domenica 24 aprile 2011

Federali-Mattino. 25 aprile 2011. Morbo di Baumol. Tremonti, per bocca di Calderoli: Il rilancio per capitoli, reimmettendo in circolazione denaro ma senza far spendere lo Stato, parte dall'edilizia privata, un volano cruciale per il quale verrà riproposto un piano casa in cui lo Stato fissa i principi, poi spetta alle Regioni entrare nel merito, sulla scia del modello Veneto. Il piano, precisa Calderoli, guarda alla riqualificazione delle aree degradate, all'aumento delle volumetrie e ai mutamenti di sagoma, fatti salvi i vincoli, mentre per lo storico vale il principio del silenzio assenso per il permesso di costruire.----In Basilicata c'è lavoro solo per operai e badanti.----Pavia. Diciotto giovani a giudizio per aver fatto il saluto fascista a un raduno.

Morbo di Baumol:
Un anno fa la Grecia, oggi tocca al Portogallo
Rilancio economia, ecco piano Tremonti: sviluppo a costo zero grazie all'edilizia
In Basilicata c'è lavoro solo per operai e badanti
Basilicata, ogni anno «scompaiono» 86mila t. di rifiuti nocivi

Sforzi immani:
Bozen. Il Cai boccia i pittogrammi: una furbizia
Sicilia: via libera giunta a zona franca legalita' nel Nisseno
Pavia. Diciotto giovani a giudizio per aver fatto il saluto fascista a un raduno in Borgo Ticino


Un anno fa la Grecia, oggi tocca al Portogallo
 CRISI. Il 23 aprile 2010 dopo molte incertezze il premier Papandreou chiese aiuto a Ue e Fmi per evitare la bancarotta
 Bruxelles si è dotata di strumenti per limitare i danni ma l'euro è ancora nel mirino dei mercati
24/04/2011
BRUXELLES
Un anno fa il premier greco Giorgio Papandreou si arrese. Era il 23 aprile quando annunciò: «Per la Grecia è una nuova Odissea». Dopo settimane di incertezza, il governo di Atene decise di chiedere aiuto a Ue e Fmi per evitare la bancarotta: un buco, creato da trucchi di bilancio del precedente governo, evasione fiscale e fughe di capitali, che avrebbe potuto trascinare nel baratro il sistema dell'euro. Per ripagarlo, ha dovuto lanciare un piano di riforme da lacrime e sangue. Quel giorno però non pianse solo la Grecia. Anche l'euro scoprì di essere soggetta alla speculazione internazionale.
Un anno dopo, Eurolandia sa di non essere uscita dal mirino dei mercati, che sfruttano le diverse velocità di sviluppo dei Paesi che la compongono e le debolezze di un'Europa divisa su tutto. Ha saputo reagire lanciando prima un piano di aiuti per la Grecia, poi creando a maggio 2010 il Fondo salvastati Efsf valido fino al 2013, e in marzo l'Esm (meccanismo di stabilità permanente dotato di 500 miliardi) che subentrerà da metà 2013 e rappresenta un nuovo modello di governance economica dell'euro. Ma i mercati non hanno mollato la presa: dopo la Grecia, è toccato a Irlanda e Portogallo chiedere aiuto.
In autunno il governo Cowen si è dimesso dopo aver richiesto aiuti per 85 miliardi. Schema simile, quello del Portogallo, dove ai primi di aprile il premier Josè Socrates ha alzato le mani davanti a un buco di almeno 80 miliardi. Timori continuano a essere sussurrati su Spagna e Belgio, mentre si evita di parlare dell'Italia, «troppo grande per fallire».
La reazione dell'Eurozona finora è stata efficace. In un anno ha creato meccanismi impensabili, come è stato rivendicato dal presidente della Commissione Barroso e dal presidente permanente Van Rompuy, ma potrebbe fare di più. E lo pensano il presidente della Bce, Jean Cluade Trichet, e gli europarlamentari che, come l'ex premier belga Verhoefstadt, puntano alla creazione di un vero governo europeo della moneta, con tanto di lancio di Eurobond che facciano da camera di compensazione per i debiti pubblici nazionale.
Alla crisi greca l'Europa ha risposto con il piano di prestiti che a fine marzo è stato ammorbidito concedendo un allungamento dei tempi di rientro e uno sconto sul tasso di interessi. Poco dopo ha creato il fondo salvastati Efsf cui ha attinto per la crisi irlandese e che sarà usato per quella portoghese, per la quale sono in corso i negoziati che saranno chiusi entro metà maggio.
Resta l'inquietudine per un meccanismo di gestione dell'euro che non è condiviso e implica ricadute per i Paesi virtuosi espresse dalle rimostranze della Finlandia, Paese a tripla A, europeista, che si è irrigidito all'idea di nuovi interventi dopo la vittoria elettorale degli euroscettici del partito dei Veri finlandesi.

