suo rifiuto a festeggiare il 150/mo dell'Unità d'Italia. Durnwalder aveva poi parzialmente corretto il tiro spiegando che gli assessori e i consiglieri della provincia di Bolzano erano liberi di festeggiare, a titolo personale, l'anniversario unitario.
6. Unità d’Italia, “sì” alla festa. Il Papa alle celebrazioni. 18 febbraio 2011. Il Consiglio dei ministri ha deciso: il 17 marzo sarà festa nazionale e anche il Papa parteciperà alle celebrazioni. Lo ha annunciato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lasciando stasera il ricevimento per l’anniversario dei patti Lateranensi a Palazzo Borromeo: «C’è l’impegno, ribadito oggi anche dai cardinali Bertone e Bagnasco per la partecipazione della Chiesa e in qualche forma anche del Pontefice alle celebrazioni per i 15O/mo dell’Unità d’Italia. Un fatto molto importante».
Il decreto legge che considera giorno festivo il 17 marzo 2011 prevede che «al fine di evitare nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica e delle imprese private, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festività soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150/o anniversario dell’Unità d’Italia».
Al decreto legge che ha istituito la festa il 17 marzo non hanno aderito tre ministri. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi. «Siamo soddisfatti - ha detto La Russa - senza trionfalismi di nessun genere possiamo dire che il 17 marzo sarà festa nazionale con tutti gli effetti civili. Erano sorte questioni non ingiustificate sulla interpretazione delle norme ed in tempo brevissimo da quando il problema è stato sollevato, con la non adesione di 3 ministri, è stato approvato il decreto legge, stabilendo che si trasferiscono gli effetti economici e gli istituti giuridici, solo per il 2011, dal 4 novembre al 17 marzo».
Calderoli e Bossi hanno votato contro, Maroni è uscito
Hanno votato contro il decreto che istituisce la festa del 17 marzo «tre ministri» della Lega, ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa che, al termine del cdm, cita, in particolare, i ministri Calderoli e Bossi. Secondo quanto si è appreso il ministro Maroni aveva già lasciato l’aula del Consiglio dei ministri quando si è proceduto alla votazione. Secondo quanto è stato possibile ricostruire, anche il ministro Gelmini ha espresso riserve - se non una vera e propria contrarietà - rispetto al decreto, ma alla fine ha votato a favore.

Anche il ministro Sacconi, che nei giorni scorsi si era fatto carico delle perplessità del mondo produttivo e che era fautore della ricerca di una soluzione di compromesso, ha votato a favore. La discussione, sempre secondo quanto è stato possibile ricostruire, è stata accesa: i più strenui sostenitori dell’istituzione della festa sarebbero stati i ministri La Russa e Meloni.
Calderoli (Lega): «Follia»
«Fare un decreto legge per istituire la festività del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura (traslare come copertura gli effetti del 4 di novembre, infatti, rappresenta soltanto un pannicello caldo e non a casa mancava la relazione tecnica obbligatoria prevista dalla legge di contabilità), in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale»: lo dice il ministro Roberto Calderoli (Lega Nord) dopo la decisione del Consiglio dei ministri.
Roberto Calderoli
«Come ho già detto - prosegue l’esponente della Lega - sono e resto contrario alla decisione di non far lavorare il Paese il 17 di marzo, sia per il costo diretto che è insito in una festività con effetti civili che per quello indiretto, che proverrà dallo stimolo di allungare la festività in un ponte da giovedì fino a domenica. Se vogliamo rilanciare davvero il Pil di questo Paese con il decreto legge di oggi abbiamo fatto l’esatto contrario», conclude.
Borghezio (Lega): «Un giorno di lutto»
«Per noi patrioti padani, imposta così da Roma contro la nostra volontà questa data diventerà una giornata di lutto, non sempre di festa». Così l’eurodeputato della Lega Nord, Mario Borghezio, commenta la decisione del Consiglio dei Ministri. «La decisione di proclamare il 17 marzo festa nazionale - ha affermato l’esponente della Lega - è gravissima, un vero e proprio schiaffo morale al sentimento legittimo e diffuso in tutto il nord dove questa festa ricorda soltanto le tasse di Roma, gli sprechi e le pensioni false di invalidità. Viva la libertà della Padania», conclude Borghezio.
