sabato 22 ottobre 2011

Federali.sera_22.10.11. Lucia Russo: Secondo un’altra elaborazione contenuta nello studio, dal 2004 al 2006 ogni cittadino meridionale ha ricevuto effettivamente dallo Stato 1.015 euro a fronte dei 1.226 stabiliti dagli obiettivi di programma (cioè con il 45% del totale della spesa al Mezzogiorno). Situazione capovolta al Centro-Nord: qui nello stesso periodo ogni cittadino ha ricevuto 936 euro, 115 in più rispetto agli 821 programmati. A livello regionale, con 1.705 euro pro capite, è la Sardegna la più penalizzata: ha ottenuto 353 euro in meno, rispetto ai 2.058 programmati. A seguire, la Basilicata, con 331 euro di differenza, cioè 1.591 rispetto ai 1.922 previsti. Segno negativo anche per le altre regioni meridionali: il Molise lascia sul tappeto 297 euro, la Calabria 266, l’Abruzzo 201, Campania e Sicilia 193, “solo” 149 per la Puglia.----Svizzera, Aldo Sofia: Ve lo immaginate un Gheddafi davanti ai giudici del tribunale penale internazionale dell’Aja mentre snocciola tutti gli attestati di stima e le proposte di succosi contratti energetici di chi – una volta riammesso nel salotto buono delle diplomazie mondiali – ancora all’inizio della scorsa primavera lo corteggiava, lo onorava, faceva con lui intese liberticide (come il rinvio dei migranti in acque internazionali), chiudeva gli occhi anche su migliaia di africani fuggiti da guerre terribili e trattati in Libia come sub-umani, e addirittura gli baciava le mani?

Pompei crolla ancora: cede un muro di «opus incertum» vicino Porta di Nola
«Regate a Bagnoli? Il mio placet non c'è»
Svimez: al Sud meno risorse del dovuto
Svizzera. La giustizia dei vincitori



Pompei crolla ancora: cede un muro di «opus incertum» vicino Porta di Nola
A quasi un anno di distanza dal caso della Scuola
dei Gladiatori, un nuovo danno: 3 metri cubi di macerie
L'area, aperta al pubblico, è stata sequestrata
NAPOLI - Soltanto pochi giorni fa era stato lanciato l'allarme piogge per Pompei, dopo i crolli avvenuti nel novembre dello scorso anno. Oggi un nuovo cedimento negli scavi archeologici tra i più celebri al mondo: a crollare è stato un muro romano realizzato con la tecnica «opus incertum». Il cedimento è avvenuto nei pressi di Porta di Nola vicino la cinta muraria della città antica.

I carabinieri di Pompei hanno sequestrato ieri sera una piccola area a nord degli scavi archeologici dove si è verificato il crollo. La zona era aperta al pubblico. A terra ci sono circa tre metri cubi di macerie. Il cedimento si è verificato a quasi un anno di distanza dal crollo della Schola Armaturarum e non ha provocato danni a persone né ad altre strutture. E' in corso un sopralluogo del direttore degli Scavi, Antonio Varrone. Una nuova emergenza proprio nel momento in cui si attendevano 25 nuove assunzioni e 105 milioni di euro di finanziamento per l'area degli scavi.