Rilancio economia, ecco piano Tremonti: sviluppo a costo zero grazie all'edilizia
Calderoli: riduzioni fiscali per chi investe in ricerca, carta identità elettronica assorbe patente e tessera sanitaria
ROMA - Il piano l'ha elaborato Giulio Tremonti, ma a illustrarlo è stato Roberto Calderoli. E' il piano per il rilancio dell'economia, che punta principalmente su edilizia pubblica e privata, ricerca universitaria, turismo, rinegoziazione dei mutui, nuove regole per gli appalti, una lista bianca per controllare i subappalti. In un'intervista alla Padania Calderoli parla di «riforme strutturali perchè inneschino la ripresa senza mettere mano alla cassa». Tra le novità per l'edilizia l'innalzamento della soglia da 50 a 70 anni per i vincoli storici degli immobili e niente visti della sovrintendenza se sono stati recepiti i piani ambientali. Tra le novità anche il documento unico, la carta di identità elettronica che assorbirà patente, codice fiscale, tessera sanitaria.

«Noi la diamo una boccata d'ossigeno all'economia ma non una tantum, nè in una veste di dare e avere che non è nello stile della Lega - dice Calderoli - Le riforme si fanno strutturali perchè durino e perchè inneschino la ripresa senza mettere mano alla cassa». Il piano viene definito «poderoso» e «concordato con Tremonti» per «far ripartire il Paese».

Il «rilancio per capitoli», «reimmettendo in circolazione denaro ma senza far spendere lo Stato», parte dall'edilizia privata, un «volano cruciale» per il quale verrà riproposto un «piano casa in cui lo Stato fissa i principi, poi spetta alle Regioni entrare nel merito», sulla scia del «modello Veneto». Il piano, precisa Calderoli, «guarda alla riqualificazione delle aree degradate, all'aumento delle volumetrie e ai mutamenti di sagoma, fatti salvi i vincoli», mentre per lo storico «vale il principio del silenzio assenso per il permesso di costruire». Previsto «l'innalzamento a 70 anni di età per i vincoli storici degli immobili» mentre «non ci sarà bisogno del visto della Sovrintendenza per i beni se sono stati recepiti i piani ambientali».

Sul piano pubblico individuati «capitoli sensibili» che riguardano «i limiti per le opere compensative, limiti alle varianti in corso d'opera rispetto ai costi iniziali, un limite alle riserve con un tetto massimo del 20 per cento». Introdotta anche una White List, una «lista bianca per le ditte subappaltatrici. Sapremo chi sono, avremo una tracciatura legale», spiega Calderoli, secondo il quale il «capitolo di rilancio doveva arrivare a fine anno in forma di maxiemendamento. In ogni caso si è trasformato in tavolo di lavoro nel corso del quale sono stati integrati altri aspetti che riguardano la semplificazione», come il «documento unico», la carta d'identità elettronica che «riassumerà anche il codice fiscale, la tessera sanitaria, la patente, il passaporto».

Tra le altre misure una «riduzione fiscale del 5% della spesa e una percentuale elevata di credito d'imposta» per chi investe in ricerca «attraverso le università pubbliche». Con il piano, scrive la Padania, Tremonti «cala l'asso proponendo, a costo zero», iniziative per la crescita. Il piano, secondo il giornale, «segna una accelerazione nelle politiche del governo per introdurre nuove deduzioni fiscali, per tagliare drasticamente i tempi morti della burocrazia, per creare un centro unico per i controlli fiscali». Anche se «la coperta è corta», afferma Calderoli, si possono trovare «energie alternative» per rilanciare lo sviluppo. Non è ancora stato deciso quale strumento legislativo il governo proporrà per le nuove misure: che il «poderoso piano» che illustra Calderoli si traduca in «un decreto legge o in un piano di riforma economica, poco cambia», scrive la Padania.

