sabato 11 giugno 2011

Federali.Sera_11.6.11. Son tutti beneficiari della Legge Basaglia. Gianfranco Labrosciano: A ben considerare lo spot pubblicitario sui Bronzi di Riace credo si possa parlare di fenomeno della comunicazione perché tende, fenomenicamente, a uscire dall'ambito pubblicitario e a investire, con una spregiudicatezza e una libertà narrativa che segnano una svolta nell'obsoleto sistema comunicativo dell'arte, la cultura del territorio che rappresentano. Perché di questo si tratta, altro che di ignoranza. L'animazione di cui trattasi pone la Calabria all'avanguardia perché sottolinea il carattere di una ricerca che, lungi dal sotterrarla, esalta l'archeologia ponendola come scienza del futuro in una direttrice spazio-temporale che recupera i simboli di un passato millenario e li proietta in avanti, con i linguaggi dell'avvenire.----Sergio Marini: E non c’è settore in cui la filiera sia più “italiana”, in quanto il vino è riuscito a valorizzare al meglio l’uva italiana – solo italiana! – e la leva distintiva del territorio, inteso nella molteplice accezione di cultura, relazioni, imprese, persone.----ecc.

Forza for’ d’cap’, basagliesi! Madoo’ come m’ dvert; m’arrcreei’ ca ie’ na cos’…:
Austria. Il Tirolo mette in vendita due montagne
San Marino. La Gran Loggia Unita d’Inghilterra riconosce ufficialmente la Serenissima Gran Loggia della Repubblica di San Marino
Bozen. Notte dei fuochi, Theiner: «Gli attentati non danneggiarono la causa».
Bozen. Durnwalder: pedaggi sulle strade alpine
Lo spot sui Bronzi, un fenomeno mediatico
Il vino smentisce i detrattori della filiera agricola tutta italiana
Chioggia, padania. Un samurai... chioggiotto scende con la spada in piazza
Volano gli stipendi nel pubblico. In 8 anni potere d'acquisto +24%
Taranto. Il terremoto sulle tv locali


Austria. Il Tirolo mette in vendita due montagne
Sul mercato per 121 mila euro ma sarà vietato recintarle
MILANO - Adesso vengono messe in vendita anche le Alpi: accade in Austria, dove due vette, nel Tirolo sono state messe sul mercato al prezzo di 121 mila euro. Chi vende è il piccolo centro di Kartitsch, nella valle Gailtal, in Alta Pusteria, a pochi km dal confine italiano. Secondo quanto riferisce il quotidiano «Die Presse», nella sua versione online, si tratta del Gran Kinigat, conosciuto anche come Monte Cavallino (2690 metri), e il Rosskopf, noto come Monte Cavallo (2600 metri). L'acquirente si ritroverebbe in possesso di 1,2 milioni di metri quadrati, nella regione più alta del Tirolo orientale.
VENTI ACQUIRENTI - Josef Ausserlechner, sindaco di Kartitsch, piccolo centro alpino da 800 anime, ha commentato: «In Grecia si vendono le isole e qui si vendono le montagne». Fino al 2001, proprietaria delle Alpi era la Repubblica austriaca, poi la Società immobiliare federale (Big) ha acquistato le vette per 300 mila euro. Secondo il quotidiano «Kleine Zeitung», si sarebbero fatti avanti 20 interessati e l'asta comincerà l'8 luglio. Se ci fosse un nuovo proprietario, comunque, scrive «Die Presse», non cambierebbero certo le condizioni d'uso delle due montagne. «Recintarle e chiuderle, ovviamente, non è possibile», ha chiarito il sindaco Ausserlechner. E anche gli aerei potranno continuare a sorvolarle.
Cristina Marrone