«Regate a Bagnoli? Il mio placet non c'è»
La ministra Prestigiacomo: va tutelata la salute, ma l'America's Cup è importante
 NAPOLI - Il progetto America's Cup ha riacceso i riflettori su Bagnoli e, inevitabilmente, ridato vigore alle polemiche. Nell'aprile del prossimo anno, com'è noto, Napoli ospiterà le regate dei catamarani super veloci e il quartier generale dell'iniziativa sarà appunto Bagnoli, in particolare la colmata a mare, area tra le più contestate d'Italia, da due decenni in attesa di bonifica. Sia la stessa bonifica del suolo, dei fondali e delle acque marine, sia il destino della colmata sono di competenza della ministra dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, alla quale spetta dunque anche l'ultima parola sull'opportunità di svolgere la manifestazione a Bagnoli.
Sulla base di quali elementi il ministero ha dato il placet? «Il ministero non ha dato alcun placet. Si sta valutando il progetto avvalendosi anche del parere scientifico dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, ndr). Io credo che sarebbe ragionevole non far perdere a Napoli un grande evento come la Coppa America. Ma ciò potrà avvenire soltanto se sarà possibile attuare il progetto in piena sicurezza e senza pericoli per l'ambiente e soprattutto per la salute dei cittadini. Se tali condizioni potranno essere garantite daremo parere favorevole, in caso contrario sarà necessario individuare un altro sito».
Il ministro Ronchi definì la colmata una bomba ecologica. Cosa è cambiato nel frattempo? «Dai tempi del ministro Ronchi sono state dette molte cose sulla colmata e sui sedimenti inquinati presenti nell'antistante area marina. La situazione oggi è la seguente. Gli interventi di messa in sicurezza della colmata sono stati giudicati insufficienti dal ministero, tanto che l'avvio della rimozione dei sedimenti a mare è stato subordinato alla messa in sicurezza completa della banchina. Altrimenti la rimozione sarebbe inutile e l'inquinamento tornerebbe».
Una legge dello Stato prevede il ripristino della costa di Bagnoli. Quando, secondo lei, è ipotizzabile l'inizio dei lavori per la rimozione della colmata? «La legge che prevede il ripristino della costa risale al '96. Se in 15 anni non è stata realizzata, evidentemente l'opera è stata giudicata da tutti particolarmente onerosa. Anche io trovo che la soluzione migliore sarebbe il ripristino, ma oggi non ci sono le ingenti risorse che sarebbero necessarie e quindi nelle more si potrebbe ipotizzare un utilizzo dell'area per attività produttive ambientalmente sostenibili. Il nostro impegno comunque riguarda la bonifica e resta fermo. Per quel che concerne il trasferimento dei materiali, se il Comune confermerà la scelta della rimozione, date le esigue risorse attuali si potrà operare solo a stralci e, quindi, in tempi molto lunghi».
Ministra, sulla colmata poggia anche il pontile Nord, trasformato in passeggiata a mare. Qual è destino del pontile: rimarrà o sarà demolito? «Come ministro dell'Ambiente devo impegnarmi perché la zona sia bonificata e non rappresenti un pericolo per l'ambiente. Le scelte urbanistiche e di utilizzazione dell'area spettano agli enti locali e si devono inserire in un progetto complessivo di razionalizzazione e sviluppo del territorio».
In generale, quale futuro auspica per un'area come Bagnoli? «Bagnoli è un luogo bellissimo, oggi ferito, che deve rinascere e diventare una grande opportunità per Napoli. L'area è talmente vasta che potrebbe ospitare sia insediamenti produttivi "sostenibili" che strutture diverse come servizi, strutture turistiche, poli d'attrazione culturale e sociale. Bagnoli può diventare il simbolo della ripartenza di Napoli».
ANGELO LOMONACO