Questa mattina Calderoli ha rettificato due punti dell'intervista: il principio del silenzio assenso non va riferito allo storico e la deducibilità fiscale per le imprese che investono in ricerca presso l'università è del 100% e non del 5%.

In Basilicata c'è lavoro solo per operai e badanti
di MASSIMO BRANCATI
C’è chi sogna per i propri figli un futuro da avvocato, medico, ingegnere o manager. Ma, in Basilicata, quasi sempre queste aspettative si traducono in disoccupazione o, nel migliore dei casi, in precariato. Sì, perché il mercato occupazionale lucano è tarato su un’altra dimensione: incrociando le offerte di sportelli Informagiovani, agenzie per interinali e centri per l’impiego, infatti, scopriamo che non ci sono sbocchi per professioni cosiddette «nobili», ma spazi in abbondanza per idraulici, cuochi, carpentieri, giardinieri. E, soprattutto, badanti, figura che sta vivendo in Basilicata un «boom» grazie al progressivo invecchiamento della popolazione residente e a un sistema pubblico di assistenza che sconta ritardi gestionali e carenze finanziarie.

MANAGER - Addio «colletti bianchi» e valigette 24 ore. Secondo l’osservatorio permanente sull'attrattività del Sistema Paese di Fondazione Italiana Accenture e Università Bocconi, Potenza e Matera sono agli ultimi posti fra le province italiane per sviluppo di professionalità innovative. Per intenderci, niente top manager. Ma tra un po’ anche l’imbianchino avrà vengono snobbate figure professionali come manager, professionisti del marketing e della ricerca: i piccoli imprenditori appaiono riottosi ad investire risorse economiche in profili professionali che tendono ad assorbire nelle proprie competenze. Della serie, faccio tutto da me. Le grandi realtà produttive presenti sul territorio lucano - come Fiat, Ferrero e Coca Cola - hanno la casa-madre fuori regione e preferiscono affidarsi a dirigenti interni. Risultato: i laureati lucani continuano ad emigrare e il comparto industriale ancora non riesce ad interagire con il sistema universitario.

FORMAZIONE - Il tessuto produttivo lucano, dunque, chiede soprattutto manualità. Ma è un appello che il sistema formativo regionale non riesce a capire, assecondando un processo di scolarizzazione che è spiazzante rispetto alle reali opportunità della Basilicata. I giovani lucani continuano ad essere orientati verso attività concernenti le professioni impiegatizie e i risultati, in termini di posti di lavoro, è sotto gli occhi di tutti: circa 22mila lucani hanno partecipato, negli ultimi dieci anni, a un corso di formazione. Ma terminato il percorso formativo solo il 24,6% è approdato in un accento poco familiare, dal momento che i giovani lucani preferiscono iscriversi all’Uni - versità, seguire un percorso di alta scolarizzazione, snobbando figure come tornitori, addetti per le presse, caldaisti, saldatori e via dicendo. Proprio quelle figure che l’imprenditoria locale richiede a gran voce, orientando la domanda occupazionale a profili medio bassi. Per ragioni di budget, ma anche culturali, u n’azienda o in un ufficio, potendo contare, nella maggior parte dei casi, su contratti a scadenza.

STUDIO - La domanda, direbbe Lubrano, sorge spontanea: ma se il mercato lucano del lavoro non va al di là di idraulici, carpentieri, saldatori e gruisti, ha ancora senso iscrivere i propri figli all’università, ai master, ai corsi di specializzazione? Come status e come remunerazione rischiano di essere al di sotto delle aspettative dei giovani. Ma attenzione: per quanto possano sembrare sotto-qualificate, le professioni del futuro richiederanno comunque studi universitari. Già oggi nella maggior parte dei call center si cercano giovani con la laurea. La spiegazione? Per gli uffici delle risorse umane chiedere titoli di studio superiori semplifica la selezione, eliminando automaticamente una parte dei candidati. Inoltre la laurea dà un'infarinatura di cultura generale che sarà obbligatoria anche nei lavori più umili. Forse non è un caso che già oggi assistiamo in Basilicata al fenomeno della «sovra-qualificazione»: il 7% dei baristi, il 12% delle massaggiatrici e il 9% delle baby sitter ha una laurea in tasca. E un sogno chiuso irrimediabilmente nel cassetto.
24 Aprile 2011