Bersani (Pd): «Governo spaccato, una vergogna»
«È una vergogna avere un governo che si spacca su una cosa del genere». Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, uscendo dalla sede del partito, ha commentato la spaccatura al Consiglio dei ministri sulla festività piena del 17 marzo. «È un calcio agli stinchi del Paese - ha aggiunto Bersani - e testimonia che non abbiamo un governo, che il presidente del Consiglio non è in grado di dare una rotta».
7. "Berlusconi travolto dalla dolce vita?" Ledeen (WSJ) ci crede poco. Roma, 18 feb (Il Velino) - Berlusconi “travolto” dalla Dolce vita? “Può essere”, scrive Michael Ledeen, un osservatore americano che conosce bene l'Italia, in un suo commento sul Wall Street Journal. Anche se ci crede poco. Ricorda che Berlusconi “mantiene un incredibile record di longevità politica”. Ha presieduto negli ultimi 17 anni ben tre vertici G8 in Italia, vedendo passare davanti a sé Clinton, Bush e Obama per gli Stati Uniti; Major, Blair e Brown per la Gran Bretagna; Mitterrand, Chirac e Sarkozy per la Francia; Kohl, Schroeder e Merkel per la Germania. “I suoi oppositori sono pronti – loro stessi si esprimono in questi termini – ad ogni mezzo per farlo cadere, avendo molte poche chance di batterlo in una elezione politica”. “Ma può – si chiede Ledeen – un uomo così cadere sul sesso nella patria del 'Latin lover?' Può darsi”.
Dopo aver riepilogato i fatti, le accuse e la difesa, per i lettori americani, evidenziato come sia le donne scese in piazza che le editorialiste che ne chiedono le dimissioni “appartengono alla sinistra”, e ricordato il “generale disgusto” dell'opinione pubblica italiana nei confronti di tutti i leader politici, Ledeen si concentra sul nostro sistema giudiziario. Se non deve destare sospetti il fatto che a giudicare Berlusconi saranno tre donne (“con l'eccezione del presidente, la Quarta Sezione Penale di Milano è interamente al femminile”), “più preoccupante è la composizione politica del sistema giudiziario nazionale – spiega Ledeen – per la stragrande maggioranza di sinistra per decadi. I giudici sono nominati da una commissione, quindi è una burocrazia che riproduce se stessa. Immaginate Dick Cheney subire un processo davanti a una corte della facoltà di Legge di Yale”.
“Chiunque abbia partecipato ad un procedimento giudiziario italiano – prosegue Ledeen sul WSJ – strizzerà gli occhi di fronte all'espressione 'rito immediato', dal momento che un tipico caso giudiziario, più gli inevitabili due appelli, si trascina per molti anni”. Ricorda quindi che Berlusconi ne ha superati tanti di processi, alcuni in base alle prove, altri per “tecnicismi”. In questo caso, anticipa Ledeen, i legali del premier contesteranno la competenza territoriale e funzionale della Corte. “Ci sono molte altre mosse legali a disposizione sua e dei suoi nemici, così come operazioni meramente politiche. Ma non l'hanno ancora condannato, e gli appelli alle dimissioni rivelano impazienza tra i suoi oppositori. La mia impressione – conclude Ledeen – è che il processo non sarà così 'immediato' come alcuni si augurano, e nessun italiano di buon senso scommetterà la villa su un verdetto di colpevolezza”. (red) 18 feb 2011 14:20
8. "La Chiesa sconfessi Berlusconi". Il disagio dei cattolici per il "bunga bunga". Prima una riunione all'Antonianum di Padova con più di settanta persone, poi un volantino con critiche alla Conferenza episcopale italiana: "Non si può tacere". di Claudio Malfitano.PADOVA. «Un giorno chi guiderà la Chiesa in Italia riuscirà a denunciare certi comportamenti inaccettabili». E' il «sogno» di un gruppo di laici-credenti padovani: un attacco pesante alla Conferenza episcopale italiana (Cei), rea di non condannare i «bunga bunga» di Berlusconi.
