mercoledì 18 maggio 2011

Federali Mattino-19 maggio 2011. Padani problematici. 1. Ma ci sono vie di uscita? «L'obiettivo vero è il superamento di quella clausola e in teoria ci sono due strade, tenendo presente che poi decide sempre il ministero dell'Economia, cioè Tremonti».----2. Per Zaia, però, le alternative non sono molte: «O il Veneto sceglie la strada dei campi profughi, delle tendopoli, dei casermoni, o sceglie la strada dell’ospitalità diffusa, che ci dà la possibilità di spalmare la presenza e che significherebbe per noi accogliere 1 profugo ogni 2.000 abitanti.

Forza Oltrepadani, che tira brutta aria:
Crisi in Slovenia Pahor precipita anche nei sondaggi
San Marino. Tremonti: sanzioni per banche che ignorano l’euroritenuta.

I padano-veneti chiedono:
Veneto: Accoglienza, l’ira di Zaia «Soluzioni, non demagogia»
Treviso. Tosi: «Solo la politica può salvare Serenissima»


Crisi in Slovenia Pahor precipita anche nei sondaggi
 Il premier occupa il penultimo posto nella classifica di gradimento dei politici. Perde quota anche il suo partito
TRIESTE. Per il governo sloveno piove sul bagnato. Dopo essere stato messo in minoranza con l’uscita dalla compagine del Partito dei pensionati (Desus) altre brutte notizie giungono dalla mensile «anketa» (sondaggio) del quotidiano lubianese Delo. I sondaggi relativi alla personalità politica più amata hanno visto il premier Borut Pahor precipitare al penultimo posto. E visto che per il mese successivo non si prendono in considerazione gli ultimi due posti della speciale graduatoria a giugno il primo ministro non sarà neppure contemplato. Al primo posto resta il capo dello Stato, Danilo Türk seguito dal commissario europeo all’Ambiente Janez Potocnik che viene dato come il premier papabile alla definitiva caduta di Pahor. Buon terzo posto per l’eurodeputato Lojze Peterle a conferma che l’aria di Bruxelles fa bene all’immagine in patria. Va male invece al ministro degli Interni, la bellissima e biondissima Katarina Kresal alla quale evidentemente non hanno giovato i bellissimi occhi verdi.

 Tempesta per il centrosinistra anche dalle intenzioni di voto degli sloveni. A maggio i socialdemocratici (Sd) del premier confermano la caduta libera racimolando l’11,3% delle preferenze ben lontano dal 20% fatto segnare dagli antagonisti di centrodestra della Sds di Janez Jansa. Freccia all’ingiù anche per i pensionati che non vanno oltre un risicato 8,7%.

 Pure il giudizio sul lavoro del governo è estremamente negativo. A maggio la valutazione tocca il minimo (una sorta di caduta libera) conquistando un timido 2 su una scala di 5. Il 76% degli interpellati ha giudicato negativamente l’opera dell’esecutivo contro il 13,05% dei soddisfatti. Ma se Atene piange Sparta non ride. Secca bocciatura anche per il lavoro del Parlamento che ha maggio ha toccato il minimo storico. Insomma gli sloveni bocciano senza scusanti le proprie istituzioni.

 Cosa fare di fronte a un quadro così desolante? Il premier assomiglia sempre più a un topolino chiuso in gabbia, mentre i partiti di maggioranza continuano a litigare tra di loro per vincere la speciale e triste classifica di chi è il più colpevole della disfatta. E il centrodestra? Invero fin qui ha proposto poco di alternativo se non a gran voce le elezioni anticipate. Che sicuramente provocherebbero un ribaltone ma non porterebbero nulla di nuovo nello scenario politico nazionale.

 Chi prova a proporre qualcosa è invece il leader dei popolari (Sls), Radovan Zrjav. Al termine del congresso del suo partito ha lanciato l’idea di dare vita a un Consiglio per la Slovenia 2020 costituito dalle principali personalità e dai più importanti intellettuali del Paese, un «forum dei moderati» lo ha definito Zerjav in grado di diventare un laboratorio di idee per la Slovenia.

 Ma l’idea non sembra aver raccolto grossi entusiasmi. Il giurista Miro Cerar ha detto di voler conoscere meglio il progetto prima di aderire. Più convinzione hanno dimostrato invece il potente presidente degli agricoltori Ivan Oman e lo scrittore Boris Pahor. Freddo il leader di centrodestra Jansa: «Non mi interessa la Slovenia del 2020 - ha detto - tanto per quella data saremo già a buon punto».