Basilicata, ogni anno «scompaiono» 86mila t. di rifiuti nocivi
di MASSIMO BRANCATI
Ci sono rifiuti e rifiuti. Pensavamo di aver toccato il fondo con quelli urbani di Potenza, che continuano a viaggiare e a «mendicare» discariche in giro per la Basilicata. Ma la vera emergenza, forse sottovalutata, riguarda gli scarti industriali e la loro destinazione: secondo le stime elaborate dall’Istituto per l’Ambiente, il territorio lucano è in grado di smaltire in impianti autorizzati appena il 16% dei rifiuti industriali prodotti nei confini regionali, pari a circa 46mila tonnellate annue (in totale se ne producono 288 mila tonnellate). Il resto? Viene «esportato», ma una parte consistente di questa «monnezza» (oltre 86mila tonnellate) finisce in falde idriche e in terreni. Inquinandoli. Il fatturato complessivo del corretto smaltimento di scarti industriali ammonta a circa 4 milioni di euro l’anno. Niente in confronto a quanto produce il mercato illegale. Secondo le stime di Assoambiente, circa il 30% dei rifiuti industriali viene smaltito in modo abusivo. Ciò significa che in Basilicata lo smaltimento fuorilegge garantisce un fatturato annuo di oltre 7 milioni di euro, pari, come dicevamo, a 86mila tonnellate di rifiuti. Un impatto che può essere misurato non solo in termini di inquinamento: ogni anno i lucani accumulano, senza saperlo, un debito di 150 milioni di euro (il costo di bonifica delle zone contaminate dai rifiuti industriali, infatti, viene stimato in circa 2 euro al chilo).

Conti alla mano, dunque, il mercato dello smaltimento di rifiuti industriali in Basilicata presenta un saldo negativo (tra mancati introiti e costi di bonifica) superiore ai 180 milioni di euro l’anno. Qualche altro dato significativo: in cinque anni la regione ha rinunciato ad un mercato potenziale di circa 110 milioni di euro e ha accumulato, per colpa dei sistemi illegali di smaltimento, costi di bonifica pari a circa 500 milioni di euro. Mica spiccioli.

Ecco perché il territorio lucano è diventato, nel corso degli anni, terra di conquista per decine di imprese extraregionali, molte delle quali coinvolte in procedimenti giudiziari. Di qui la necessità di invertire la tendenza, espellendo dal mercato gli interessi criminali e dotando la Basilicata di un autonomo e adeguato sistema di smaltimento dei rifiuti industriali. Legambiente ritiene che ci siano le tecnologie adatte e disponibili (termodistruzione, inertizzazione, depurazione biologica e chimico-fisica) che consentono di guardare con relativo ottimismo ad un futuro in cui i rifiuti siano gestiti come «risorsa» e non rappresentino, invece, una drammatica emergenza.

Bozen. Il Cai boccia i pittogrammi: una furbizia
Pdl e Udc: un escamotage per eliminare i cartelli in italiano obbligatori
BOLZANO. Ottenere dal ministro Fitto una sforbiciata all'elenco di nomi bilingui per i segnali di montagna stilato dalla commissione paritetica Stato-Provincia. Alleggerire la presenza delle dizioni generiche in italiano (e quindi anche in tedesco) sostituendole con disegni, i pittogrammi che indicano malga, sentiero, seggiovia. Questa la doppia strategia del presidente Luis Durnwalder e di parte della giunta provinciale sulla questione della segnaletica di montagna. Ma sui pittogrammi, di cui si è discusso l'altro giorno nella clausura di giunta, arriva una pioggia di bocciature, dal Cai alla politica.