San Marino. La Gran Loggia Unita d’Inghilterra riconosce ufficialmente la Serenissima Gran Loggia della Repubblica di San Marino
11/06/11 08:08
[c.s.] E’ la Serenissima Gran Loggia guidata da Italo Casali la prima ed unica massoneria regolare presente nel territorio della Repubblica di San Marino. A decretarlo la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, madre della Massoneria Mondiale ( U.G.L.E. ), che ha a capo il Principe Edward, Duca di Kent e che l’ 8 Giugno scorso ha Riconosciuto Ufficialmente la Serenissima Gran Loggia della Repubblica di San Marino. Cugino sia della Regina Elisabetta che del Duca di Edimburgo, il principe Edward George Nicholas Paul Patrick, che risiede a Buckingham Palace, è il quarto figlio del Re Giorgio V che fu, a sua volta, Gran Maestro della medesima Gran Loggia Unita d’Inghilterra, che oggi governa oltre 250 mila framassoni inglesi e rappresenta il punto di riferimento e la massima autorità massonica mondiale.
Con tale atto, che segna l’ingresso della S.G.L.R.S.M. nella comunione massonica mondiale, la Gran Loggia Unita d’Inghilterra ha invitato tutte le Gran Logge Regolari che ancora non lo hanno fatto, a riconoscere la Serenissima Gran Loggia della Repubblica di San Marino, guidata dal Gran Maestro, Italo Casali. L’Obbedienza Sammarinese è l’unica Gran Loggia Regolare operante sul territorio della Repubblica del Titano, formata da Liberi Muratori residenti a San Marino o che lavorano sul territorio della piccola Repubblica.
L’ambitissimo riconoscimento di regolarità massonica premia la lungimiranza del compianto concittadino Prof. Federico Micheloni che, con l’aiuto dell’Avv. Gustavo Raffi, Gran Maestro della più autorevole Comunione Massonica Italiana, volle che nel 2003 anche nella nostra Repubblica nascesse un punto di riferimento per tutti coloro che volessero realmente formarsi negli ideali massonici di libertà e fratellanza universale.
E’ noto a tutti, infatti, come nella Repubblica di San Marino operassero affaristi senza scrupoli che si connotavano illegittimamente come massoni, denigrando l’Istituzione massonica e ponendo in cattiva luce San Marino.
E “Veritate Perpetua Libertas” è il motto che uniforma tutte le attività della Gran Loggia Regolare degli Antichi, Liberi ed Accettati Muratori della Serenissima Repubblica di San Marino, denominata Serenissima Gran Loggia della Repubblica di San Marino (acronimo S:.G:.L:.R:.S:.M:. ).
La paziente opera prima di Federico Micheloni, poi di Italo Casali, ha sapientemente agito al proprio interno curando la ritualità e la ricerca esoterica, ma anche con un profondo lavoro di revisione ed adeguamento delle proprie norme regolamentari, ed infine allontanando coloro che perseguivano interessi economici ed affaristici.
In parallelo si sono intensificati i rapporti e le presenze alle manifestazioni internazionali, con il conseguente Riconoscimento di Regolarità da parte di oltre 95 Grandi Logge Estere, ed ora della Gran Loggia Unita d’Inghilterra.
Un patrimonio di relazioni e di serietà che la Serenissima Gran Loggia della Repubblica di San Marino ha costruito con l’obiettivo di farne beneficiare lo Stato, rendendogli la giusta collocazione di Antica Terra di Libertà, che non è certo sinonimo di ricettacolo per affaristi senza scrupoli.
UFFICIO STAMPA S.G.L.R.S.M.

Bozen. Notte dei fuochi, Theiner: «Gli attentati non danneggiarono la causa». Polemica per manifesto della Klotz
«Gli attivisti sudtirolesi di 50 anni fa non danneggiarono la causa dell'Alto Adige ed oggi non abbiamo il diritto di giudicare con il metro morale di oggi gli avvenimenti di quegli anni». Lo ha detto il segretario della Svp Richard Theiner, ricordando l'anniversario della Notte dei fuochi di 50 anni, quando, una serie di attentati venne messa a segno in Alto Adige nel quadro della vertenza sullo status della minoranza. Oggi l'anniversario viene ricordato con una serie di manifestazioni: gli Schützen sfilano a Castel Firmiano, e Fli organizza una contro-manifestazione con sit-in per ricordare le vittime degli attentati. Polemiche per un manifesto del movimento di Eva Klotz Südtiroler Freiheit su cui è raffigurato un cappello da carabiniere sporco di sangue. «Il sangue dei nostri attivisti torturati in quegli anni», spiega la pasionaria. La Digos ha inviato un'informativa alla magistratura. 11 giugno 2011

