domenica 11 settembre 2011

Corte costituzionale tedesca: mancanza di un popolo uniforme europeo, con la conseguenza che un'Unione di Stati approvati dai Trattati non fa venir meno la sovranità dello Stato tedesco.

Il deficit di democrazia fa più danni del debito
Guido Rossi


Già il quarantacinquesimo sonetto del grande intellettuale del Quattrocento Giovanni Pico della Mirandola recitava al primo verso: «Misera Italia e tutta Europa intorno». Ed è ancora oggi profondamente vero.
 I gravi problemi che ci tormentano dipendono infatti non solo dal futuro dell'euro, ma dall'incapacità dell'intera Europa di risolvere un problema che si rivela soprattutto politico. Due recenti fatti ne sono la spia: la sentenza del 7 settembre 2011 della Corte costituzionale tedesca e le dimissioni dalla Bce del consigliere tedesco Jürgen Stark. L'Europa soffre oggi di un incredibile paradosso che minaccia gli assetti mondiali dell'economia e della politica. Se è pur vero che l'Unione Europea è stata un incredibile artefice di democratizzazione, a partire dagli anni 80 del secolo scorso con l'incorporazione di Portogallo, Spagna e Grecia e poi con quella dei dieci Paesi ex comunisti dell'Europa Centrale dell'Est, sembra oggi in preda a un grave deficit di democrazia. Tale deficit è stato ripetutamente sottolineato dalla sentenza della Corte costituzionale tedesca che, nonostante abbia deciso che il patto europeo di stabilità finanziaria e il meccanismo di prestazione delle garanzie per gli aiuti alla Grecia approvati dal Bundestag non sono anticostituzionali, ha concluso che i problemi della democrazia in Germania rimarranno sempre nelle mani del Bundestag eletto dai cittadini tedeschi poiché i vari trattati europei non possono contrastare le inalienabili competenze e sovranità dei Parlamenti degli Stati membri democraticamente eletti.

Questa sentenza si pone sulla scia di quella precedente dell'estate del 2009 la quale, nell'accertare la costituzionalità del Trattato di Lisbona, affermò il principio che la Repubblica Federale non può sottoporsi a incalcolabili automatismi di aiuti economici comunitari e che solo la Commissione di bilancio del Bundestag può autorizzare il Governo a fornire garanzie ad altri Stati dell'Unione.
 La base giuridica delle sentenze della Corte è lo strutturale "deficit di democrazia" dell'Unione Europea, per mancanza di un "popolo uniforme europeo", con la conseguenza che un'Unione di Stati approvati dai Trattati non fa venir meno la sovranità dello Stato tedesco.
 Strano discorso, quello della Corte costituzionale, che pare affidarsi a una nozione di democrazia tribale, che ovviamente non riconoscerebbe un popolo uniforme, né agli Stati Uniti d'America, né all'India.
 Ritengo che il millenario principio di unità delle culture e civiltà europee, pur nelle loro differenze, debba essere rispettato. Ma la verità è che la Corte, pur non addentrandosi in argomentazioni approfondite, sottolinea un'indiscutibile realtà, cioè il deficit democratico dell'Europa. Deficit democratico, anche perché l'organo di governo europeo, costituito dalla Commissione, è composto da membri nominati dai Governi degli Stati membri e non eletti dai cittadini europei.
 Il ruolo della Commissione non è, peraltro, più quello iniziale ed è stato via via sfrondato a favore di una serie di altre istituzioni che con i loro interventi provocano all'interno del sistema europeo un ulteriore sconquasso dei meccanismi istituzionali.
 Si è verificata, e soprattutto ora ha raggiunto limiti d'intolleranza, una tensione fra l'interesse generale dell'Unione come insieme e gli interessi particolari degli Stati membri. È pur vero che in tutti i sistemi federali questa tensione esiste, ma è normalizzata da una governance efficiente.
 La tragedia dell'Europa è che tale governance non esiste e che le istituzioni dell'Unione non godono di sufficiente autorevolezza, sicché il risultato è che le singole parti urlano, impongono e l'insieme tace e subisce. Il deficit dei meccanismi istituzionali ha il suo punto massimo nello sconcertante ruolo che ha assunto la Bce, divenendo il vero strumento di politica economica non solo dell'Unione bensì anche dei singoli Stati, se è vero che nessuno si vergogna di dire che la manovra italiana è stata dettata da una lettera della stessa Bce. Si tratta tuttavia di una supplenza non legale, senza contare che l'intero degrado del meccanismo istituzionale dovrebbe vedere competente la Corte di giustizia europea.
 Esiste poi sull'Europa un inquietante interrogativo: che cosa può emergere dalle attuali contraddizioni europeiste che tormentano la Germania, dettate da un forse innato, e a volte non immeritato, spirito di arrogante superiorità, o da problemi all'interno del sistema tedesco di non sicura soluzione?
 Le dimissioni per contrasto in un organo collegiale di Stark sono un sintomo dell'insano rapporto tra la Germania e l'Europa. Negli organi collegiali chi dissente può votare contro, ma non certo deve dimettersi provocando danni economici notevoli alle comunità.
 È allora vero che il problema più grave rimane quello politico, non solo italiano, ma anche europeo. La federazione dell'Europa abbisogna di un sussulto di rifondazione che, in mancanza dei vecchi leader che l'avevano voluta, sproni lo spirito degli europei alla ricerca di un demos unitario che cancelli il deficit democratico.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-11/deficit-democrazia-danni-debito-081022.shtml?uuid=AaTpaS3D

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