lunedì 24 ottobre 2011

Federali.mattino_24.10.11. Sharia: padano Vs. oltre_padano.----Riello attacca Illy. «Non capisco le ambizioni di Riccardo. Si dovrebbe vietare a chi è entrato in politica di assumere cariche associative»

Duello a Nordest per Confindustria: Riello attacca Illy
Merkel: intesa su capitale banche
Svizzera. Elezioni: i nuovi partiti di centro avanzano
Libia. Il Cnt: «Il nostro Paese ora è libero»



Duello a Nordest per Confindustria: Riello attacca Illy
«Non capisco le ambizioni di Riccardo. Si dovrebbe vietare a chi è entrato in politica di assumere cariche associative»
di Alessandra Carini
VENEZIA
 Otto anni fa ci provò Nicola Tognana a cercare di conquistare, per il Nordest, la presidenza della Confindustria. Ma fu sconfitto, con coda di polemiche, dalle potenti armate di Luca Cordero di Montezemolo. Adesso, da pochi giorni, è sceso in campo Andrea Riello, con una mossa a sorpresa che ha quasi l’aria di un auto candidatura. «Non è così – sottolinea l’imprenditore veronese – dopo il ritiro di Gianfelice Rocca, che sembrava gradito ai colleghi del Veneto, penso che si sia voluto proporre un nome alternativo alle candidature che stanno circolando e che, forse, rappresentano troppo quell’establishment consolidato dal quale è difficile attendersi cambiamenti».
 Riello non è certo un outsider, di cariche in Confindustria ne ha ricoperte molte: presidente del Veneto, dell’Ucimu, della Federmacchine, per citarne alcune. Tanto che qualcuno potrebbe collocarlo nella categoria dei confindustriali più che degli industriali. «Non sono tra quelli che attribuiscono alla parola confindustriale un’accezione negativa – spiega – la mia storia imprenditoriale è nota: siamo un gruppo familiare che rappresenta oggi aziende con un fatturato complessivo di 500 milioni. Siamo solidi, indipendenti dal sistema bancario, liberi di continuare ad investire». E comunque, aggiunge, più che «un candidato del Veneto mi sento un veneto candidato a guidare la Confindustria di tutto il Paese».
 Obiettivo non facile da raggiungere visto che Alberto Bombassei e Giorgio Squinzi, che sono oggi i suoi competitor, hanno già ottenuto qualche appoggio dai “grandi” elettori di Viale dell’Astronomia. Certo, questa volta non c’è la Fiat, e i nomi non sembrano fortissimi. O, almeno, non come ai tempi del confronto Tognana-Montezemolo. Si può anche vincere ai punti per debolezza dell’avversario.
 Ma le prime insidie arrivano proprio in casa nordestina con quella candidatura di Riccardo Illy arrivata solo pochi giorni dopo il mandato esplorativo che Confindustria Veneto ha messo nelle sue mani. «Non capisco la scelta di Illy, ovvero di un imprenditore uscito da un’esperienza politica. Credo che, a parte statuti e regolamenti, si dovrebbe vietare a chi è entrato in politica di assumere cariche associative. E poi ho una convinzione: un incarico in Confindustria, a qualsiasi livello, dovrebbe essere il massimo dell’aspirazione e dell’impegno pubblico per un imprenditore. Non un punto di arrivo di una carriera politica, magari finita male, o un punto di partenza per degli incarichi politici successivi». La pensa diversamente Gianpietro Benedetti, presidente della Danieli, che a margine della presentazione del bilancio definisce «Illy un buon candidato». Riello, in ogni caso, deve ancora sciogliere le riserve sulla sua disponibilità. «I primi passi li ho già fatti – racconta – la mia famiglia mi ha dato un incoraggiamento straordinario, ho colto da parte dei miei colleghi veneti un sostegno sincero, anche se continuano ad arrivare da più parti sirene che cantano e promettono vice presidenze a gò-gò in cambio dell’appoggio. E un gioco al quale non ho intenzione di partecipare. E poi spero di avere un confronto, altrettanto sincero, con tutto il resto del sistema, per vedere se c’è una condivisione sulla Confindustria che ho in mente».
 E qui c’è davvero da scegliere quali fra i tanti problemi affrontare per primi: le questioni lasciate sul tappeto dall’uscita della Fiat, la ridefinizione delle regole della rappresentanza, la convivenza difficile tra pubblici e privati, monopolisti e manifatturieri, la necessità di tagliare i costi di una organizzazione accusata di essere elefantiaca.
 «Vorrei una Confindustria più leggera – illustra il suo progetto Riello – che tagli costi e liturgie, anche per guadagnare autorevolezza, perché bisogna predicare bene ma anche razzolare bene. Il nostro è un modello già federale, ma bisogna andare oltre perché non si può più delegare al centro quelle funzioni sulle quali non ci si sente più rappresentati». Per tagliare i costi si potrebbe cominciare, così, da un settore difficile, quello delle relazioni sindacali: «Vi sono realtà – ragiona Riello – che possono negoziare direttamente, altre, come le piccole e medie imprese, che, invece, richiedono una trattativa territoriale ma anche su base nazionale per definire regole e normative comuni». A livello territoriale, la questione dei tagli e della riorganizzazione del sistema Confindustria si presenta in maniera un po’ diversa. Perché le imprese si riconoscono per lo più nell’organizzazione. E poi si deve distinguere, dice Riello, tra la funzione di rappresentanza e quella di servizio. «Inutile e dannoso inseguire l’obiettivo di fondere associazioni territoriali che hanno una forte identità e non rinunceranno mai al loro ruolo. Anzi, su questo livello, in alcuni casi si potrebbero addirittura avere altre sezioni territoriali per dare evidenza a problemi specifici delle singole realtà».
 Fatto sta che i grandi elettori, oggi, sembrano propendere per “mister Brembo”, Alberto Bombassei. «Conto molto sui giovani – ribatte a questo riguardo Riello –, che forse non vogliono essere intrappolati nell’establishment, sulla piccola e media impresa e su tutte quelle territoriali da nord a sud, nel lombardo-veneto e nell’Emila Romagna, che sono simili per cultura e struttura economica al mio territorio e alla mia esperienza imprenditoriale». Se non riuscirà a centrare l’obiettivo, promette, «mi ritirerò, non certo sostenendo che l’uva non è matura, ma per ora ho intenzione di giocare la partita fino in fondo».

