martedì 23 agosto 2011

Federali.Sera_23.8.11. Svizzera, Erminio Ferrari: Tra lo sbandierio delle piazze tripoline e le misurate parole di soddisfazione delle cancellerie occidentali il legame, nei fatti, è strettissimo, ma la distanza delle aspettative enorme. Dal modo e dai tempi in cui i rivoltosi e i loro alleati scioglieranno, o sapranno codificare, le ambiguità della loro relazione dipenderà in gran parte il futuro della Libia.----La polemica si è sviluppata nei giorni scorsi perché la Sardegna risulta essere tra i maggiori contribuenti del meeting di Rimini, più della Regione Lombardia del presidente Formigoni che ha stanziato «solamente» 84 mila euro.----La "tassa occulta" della burocrazia fiscale incide sulle aziende in maniera inversamente proporzionale alla grandezza della stessa. Per le micro imprese, quelle con meno di 5 dipendenti, costa mediamente l'10,1% del fatturato, per le piccole imprese, con meno di 50 addetti, il 8,9%, mentre le medie, con meno di 250 addetti, il 8,5%.


LA NUOVA SARDEGNA - Politica: Fondi dell’isola al meeting di Cl «La Giunta spieghi i motivi»
La burocrazia fiscale costa 21,1 mld l'anno.
Svizzera. Le incognite sulla Libia dopo la caduta del regime


LA NUOVA SARDEGNA - Politica: Fondi dell’isola al meeting di Cl «La Giunta spieghi i motivi»
23.08.2011
CAGLIARI. La questione del meeting di Rimini, dove la Sardegna partecipa con uno stand costato alla Regione centomila euro più Iva arriva in Consiglio regionale. Ieri i consiglieri regionali del Pd, infatti, hanno presentato un’interpellanza urgente che sarà discussa a settembre. La polemica si è sviluppata nei giorni scorsi perché la Sardegna risulta essere tra i maggiori contribuenti del meeting di Rimini, più della Regione Lombardia del presidente Formigoni che ha stanziato «solamente» 84 mila euro. Ieri i consiglieri regionali del Pd, primi firmatari Pietro Cocco, Giampaolo Diana e Antonio Solinas, hanno presentato un’interpellanza urgente al presidente della Regione, Cappellacci, e all’assessore del Turismo, (la delibera era stata proposta nella riunione di Giunta del 26 luglio scorso dall’assessore al Turismo, Luigi Crisponi), chiedendo di conoscere i criteri adottati per l’allestimento dello stand istituzionale nella Fiera riminese. I consiglieri regionali del Pd sostengono che il meeting di Rimini è un appuntamento politico e religioso che «nulla ha da vedere con la promozione turistica della Sardegna» e ritengono necessario, in un momento di gravissime difficoltà per l’isola, maggior attenzione nell’utilizzo di risorse pubbliche. Nei giorni scorsi la questione dello stand della Regione a Rimini era stata sollevata dal capogruppo Pd, Mario Bruno, da Luciano Uras (Sel), da Federico Palomba, (Idv). Ieri Adriano Salis (Idv) ha affermato: «La Giunta Cappellacci persevera nello spreco e nei favori agli amici di Comunione e Liberazione». In realtà, la Regione partecipa al meeting sulla riviera romagnola da tre anni e molti dubbi erano già stati posti in Consiglio regionale. Alle diverse prese di posizione da parte del Centrosinistra, ha replicato il vicepresidente della Regione, Giorgio La Spisa, secondo il quale la fiera riminese sarebbe «una importantissima occasione promozionale» per l’isola utile per la crescita del sistema economico della Sardegna. A giudizio dell’assessore alla Programmazione «il motivo per cui da tre anni la Regione ha deciso di partecipare con uno stand nella Fiera riminese è unicamente quello di non perdere un’importante occasione promozionale per la nostra isola». La Spisa, infine, ha sostenuto che «il Meeting di Rimini non è promosso dal movimento di CL ma da un’associazione di laici che da trent’anni richiamano sulla riviera romagnola uomini di tutte le culture».