Vito Brigadoi, vicepresidente del Cai, parla a titolo personale («non ne abbiamo discusso nel direttivo») con la consueta chiarezza: «La storia dei disegni sui cartelli al posto dei nomi generici mi sembra inopportuna. Potrebbe essere interpretata come un sistema per ridurre la presenza dell'italiano. La giunta ha annunciato inoltre che i cartelli di legno verranno sostituiti da tabelle in alluminio. E' buffo. Anni fa lo avevamo proposto, per uniformarci alle tabelle Cai del resto d'Italia, e ci era stato risposto che l'Avs non avrebbe rinunciato al tradizionale cartello in legno». I politici possono essere meno diplomatici di Brigadoi. Il deputato del Pdl Giorgio Holzmann, già contrario a uno stravolgimento del lavoro della commissione di esperti, commenta: «I disegni possono essere aggiuntivi, non sostitutivi. Non possiamo tornare ai pittogrammi sulle caverne per risolvere il problema della toponomastica».

A metà maggio Durnwalder presenterà a Fitto le proposte di modifica. La deputata del Pdl Michaela Biancofiore si dichiara convinta che non ci sarà un bis del caso Bondi: «Ho parlato con il ministro Fitto. Sono certa che non darà il via libera a proposte contraria allo spirito del suo accordo iniziale con Durnwalder, che mirava a ristabilire il bilinguismo dopo i 34 mila cartelli in tedesco posati dall'Avs. I disegni al posto dei sostantivi sono l'ennesima furbizia e lo capiscono anche i bambini. Il ministro Fitto mi ha confermato che la questione della segnaletica entrarà in una discussione politica più ampia con la Svp, condotta insieme al ministro Frattini». Proprio per questo potrebbero arrivare concessioni? Biancofiore: «Ci interessa un accordo politico, non la sconfessione della nostra linea politica». Sui cartelli il vicepresidente Christian Tommasini (Pd) è invece possibilista: «Mi sembra una questione tecnica, non politica». L'Udc mette in guardia il Pd. Il segretario Paolo Degasper: «Il Pd, unico alleato in giunta, deve stare attento a non cadere nei trabocchetti del presidente. La sostituzione con disegni di parole come "malga" e "sentiero" diminuirà smisuratamente la presenza della versione italiana». (fr.g.)

Sicilia: via libera giunta a zona franca legalita' nel Nisseno
La giunta regionale presieduta da Raffaele Lombardo ha approvato lo schema di delibera per l'istituzione della 'Zona franca per la legalita'' nel territorio della Provincia di Caltanissetta e di alcuni comuni delle province limitrofe.
 La proposta, presentata dall'assessore regionale alle Attivita' Produttive, Marco Venturi, ha recepito le istanze provenienti dal Tavolo unico di regia per lo sviluppo e la legalita' di Caltanissetta, orientato a creare una zona franca in grado di attrarre investimenti sul territorio, incentivare la crescita e rilanciare il tessuto socio economico della provincia.
 "E' una sfida per il rilancio di un territorio - afferma il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo - che parte dall'idea di creare un'area economica, destinata a garantire vantaggi e sgravi fiscali a favore di quelle imprese in grado di rispettare tutti i parametri di legge e di opporsi a richieste criminali. La Regione intende avviare un dialogo propositivo per una stagione di rilancio economico e sociale della provincia di Caltanissetta e non solo".
 "La Provincia di Caltanissetta, con l'attuale vertice di Confindustria, rappresenta - sostiene l'assessore regionale alle Attivita' Produttive, Marco Venturi - un modello imprenditoriale di legalita' a livello nazionale: i numerosi protocolli d'intesa redatti con la Prefettura per contrastare le infiltrazioni della criminalita' organizzata e creare ampie sinergie sul territorio assieme alla realizzazione di una Zona Franca per la Legalita' possono contribuire ad aumentare la consapevolezza di avere condizioni possibili per attrarre investimenti su un territorio molto vasto su cui creare una zona sicura, un'area protetta da ogni fenomeno malavitoso o delinquenziale che, con il concorso delle istituzioni, salvaguardi gli investimenti, dia certezza alle imprese, realizzi un costante controllo delle attivita', fornisca corsie preferenziali per l'apertura di nuove imprese e sia in grado di fornire servizi attraverso lo 'sportello unico', in tempi certi".
 Della Zona Franca per la legalita' faranno parte i seguenti comuni: Acquaviva Platani, Bompensiere, Butera, Caltanissetta, Campofranco, Delia, Gela, Marianopoli, Mazzarino, Milena, Montedoro, Mussomeli, Niscemi, Resuttano, Riesi, San Cataldo, Santa Caterina Villarmosa, Serradifalco, Sommatino, Sutera, Vallelunga e Villalba, in provincia di Caltanissetta, Canicatti', Campobello di Licata, Ravanusa e Licata, in provincia di Agrigento e Pietraperzia, in provincia di Enna.
 Il presidente della Regione dovra' - secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 15/2008 - d'intesa con il ministro dell'Interno istituire la zona franca per la legalita' e al contempo aprire un confronto col Governo Nazionale e con la Commissione Europea per la individuazione di proposte operative relative ad una fiscalita' di vantaggio per le imprese ubicate all'interno della ZFL.
 La giunta ha inoltre messo a disposizione dell'assessore alle Attivita' Produttive la somma di 50 milioni di euro per l'attivazione delle finalita' della 'ZFL'.