Bozen. Durnwalder: pedaggi sulle strade alpine
 Il presidente della Provincia di Bolzano lancia un ultimatum ai Comuni: ditemi dove possiamo far pagare per ridurre le auto
 TRIESTE. Questa volta Luis Durnwalder, presidente della Provincia autonoma di Bolzano, vuol fare sul serio. Da anni batte il chiodo delle strade alpine a pedaggio. Vorrebbe imporlo almeno su quelle più trafficate, soprattutto nei mesi estivi, per disincentivare l’uso delle auto private, ma finora l’operazione gli è riuscita soltanto sulla strada del Rombo, il passo che porta in Austria, perché sul versante tirolese il pedaggio c’era già: a “Durni” è bastato estenderlo anche al versante italiano (ma solo per le auto che attraversano il confine), stabilendo una convenzione con gli austriaci per la riscossione del balzello.

 Su tutte le altre principali arterie non è ancora riuscito nel suo intento, per l’opposizione delle Province (e delle Regioni) confinanti. Non vi è riuscito nemmeno sulla strada dello Stelvio, nonostante la relativa delibera approvata dalla giunta di Bolzano già nel luglio 2009, che prevedeva l’introduzione del pedaggio a partire dal 2010. L’idea non ha incontrato il favore sull’altro versante del passo, a Bormio e in Alta Valtellina e nemmeno a livello regionale, e così è rimasta congelata. Altrimenti sarebbe stato necessario istituire un casello per il pagamento del pedaggio proprio sul passo.

 Ma ora Durnwalder intende fare sul serio. Se non sulle strade interprovinciali, almeno su quelle che ricadono interamente nel territorio altoatesino. Lo ha fatto lanciando un ultimatum ai Comuni, da cui attende proposte su quali strade intervenire e come. Non ne fa una questione di pedaggio o di chiusura temporanea al traffico, come propongono le associazioni alpinistiche trentine e sudtirolesi. Siano le amministrazioni comunali a decidere, ma lo facciano entro l’anno. Altrimenti – fa sapere Durnwalder – sarà la Provincia a occuparsi direttamente della questione. Non si può andare avanti con tanti sindaci che non riescono a mettersi d’accordo tra loro.
 Durnwalder pensa probabilmente alla strada che sale al passo tra la val Gardena e la val Badia, dove ormai in alcuni giorni si viaggia incolonnati. Ma anche per le strade interprovinciali, Bolzano può trattare con Belluno e Trento soltanto se può presentare una proposta unica, condivisa dalle amministrazioni comunali interessate.
 Il pedaggio non dovrebbe servire a far cassa (ma quello in vigore al passo del Rombo frutta alla Provincia di Bolzano 400mila euro all’anno) ma a tutelare l’ambiente dall’inquinamento delle auto. Le associazioni alpinistiche della regione, tuttavia, non sono d’accordo. Già due anni fa la Sat Società alpinisti tridentini (26.500 soci), assieme al Cai Alto Adige (15.000) e all’Alpenverein Südtirol (54.000) avevano proposto la chiusura dei passi dolomitici a fasce orarie: chiusura da metà mattina a metà pomeriggio e apertura prima e dopo.
 Proposta su cui si erano trovati d’accordo anche Reinhold Messner e il presidente della Provincia trentina Lorenzo Dellai, che non condivide la soluzione pedaggi voluta dal collega altoatesino. Ieri il presidente della Sat Piergiorgio Motter ha annunciato un’azione nei confronti del Cai nazionale, a sostegno della chiusura a orario, sulla quale saranno coinvolti anche i gruppi regionali del club, in particolar modo del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e della Lombardia. Un test di cosa significhi la chiusura di una strada lo si vedrà a fine mese, in occasione della “Sellaronda bike”, al passo Gardena.