San Marino. Tremonti: sanzioni per banche che ignorano l’euroritenuta.
18/05/11 09:48. [RTV] Il ministro italiano dell’economia Tremonti, intervenendo ad un dibattito pubblico tra i 27 dell’Ecofin a Bruxelles ha chiesto sanzioni per gli Stati e le banche che ignorano le norme sull’euroritenuta: ovvero la tassa sui depositi e sui capitali detenuti all’estero. La direttiva 2003/48 attualmente in vigore richiede che ci sia scambio di informazioni tra gli stati membri sui conti delle persone fisiche residenti all’estero. Secondo il ragionamento di Tremonti lo scambio di informazioni con paesi come Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino, Svizzera, dieci ‘territori’ olandesi e gli Stati Uniti, ma anche con Austria e Lussemburgo, dovrebbe diventare automatico perché la “semplice richiesta” non può partire se il fisco che dovrebbe incassare la tassa ignora l’esistenza del conto estero.
San Marino RTV

Veneto: Accoglienza, l’ira di Zaia «Soluzioni, non demagogia»
Il governatore: amministrare vuol dire decidere. Il presidente torna sul piano diffuso: saranno mesi difficili
VENEZIA — Non nomina mai né il suo ex delfino Leo Muraro, neo presidente della Provincia di Treviso che sulla netta opposizione all’accoglienza ai profughi ha costruito l’ultima parte della sua campagna elettorale, né Attilio Schneck, presidente leghista della Provincia di Vicenza, che ieri si è aggiunto al coro degli oppositori tuonando contro la decisione di attrezzare l’ex ospedale di Roana a centro di prima accoglienza sanitaria per i profughi. Ma le parole di Luca Zaia sono talmente trasparenti che quando parla di demagogia e quando non risponde alle domande dirette sui profughi e Muraro si capisce che da una parte si mette lui, dall’altra chi fa facili proseliti su un «esodo biblico». «La partita dei profughi si fa sempre più impegnativa — ha detto il governatore — ora quando vedo 800-1.000 profughi al giorno che sbarcano a Lampedusa per me significa pensare ai bus che arriveranno da noi. Per questo mi sono confrontato col prefetto di Venezia Luciana Lamorgese, che coordina le operazioni e che dovrà poi a sua volta girare ai colleghi delle altre province le richieste di accoglienza».

Per Zaia, però, le alternative non sono molte: «O il Veneto sceglie la strada dei campi profughi, delle tendopoli, dei casermoni, o sceglie la strada dell’ospitalità diffusa, che ci dà la possibilità di spalmare la presenza e che significherebbe per noi accogliere 1 profugo ogni 2.000 abitanti. Meglio dirlo in modo chiaro, so che ci sono già polemiche: abbiamo tutti scoperto che a Roana c’è un ospedale vuoto senza alcun utilizzo. E lì si sta facendo un’opera caritatevole con la Caritas: non c’è nulla da agitarsi. Anzi: ci sono invece tante famiglie che già chiamano per dare ospitalità, sappiamo come sono fatti i veneti. Un punto di prima accoglienza sanitaria ci vuole, poi si va verso la soluzione territoriale». Il riferimento è a Vicenza, dove ieri c’è stata la sollevazione (e una finta bomba) contro il centro d’accoglienza di Roana. Non stupisce allora che Zaia abbia voluto subito mettere le cose in chiaro, perché è noto a tutti che la questione dei profughi sta lacerando la Lega, ma è altrettanto noto che Zaia non ha nessuna intenzione di rimanere schiacciato politicamente da questo: «Lo dico da rappresentante di un partito che avrebbe molto da ridire sui profughi, sulla legalità, sulla necessità di accogliere queste persone — ha detto il presidente—ma oggi siamo di fronte a un problema e i problemi si affrontano con le soluzioni. Questa è una fase difficile. Se decolla, bene, se non decolla perché i prefetti non trovano un substrato nelle province, non ci mettono niente ad affittare un albergo e a mandarli tutti là, un albergatore disponibile lo trovano di sicuro...». Il punto sull'ospitalità del Veneto dice che al momento la nostra regione ha accolto circa 600 profughi, molti dei quali sarebbero anche già partiti. «Ma i prossimi mesi saranno durissimi—avverte Zaia—questo è un momento in cui la demagogia ti inviterebbe a nozze, ma l’amministratore è tale quando c’è da batter cassa e da prendere le parole». E questo, evidentemente, è il momento di «prendersi le parole». Visto che, conclude Zaia, «siamo l’unico Stato europeo che sta pagando i costi di una guerra».
Sara D’Ascenzo