Pavia. Diciotto giovani a giudizio per aver fatto il saluto fascista a un raduno in Borgo Ticino
Sotto accusa il presidio in ricordo del militante di destra Zilli
Il processo nei loro confronti si aprirà il 22 settembre
PAVIA. A decine si erano radunati in via Scapolla per commemorare l'esponente di estrema destra Emanuele Zilli, morto in quella via 35 anni fa. Ma alcuni militanti non si erano limitati a depositare la corona di fiori. Secondo la procura di Pavia, che ne ha rinviati a giudizio 18, alcuni del gruppo avrebbero anche fatto il saluto romano.

 L'accusa si basa sulla Legge Mancino, che punisce chi istiga alla discriminazione e all'odio razziale e le organizzazioni che fanno riferimento, in qualunque modo, a queste idee. Il processo per gli imputati, tutti giovani della provincia di Pavia, comincia il 22 settembre davanti al giudice Luigi Riganti.

 In aula dovranno presentarsi l'ex segretario provinciale di Forza Nuova Diego Di Sopra (36 anni), Antonio Simone (38), Cristian Roselli (25), Giuseppe Baldi (32), Emanuele Persendi (24), Luca Scuro (22), Jacopo Merlini (22), Antonio Musolino (24), Giorgio Gorreri (22), Roberto Milan (47), Vincenzo Di Benedetto (26), Luca Battista (31), Daniele Morelli (24), Federico Morando (22), Ettore Sanzanni (53), Giacomo Francesco Artuso (29), Alessandro Graia (22), Luca Gerla (22).
 Devono tutti rispondere della stessa accusa. I fatti si riferiscono alla commemorazione che alcuni militanti di Forza Nuova e dell'estrema destra pavese fecero a novembre del 2009 in occasione dell'anniversario della scomparsa di Emanuele Zilli, esponente del Movimento sociale morto, in circostanze ritenute "misteriose" dal movimento dell'estrema destra pavese, 35 anni fa, in via Scapolla, una traversa di piazzale Ghinaglia, in Borgo Ticino.
La cerimonia era autorizzata dal questore, nonostante le proteste negli ambienti di sinistra. I militanti si diedero appuntamento per depositare fiori davanti all'abitazione di Zilli e la serata si concluse, secondo l'accusa, con il saluto romano. Un gesto vietato dalla legge Mancino e che suscitò, all'epoca dei fatti,
parecchie polemiche nei settori della sinistra.

 Nonostante il clima incandescente di quei giorni, nessuno degli esponenti dei movimenti di destra si aspettava conseguenze giudiziarie. La zona, comunque, era presidiata dalle forze dell'ordine, che dovettero vigilare sull'ordine pubblico e impedire ogni possibilità dis contro con altre fazioni politiche.

 I partecipanti vennero così ripresi e identificati attraverso le riprese video fatte dalla polizia, ma alcuni di loro, già in fase di indagine, negarono perfino di essere stati presenti all'iniziativa.
 Venti furono gli avvisi di garanzia: solo per due il magistrato ha ritenuto, nel frattempo, di archiviare il procedimento. Diciotto persone, invece, dovranno presentarsi in aula a settembre.

 «In ogni caso il gesto può essere condannato solo se idoneo a favorire la diffusione di idee basate sulla discriminazione razziale - spiegano i legali Claudia Sclavi e Stefano Vicario, difensori di alcuni imputati -. Nel caso specifico, invece, il gesto era solo un saluto in ricordo di un militante di partito. Al processo dimostreremo che gli imputati non possono quindi essere puniti». (m. fio.)

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