Lo spot sui Bronzi, un fenomeno mediatico
11/06/2011
di GIANFRANCO LABROSCIANO, critico d'arte
 A ben considerare lo spot pubblicitario sui Bronzi di Riace credo si possa parlare di fenomeno della comunicazione perché tende, fenomenicamente, a uscire dall'ambito pubblicitario e a investire, con una spregiudicatezza e una libertà narrativa che segnano una svolta nell'obsoleto sistema comunicativo dell'arte, la cultura del territorio che rappresentano. Perché di questo si tratta, altro che di ignoranza. L'animazione di cui trattasi pone la Calabria all'avanguardia perché sottolinea il carattere di una ricerca che, lungi dal sotterrarla, esalta l'archeologia ponendola come scienza del futuro in una direttrice spazio-temporale che recupera i simboli di un passato millenario e li proietta in avanti, con i linguaggi dell'avvenire. La realtà virtuale è uno di questi linguaggi, ossia una forma categoriale del sapere capace di aprire varchi su territori inesplorati nei quali dobbiamo immetterci correndo, perché con essa il futuro è già iniziato e lo abbiamo davanti. Ecco cosa guardiamo osservando l'animazione in parola, il futuro. Un futuro travolgente che abbatte gli ostacoli, recupera le resistenze, scardina i sistemi dello sguardo, della politica e dell'erotismo, i logorati antropologismi di maniera e introduce il diverso, la radicale novità, l'alternativa tagliente ma necessaria che si produce anche come strappo, scandalo e ferita, oltraggio all'opinio communis e rottura di schemi precostituiti. Ma non è questo l'arte? Non è forse il progressivo slittamento delle Spirito del Tempo, in ogni tempo ,verso la sua rovina, verso la sua catastrofe e, in definitiva, verso la sua morte e il suo ricominciamento? Di questo si tratta. Di una Calabria che mostra, attraverso i simboli dell'Arte - il più efficace strumento a disposizione dei popoli per manifestare i suoi trionfi ma anche le sue cadute, le sue vittorie ma anche le sue sconfitte - che si offrono in visione scandalosa, se si vuole, oltraggiosa, se si vuole, ma certamente provocatoria, la sua forza e il suo carattere, la sua volontà di spezzare i vincoli con i passato, di procedere in avanti e di guardare liberamente verso il futuro a cominciare dalal comunicazione dell'arte, o dall'arte della comunicazione. E' vero, l'animazione dei Bronzi evidenzia un certo dato surrealista tendente alla deformazione e al grottesco. Ma questo non mi pare negativo, come sostenuto da taluni. A parte il fatto che sono ormai anni luce che l'arte ha cessato di rappresentare la mera bellezza a beneficio del concetto come evocazione di altri e più estesi orizzonti mentali, c'è da dire che il Surrealismo non ebbe lo scopo di produrre arte o non arte, ma di proporre un'altra visione della vita, e non si trattò di una tendenza artistica, ma di un complesso movimento rivoluzionario inteso a cambiare i rapporto dell'individuo con se stesso e con gli altri. Il Surraalismo non mirava alla bellezza convulsa, ossia alla bellezza classica e stucchevole che uccide la verità, ma al sublime inteso come forma artistica capace di produrre emozioni non tanto attraverso l'equilibrio e l'armonia, ma mediante generatori di emozione estetica dissonanti, iperbolici e irrazionali, in grado di sfuggire all'orrore e alla mediocrità con i mezzi della poesia e dell'ironia affidata alla fenomenologia dei gesti. Pertanto, la nudità delle figure e il geometrismo delle linee e delle forme, nell'animazione in parola, sono stilemi utilizzati per introdurre uno spazio percettivo alternativo e un tempo diverso da quello convenzionale. Spazio e tempo che valgono a configurare la Calabria in un territorio più esteso di quello semplicemente italiano, per esempio il Mediterraneo, e in un tempo più dilatato di quello presente, il futuro. Questo lavoro, allora, è un'opera simbolo di una generazione nuova che merita rispetto e tutela perché introduce un concetto di spazio della comunicazione che è sfondo di un'azione che vuole essere protagonista. Un'azione in cui l'atto del vedere si distingue da quello del guardare, e questo si differenzia dall'atto del raccontare, in cui viene demolito e denigrato, sia pure in maniera dissacrante, o ironica, il sistema di montaggio e di attribuzione degli sguardi, troppo evidentemente superato.

