domenica 8 maggio 2011

Aiuti ad Atene ma in cambio di garanzie

Bruxelles prepara il salvataggio per evitare l'uscita dell'euro: servono 25 miliardi
MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES – La Stampa


Nella lunga notte lussemburghese delle molte smentite, il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker ha definito «stupide» le notizie di un’uscita della Grecia dal club della moneta unica. Ieri mattina, parlando sotto il sole ionico dell’isola di Meganisi, il premier ellenico George Papandreou le ha etichettate come «uno scenario al limite del criminale». Atene, s’è capito alla fine, non intende abdicare dalla moneta unica, né chiedere la ristrutturazione del pesante debito. Vuole invece essere aiutata, invoca condizioni più lievi per i finanziamenti; in cambio, offre ulteriore rigore e determinazione risanatrice. Il che, al punto a cui siamo, continua a essere il migliore e meno costoso dei baratti possibili.

A chi credere? Al portavoce di Juncker che venerdì negava che i ministri finanziari dei quattro big dell’Ue (Francia, Germania, Spagna e Italia con Giulio Tremonti), più la Grecia, il premier lussemburghese, la Bce e la Commissione, fossero riuniti in una villa del Granducato. O allo stesso alto funzionario che poco più tardi assicurava che «Atene ha chiesto dell’Eurozona di alleggerire le condizioni poste per la riduzione del deficit». La serata che si sognava restasse segreta, convocata per fare il punto sui molteplici malanni dell’Eurozona, ha rotto parecchia cristalleria, coaudiuvata dallo «Spiegel» che nel pomeriggio aveva spericolatamente annunciato l’imminente addio ellenico alla moneta unica.

Il presunto scoop del settimanale tedesco, in genere autorevole, i suoi effetti li ha avuti. Poco dopo la diffusione della notizia l’euro ha perso un punto percentuale sul dollaro e i rendimenti sul debito greco sono balzati ai massimi (biennali al 25%). I tedeschi scrivevano che ci sarebbe stata una riunione e i diretti interessati hanno negato, alimentando ogni sorta di dubbio. «I pezzi giornalistici sulla possibile uscita della Grecia dall’euro sono sbagliati e volutamente fuorvianti», ha commentato ieri il portavoce del commissario Ue all’Economia, Olli Rehn, giustificando col ricorso al «volutamente» pensieri dietrologici sul pressing di Berlino sulla Grecia.

La situazione per l’Eurozona è certo seria. Se le deve vedere col salvataggio del Portogallo che decolla in queste ore - insidiato dal mercato turbolente e dal rischio che la Finlandia ceda alle opzioni dei populisti e blocchi tutto -, e deve gestire la cura di una Grecia che migliora a passo di formica. L’incontro segreto di Lussemburgo si sarebbe dunque occupato dell’estensione dei bond ellenici in scadenza quest’anno e nel 2012 (in totale 65 miliardi). Possibile un’estensione da due a quattro anni. Alla Stampa il ministro dell’Economia, George Papaconstantinou, ha ammesso che Atene sarebbe intenzionata a bussare per nuovi aiuti (25 miliardi) al fondo anticrac dell’Ue (Efsf) l’anno prossimo piuttosto che tornare sul mercato a tassi da rapina. L’Europa immagina garanzie collaterali, forse legate ad un piano di privatizzazioni. Se ne parlerà a Bruxelles, all’Eurogruppo del 16.

L’apprensione per il caso greco cova dall’ultimo G20 americano, quando s’è capito che non ce la si farà a ridurre il deficit al 3% del Pil nel 2014. La troika Commissione/Fmi/Bce sarà in settimana ancora all’ombra del Partenone per vedere cosa fare per tonificare i greci, mentre la Banca centrale europea continua ad avvertire che il consolidamento sarebbe più oneroso del risanamento. Per non parlare dell’uscita dalla moneta unica. «Nessuno vuole lasciare l’euro», ha spiegato, Erkki Liikanen, il finlandese del board dell’Eurotower. «Nessuno prende in considerazione questa opzione», giura la Commissione. «Lasciateci lavorare in pace» è sbottato alla fine Papandreou. Da vedere se si riferisse ai cronisti, ai mercati o ai tedeschi.


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