La burocrazia fiscale costa 21,1 mld l'anno.
ROMA - Il fisco lunare costa, nel 2011, 21,1 miliardi all'anno ai contribuenti italiani titolari di partita iva, +3,8 MLD rispetto al 2010, quando il costo degli adempimenti fiscali viaggiavano intorno ai 18,3 MLD. Questo è il costo complessivo annuo che sostengono, nel 2011, gli artigiani, i liberi professionisti e le PMI a causa della burocrazia fiscale in Italia. Una "tassa occulta" di 5.979 euro l'anno. Mediamente quattro volte di quanto pagano i francesi, tedeschi, inglesi e spagnoli.
L'indagine condotta da KRLS Network of Business Ethics per conto di "Contribuenti.it Magazine" dell' Associazione Contribuenti Italiani, ha preso in considerazione tutti i costi per la compilazione della dichiarazione dei redditi, IVA e sostituti d'imposta, degli studi di settore, del calcolo del redditometro, dello spesometro, del disbrigo delle pratiche fiscali, del! costo per l'acquisto dei software fiscali, della tenuta della contabilita', della trasmissione telematica, della gestione dei crediti fiscali e degli avvisi bonari, delle istanze in autotutela, del contenzioso tributario, degli adempimenti per la privacy e per l'antiriciclaggio e della formazione del personale per gli adempimenti in materia contabile e fiscale.
La burocrazia fiscale costa cara ai contribuenti italiani specialmente se messa a confronto con quella europea. L'indagine di KRLS evidenzia che ogni contribuente italiano per esercitare una attivita' economica paga nel 2011 una "tassa occulta" di 5.979 euro all'anno, contro i 1.370 euro dei francesi, i 1.310 euro dei britannici, i 1.250 euro dei tedeschi, i 1.190 euro degli spagnoli, i 1.120 euro degli olandesi ed i 860 euro degli svedesi.
La "tassa occulta" della burocrazia fiscale incide sulle aziende in maniera inversamente proporzionale alla grandezza della stessa. Per le micro imprese, quelle con meno di 5  dipendenti, costa mediamente l'10,1% del fatturato, per le piccole imprese, con meno di 50 addetti, il 8,9%, mentre le medie, con meno di 250 addetti, il 8,5%.
La classifica del peso della burocrazia fiscale, non avvantaggia le micro imprese neppure quando si parla di numero di adempimenti medi eseguiti ogni anno.
Si va cosi' dagli 11,4 adempimenti per addetto per le micro imprese, ai 7,6 per le piccole imprese fino ai 4,3 adempimenti per addetto per le medie imprese.
L'indagine elaborata per "Contribuenti.it Magazine", ha analizzato anche il tempo richiesto dalla burocrazia fiscale, sottratto alla produzione.
In media, si perdono 114 ore, pari a quattordici giornate lavorative, per ciascun addetto, nelle micro aziende, per scendere a 89 ore, pari a 11 giornate, per ciascun addetto, per le piccole aziende, a 81 ore, pari a 10 giorni, per ciascun addetto, per le medie imprese.
''L'inefficienza della amministrazione finanziaria, l'applicazione spesso cervellotica ! di leggi, circolari e regolamenti vari - commenta Vittorio Carlomagno presidente di Contribuentiit Associazione Contribuenti Italiani - richiede una svolta epocale. Bisogna smetterla di vessare i contribuenti trattandoli come sudditi. Serve un rapporto piu' equo tra fisco e contribuente incentrato sulla tax compliance, come avviene da tempo nei principali paesi europei''.
Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani
L'ufficio stampa Infopress 3314630647