Il vino smentisce i detrattori della filiera agricola tutta italiana
 11/04/2011
La sintesi dell'intervento al Vinitaly del presidente di Coldiretti Sergio Marini
Se c’è un settore che rappresenta al meglio la filiera agricola tutta italiana, quello è senza dubbio il vino. In effetti, a pensarci bene, non c’è settore in cui la filiera sia più “agricola”, vale a dire in cui la parte agricola abbia conquistato spazi e protagonismo fino al mercato. E non c’è settore in cui la filiera sia più “italiana”, in quanto il vino è riuscito a valorizzare al meglio l’uva italiana – solo italiana! – e la leva distintiva del territorio, inteso nella molteplice accezione di cultura, relazioni, imprese, persone.
I numeri ci danno ragione: quest’anno il vino ha segnato un più 12% di export, superando – unico caso nell’agroalimentare – il consumo interno. In assoluto, è il “più italiano” di tutto l’export agroalimentare, perché fino a prova contraria il vino italiano è fatto con uva italiana. Ecco, quindi, che viene smentito quel dogma secondo cui la possibilità di crescere nei mercati mondiali sarebbe legata alla “ricetta” italiana e alla materia prima straniera. Il vino ci dimostra il contrario: la filiera fatta tutta di italianità è la vera opportunità.

Seconda “verità assoluta” e seconda smentita: “per competere nel mondo bisogna per forza essere grandi”. Il vino ci dice l’opposto: l’aumento di export è generato soprattutto dalle piccole imprese (più 16%, contro il più 8,5% delle grandi). Chi fa la scelta di essere diverso e migliore, legandosi al territorio, solo successivamente si pone la questione delle dimensioni. Viceversa, chi ha cercato solo la dimensione delle economie di scala, rinunciando a puntare sulla distintività ha perso, come purtroppo è spesso accaduto alle cooperative vitivinicole italiane.
Questo vale anche per le scelte di questi giorni del governo e delle parti sociali, rispetto al caso Parmalat. Il vero aspetto strategico non è la dimensione, ma la capacità di valorizzare il latte italiano. Coldiretti, quindi, è disposta ad accompagnare un piano industriale che preveda la valorizzazione del latte italiano e del suo prezzo per i produttori. Ma se si pensa di salvare l’italianità di Parmalat che, così come è oggi, paga il latte meno degli altri e poco acquista in Italia, per noi quella italianità non è interessante ed  è poco strategica!
Terzo dato interessante: il 15% del vino italiano viene venduto direttamente e rappresenta il 40% di tutta la vendita diretta in Italia (ovvero il 30% del vino italiano venduto in Italia). Ora, vista la portata economica di questo dato e il fatto che siano anche grandi aziende a commercializzare direttamente, tutti quelli che ritenevano la vendita diretta marginale si devono ricredere. E’ l’unico sistema distributivo che unisce al valore economico un grande valore comunicazionale. E, ancora una volta, il vino anticipa e conferma il progetto di filiera agricola italiana, in particolare i mercati degli agricoltori e la vendita diretta organizzata.
Quarto aspetto: i numeri fanno emergere anche una preoccupante tendenza all’aumento del segmento di mercato della GDO, attraverso etichette di proprietà, che sfruttano solo come spot il territorio per guadagnare di più finché dura.  E’ un vero e proprio furto di identità che va smascherato e combattuto, perché altrimenti si rischia di annullare 25 anni di sforzi per la qualità e la distintività. Per chi come noi, opera sul lungo termine per creare sviluppo nei territori, questi comportamenti di alcuni gruppi della GDO sono da combattere. Ancora una volta, il sistema vino anticipa e conferma il rischio che andiamo denunciando da tempo e che traguarda tutti i settori dell’agroalimentare.
Quinta considerazione: il ruolo della politica comunitaria. Anche nel vino Bruxelles dimostra tutte le contraddizioni che emergono quando si tratta di valorizzare distintività e qualità. In effetti, se oggi si considera lesivo della libera concorrenza scrivere da dove viene un prodotto, mentre non lo è aggiungere zucchero nel vino senza dichiararlo, allora significa che a Bruxelles abbiamo dei nemici o per lo meno delle persone che non sanno rappresentarci!
Infine, la questione della burocrazia. Nel caso del vino si sta tirando troppo la corda. Questa è la burocrazia “cattiva”, che fa morire le imprese e che nulla ha a che vedere con la fondamentale tutela della qualità, distintività e sicurezza alimentare. Ci sono realtà in cui è diventata talmente complicata questa burocrazia, che diventa conveniente addirittura uscire dalle denominazioni di origine. Questo è un modo subdolo per uccidere il progetto di filiera agricola tutta italiana che non possiamo tollerare.
In questo scenario complesso serve tanta buona volontà e una forte dose di ottimismo, perché quando penso al futuro del nostro Paese, nonostante tutto, vedo comunque il vino, l’agricoltura e l’agroalimentare italiano come capisaldi dell’economia.