C'è una petizione sul web: https://sites.google.com/site/anchenoiabbiamounsogno/ Si intitola «Anche noi abbiamo un sogno...» il volantino che da qualche giorno gira per gli ambienti del cattolicesimo sociale padovano.
Mercoledì scorso una settantina di persone si sono riunite all'Antonianum, anche se il centro non ha ancora ufficialmente preso una posizione sull'argomento. E probabilmente non condividerà una condanna così netta. Fatto sta che il volantino del «gruppo di laici» parla chiaro: «Non possiamo più tacere - scrivono - Chi offende e umilia le donne in modo così oltraggioso non può governare un paese. E coinvolgere minorenni in questo mercato sessuale è, se possibile, ancora più sconcertante».
Il volantino ha una conclusione ancora più dura, che guarda al futuro: è l'invito alla mobilitazione dei cattolici perché «quando la Chiesa italiana sarà chiamata a una verifica di cosa ha detto e fatto in questi momenti tragici della vita politica italiana non saremo dunque costretti a riconoscere che le nostre lampade erano spente e nascoste sotto il moggio».
Un documento così forte, critico e dai toni accusatori nei confronti della Cei e delle gerarchie vaticane non ha raccolto però il consenso della maggior parte dei presenti alla riunione. Fatto sta che il problema c'è. Ed è sentito all'interno del mondo cattolico padovano. Resta il disagio, probabilmente della maggioranza dei credenti, di fronte ai comportamenti «sessuali» del presidente del Consiglio, emersi dalle intercettazioni del Ruby-gate. Un primo segnale arriva dal mondo dei gesuiti, che non hanno mai risparmiato critiche al «berlusconismo». Resta da capire se si trasformerà in una valanga.
9. Bologna, 'Cinzia-gate': l'ex sindaco Delbono condannato a 1 anno e 7 mesi. Bologna, 18 feb. - (Adnkronos) - L'ex sindaco di Bologna, Flavio Delbono, e' stato condannato dal gup del Tribunale felsineo, Bruno Perla, a 1 anno, 7 mesi e 10 giorni nell'ambito del cosiddetto 'Cinzia-gate', l'inchiesta che ha portato alle sue dimissioni, poco dopo essersi insediato a Palazzo d'Accursio. Delbono lo scorso dicembre aveva chiesto con l'accordo del pm Morena Plazzi di patteggiare e il gup aveva accolto la richiesta. L'intesa raggiunta tra difesa e accusa, era stata di 1 anno, 7 mesi e 10 giorni.
Luisa Lazzaroni, ex assessore comunale fedelissima di Delbolo, imputata nel primo filone del processo per dichiarazioni mendaci al pm e intralcio alla giustizia e' stata assolta perche' il fatto non sussiste. Il pm Plazzi aveva chiesto la condanna a 1 anno. I reati contestati a Delbono sono peculato, truffa aggravata, intralcio alla giustizia e induzione a fornire false dichiarazioni. La sentenza di oggi riguarda uno dei filoni del 'Cinzia-gate' ovvero quello dei viaggi effettuati quando era vicepresidente della Regione Emilia Romagna pagati con soldi pubblici, dunque con uso di soldi pubblici a fini privati, oltre alle pressioni fatte alla ex fidanzata, Cinzia Cracchi, perche' non raccontasse la verita'.18/02/2011
10. Venezia. Pdl, proposta shock «Castrazione chimica ai colpevoli di pedofilia». REGIONE. Il Pd attacca: «Proprio durante il caso Ruby?». La replica di Bond: «Vergognatevi». Presentato ieri un progetto di legge: «I reati sono al livello di guardia». Antonella Benanzato. VENEZIA. Lotta senza quartiere alla pedofilia. Il Veneto si schiera in prima linea con un progetto di legge presentato ieri dal gruppo Pdl in Consiglio regionale: propone la castrazione chimica per chi commette abusi sessuali su minori. La proposta parla di "trattamento farmacologico di blocco androgenico totale": è in vigore in Polonia. È la misura più dura del progetto di legge a tutela dei minori vittime di abuso e sfruttamento sessuale firmato dal capogruppo del Partito della libertà Dario Bond e dal vice Piergiorgio Cortelazzo: «In nessun'altra regione - spiega Bond - il Pdl ha avviato una simile iniziativa». Che ha suscitato immediatamente le critiche dell'opposizione.