Svimez: al Sud meno risorse del dovuto
di Lucia Russo
Lo studio sull’ultimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno: riceviamo l’11 % in meno del programmato. Il presidente della Società di ricerche, Giannola: “Ridurre i divari tra le Regioni, non i residui fiscali”
ROMA - Quanto è fondato il luogo comune del Sud sprecone e inondato di risorse provenienti dai trasferimenti dal Centro-Nord? La Società per lo sviluppo del mezzogiorno si è posto l’obiettivo di rispondere all’interrogativo e ha scoperto che dal 2004 al 2006 i cittadini meridionali hanno ricevuto l’11% di risorse in meno rispetto a quanto sarebbe stato trasferito con coerenti politiche redistributive e di sviluppo. Sul fronte della spesa per lo sviluppo, in particolare, ogni cittadino meridionale ha ricevuto 211 euro in meno del programmato in base all’obiettivo del 45% del totale della spesa in conto capitale al Mezzogiorno.
 Precisamente questo è contenuto in uno studio di Adriano Giannola, Carmelo Petraglia e Domenico Scalera sui residui fiscali regionali pubblicato sul numero 1-2 della Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale della Svimez edito da Il Mulino, diretto da Riccardo Padovani.
 Dallo studio dei tre economisti emerge che per l’intero Mezzogiorno, il valore effettivo del residuo fiscale risulta più contenuto rispetto al suo valore teorico: il Sud ottiene dallo Stato più di quanto versa, per via dei redditi più bassi e della struttura economica più debole, ma molto meno di quanto dovrebbe.
 Dal 2004 al 2006 il residuo fiscale medio dei residenti meridionali è stato sì negativo, ma di -2.712 euro anziché i -3.040 dovuti (l’11% in meno). Le Regioni meridionali più penalizzate sono Abruzzo, Puglia e Campania: a fronte di un residuo teorico di -1.680 euro, l’Abruzzo registra -1.173 euro pro capite di residuo effettivo (con uno scarto del 30%), la Puglia -2.294 euro rispetto a -3.090 euro (-25%), la Campania -2.375 anziché -2.967 euro (con una differenza del 20%).
 I dati vengono anche analizzati dagli economisti, che forniscono dei suggerimenti agli amministratori regionali e statali. “I residui fiscali negativi delle regioni meridionali”, si legge nello studio, “non possono essere semplicisticamente considerati come necessariamente patologici o addirittura come una prova di iniqua sottrazione di risorse del Nord a beneficio dello sperpero del Sud”, bensì riflettono l’impegno (scarso al Sud) delle politiche regionali per lo sviluppo. Altrettanto sbagliato associare automaticamente residui fiscali negativi alla mala amministrazione. Agire sul sistema fiscale per distribuire meno risorse tra i cittadini, mette a rischio il sistema di perequazione tra le Regioni. Occorre quindi “ridurre i divari economici tra le Regioni, non i residui”. Così ha affermato ben chiaro alla presentazione dello studio Adriano Giannola, professore di Economia Bancaria all’Università Federico II di Napoli dal 1980, entrato nel 2006 nel Consiglio di amministrazione della Svimez e suo presidente dal 30 giugno 2010.

 Nel Sud i residui fiscali regionali sono tutti negativi. Lo studio segnala che le regioni del Mezzogiorno beneficiano di notevoli trasferimenti interregionali. Ma questo non è di per sé sufficiente a dimostrare che la redistribuzione così realizzatasi sia patologicamente elevata e che vada pertanto drasticamente ridotta, come vorrebbero certi sostenitori della “questione settentrionale”.
 I residui fiscali negativi delle regioni settentrionali, infatti, non sono altro che il riflesso della redistribuzione implicita nell’azione pubblica diretta all’attuazione dei principi costituzionali della progressività delle imposte, dell’universalità della spesa pubblica e della perequazione dei territori in ritardo di sviluppo.
 Ha poco senso dunque, conclude lo studio, affermare che il Sud ha dei residui fiscali “troppo alti” se non si specifica quale sia il valore di riferimento “giusto”, rispetto al quale il giudizio viene espresso. Solo residui fiscali regionali in eccesso rispetto a tale valore di riferimento possono essere portati a sostegno dell’argomento della presunta ingiustizia fiscale sofferta dai cittadini settentrionali.

Spesa per lo sviluppo: dal 2004 al 2006 al Sud 211 euro in meno a testa
Solo il Piemonte contribuisce alla redistribuzione più del dovuto mentre la Lombardia fornisce un contributo sostanzialmente coerente con il dettato costituzionale e gli obiettivi programmatici. Il primo raggiunge i 1.371 euro pro capite, il 46% in eccesso rispetto al residuo “teorico” di 939 euro, la seconda, invece con 4.602 di euro pro capite effettivi, supera solo del 3,7% il suo valore “teorico” di riferimento (4.437 euro).
 Secondo un’altra elaborazione contenuta nello studio, dal 2004 al 2006 ogni cittadino meridionale ha ricevuto effettivamente dallo Stato 1.015 euro a fronte dei 1.226 stabiliti dagli obiettivi di programma (cioè con il 45% del totale della spesa al Mezzogiorno). Situazione capovolta al Centro-Nord: qui nello stesso periodo ogni cittadino ha ricevuto 936 euro, 115 in più rispetto agli 821 programmati.
 A livello regionale, con 1.705 euro pro capite, è la Sardegna la più penalizzata: ha ottenuto 353 euro in meno, rispetto ai 2.058 programmati. A seguire, la Basilicata, con 331 euro di differenza, cioè 1.591 rispetto ai 1.922 previsti. Segno negativo anche per le altre regioni meridionali: il Molise lascia sul tappeto 297 euro, la Calabria 266, l’Abruzzo 201, Campania e Sicilia 193, “solo” 149 per la Puglia.
Articolo pubblicato il 22 ottobre 2011