Treviso. Tosi: «Solo la politica può salvare Serenissima»
 AUTOSTRADE. Alla luce delle prescrizioni del Cipe, il rischio è di chiudere nel 2013
 «L'obiettivo è confrontarsi con il ministero dell'Economia e superare la clausola della Valdastico nord: il territorio vuole la proroga»
La strada di Serenissima si fa in salita, il sindaco Flavio Tosi non si nasconde dietro un dito. Dopo le prescrizioni del Cipe, che abbiamo pubblicato ieri, tra le quali il limite temporale di giugno 2013 entro il quale presentare il progetto definitivo della Valdastico nord pena la fine della concessione, i soci dell'A4, tra i quali appunto c'è il Comune di Verona, si interrogano su cosa fare.
I vertici di Serenissima con il presidente Schneck e il direttore generale Chiari sono andati a Trento per presentare alcune ipotesi di progetto, ma il presidente del Trentino Dellai è critico e non concede grandi spazi.
A questo punto da dove ripartire? Può la politica trovare uno spazio per evitare che la concessione finisca il 30 giugno 2013 visto che è molto difficile arrivare a quella data con un progetto appaltabile per la Valdastico nord dal momento che Trento dice di no?
«Ho letto le prescrizioni del Cipe e non c'è dubbio che la più vincolante è la clausola riguardante la scadenza per il progetto della Valdastico nord, senza il quale la concessione va a morire tra due anni», dice il sindaco. Che osserva: «Bisogna capire se quando è stata inserita per la prima volta questa spada di Damocle, l'intento era positivo o negativo. Perché se si inserisce in una concessione una condizione impossibile equivale a un boicottaggio. All'epoca, circolava proprio la voce che la condizione fosse stata inserita per affossare la Serenissima perché qualcuno aveva disegni diversi, quindi una parte del mondo politico non voleva la proroga. Ora invece il clima è cambiato e tutte le istituzioni, compresa la Regione, e i territori locali lavorano per ottenere una proroga della concessione che va a beneficio delle province, delle città, delle imprese».
Ma ci sono vie di uscita?
«L'obiettivo vero è il superamento di quella clausola e in teoria ci sono due strade, tenendo presente che poi decide sempre il ministero dell'Economia, cioè Tremonti».
La prima?
«È quella di rispettare comunque l'adempimento previsto dalla prescrizione e presentare entro giugno 2013 un progetto per la Valdastico nord, che deve essere approvato e finanziabile. È un tentativo che va fatto, anche per non apparire inadempienti. Però l'esito è molto a rischio, perché legato alla interpretazione della norma».
La seconda?
«L'altra strada è che la politica riconosca strategica per il territorio questa opera stradale e la faccia propria concedendo la proroga ma fino a quando c'è la contrarietà di Trento non si arriva a nulla. La mediazione tra politica, territorio e ministero può essere quella di valutare l'importanza strategica di un'altra opera autostradale che non sia la Valdastico nord e che trovi quindi meno ostacoli. È chiaro che è un passaggio difficile, anche per l'Unione europea, perché il diritto a realizzare la Valdastico nord è acquisito da tempo, ma se il Governo nazionale vuole la soluzione la trova».
Ecco, forse qui sta il punto: c'è la volontà del Governo nazionale di salvare Serenissima quando invece Roma ha bisogno di risorse e mettere in gara l'autostrada sarebbe un po' di ossigeno.
«Che lo Stato abbia bisogno di risorse si sa ed è inutile negarlo o polemizzare. Però dopo i ballottaggi, la politica deve concentrarsi sul problema Serenissima per il bene del territorio e tentare l'impresa. Capisco che la strada più semplice, comoda e facile può essere quella di lasciare andare le cose e arrivare alla gara. Ma la strada più giusta è un'altra anche se è più complicata e solo la politica può arrivare a un confronto con il ministero di Tremonti: un sindaco da solo non porta a casa il risultato, si devono mettere in campo tutte le forze, dalla Regione ai parlamentari ai ministri e intervenire su quella famosa clausola».
 Maurizio Battista

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