Nella scorsa legislatura era già stato presentato un progetto di legge simile, ma non fu votato. Stavolta il Pdl, che sposa una proposta che fu a suo tempo dei leghisti Erminio Boso e Roberto Calderoli, ci riprova alla luce di un aumento dei crimini legati alla pedofilia giunti "al livello di guardia", evidenzia Cortelazzo. La castrazione farmacologica non è l'unico strumento messo in campo. Il Pdl propone azioni informative, formative, l'istituzione di un osservatorio permanente sullo sfruttamento della prostituzione minorile, della pornografia, della pedofilia e del turismo sessuale sensibilizzando insegnanti e istituzioni scolastiche, ambiti di primo soccorso per ravvisare eventuali abusi.
Ma questo disegno di legge è appunto più severo del precedente perché introduce un programma di sperimentazione del trattamento farmacologico di blocco androgenico totale, sostenuto da un trattamento psicoterapico, cui debbono essere sottoposti nelle Ulss i pedofili con sentenza passata in giudicato. «Resta da definire - chiarisce Cortelazzo - a chi spetti la decisione di applicare il trattamento».
Dura la reazione del Partito Democratico: in un momento in cui le vicende del presidente del Consiglio e il Rubygate pervadono il dibattito politico, la proposta del Pdl viene bollata come "aberrante" e "demagogica". «L'unico obiettivo del Pdl veneto - afferma Franco Bonfante (Pd) - è mostrare disperatamente il volto della purezza proprio nel momento in cui il suo leader è protagonista indiscusso di vicende porno-rosa non edificanti». Ancora più deciso Claudio Sinigaglia, convinto che l'iniziativa della maggioranza «parli alla pancia delle persone, illudendole di garantire maggiore sicurezza. In realtà quello che il Pdl non dice e cerca di nascondere è che la Giunta di centrodestra, per il secondo anno consecutivo, prevede l'azzeramento totale nel bilancio regionale delle risorse a favore delle iniziative di aiuto alle vittime della tratta e di contrasto allo sfruttamento sessuale».
Il botta risposta prosegue in uno scontro al calor bianco: «È una strumentalizzazione sconfortante. Si vergognino», replica il Pdl. Bond è amareggiato: «Mi spiace che due persone che reputo serie e costruttive che siedono in consiglio regionale con i voti dei veneti strumentalizzino un argomento così serio e delicato solo per fare polemica». Anche l'assessore regionale Elena Donazzan (Pdl) sposa il progetto. «Per la pedofilia non possono esserci nè sconti nè giustificazioni, perché la vittima è giovane e non guarirà per il resto della sua vita».
11. Lazio. Cgil: le carceri della regione al collasso. Creata il 18/02/2011 - 14:30. Maurizio Torretti. LAZIO. La drammatica realtà carceraria laziale è lo specchio di una crisi sempre più acuta che investe l’intero sistema penitenziario italiano. La fotografia arriva dal dossier presentato al Nuovo Complesso di Rebibbia dalla Cgil Funzione Pubblica di Roma e Lazio e presenta una situazione emergenziale.