Chioggia, padania. Un samurai... chioggiotto scende con la spada in piazza
Finito in caserma, si scatena con i carabinieri in un combattimento a mani nude. Arrestato e già processato per direttissima
CHIOGGIA – Un «Samurai» ubriaco brandisce una «katana» in piazza e semina il panico. Momenti (grotteschi) di paura in centro a Chioggia, martedì sera, quando un chioggiotto di 48 anni, M.G., dopo aver alzato un po' troppo il gomito ha pensato bene di uscire in via Marco Polo e facendo roteare una grossa spada giapponese. All’arrivo della Gazzella dei Carabinieri e della Volante del Commissariato di Chioggia, l’uomo ha riposto nel fodero la sua «katana», una spada con una lama di 66 centimetri, per poi consegnarla ai militari. M.G., pluripregiudicato, tranquillo in un primo momento, si è scatenato in caserma, dove era stato portato per gli accertamenti di rito, con una serie calci e pugni a carabinieri e poliziotti.

Un vero «ninja»: dopo la spada, il combattimento a mani nude. Un po' brillo, ma pur sempre ninja. Un militare, ferito alla mano, e due agenti, presi a pugni in faccia e a calcioni sulle gambe, sono finiti all'ospedale. Per loro il referto medico parla di cinque giorni di prognosi. L'uomo è stato arrestato per i reati di resistenza, violenza, minaccia e lesioni a Pubblico Ufficiale, indagato per essersi rifiutato di fornire le proprie generalità e per porto abusivo di armi e ubriachezza. La spada è stata sequestrata. Processato per direttissima, M.G. È stato condannato a firmare in commissariato a Chioggia per tre volte alla settimana.
D.Tam.

Volano gli stipendi nel pubblico. In 8 anni potere d'acquisto +24%
Secondo la relazione annuale di Bankitalia, le retribuzione reali (al netto dell'inflazione) sono cresciute tre volte la crescita media dei salari (+6,8%). I travet guadagnano di più e lavorano meno ore dei privati
ROMA - Per i lavoratori pubblici gli ultimi otto anni sono stati particolarmente generosi sul fronte delle retribuzioni rispetto alla media degli stipendi della totalità dei dipendenti italiani: secondo la Relazione annuale di Bankitalia, infatti le retribuzioni lorde reali (al netto dell' inflazione) nella pubblica amministrazione sono cresciute del 22,47% passando da una media di 23.813 euro l'anno a 29.165, un aumento triplo rispetto al totale degli stipendi (+6,8%, da 21.029 a 22.467 euro all'anno).
Aumenti minori per trasporti e istruzione. Le tabelle sulle retribuzioni deflazionate con l'indice generale dei prezzi al consumo segnalano come gli ultimi otto anni siano stati "avari" per il settore dei trasporti con un aumento reale di appena lo 0,31% ma anche per il settore dell'istruzione (+1,2% da 22.459 a 22.736 euro) mentre l'industria in senso stretto ha segnato comunque un avanzamento reale del 10,5% passando da stipendi medi di 21.047 euro l'anno a 23.275. In fondo alla graduatoria degli stipendi c'è sempre il settore dei servizi domestici presso le famiglie con 11.948 euro all'anno e un aumento reale rispetto al 2002 di appena il 2,7% mentre arrancano anche le retribuzioni dei lavoratori dipendenti negli alberghi e i ristoranti con 18.660 euro di media all'anno e un aumento del 4,8%. Aumenti di poco inferiori al 5% anche per il settore dell'intermediazione monetaria e finanziaria ma con stipendi medi di partenza molto più alti (39.106 medi nel 2010 a fronte dei 37.316 del 2002).

I  travet guadagnano di più e lavorano meno dei privati. A guardare le tabelle della Relazione annuale di Bankitalia emerge non solo che i travet hanno gli stipendi reali (depurati quindi dall'inflazione) che crescono più velocemente ma anche che lavorano in media 266 ore meno dei dipendenti del settore privato un monte ore che equivale a oltre 33 giorni in un anno. I dipendenti pubblici lavorano infatti, grazie alla settimana di 36 ore prevista dai loro contratti, 1.438 ore l'anno a fronte delle 1.704 medie del settore privato.

Se si volesse poi dividere lo stipendio medio per ora lavorata nel 2010 (quelle previste dai contratti) - e il calcolo non è difficile - emergerebbe che per i lavoratori pubblici per ogni ora di lavoro si percepiscono 20,28 euro a fronte degli appena 13,56 dei dipendenti dell'industria in senso stretto (con uno stipendio medio di 23.275 euro ma un "monte" annuo di 1.716 ore). Hanno orari più corti della media i lavoratori del credito (1.604 ore l'anno) e "gli altri servizi privati" (1.650 ore) ma comunque superiori di almeno 166 ore superiori ai pubblici (per almeno 20 giorni equivalenti in più).
(11 giugno 2011)

Taranto. Il terremoto sulle tv locali
 Venerdì 10 Giugno 2011 14:11
TARANTO - Uno tsunami che si abbatte sul mondo delle televisioni locali. Con conseguenze, soprattutto sulle emittenti tarantine, tutte da decifrare ma potenzialmente pericolose sui lavoratori. E’ stata pubblicata ieri la delibera del Corecom, il Comitato regionale per le Comunicazioni, con la quale si riscrive radicalmente la “graduatoria” per i contributi pubblici alle tv.

E ad essere retrocesse d’ufficio, per usare un gergo calcistico, sono proprio le televisioni tarantine. Alla base del provvedimento, la sentenza del Consiglio di Stato che vincola l’assegnazione delle risorse pubbliche al pagamento dei contributi previdenziali per i dipendenti. Chi non è in regola - è quanto ribadito dai giudici amministrativi - viene penalizzato in classifica, per restare nella metafora calcistica, e quindi incassa di meno. Il quadro, per le tv tarantine, è negativo. Infatti, si può leggere nella delibera, in base agli accertamenti effettuati presso gli enti previdenziali dallo stesso Corecom, per quanto riguarda Blustar Tv e Tbm è contestata “la non regolarità contributiva” nei confronti dell’Inps, dell’Enpals e dell’Inpgi, mentre per quanto concerne Studio 100 si parla di “non regolarità” in ordine ai contributi previdenziali Enpals ed Inpgi. La conseguenza? La revoca delle graduatorie precedenti, che assegnavano più fondi all’emittenza privata di terra ionica, ed una classifica rivista con un pesantissimo 0,00 alla voce “punteggio dipendenti” per le tv ioniche. Studio 100, quindi, viene relegata in quattordicesima posizione, a fronte della quarta piazza occupata nel 2009; ancora più indietro ci sono Blustar Tv, al ventinovesimo posto, seguita da Tbm al trentesimo. A contribuire all’assegnazione del punteggio, oltre al personale assunto, anche il fatturato. Prima il Tar, poi il Consiglio di Stato, hanno dato ragione ai ricorsi presentati dai primi esclusi dalla graduatoria; l’interpretazione della norma sul pagamento effettivo dei contributi ha valore retroattivo. Oltre alle emittenti di terra ionica, ad essere colpite dalla scure dei tagli sono anche Telebari, Teleradioerre, Teleradio Città Bianca, Puglia Channel, scivolate giù di una decina di posizioni. In ogni caso, la partita non è completamente conclusa visto che a stretto giro è prevista una nuova riunione del Corecom, per valutare le memorie difensive delle singoli emittenti. E, se dovessero risultare degli errori di calcolo da parte degli enti previdenziali, dovranno essere valutati gli eventuali ricorsi con le conseguenze del caso. In ballo, oltre ai soldi pubblici per le tv, c’è anche il destino dei lavoratori che potrebbero pagare sulla propria pelle il taglio dei fondi.

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