Merkel: intesa su capitale banche
Accordo sulle basi delle proposte dell'Autorita' bancaria Ue
23 ottobre, 17:52
(ANSA) - BRUXELLES, 23 OTT - ''Mi fa piacere che nel fine settimana, durante l'incontro dei ministri finanziari, sono stati fatti progressi sulla ricapitalizzazione delle banche'': lo ha detto la cancelliera tedesca, Angela Merkel, sottolineando che ''su questo (tema) c'e' una larga intesa'' nell'Ue.
 ''Gli sviluppi qui (a Bruxelles) hanno dimostrato che i ministri finanziari sono stati in grado di mettersi d'accordo sulle basi delle proposte dell'autorita' bancaria europea''.

Svizzera. Elezioni: i nuovi partiti di centro avanzano
Le nuove formazioni di centro, ossia i Verdi liberali e il Partito borghese democratico, sono i vincitori delle elezioni federali 2011. L'UDC perde preferenze e seggi, ma resta il primo partito della Svizzera. In calo anche gli ecologisti e i partiti di centro tradizionali.
 Per la prima volta nell'ultimo ventennio, si registra un'inversione di marcia dell'Unione democratica di centro (UDC). Secondo le proiezioni della Società svizzera di radiotelevisione SSR per la Camera del popolo, il partito della destra conservatrice otterrebbe 55 seggi su 200. Pur restando di gran lunga il primo partito della Svizzera con il 25,3% dei voti, retrocederebbe di 3,6 punti percentuali rispetto al 2007 e perderebbe 7 seggi. Il partito di Toni Brunner ha dunque fallito il suo obiettivo di superare il 30%.
Stabile in seconda posizione il Partito socialista (PS) che, pur perdendo consensi, conquisterebbe un mandato in più di quattro anni fa. Con il 17,6% (-1,9 punti percentuali) otterrebbe 44 seggi. Sarebbe l'unico dei cinque più grandi partiti della Svizzera a non perdere seggi.
I due partiti tradizionali di centro, liberale radicale (PLR) e popolare democratico (PLR) proseguirebbero il loro declino, scendendo rispettivamente al 14,7% (-3 punti percentuali) e al 13,0% (-1,5). Il PLR otterrebbe 31 seggi (-4), il PPD 28 seggi (-3).
I Verdi retrocederebbero dal 9,6 all'8% e otterrebbero così 13 seggi, vale a dire 7 in meno di quattro anni fa. Il Partito ecologista svizzero manca dunque chiaramente il bersaglio: il suo obiettivo era infatti di superare la soglia del 10% per poi rivendicare un mandato nel governo federle.