Svizzera. La giustizia dei vincitori
di Aldo Sofia - 10/21/2011
Non solo la storia. Anche la giustizia viene puntualmente scritta dai vincitori. Il corpo martoriato di Gheddafi è lì a ricordarcelo. Colonnello vittima di una truce esecuzione. Lo lasciavano intendere le prime drammatiche testimonianze. E lo hanno confermato in serata le immagini che ritraggono prima il rais catturato, circondato dai miliziani che gli hanno dato la caccia, ferito, ma comunque vivo. Ma subito dopo le sequenze del suo cadavere, il corpo sanguinante, visibilmente esibito.
Quindi, un esito tragico e del tutto diverso da quella “eroica” resistenza che il colonnello aveva più volte promesso, e che nella lunga fuga aveva inutilmente cercato di infondere a un Paese ormai allo stremo.
Inutili appelli dell’uomo che per quarant’anni aveva dominato sulla Libia prima di cercare un ultimo rifugio in uno di quei buchi neri in cui altri dittatori prima di lui hanno cercato un’impossibile sopravvivenza.
Non è escluso che, nelle mani di chi ne ha decretato la fine, vi fosse anche la volontà di una rapida vendetta da parte di chi aveva combattuto l’ultima, cruentissima battaglia di Sirte, diventata “città martire” per l’alto prezzo di sangue pagato da assalitori e abitanti presi in ostaggio tra i due fuochi.
Ma, soprattutto, una Libia finalmente e definitivamente “liberata da Gheddafi” fa comodo a tanti. Agli ex ribelli oggi al potere, che hanno bisogno e fretta di ricostruire al più presto il Paese riaprendo i pozzi della ricchezza petrolifera. Fa comodo al governo di transizione per portare a termine il nuovo ancor precario cantiere del futuro edificio istituzionale, inducendo a un rapido disarmo i lealisti che ancora resistono, L’eliminazione fisica del “colonnello” era attesa con impazienza da non pochi esponenti dello stesso potere transitorio che fino a pochi mesi fa erano servitori fedeli e silenti della dittatura e del suo stravagante leader.
Comodissima, la sua fine, anche per l’Occidente, che ora si esibirà nel prevedibile e inverecondo lamento per un epilogo che quasi certamente è in contrasto con l’idea di democrazia per cui, ufficialmente, ha deciso l’intervento militare.
Ve lo immaginate un Gheddafi davanti ai giudici del tribunale penale internazionale dell’Aja mentre snocciola tutti gli attestati di stima e le proposte di succosi contratti energetici di chi – una volta riammesso nel salotto buono delle diplomazie mondiali – ancora all’inizio della scorsa primavera lo corteggiava, lo onorava, faceva con lui intese liberticide (come il rinvio dei migranti in acque internazionali), chiudeva gli occhi anche su migliaia di africani fuggiti da guerre terribili e trattati in Libia come sub-umani, e addirittura gli baciava le mani?
Possiamo allora ipotizzare i molti sospiri di sollievo che – dietro il rammarico ufficiale – hanno riempito l’aria di non poche cancellerie, dall’Europa alle Americhe.
E forse anche a Berna, che ne aveva chiesto cattura e processo per l’umiliante vicenda degli ostaggi svizzeri.
Comunque, dopo i decenni della dittatura, nonché i lutti e le distruzioni della guerra, per la Libia dei clan e delle tribù si aprono pagine che non sarà facile scrivere. Innanzitutto quella sulla tenuta della coalizione dei vincitori. Nella quale ci sta di tutto. Anche forti componenti islamiche che negli ultimi mesi hanno fatto chiaramente capire di non accettare posizioni e ruoli subalterni.
Non si può volere una guerra come quella voluta e appoggiata dall’Occidente, e sul terreno delegata ai rivoltosi libici, e pretendere anche un gran finale democratico.
E la morte inflitta a Gheddafi, le immagini dell’ex dittatore sconfitto, catturato ma ancora vivo, e subito dopo quelle del suo corpo falciato dai colpi feroci della vendetta, non sono certo un buon viatico per la democratizzazione promessa da chi questa guerra e questo finale l’ha voluto e deciso, pianificato e scritto.

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