domenica 23 ottobre 2011

Federali.sera_23.10.11. Cuore padano.----Prima una baracca, poi la costruzione di un vero e proprio cantiere edile (il «campo Onna» come lo chiamano loro). Attualmente vi lavorano una sessantina di operai, più una quindicina di tecnici e impiegati, una parte proveniente da Verona, l'altra assunta sul posto. L'obiettivo, nei prossimi mesi, è di arrivare a 150 operai. E, recentemente, anche la decisione di iscriversi all'Associazione Costruttori Edili Aquilani per ribadire il loro senso di appartenenza a quella terra.----L'ultima tabella disponibile nel sito della Regione sull'utilizzo dei fondi europei disponibili "Fesr" per lo sviluppo regionale - poi ci sono anche quelli del Fondo sociale Fes e quelli per l'agricoltura Feasr - risale al 30 giugno e dice che per ora si è solo al 40% di utilizzo. Ma nei giorni scorsi si è riunito il "Tavolo di partenariato", che riunisce con la Regione tutti i protagonisti della società veneta, al quale è stato presentato un pacco di progetti "ambiente" da finanziare coi soldi europei: su quella lista si sono concentrate critiche perché - come ha riportato in aula il consigliere Nereo Laroni (Pdl) - i progetti sono concentrati in solo due zone del Veneto: delta del Po e litorale veneziano.

L'Impresa Mazzi è in Abruzzo «Così ricostruiremo Onna»
Lavello promuove «class action» contro Fenice
Venezia, padania. Fondi Ue: siamo al 41% «Ma li useremo tutti»
Pmi, lo Stato non paga? Ora arrivano le sanzioni
Crisi, nasce mister Euro è Van Rompuy



L'Impresa Mazzi è in Abruzzo «Così ricostruiremo Onna»
 AZIENDE & SOCIETÀ. Dopo il terremoto la ricostruzione è praticamente al palo. Il costruttore veronese in prima linea
 Nel piccolo paese completamente distrutto un «campo» con 60 operai locali, che diventeranno 150, e 15 di tecnici scaligeri. «Cantiere L'Aquila» da 50 miliardi di euro. 23/10/2011
Sono le 3,32 del 6 aprile 2009. La terra a L'Aquila, e nelle zone circostanti, comincia a tremare. C'erano già state, nei giorni precedenti, delle piccole scosse, ma gli esperti avevano rassicurato la popolazione: nessun pericolo. Quella notte, invece, arriva la smentita, purtroppo. La scossa è violentissima, pari a 5,9 gradi di magnitudo della scala Richter. Il centro storico del capoluogo abruzzese viene letteralmente sbriciolato. Così come decine e decine di agglomerati urbani attorno a L'Aquila. Alla fine si contano 308 vittime, oltre 1.600 feriti, danni per 10 miliardi di euro. Il paese più colpito è Onna, a dieci chilometri da L'aquila. 41 le vittime su 350 abitanti, l'80% degli edifici letteralmente crollato, il restante 20% inagibile.
A poco più di due anni di distanza dal disastroso sisma, la ricostruzione non è ancora praticamente iniziata. Sono stati fatti degli interventi, allestite case prefabbricate che hanno dato alloggio ad una parte della popolazione, ma, soprattutto il centro storico de L'Aquila, la cosiddetta "zona rossa", è ancora inagibile. I soldi, i tanto attesi investimenti da parte dello Stato, non sono ancora arrivati ed a frenare gli aiuti, inoltre, ci sono i soliti intoppi burocratici.
Anche l'Impresa Mazzi è in Abruzzo da due anni. Vi è stata chiamata, pochi mesi dopo il terremoto, dalla Banca d'Italia. Il lavoro da eseguire era quello di mettere in sicurezza (in pratica allestire dei ponteggi per evitare il crollo dell'edificio) il palazzo del Convitto che si trova nella "zona rossa" della città, dove, oltre alla Banca d'Italia, hanno sede anche la Camera di commercio, la Biblioteca comunale e l'Amministrazione provinciale. Un lavoro durato mesi, sotto lo spettro e la paura di ulteriori scosse e crolli improvvisi, ma portato a termine senza incidenti.
Doveva essere un lavoro come un altro, una commessa da rispettare, ma i fratelli Mazzi, Alberto, Stefano e Paolo, durante quei mesi, hanno maturato la convinzione che quella terra, quelle popolazioni, non potevano e non dovevano essere abbandonate. Spiega Alberto Mazzi: «Per noi è stato un vero e proprio choc visitare per la prima volta L'Aquila e i paesi limitrofi. Uno scenario apocalittico, una devastazione inimmaginabile, quella gente senza casa, senza lavoro, che aveva bisogno di tutto. Così ci siamo parlati e abbiamo deciso di stabilirci lì per lavorare, dare un nuovo posto di lavoro agli abruzzesi e contribuire alla ricostruzione».
Detto fatto. Prima una baracca, poi la costruzione di un vero e proprio cantiere edile (il «campo Onna» come lo chiamano loro). Attualmente vi lavorano una sessantina di operai, più una quindicina di tecnici e impiegati, una parte proveniente da Verona, l'altra assunta sul posto. L'obiettivo, nei prossimi mesi, è di arrivare a 150 operai. E, recentemente, anche la decisione di iscriversi all'Associazione Costruttori Edili Aquilani per ribadire il loro senso di appartenenza a quella terra.
Spiega Stefano Mazzi: «Quello che chiedono gli aquilani, dopo il dramma che li ha colpiti, è il rispetto nei loro confronti. È gente che ha ancora paura, perché là la terra, ed anche noi l'abbiamo sperimentato, trema ancora e spesso. Quando parli con loro vogliono vederti negli occhi, chiedono di non essere presi in giro, di essere aiutati ma anche di lavorare, di riavere le loro case, i loro borghi. Soprattutto non vogliono essere abbandonati».
Ma in cosa consiste il lavoro che l'impresa veronese sta compiendo in terra d'Abruzzo? «La città de L'Aquila» dice Paolo Mazzi, «è stata suddivisa in comparti, un gruppo di edifici delimitati da quattro vie, la cui ricostruzione viene decisa e seguita da un amministratore nominato appositamente. I comparti sono di vario tipo. Noi stiamo lavorando su un edificio di tipo E, che corrisponde al massimo grado di danni subiti, comprendente 72 appartamenti, nella periferia de L'Aquila. Stiamo mettendolo in sicurezza inserendo «isolatori antisismici», per poi passare al restauro definitivo. La stessa cosa la stiamo facendo in una casa storica all'interno della zona rossa».
Ma quando inizierà la vera e propria ricostruzione della città? È ancora Paolo Mazzi che risponde: «L'Aquila e i suoi dintorni sono il più grande cantiere d'Europa. È stato calcolato che per la ricostruzione della città serviranno 50 miliardi di euro e che, in quella zona, ci sarà lavoro per i prossimi vent'anni. Purtroppo i soldi promessi dallo Stato stanno arrivando con il contagocce, considerato anche il momento di crisi che l'Italia sta attraversando, ma siamo fiduciosi per il futuro. Del resto, L'Aquila non può morire».
E che futuro avrà il capoluogo abruzzese? Il suo centro storico, la «zona rossa», come comunemente viene chiamato, tornerà a risplendere, oppure diventerà un museo a cielo aperto? Risponde Stefano Mazzi: «Prima del terremoto L'Aquila era una cittadina dove tutti vivevano bene. Era capoluogo di regione, ospitava gli uffici regionali, aveva la sua Università. Il terremoto ha stravolto tutto, a cominciare dall'economia locale. Certo, si potrà anche ricostruire il centro storico, ma da qua a vent'anni sarà cambiata anche la tipologia della popolazione e forse, gli stessi giovani di oggi vorranno una casa diversa in un luogo diverso. Il centro, prima del sisma abitato da persone anziane e da studenti universitari, probabilmente avrà nuove destinazioni, ma non si può abbandonare, non si può permettere che non torni a splendere come prima. E noi vogliamo dare una mano». Giovanni Priante

Lavello promuove «class action» contro Fenice
di Francesco Russo
LAVELLO - Dopo aver ottenuto la sospensione per 150 giorni delle attività dell'inceneritore Fenice, la comunità lavellese è pronta a chiedere i danni per il disastro ambientale. Domani alle 18, su iniziativa del Comitato per il diritto alla Salute di Lavello, si terrà un incontro, presso il Teatro del Sacro Cuore, per spiegare alla cittadinanza le finalità e le modalità della class-action che si intende promuovere nei confronti della società che gestisce il termodistruttore di San Nicola di Melfi. «Le fonti di inquinamento ambientale ai quali siamo sottoposti quotidianamente - spiega il Comitato - sono tante, ma un dato è certo: Fenice ha inquinato dal 2002, e dagli ultimi monitoraggi, risulta che stia ancora inquinando le falde acquifere. Per questo, con la consulenza di un pool di avvocati della zona, abbiamo deciso si intraprendere l'iniziativa di una causa civile nei confronti di chi ha inquinato, e di coloro che a vario titolo non hanno fatto nulla per impedire lo scempio ambientale».
Nel comitato lavellese, c'è comunque soddisfazione dopo gli ultimi sviluppi legati alla vicenda Fenice. «La sospensione della attività dell'inceneritore - spiega il presidente del Comitato lavellese, Nicola Abbiuso - è stata un risultato quasi inaspettato per le comunità di Lavello e dei comuni della zona Vulture-Melfese, che negli ultimi tempi tanto avevano lottato. La magistratura, che dal 2009 sta lavorando sulla vicenda Fenice, ha appena iniziato i suoi lavori con i primi arresti ed i primi avvisi di garanzia. Il Procuratore di Potenza ha assicurato che non si faranno sconti a nessuno, e questo è positivo. La vera vittoria del Comitato - dice ancora - è stata l'iniezione di fiducia e di autostima infusa nei concittadini lavellesi e nei lucani. Coloro che tanti anni fa ci hanno preceduto, i cittadini del comitato «No a Fenice» - sottolinea - avevano visto giusto. I loro sospetti, oggi, sono un'amara realtà. La dignità dei cittadini, dei lavoratori di Fenice, dei lavoratori dell'insediamento industriale e degli agricoltori è stata calpestata. Abbiamo avuto ragione di pretendere giustizia e verità da tutti quelli che sapevano. L'intervento della Procura e la sospensione delle attività di Fenice - mette in chiaro Abbiuso - non sono un punto di arrivo ma un punto di partenza, e quindi le nostre iniziative continueranno. Dobbiamo tenere alta l'attenzione ed iniziare un percorso per la richiesta di risarcimento nei confronti di chi, in questi anni, ha erroneamente pensato di farla franca».
Nel frattempo, dilagano i commenti dei cittadini sulla vicenda, e tutti all'insegna della soddisfazione e della voglia di giustizia. Per leggerne alcuni, basta entrare nel profilo Facebook del Comitato per il Diritto alla salute di Lavello. «Se tutti coloro che hanno avuto un danno per tumori si costituissero parte civile allora veramente sarebbero nei guai: solo a Lavello sono centinaia i casi di tumore che si sono verificati da quando c'è Fenice!», scrive Francesco, riferendosi alla causa civile che sarà intentata dalla comunità locale. «Anche se tardi, finalmente è intervenuta la magistratura, ma chi ripaga i morti e i malati del Vulture?», si chiede Raffaele, mentre una giovane lavellese si dice «contenta che ci siano stati i primi arresti». «Speriamo però - prosegue - che non siano gli ultimi e che la giustizia faccia il suo corso». «Ogni inceneritore - commenta Matteo - porta con sé reati ambientali. Quando lo capiranno i politici, mettendo al bando questi impianti che sono veri attentati per la salute?». «Voi stessi lucani avete rovinato la nostra terra; ma ai vostri figli ci pensate?», si chiede Mauro, mentre per Donato «si dovrebbero processare per disastro ambientale e omicidio colposo plurimo tutti, e non solo i dirigenti dell'Arpab». «Adesso - dice Giuseppe - aspettiamo solo che Sigillito e Bove decidano di dire la verità su Fenice». Nel frattempo, anche il Comune di Lavello sta pensando ad eventuali iniziative legali da intraprendere contro Fenice. In tal senso, poche settimane fa, si era già espresso l'assessore comunale all'Ambiente, Antonio Catarinella.

Venezia, padania. Fondi Ue: siamo al 41% «Ma li useremo tutti»
 REGIONE. L'assessore Ciambetti replica alle accuse del Consiglio
 «Già sbloccati piani per i settori energia-ambiente»
23/10/2011
Piero Erle VENEZIA. «I fondi europei per il Veneto li spendiamo tutti. E se ne avessimo di più non avremmo problemi a spenderli bene». L'assessore al bilancio Roberto Ciambetti risponde piuttosto piccato alle forti critiche sollevate giovedì dal Consiglio regionale - più voci hanno affermato che «non c'è informazione sulla gestione dei fondi» - dove è già iniziato anche il dibattito sulla "legge comunitaria" con la quale proprio il Consiglio vuole assumere poteri e responsabilità nella gestione del rapporto tra Regione e Bruxelles: in sostanza il Consiglio punta ad appropriarsi di spazi oggi di totale gestione della Giunta, e dietro le quinte c'è chi ci legge anche l'ennesimo confronto tra Lega e Pdl.
AMBIENTE: FONDI UE ANCHE ANTI-ALLUVIONE. L'ultima tabella disponibile nel sito della Regione sull'utilizzo dei fondi europei disponibili "Fesr" per lo sviluppo regionale - poi ci sono anche quelli del Fondo sociale Fes e quelli per l'agricoltura Feasr - risale al 30 giugno e dice che per ora si è solo al 40% di utilizzo. Ma nei giorni scorsi si è riunito il "Tavolo di partenariato", che riunisce con la Regione tutti i protagonisti della società veneta, al quale è stato presentato un pacco di progetti "ambiente" da finanziare coi soldi europei: su quella lista si sono concentrate critiche perché - come ha riportato in aula il consigliere Nereo Laroni (Pdl) - i progetti sono concentrati in solo due zone del Veneto: delta del Po e litorale veneziano. «La verità - spiega Ciambetti - è che abbiamo inserito intanto in lista interventi già realizzati per circa 25 milioni: è una procedura già utilizzata in passato dalla Regione, per assicurarci di non perdere in nessun caso finanziamenti disponibili sull'asse "Ambiente". In pratica, si ottiene il finanziamento per opere già fatte e così si liberano soldi della Regione. «Nel frattempo ci siamo concentrati anche su interventi come il bacino anti-piene per il Bacchiglione a cui in giugno ho fatto destinare 10,3 milioni di fondi europei».
ENERGIA: UNO STOP E UNA SVOLTA. Anche la voce "Energia" risulta al momento addirittura a zero. È tra l'altro andato deserto un bando da 15 milioni dell'assessorato all'energia per interventi di privati. Ma in compenso - spiega Ciambetti - ha avuto una valanga di risposte il bando da 12 milioni per finanziare enti pubblici per progetti di miglioramento energetico di edifici e proprietà pubbliche: «Ho già annunciato proprio al Tavolo partenariale che in caso dirotteremo lì anche altri fondi». Insomma, entro fine anno lo "zero" non ci sarà più.
UNA CORSA ENTRO IL 2015. Va molto meglio il ricorso ai fondi per le imprese (si è già all'82% di utilizzo) e Ciambetti spera di sbloccare presto anche fondi per la "cooperazione", rimasti bloccati da varie pastoie burocratiche, grazie «a progetti Italia-Austria e ad altri con la Croazia per i quali siamo al via libera». Di strada da fare ce n'è tanta, ma Ciambetti precisa: «In base alle norme il termine vero è il 2015. Il Veneto non ha mai perso fondi europei e non lo farà neanche stavolta».

Pmi, lo Stato non paga? Ora arrivano le sanzioni
 CREDITO. Fondazione Impresa: una «piaga» al Sud e il manifatturiero è il settore più colpito
 La pubblica amministrazione salda anche a 120 giorni Ma la Ue all'Italia: dal 2012 pagamenti non oltre i 30 giorni. 23/10/2011
Sabina Licci ROMA
Tempi di attesa fino a quattro mesi per le piccole imprese che devono essere pagate dalla Pubblica amministrazione (Pa). A mettere il dito nella piaga è un'indagine della veneta Fondazione Impresa condotta nel 2011 su un campione di 1.200 imprese con meno di 20 addetti. In Italia i tempi medi di pagamento dei clienti privati sono di 46,9 giorni, che diventano 92,1, quando il cliente è lo Stato. Una situazione che peggiora, visto che rispetto al secondo semestre del 2010, i tempi di pagamento della pubblica amministrazione si sono allungati di 7,8 giorni. I settori che aspettano di più sono la piccola impresa manifatturiera (120,8 giorni) e i servizi (104,4 giorni). Quanto alla mappa geografica, le attese si fanno più lunghe per le Piccole e medie imprese del Mezzogiorno: quasi 4 mesi (116,9 giorni), detenendo il record negativo in tutta Europa; seguono quelle del Nord Ovest (90,8 giorni) e del Nord Est che insieme a quelle del Centro attendono circa 83 giorni.
«La piaga dei ritardi di pagamento», sostengono i ricercato di Fondo Impresa, «va affrontata con decisione perché danneggia le piccole imprese che soffrono di problemi di liquidità, costrette ad indebitarsi per pagare i propri dipendenti, fornitori e tasse, con la sola conseguenza di aumentare i costi». Ma uno spiraglio all'orizzonte c'è per le numerose imprese strangolate dai ritardi della Pa e quindi dalla mancanza di liquidità.
All' invito del vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajani ad anticipare dal 2013 al 2012 il recepimento della direttiva 2011/7/Ue sulla lotta ai ritardi di pagamento, infatti, il Senato giovedì scorso ha risposto approvando all'unanimità lo Statuto delle imprese che ora passa all'esame della Camera per il passaggio definitivo. Nello specifico, la Pubblica Amministrazione dovrà pagare le imprese entro 30 giorni e in caso di ritardato pagamento sarà previsto un sistema di diffide e sanzioni. Si auspica che l'iter di allineamento ai tempi di pagamento indicati dalla Ue trovi presto attuazione in Italia in quanto – come sostengono i ricercatori di Fondazione Impresa – sono 120 i giorni che le piccole imprese italiane devono aspettare per essere pagate dalla Pa con conseguenze negative sulla liquidità aziendale. «Si pensi che talvolta», conclude la ricerca, «le piccole imprese sono costrette ad indebitarsi per pagare i propri dipendenti, i fornitori e le tasse, con la sola conseguenza di aumentare i costi e di diminuire la performance aziendale».

Crisi, nasce mister Euro è Van Rompuy
Il «presidente del Summit dell' Eurogruppo»
sarà eletto dai leader dei 17 paesi
 MILANO- Nasce la figura di mister Euro. Il vertice Ue istituirà il «presidente del Summit dell' Eurogruppo», che sarà eletto dai leader dei 17 paesi in occasione del rinnovo della carica di presidente permanente del Consiglio. Nel frattempo il ruolo è attribuito all'attuale, Herman Van Rompuy. È scritto nella bozza di conclusioni del vertice. Nel testo si sottolinea che è «necessaria la coerenza tra eurozona e intera Ue, nel pieno rispetto dell'integrità della Ue». È specificato che «il presidente dell'Euro Summit sarà designato» dai leader di Eurolandia e che il suo mandato avrà la stessa durata di quello del presidente permanente del Consiglio. «In attesa della prossima elezione» l'attuale presidente«, cioè Van Rompuy, «presiederà gli incontri del Summit Euro» e terrà informati gli stati che non appartengono all'eurozona.

I CONTI- Non c'è solo mister Euro. Il rigore di bilancio e «le riforme strutturali» sono «di cruciale importanza». Gli stati membri devono rispettare pienamente le raccomandazioni di Bruxelles. Sarebbe questo un altro passaggio contenuto nella bozza. Il documento poi continua: Un «numero limitato di priorità di politica economica interna» da perseguire in «breve tempo» per ottenere una «crescita sostenibile, inclusiva e ecocompatibile». Tra le priorità gli investimenti nella banda larga, la semplificazione burocratica e amministrativa, con particolare attenzione alle Pmi, riforme strutturali e rigore dei conti. Punti, questi ultimi, «cruciali» per crescita, creazione di lavoro e conti pubblici.

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