Svizzera. Le incognite sulla Libia dopo la caduta del regime
di Erminio Ferrari - 08/23/2011
È una vittoria a due facce, quella di cui si parla oggi a proposito della Libia. C’è quella festante dei ribelli (il cui prezzo dipenderà comunque dalla durata dell’ultima battaglia per Tripoli) e c’è quella riluttante dei Paesi che hanno trasformato un mandato Onu di protezione dei civili in una operazione militare di cambio di regime. Questi ultimi, europei innanzitutto, potranno magari vantare la fondatezza delle proprie intenzioni, ma soprattutto tireranno un sospiro di sollievo per la fine di un’avventura risultata più grande e onerosa delle loro ambigue velleità: di questi tempi, la grandeur ha i soldi, e quindi i giorni, contati.
Tra lo sbandierio delle piazze tripoline e le misurate parole di soddisfazione delle cancellerie occidentali il legame, nei fatti, è strettissimo, ma la distanza delle aspettative enorme. Dal modo e dai tempi in cui i rivoltosi e i loro alleati scioglieranno, o sapranno codificare, le ambiguità della loro relazione dipenderà in gran parte il futuro della Libia.
Alla Nato, capofila del sostegno militare senza il quale la rivolta non avrebbe avuto alcuna possibilità di riuscita, tocca dunque individuare il modo di sfilarsi da un campo di battaglia sul quale rischia di diventare il prossimo nemico, come le lezioni afghana e irachena dovrebbero aver insegnato. Ma non sarà facile.
In un possibile scenario di violenta instabilità successivo al crollo del regime, un disimpegno sarebbe segno di viltà e di cinismo; mentre al tempo stesso, un’estensione del mandato autoattribuitosi (forzando la risoluzione Onu 1973) la coinvolgerebbe in una guerra civile dall’esito incerto. Ed esporrebbe i suoi protetti della prima ora (il Consiglio nazionale di transizione) all’accusa di essere marionette al soldo dei neocolonialisti. Accusa non ancora formulata esplicitamente, ma già adombrata nelle prese di posizione di consistenti parti del variegato fronte ribelle, islamisti in testa.
Che i dirigenti dei Paesi europei più esposti nella guerra a Gheddafi siano all’altezza di questo delicatissimo passaggio è perlomeno dubbio. L’ordine sparso con cui si sono mossi sin dall’inizio ne ha rivelato le diverse visioni (termine ottimistico) ma soprattutto i contrastanti interessi. Interessi che non si daranno la pena di fingere comuni quando si tratterà di riprendere a fare affari con gli uomini del dopo-Gheddafi.

Quanto ai ribelli, che di qui a poco bisognerà pur chiamare autorità, l’improvvisa accelerazione della vittoria che si sono trovati per le mani rischia di aver tolto loro il tempo di prepararsi ad essere i nuovi dirigenti del Paese. La variegata composizione del fronte opposto al regime – diviso secondo linee politiche, confessionali, claniche, etniche – prima di divenire una ricchezza rischia di essere destabilizzante. È ben vero che il Cnt di Bengasi ha cercato di muoversi con accortezza, che la bozza di nuova costituzione brilla rispetto a molte altre della regione, che si è impegnato ad essere non più di un’autorità di transizione, che ha debitamente riconosciuto l’aiuto Nato ma ha precisato di non accettare interferenze nelle scelte che il popolo libico adotterà. Ma nel violento caos che accompagna ogni caduta di regime, queste assicurazioni possono contare davvero poco. Vendette, epurazioni, soprusi sono la norma in simili circostanze, ma sono anche il terreno su cui seminano i gruppi che ambiscono a impossessarsi del potere quando si saranno sgomberate le strade dai morti. Non tarderanno a farlo gli islamisti, rimasti al coperto all’inizio della rivolta e manifestatisi quando le cose hanno preso ad andare bene; ma reclameranno un proprio compenso anche i berberi, decisivi nella svolta vittoriosa dell’offensiva su Tripoli, e soprattutto indomita nazione senza uno stato che non siano le aspre montagne del Maghreb; e poi le tribù; e gli apparati: da epurare, sì, ma non fino al punto da lasciare la macchina statale senza macchinista. Segnata la sorte di Gheddafi – quantomeno quella del suo regime – resta dunque da immaginare quella della Libia. L’aiuto di cui necessiterà il Paese sarà enorme, ma è vero che sono grandi le sue potenzialità (non si trascuri il fatto che, a differenza dei suoi vicini Egitto e Tunisia, la Libia importava manodopera, segno di un superiore potenziale economico che ora, semmai, attende una più equa ridistribuzione). Da chi verrà questo aiuto? Dai Paesi arabi, liberatisi del più ingombrante “fratello”, o dai paesi africani beneficiari un tempo degli aiuti di Tripoli e per questo irriducibilmente vicini a Gheddafi? Prevarrà la scelta del Paese o del regime? Infine: la grande maggioranza dei cittadini libici non era ancora nata o era giovanissima, quando Gheddafi prese il potere. Diverse generazioni di libici non hanno conosciuto altro che il suo regime, cresciuti secondo i dettami dei suoi “periodi” anti-imperialista, poi socialista, poi islamista, poi laicista (come Picasso ebbe il rosa, il blu… ha scritto qualcuno). Quanto la megalomania erratica di un uomo e della sua sgangherata ideologia abbiano condizionato il loro orizzonte di pensiero, lo si constaterà nell’indirizzo che sapranno dare al futuro del loro Paese. Ma che sarà un processo lungo, lunghissimo, è sicuro.

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