Aria fresca al centro
Al contrario, sarebbero in netta ascesa i Verdi liberali che, con il 5,2 % dei voti (+3,8), otterrebbero 12 seggi, ossia 9 in più. Questo giovane partito, nato da una scissione nei Verdi zurighesi, si era presentato per la prima volta alle elezioni federali nel 2007. I suoi rappresentanti nella legislatura appena conclusasi facevano parte del Gruppo PPD ed evangelici. Ora potrà costituire un proprio Gruppo alle Camere federali, poiché il numero minimo di deputati richiesti è di 5.
Guadagno netto di 9 seggi anche per il Partito borghese democratico (PBD). La formazione nata da una scissione all'interno dell'UDC dopo l'esclusione dal governo federale di Christoph Blocher, e che dunque non esisteva ancora nel 2007, incamererebbe il 5,2% dei voti. Rispetto al numero di deputati nazionali PBD uscenti – ossia coloro che nel corso della legislatura erano dai ranghi dell'UDC per passare alla nuova formazione – la progressione sarebbe di 4 seggi.
L'avvento dei Verdi liberali e del PBD è però un fenomeno circoscritto alla Svizzera tedesca e ai Grigioni. Nella Svizzera romanda, pur avendo presentato delle candidature, queste formazioni non hanno sfondato. In Ticino si sono lanciati solo i Verdi liberali democratici della Svizzera italiana, ma senza successo. Hanno infatti raccolto poco più dell'1% dei voti.

Esclusione sfiorata per il presidente del PLR
 Tra le novità delle elezioni federali 2011, figura anche l'entrata in Consiglio nazionale di un rappresentante del Movimento dei cittadini ginevrino (MCG). La formazione populista ha soffiato al PLR uno dei due seggi che deteneva finora.
Una notizia clamorosa è giunta dal Ticino, dove il presidente del Partito liberale radicale (PLR) svizzero Fulvio Pelli, in Consiglio nazionale dal 1995, ha sfiorato l'estromissione. Pelli alla fine l'ha spuntata per 58 voti sul collega di partito Giovanni Merlini.
L'agenzia di stampa Ats ricorda che l'esclusione dal parlamento elvetico di un presidente di partito nazionale risale a oltre 30 anni fa. Anche all'epoca, nel 1979, si trattava del presidente del PLR, il neocastellano Yann Richter, che aveva tentato il salto dalla Camera del popolo a quella dei Cantoni, fallendo l'obiettivo.
In Ticino il PLR è rimasto il primo partito, seppur in leggero calo, davanti al PPD e alla Lega. Quest'ultima però, grazie alla congiunzione delle liste con l'UDC, superato i liberali radicali, che hanno così perso uno dei loro attuali tre mandati.
L'altro grande perdente in Ticino è il PS, che ha lasciato sul terreno uno dei suoi due seggi, quello finora occupato da Fabio Pedrina che non si è ripresentato. Rieletta invece l'uscente Marina Carobbio.
Grandi vincitrici in Ticino sono la Lega che ottiene due seggi, e dunque raddoppia, e l'UDC che conquista un seggio e manda così per la prima volta un proprio rappresentante a Berna.
Il PPD mantiene entrambi i suoi attuali seggi. Fatto curioso, due candidati popolari democratici si sono collocati al secondo posto con lo stesso numero di voti - 23'979 -. Si procederà dunque al sorteggio per decidere chi dei due sarà eletto.

Nei Grigioni esce il PLR, entrano Verde liberali
 Il PLR subisce uno scacco anche nei Grigioni. Il deputato nazionale uscente Tarzisius Caviezel non è stato rieletto e il PLR retico esce così di scena dalla Camera del popolo. È la prima volta che succede nel cantone dall'introduzione del sistema proporzionale nel 1919.
Vincitore nei Grigioni – dove ben tre uscenti su cinque non si sono più ripresentati per sollecitare un mandato –è il blocco composto di PS, Verdi e Verdi liberali, che hanno congiunto le liste, con il 26,01% dei voti e due seggi. Al Consiglio nazionale sono eletti la socialista del Grigioni italiano Silva Semadeni, che aveva già occupato un seggio dal 1995 al 1999, e il Verde liberale Josias F. Gasser.
Ottengono un seggio ciascuno l'UDC (24,99%), il PBD (20,45%) e il PPD (16,64%).

Tanti ballottaggi per la Camera dei Cantoni
 Per oltre un terzo dei seggi – 19 su 46 – della Camera dei cantoni, dove prevale il sistema maggioritario, sarà necessario il ballottaggio. Anche qui sia l'UDC sia i Verdi hanno mancato i loro obiettivi.
Nei Grigioni, l'UDC ha perso il proprio seggio, conquistato dal PLR. Al primo turno, in totale i democentristi hanno ottenuto quattro seggi, tutti in cantoni dove erano già rappresentati al Consiglio degli Stati: Glarona, Sciaffusa, Turgovia e Svitto.
In particolare dovranno andare al ballottaggio, e la partita non si annuncia facile, esponenti di spicco dell'UDC, quali l'ex consigliere federale Christoph Blocher a Zurigo e il presidente del partito Toni Brunner a San Gallo.
Oltre ai quattro mandati ottenuti dall'UDC, al primo turno hanno conquistato sette seggi ciascuno i partiti socialista, liberale radicale e popolare democratico. Un bel colpo è stato messo a segno dal PS nel cantone Argovia, dove ha conquistato un seggio con Pascale Bruderer.
 swissinfo.ch

Libia. Il Cnt: «Il nostro Paese ora è libero»
Jalil: «Rafforzeremo la Sharia»
 23 ottobre 2011
Gli ultimi avvenimenti
Jalil: «Rafforzeremo la Sharia»
Il numero uno del Consiglio di transizione libico, Mustafa Abdel Jalil, si è inginocchiato oggi in preghiera subito dopo avere presenziato alla cerimonia di proclamazione della liberazione della Libia, che si è tenuta a Bengasi. Jalil ha promesso che la legge islamica sarà rafforzata. «Come nazione musulmana la sharia è alla base della nostra legislazione, pertanto ogni legge che contraddica i principi dell’Islam non avrà valore», ha detto. Jalil ha poi ringraziato le Lega Araba, le Nazioni Unite e l’Unione europea per l’aiuto e il supporto dato nel conflitto e che ha portato alla morte di Muammar Gheddafi. «Tutti i martiri, i civili e l’esercito hanno atteso questo momento. Adesso si trovano nel migliore dei posti, il paradiso eterno». Davanti a decine di migliaia di libici che hanno riempito una delle piazze principali di Bengasi in occasione della festa odierna, il presidente del Cnt ha concluso affermando che «la rivoluzione è iniziata come pacifica, per poi divenire violenta».

«Il nostro Paese è libero»
«Dichiariamo al mondo intero che abbiamo liberato il nostro Paese, con le sue città, i suoi villaggi, le nostre più alte montagne, i deserti e i cieli», ha dichiarato un ufficiale libico alla piazza gremita di persone osannanti. Al suo fianco c’è il presidente del Cnt, Abdel Jalil.Il vicepresidente del Conisglio nazionale di transizione libico, Abdul Hafiz Ghoga, ha detto a decine di migliaia di libici radunati in piazza a Bengasi: «Alzate in alto le vostre teste. Siete libici liberi ... liberi dal giogo di Gheddafi». La cerimonia si è svolta tre giorni dopo la morte del Colonnello.

Iniziata la cerimonia per la liberazione
È cominciata a Bengasi, la città portuale da dove otto mesi fa è cominciata la rivolta contro il colonnello Muammar Gheddafi, la cerimonia di proclamazione della liberazione della Libia.
Il leader del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Abdel Jalil, è arrivato nella piazza della città portuale di Bengasi dove migliaia di persone attendono la dichiarazione della liberazione del Paese.

Un colpo in pancia, uno in testa
Uno dei medici che hanno assistito all’autopsia compiuta la notte scorsa sul corpo di Muammar Gheddafi ha riferito alla Reuters che due proiettilo sono stati trovati nel cadavere, uno in testa, l’altro nell’addome. «Ci sono varie ferite - ha detto la fonte - C’è una pallottola nell’addome e ce n’è una nel cervello». In precedenza un altro dottore aveva detto che Gheddafi era ucciso a causa di una ferita d’arma da fuoco.

L’autopsia
A causare la morte di Muammar Gheddafi è stata una ferita d’arma da fuoco. Lo ha detto uno dei medici che ha compiuto l’autopsia. «Ci sono ancora diversi procedure da seguire. Dobbiamo passare tutta la documentazione al magistrato di turno. Allora ogni cosa diventerà di dominio pubblico e nulla sarà nascosto», ha aggiunto un medico che ha condotto l’autopsia sul corpo di Muammar Gheddafi. L’esame è stato eseguito questa mattina nell’obitorio della città di Misurata, a circa 200 km a est di Tripoli. Ufficiali locali hanno annunciato che il corpo del Colonnello sarà riportato nella cella frigorifera di una vecchia macelleria. Un portavoce del Consiglio militare di Misurata, Fathi Bachaga, ha confermato che l’esame è stato condotto in mattinata, anche se non era prevista un’autopsia sul corpo di Gheddafi, ma si è eseguita dopo le richieste di Tripoli. Il giudice incaricato di supervisionare l’autopsia ha fatto sapere che «non essendoci alcun rapporto scritto dell’esame, non si conoscono ancora la cause della morte di Gheddafi».

La vicenda
Non ha ancora avuto sepoltura il corpo di Muammar Gheddafi, esposto accanto al figlio Mutassin alle foto ricordo di centinaia di libici di Misurata. E ancora il Cnt (Consiglio nazionale di transizione) non ha dichiarato ufficialmente «la liberazione della Libia» che è attesa per oggi e dovrebbe preludere alla formazione di un governo di transizione `vero´ in grado di preparare, tra otto mesi, le elezioni.
Situazioni in sospeso, mentre resta misteriosa la sorte di Saif al Islam, il figlio dato per morto, ferito, nascosto nel deserto o fuggito in Niger, a seconda del momento o delle fonti. Ieri gli appartenenti alla sua tribù lo hanno nominato successore del padre «nella guerra di liberazione» contro «quelli che hanno fatto la rivoluzione con la Nato».
E si sono rifiutati di riconoscere la legittimità del Cnt. Per il Consiglio ha parlato il premier Mahmoud Jibril, in Giordania per partecipare Forum economico mondiale. Ha detto di avere intenzione di dimettersi dall’attuale incarico e ha rivolto un monito sulla ricostruzione: «Non sarà un compito facile. È come la `Mission Impossible´ del film di Tom Cruise ... Si devono ripristinare stabilità e ordine e quindi, come prima cosa, si devono togliere le armi dalle strade e dalle mani» dei tanti, troppi, che ne sono entrati in possesso in questi otto mesi di guerra.
«Bisognerà - ha sottolineato - prendere decisioni basate sulle regole economiche e non sulla politica». Un modo per dire che un Paese tradizionalmente diviso e complesso come la Libia, senza il Colonnello sarà comunque obbligato all’unità se vorrà risollevarsi economicamente e portare prosperità alla propria gente. E non solo alle multinazionali straniere che si affacciano a chiedere `compensi´ per il loro intervento militare a sostegno della rivoluzione.
 Intanto comunque, il cadavere martoriato di Gheddafi è rimasto al centro delle cronache televisive. A centinaia hanno continuato a passargli davanti e l’hanno fotografato con i cellulari branditi come armi, in fila anche i bambini con i padri e nonni, quasi nessuna donna. Ieri - quando ormai una molteplicità di video aveva dimostrato che era stato preso vivo - era stato detto che un medico gli aveva fatto l’autopsia stabilendo che era stato ucciso da un colpo d’arma da fuoco alla tempia; stamane un ufficiale del consiglio militare a Misurata ha garantito che «nessuno aprirà il corpo» del Colonnello; ma ieri sera una fonte anonima ha assicurato alla Bbc che l’autopsia è stata fatta.
Nessun dettaglio, ma un’informazione: il cadavere sarà restituito «ai parenti». Alcune fonti ritengono però che sia più probabile una `sepoltura segreta´, forse addirittura in mare come Osama bin Laden, in modo da non creare un luogo che potrebbe diventare una sorta di mausoleo.
La stessa sorte potrebbe essere riservata al cadavere di Mutassin, trasferito nella stessa cella frigorifera del padre: anche lui, d’altra parte, era stato catturato vivo (a Sirte, pare) ed era poi stato ammazzato a sangue freddo con un colpo d’arma da fuoco alla gola. Uccisioni che non sono d’aiuto alla necessaria «riconciliazione» e sulle quali - dopo l’Onu, Amnesty International e la moglie Saphia - anche un esponente del Cnt oggi ha chiesto venga aperta un’inchiesta. Ulteriore dimostrazione di dissidi interni all’attuale dirigenza del paese.
Saphia Gheddafi, riparata da tempo in Algeria con i figli Mohammad e Hannibal e con la figlia Aisha, proprio con quest’ultima (e, presumibilmente con la nipotina nata in Algeria) sarebbe partita per un Paese del Golfo. Paese non meglio individuato ma che, secondo fonti di stampa, non avrebbe voluto accogliere i figli maschi del rais, gli unici due certamente in vita insieme a Saadi, l’ex calciatore riparato in Niger con una parte del `tesoro´ di famiglia.

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