La drammatica realtà carceraria laziale è lo specchio di una crisi sempre più acuta che investe l’intero sistema penitenziario italiano. La fotografia arriva dal dossier presentato al Nuovo Complesso di Rebibbia dalla Cgil Funzione Pubblica di Roma e Lazio e presenta una situazione emergenziale dove la sofferenza è giunta ad un punto critico: carenza cronica di risorse umane e finanziarie, strutture penitenziarie fatiscenti e insicure, pessime condizioni igieniche, livelli di disperazione e degrado umano, crescita esponenziale di suicidi e di morti nelle carceri, sovraffollamento.
Negli ultimi dieci anni, sottolinea la Cgil, le risorse destinate al sistema penitenziario sono diminuite del 50 per cento mentre è raddoppiata la popolazione carceraria a causa di leggi liberticide come la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi. Il numero di ristretti nei quattordici istituti di pena della regione è di circa 6400 unità (3753 nel 2005). Il personale di polizia penitenziaria in servizio è inferiore del 20 per cento rispetto alla pianta organica, ma all’interno degli istituti la carenza sale al 35 per cento poiché molte unità svolgono mansioni fuori dalle carceri. I pochi agenti in servizio effettivo garantiscono la sorveglianza con carichi e turnazioni di lavoro massacranti. A Rebibbia, nei turni di notte, il rapporto è di un agente ogni duecento detenuti. Gli istituti penali di Rebibbia, Viterbo, Rieti, Latina e Civitavecchia sono al collasso. Non stanno meglio gli assistenti sociali, con un organico del 40 per cento inferiore rispetto alle disposizioni di legge.
Il rapporto tra educatori e detenuti è di 1 a 76. Diversamente dall’assistenza sanitaria, trasferita di competenza al Sistema sanitario nazionale, il ministero di Giustizia ha mantenuto la responsabilità dell’osservazione e del trattamento psicologico dei detenuti, grazie alla collaborazione di esperti pagati a parcella. Si tratta di 384 unità, di cui 340 psicologi, impiegati sul territorio nazionale. Nel Lazio ne operano soltanto trenta, ai quali il Ministero ha ridotto le ore di servizio del 30 per cento, vuol dire che il tempo da dedicare ad ogni detenuto è in media da 0,8 minuti a 2,2 ore l’anno! In più, il 24,5% dei reclusi è tossicodipendente, il 7,5% sieropositivo, un altro 40%  affetto da epatite e infezioni virali croniche, dipendenza alcolica, malattie psichiatriche.
12. Milano. Immobili low cost: ecco alcuni nomi. Milano, 18-02-2011. C'e' anche il dirigente della Sezione criminalita' organizzata della Squadra Mobile di Milano, impegnata nell'inchiesta sul caso Ruby, tra i beneficiari degli immobili low cost del Pio Albergo Trivulzio. Maria Jose' Falcicchia, dagli elenchi consegnati oggi alla Commissione Casa e Demanio del Comune di Milano, risulta titolare di un contratto di locazione di un appartamento nella zona tra Turati e Moscova, di 75 metri quadri, che le costa 12.242 euro annui spese comprese (poco piu' di mille euro al mese).
L'assegnazione dell'abitazione e' recente (13 gennaio 2011) e la scadenza e' fissata 12 gennaio del 2019. Altro nome altisonante quello del direttore generale del Milan, Arido Braida, e la conduttrice e attrice televisiva, Amaral Gaia Bermani. Il primo beneficia (dal 1 aprile del 2010 e fino il 3 marzo del 2018) di 84 metri quadri in piazza del Carmine ad un canone mensile di 1545 euro; la seconda di 72 mq in via Bramante (la data di scandenza e' al 28 febbraio 2011) per poco piu' di 750 euro al mese. Tra gli affittuari risulta anche un Cordero Di Montezemolo il cui nome e' indicato dall'iniziale D.: ha un ufficio in piazza Mirabello (assegnato il 29/6/2010 e in scadenza il 28/6/2022) di 43 metri quadri, per il quale corrisponde circa 900 euro al mese.
 

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