domenica 8 maggio 2011

Sul debito greco c'è qualcuno che gioca sporco

STEFANO LEPRI – La Stampa
Qualcuno ha giocato pesante, nella bruttissima giornata di venerdì che ha di nuovo fatto tremare l’euro. Non c’è bisogno di essere esperti di finanza per avvertire puzza di bruciato, quando un grande creditore sparge la voce che il debitore non pagherà. Ovvero, non converrebbe affatto alla Germania se la Grecia dichiarasse una parziale insolvenza (ristrutturazione) del proprio debito pubblico, perché tra i maggiori creditori vi sono banche tedesche.


Eppure le voci sul possibile default della Grecia sono state rilanciate proprio da lì. Da Atene alcuni hanno cercato di rispondere con le stesse armi, giocando il tutto per tutto. L’incontro di emergenza a Lussemburgo tra alcuni ministri europei ha rimesso le cose a posto, per il momento; ma la vicenda resta brutta, e carica di rischi politici ancora più che economici.
 Occorre dunque capire perché i mercati per qualche ora si sono esercitati a scommettere su ipotesi estreme. Da una parte si è dato come imminente l’annuncio che la Grecia non avrebbe onorato una parte dei suoi debiti. Dall’altra si è risposto con l’ipotesi che la Grecia uscisse dall’euro, cosa piuttosto difficile da realizzare ma che se attuata porterebbe, di necessità, a una rottura traumatica con l’Unione europea in cui dei debiti non verrebbe saldato quasi nulla.

 A chi giova? Certo, in qualche caso rinunciare ai propri crediti può risultare un male minore. Se abbiamo prestato soldi a un amico in difficoltà, piuttosto che ascoltare ogni mese le nuove scuse che inventa per non ripagare, possiamo condonargliene una parte in cambio della promessa di saldare con puntualità le rate che restano. Tutto sta nel valutare i pro e i contro. Non si può mostrare indulgenza verso chi continua a spendere più di quanto guadagna. Se abbiamo altri debitori, potrebbero trarne spunto per diventare morosi anche loro. E naturalmente la generosità può risultare troppo costosa anche per noi stessi. La Bce, la Commissione europea e molti governi tra cui quello italiano sono convinti che nella vicenda greca questi tre rischi compaiano tutti.

 Il ragionamento che si fa a Berlino (non in tutto il governo, per fortuna) è però politico, e funziona come segue. Se la Grecia deve dichiarare bancarotta, meglio che lo faccia subito. Più si va in là, più i creditori privati riusciranno a liberarsi dei titoli di Stato ellenici, e il crack andrà invece a carico degli altri Stati europei che stanno sostenendo la Grecia; la resa dei conti si avvicinerebbe pericolosamente alle prossime elezioni politiche del 2013. Agli elettori - si ragiona - sarebbe più facile chiedere adesso soldi per sostenere le banche tedesche, piuttosto che a ridosso delle elezioni informarli degli ammanchi apertisi nel bilancio della Bundesrepublik.

 I mercati finanziari di oggi hanno uno straordinario, inquietante potere di trasformare le fantasie in realtà: più si parla di collasso di un Paese, più l’ascesa dei tassi di interesse sui suoi titoli lo rende probabile. L’ipotesi di default, pur se rilanciata da Berlino, era nata nella politica di Atene; secondo un recente sondaggio è condivisa da una leggera maggioranza di greci, ignari che scaricherebbe su di loro sacrifici ancora più pesanti.

 Solo se il governo greco si impegnerà di più i calcoli altrui non avranno spazio. Le difficoltà politiche più consistenti in questi giorni ad Atene riguardano le privatizzazioni di aziende pubbliche: non il tenore di vita dei cittadini, piuttosto il potere clientelare dei politici. La scelta giusta dell’Europa è di imporre tempi e garanzie sicure su quel programma. Altrimenti vinceranno la Grecia peggiore e la Germania peggiore.


Nessun commento: