giovedì 7 luglio 2011

Federali.Mattino_7.7.11. Proteste e polemiche. Ormai inutili. Ormai deleterie per il Mezzogiorno. Svegliatevi prima.

Bonus idrocarburi: una carta che non soddisfa
Inquinamento, la Basilicata tra le 5 regioni non a norma
De Filippo: manovra Governo è operazione impossibile.
Finanziaria deludente, non toccata la politica
Tariffe, Emiliano contro Vendola: «Gli utili di Aqp per l’acqua gratis»


Bonus idrocarburi: una carta che non soddisfa
Mentre il Pdl canta vittoria, negli uffici pt dei capoluoghi aumenta il caos. La carta «vale meno di quanto guadagneranno le Poste». E in Val D’Agri in pochi lo sanno
06/07/2011  POTENZA - Per il Pdl è una grande vittoria, per i cittadini - quelli che lo sanno - una ben misera elemosina. La carta gratuita prepagata per il bonus benzina di circa 90 euro divide ancora una volta i lucani. E soprattutto crea più di qualche disagio negli uffici postali della regione, già in affanno nelle ultime settimane per difficoltà tecniche. Per ottenere la “card”, infatti, è necessario compilare il modulo e presentalo all'ufficio postale abilitato più vicino. Nei due capoluoghi di provincia, quindi, in molti hanno affollato gli uffici postali mentre, paradossalmente, proprio nell’area della Val d’Agri (quella interessata dalle estrazioni petrolifere) erano in pochi a sapere della carta prepagata e dei soldi a disposizione.
 Chi le informazioni necessarie le ha avute, però, non considera soddisfacente la somma messa a disposizione: molto critici la Ola (Organizzazione lucana ambientalista) e il Movimento NoScorie Trisaia che, in merito, chiedono al presidente della Regione Basilicata, Vito De
 Filippo, di esprimersi denunciando la ben misera somma messa a disposizione per i cittadini lucani.
 «Un’operazione di facciata - scrivono in una nota i responsabili - che non ripaga l’invasività delle estrazioni minerarie nel suolo, nell’economia e nella salute dei lucani e che vale meno di ciò che incamereranno le Poste Italiane per gestire tutta l'operazione. Per poter accedere al bonus di 90 euro all'anno (7 euro al mese) bisogna scaricare un modulo online dal sito del Ministero per lo sviluppo economico, compilarlo, allegare fotocopia di patente, carta di identità e codice fiscale, fare la fila alle Poste e sperare che il Ministero delle finanze (già esperto in fallimenti di social card) la rimpingui per Natale. Ricordiamo che gli 80 mila barili al giorno attualmente in produzione in Val d'Agri procurano ai petrolieri ben 8 milioni di euro al giorno. Il Memorandum, più il petrolio di Tempa Rossa, intende portare l'estrazione in Basilicata a circa 200 mila barili al giorno che, al prezzo medio di 100 euro per barile, faranno circa 20 milioni di euro al giorno».
 Più che soddisfatto, invece, il Pdl. «Abbiamo raggiunto - spiega Guido Viceconte, il coordinatore lucano del Pdl - un risultato davvero epocale per la nostra regione. Un risultato importante in quanto per la prima volta abbiamo avuto un Governo nazionale, quello Berlusconi, che ha preso in considerazione ciò che da tempo il Pdl di Basilicata richiedeva, cioè un riconoscimento per l'estrazione degli idrocarburi che avviene nei nostri territori. Una battaglia del Pdl lucano cominciata nel 2006. Oggi il traguardo tanto atteso e del resto promesso dal Pdl di Basilicata e dal Governo Berlusconi, si è concretizzato, con un'aliquota di prodotto aggiuntiva del 3% sulla produzione di idrocarburi da destinare a benefici per i maggiorenni muniti di patente di guida residenti in Basilicata. Dopo tante disquisizioni sulla questione petrolio ciò rappresenta l'unico atto concreto che dà un vero e proprio contributo direttamente ai cittadini lucani. Il bonus, che sarà accreditato su di una card da ritirare presso gli uffici postali, sarà annuale e sarà quindi direttamente collegato alle royalties versate dalle compagnie petrolifere. In pratica corrisponderà a questo innalzamento del 3% delle royalties che il Pdl è riuscito ad ottenere, portando dal 7 al 10% le somme che le compagnie petrolifere dovranno annualmente versare».
 A chi mette in evidenza come la cifra messa a disposizione di ogni cittadino sia davvero poco soddisfacente, il Pdl replica che si tratta solo di un primo risultato: «Il traguardo principale - spiegano i responsabili lucani del partito di Berlusconi - resta quello individuato nel Memorandum d'intesa firmato da Governo e Regione Basilicata, cioè dare uno sviluppo duraturo alla nostra regione attraverso l'utilizzo programmato delle risorse provenienti dalle estrazioni. Un programma che segua un nuovo modo di fare politica che guardi maggiormente agli interessi del territorio individuando delle priorità, dei macroobiettivi, delle strategie complessive che possano portare al rilancio dell'economia».

Inquinamento, la Basilicata tra le 5 regioni non a norma
L’inceneritore Fenice è uno dei 24 siti lucani ad avere procurato all’Italia una condanna per la non applicazione delle norme in vigore dal 2008 per scongiurare l’inquinamento.
06/07/2011  L’INCENERITORE Fenice va in ferie fino alla fine di agosto. E lo fa per una non meglio specificata necessità di «manutenzione». Ed è anche uno dei 24 siti lucani ad avere procurato all’Italia una condanna per la non applicazione delle norme in vigore dal 2008 per scongiurare l’inquinamento. La sentenza è del 31 marzo scorso e la nostra regione figura tra le cinque “canaglia”, che non avendo preteso la cosiddetta Aia (Autorizzazione integrata ambientale) dai siti potenzialmente inquinanti sul territorio, non ha consentito all’Italia di rientrare nei parametri richiesti per la tutela ambientale, generando la condanna di cui sopra. Dopo averlo appreso, anche la Ola denuncia che negli ultimi quattro anni, Fenice «ha continuato a funzionare e ad inquinare» anche grazie ad un sistema «illegale» di proroghe tra società Edf-Fenice, dipartimenti Ambiente della Regione Basilicata e Provincia di Potenza. Al centro di questa contesa, per la Ola ci sarebbe un fine ben preciso, ossia proprio lo slittamento oltre i limiti temporali previsti dalla legge, dell’Aia, con l’applicazione delle conseguenti norme Ippc, oggetto della recente sentenza della Corte di giustizia europea che coinvolge anche le dilazioni dei termini «concesse tra l’altro a Fenice, proprio dalla Regione Basilicata, ben oltre i limiti fissati dalle Direttive europee, in presenza di un conclamato grave stato di inquinamento». Fatto questo che ha procurato allo Stato Italiano ed alla Regione Basilicata «una sentenza di condanna della Corte di giustizia europea, proprio per l’incapacità di salvaguardare l’ambiente dall’inquinamento industriale». Su questo la Ola vorrebbe essere smentita dall’assessore Agatino Mancusi con argomentazioni e dati certi, chiarendo, già che c’è, alle amministrazioni locali ed alle comunità del Vulture-Melfese in che cosa consisterebbero le «operazioni di manutenzione ordinaria» annunciate ai sindaci dalla società Edf-Fenice. Sul caso batte anche il sempre attento consigliere regionale del Pdl Gianni Rosa del Pdl, per il quale «sembra che la burocrazia di Basilicata abbia scarso feeling con l’Unione Europea». Un esempio su tutti: alcuni mesi fa con il caso Arbea, per la quale è sempre in agguato «la mannaia belga», oggi invece «tocca ad essere ammonita proprio la Regione Basilicata, ovvero l’ente i cui governanti si vantano essere regione virtuosa nello “sperperare il danaro pubblico”».
 Rosa prende in esame la determina 645 del 18 maggio, dalla quale ha appreso che la Corte di giustizia europea, con la sentenza del 31 marzo, ha dichiarato l’Italia inadempiente rispetto agli obblighi di prevenzione e riduzione dell’inquinamento, «non avendo attuato le procedure necessarie affinché gli organi competenti emettano e controllino nei modo opportuno le autorizzazioni ambientali degli impianti industriali, di cui alla direttiva 2008/1/CE del 2008». La condanna, lo dicevamo, arriva per l’inerzia di cinque regioni tra cui è compresa anche la Basilicata.
 Il motivo? «Un ritardo nel rilasciare le Autorizzazioni integrate ambientali meglio conosciute come Aia, che sono rimaste appese nelle istruttorie del dipartimento Ambiente». Ventiquattro in tutto - spiega Rosa le richieste di Aia in Basilicata, certo a numero non rappresentano un’enormità, sicuramente questo ritardo è dipeso “esclusivamente” dalla complessità della materia. «A tal proposito - continua - il solerte dirigente generale del dipartimento Donato Viggiano, sollecitato dal dottor Agatino Mancusi che per l’ambiente è disponibile a tutto, è corso subito ai ripari assumendo la determina richiamata, che prendendo atto dell’inerzia, del danno arrecato e della pessima figura politica, provvede a stanziare 151 mila euro per rinnovare a cinque professionisti con “alto livello di professionalità” i contratti di collaborazione per ulteriori 12 mesi, più l’esplicitata possibilità di rinnovo (cosa scontata in Regione Basilicata), quando “forse” tra un anno le pratiche non saranno ancora evase. Prendendo in prestito una frase di Giulio Andreotti che ci pare nel caso calzante “a pensare male si fa peccato, ma spessa ci si azzecca”.
 Tutto ciò - continua Rosa - rappresenta nuovamente un fulgido esempio di efficienza tutta lucana».

De Filippo: manovra Governo è operazione impossibile.
Ecco i danni per il Sud
Il Governatore della Regione Basilicata analizza gli effetti sul Sud. Tagli ai Fas e via i vincoli a investire in infrastrutture nel Mezzogiorno
07/07/2011  “In un momento delicato sotto il profilo economico come quello attuale non bisogna cedere a tentazioni di polemica e contrapposizione, ma, obiettivamente, la manovra del Governo è incomprensibile, specie se inquadrata nel Federalismo. In particolare, alle Regioni viene imposto di dividere sempre meno risorse tra sempre più compiti ed esigenze, imponendo anche un risultato positivo, senza preoccuparsi né del fatto che il risultato è impossibile né dell’invasione delle altrui capacità di scelta”. Nonostante le parole forti, più che una bocciatura della manovra del Governo da parte del Governatore della Regione Basilicata, Vito De Filippo, c’è un appello a rivederne costruttivamente i contenuti. “Il Paese ha bisogno di investimenti e di riavviare l’economia, ma ancor prima ha bisogno di un quadro di certezze che non possono essere messe in bilico due volte all’anno, ogni qual volta si programma la finanza. Di certezze ne hanno bisogno Regioni ed enti locali per definire i propri interventi, imprese per programmare le proprie attività e famiglie e lavoratori per avere un orizzonte che vada oltre quello di superare il 27 magari dopo 10 o 15 giorni di apnea”.
 Quanto all’analisi del provvedimento, De Filippo ha sottolineato i principali aspetti ritenuti dannosi per il Mezzogiorno. “L’area più debole del Paese – ha detto sarà la più penalizzata dai limiti imposti al Fas. Nell’ambito del taglio alle missioni di spesa dei vari ministeri, ad esempio, La riduzione di spesa del Ministero dello Sviluppo Economico, presso cui è allocato il FAS, è pari a 3.938,9 milioni di euro, ed è pari a 95,3 milioni di euro nel 2012, a 1.880,2 milioni di euro nel 2013 e 1.963,4 nel 2014, circa il 40% di tutte le riduzioni di spesa a carico dei Ministeri. Parallelamente è anche prevista una riduzione di 3.588 milioni di euro della dotazione del Fondo economia reale presso la Presidenza del Consiglio, uno dei tre Fondi in cui è articolata la quota nazionale del FAS. Inoltre, contrariamente a quanto indicato nelle prime bozze del provvedimento, non è più previsto il rifinanziamento del Fondo per le Infrastrutture strategiche finanziato dal FAS, ma viene costituito il Fondo per le Infrastrutture Ferroviarie e Stradali, con una dotazione di 930 milioni di euro per il 2012 e 1000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016. E in questo modo salta il vincolo di destinare l’85% delle risorse all’infrastrutturazione del Mezzogiorno previsto fino ad ora. Se, come nei convegni diciamo tutti, siamo realmente convinti che l’Italia non può tornare a crescere se non cresce il Mezzogiorno, o vogliamo dividere l’Italia o la strada imboccata è evidentemente errata”.

Finanziaria deludente, non toccata la politica
Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
L’Unione europea e l’Ocse hanno dato il placet alla Manovra senza averla letta. O hanno la sfera di cristallo, oppure il Governo, in via riservata, gliel’ha trasmessa. Il placet europeo sostiene l’azione di Governo ma, ovviamente, non entra nei meccanismi interni. Ai valutatori europei basta controllare le macrocifre che vadano nella direzione del pareggio di bilancio del 2014. Ma, all’interno della manovra, vi sono insufficienze ed iniquità che la Sinistra non ha rilevato, mentre ha usato argomenti demagogici e populisti.
 La prima iniquità riguarda il fatto di avere caricato l’anno in corso con tagli inferiori ai due miliardi, il prossimo con tagli sui cinque miliardi, per poi caricare sugli esercizi 2013 e 2014 i tagli di 20 miliardi per anno. Come dire che questo Esecutivo dovrà affrontare l’anno delle elezioni (2013) con la prospettiva di ulteriori sacrifici per i cittadini, lasciando a chi vincerà le elezioni il compito di realizzarli.

 La seconda iniquità riguarda il rinvio del taglio dei costi della politica, di cui vi facciamo un breve campionario. Premesso che la riduzione dei parlamentari riguarda la successiva legislatura, in quanto ha bisogno di una riforma costituzionale dai tempi lunghi, oggi, invece, si possono tagliare a mo’ di esempio il costo di Camera, Senato e Quirinale, indennità e prebende varie dei parlamentari, dei consiglieri regionali, comunali, provinciali e circoscrizionali, ancor più di quel misero 10% effettuato dal 1° gennaio 2011.
 Sulla questione delle Province c’è un equivoco grossolano. Esse sono previste dall’articolo 114 della Costituzione che però non disciplina la loro forma. Per questo interviene la legge n. 122/51 che ha previsto dei baracconi con consiglieri, assessori, presidenti di apparati che costano oltre 11 miliardi. Non tutti superflui, perché circa la metà riguardano spese necessarie per l’attività dell’ente intermedio. Ma l’altra metà, circa 5 miliardi, è uno sperpero conseguente al clientelismo perché di questa forma dell’ente Provincia si può tranquillamente fare a meno.
 Infatti, lo Statuto siciliano, all’articolo 15, dà una precisa indicazione: le Province si costituiscono sotto forma di consorzi di Comuni che si aggregano liberamente.

Tali consorzi sono ovviamente a carico degli enti che li hanno costituiti, i consiglieri sono i sindaci, fra i quali si scelgono gli assessori e il presidente. Tutti a costo zero:ecco come si risparmiano i 5 miliardi.
 Nel programma del governo Berlusconi era prevista l’abolizione delle Province. Una previsione sbagliata perché l’ente intermedio è necessario per coordinare i servizi sovracomunali, tra cui per esempio raccolta, smaltimento e utilizzazione dei rifiuti solidi urbani mediante appositi impianti industriali di produzione di biogas ed energia.
 La vera azione al riguardo sarebbe quella di trasformare, con apposita legge, la forma delle attuali Province in, appunto, Consorzi di Comuni. Ma, mentre l’azione del governo nazionale dovrebbe ribaltare la citata legge, per la Sicilia, trasformare la legge vigente sulle Province (n. 9/86) è obbligatorio, in modo da allineare la forma dell’ente a quella prevista dallo Statuto, appunto Consorzi di province. 

 Vi sono poi alcune insufficienze gravi nella Manovra. Per esempio, non avere affrontato la questione delle liberalizzazioni che hanno tutte costo zero. Il grido di dolore dell’ottimo presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, è una testimonianza di tale insufficienza. Ricordiamo che le liberalizzazioni non hanno costi finanziari, ma costi politici, perché le corporazioni che intendono mantenere i privilegi hanno una forte capacità di pressione sul Governo.
 Monopoli, come quelli degli ordini professionali, delle società a controllo pubblico nazionale, regionale e locale, delle reti nazionali di trasporto di elettricità su ferro e del gas. I monopoli costituiscono i colli di bottiglia che frenano la crescita del Paese.
 La manovra è anche insufficiente perché non interviene sulla spesa pubblica che, secondo il neo ministro Saverio Romano, va tagliata col macete. L’ultima insufficienza riguarda il mancato taglio del rimborso dei partiti.
 Appena leggeremo i 39 articoli vi daremo conto piu in dettaglio della filosofia attendista, delatoria e insufficiente di Tremonti che passa per rigorista ma fa il furbo.

Tariffe, Emiliano contro Vendola: «Gli utili di Aqp per l’acqua gratis»
Salta la tregua tra i due leader sul caso referendum
Il sindaco: «Difendere chi ha minore forza economica»
BARI - La tregua, fragilissima, tra Emiliano e Vendola sul tema delle tariffe dell’acqua, non regge. Alla pioggia di domande dei giornalisti, il sindaco di Bari, anche nella sua qualità di presidente dell’Ato, l’ente che fissa le tariffe, non resiste e fa un altro affondo. All’«amico Nichi» offre un’altra ricetta. «Se l’Acquedotto Pugliese ha degli utili, quelle somme devono servire a garantire la quota minima vitale di acqua gratuita ai cittadini che hanno minore forza economica o per abbassare le tariffe», ha dichiarato il sindaco durante il collegamento telefonico in diretta con una trasmissione della Rai.

LA POLEMICA - Sulle tariffe, Emiliano aveva già punto più volte Vendola. Raccogliendo la tesi del meno 7 per cento sulle bollette «imposto» dall’esito del referendum di giugno (per la cancellazione della norma sulla remunerazione del capitale investito) e non applicato da Aqp. Vendola aveva chiamato il sindaco e presidente dell’Ato ad ammettere che gli aumenti delle tariffe erano stati, appunto, fissati dall’organo che Emiliano presiede. E poi, più volte interpellato, a Roma come a Bruxelles, il presidente della Regione aveva sottolineato la buona gestione di Aqp che ora chiude con un utile di 37 milioni, il suo bilancio.

LA PROPOSTA-PROVOCAZIONE - Emiliano ora rientra nella partita. Prima evidenziando che l’Ato ha sì aumentato le tariffe, ma per salvare Aqp dal rosso di bilancio: «La decisione di aumentare le tariffe - ha risposto Emiliano - è conseguenza della richiesta dell’Acquedotto Pugliese per evitare una chiusura in negativo del bilancio. Ricordo anche che inizialmente l’Aqp aveva richiesto un aumento consistente, che l’Ato ha concesso in maniera più limitata». Quindi il sindaco di Bari annuncia la proposta che avanzerà alla prossima riunione dell’Ato. «È evidente - ha sostenuto - che se ci sono stati utili quest’anno, significa che l’incremento della tariffa è stato eccessivo e che, quindi, tali somme devono essere impiegate per abbassare le tariffe o, come proporrò ai sindaci nel prossimo consiglio dell’Ato, per garantire gratuitamente il minimo vitale di acqua alle fasce di popolazione più deboli». Una richiesta, quest’ultima, avanzata in modo pressante dai comitati referendari e sempre respinta da Vendola perché considerata non sostenibile finanziariamente. Ma Emiliano insiste: se l’Aqp è e resta ente pubblico, si comporti da ente pubblico. «Venendo meno, a seguito del referendum, l’obbligo degli enti pubblici di privatizzare almeno il 40 per cento del capitale, la natura totalmente pubblica degli enti impone loro di offrire un servizio e non di remunerare il capitale. Quindi, a mio avviso, gli utili in cassa devono essere immediatamente destinati a questi fini di rilevanza pubblica e sociale».
Adriana Logroscino

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