domenica 9 ottobre 2011

Federali.sera_9.10.11. Tra i maggiori evasori del Canone Rai figurano le famiglie residenti nelle province di Caserta, Imperia, Foggia e Bolzano, dove l'evasione sfiora il 90% delle famiglie.----Bozen, oltrepadania. Tutto si aggrava in un momento in cui la gente è spaventata, perché dice: cosa facciamo adesso che abbiamo assunto la badante?. Ché magari uno aveva un certo livello, con 900 euro al mese, e ora si trova al precedente con 500. Ora, la badante, come la paga?

Fisco, contribuenti.it: canone rai, tassa piu' evasa dagli italiani.
Bozen, oltrepadania. Non autosufficienti, valanghe di ricorsi
Est padania. A Riello l'appoggio di tutto il Nordest
«Il declassamento continuerà, ma qui si soffrirà meno»
Il Belgio ritrova un Governo


Fisco, contribuenti.it: canone rai, tassa piu' evasa dagli italiani.
ROMA - E' la tassa concessione televisiva, meglio nota come Canone RAI, la tassa più evasa dai contribuenti italiani italiani. Questo risultato emerso dallo studio sulle imposte più evase dagli Italiani, condotto da KRLS Network of Business Ethics, per conto di Contribuenti.it Magazine dell'Associazione Contribuenti Italiani.
Dalla ricerca è emerso che l'evasione del Canone RAI delle famiglie si attesta intorno al 41% con punte che arrivano fino al 87% in alcune regioni quali Campania, Calabria e Sicilia, mentre quello delle imprese si attesta intorno al 96%. In termini di imposta evasa, si stima che ogni anno le famiglie italiane evadono 500 MLN di euro.
Ma in Italia, non tutti sanno, che esistono due canoni: quello ordinario, dovuto dalle famiglie, e quello speciale, dovuto dalle imprese, lavoratori autonomi, enti pubblici, enti pubblici non economici, enti privati. Se il canone ordinario e' dovuto per il possesso di "apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni", il canone speciale si paga anche per il possesso di computers e/o monitors e altri apparecchi multimediali (videofonino, videoregistratore, iPod, sistemi di videosorveglianza, ecc.) posseduti dalle imprese o enti pubblici o privati.
L'evasione del canone RAI delle famiglie, che già nel 2005 ammontava al 22%, è balzata, nel 2011, al 43% (contro l'8% della media europea) e, si stima che nel 2012 arriverà al 46%.
Tra i maggiori evasori del Canone Rai figurano le famiglie residenti nelle province di Caserta, Imperia, Foggia e Bolzano, dove l'evasione sfiora il 90% delle famiglie. All'opposto le province più virtuose sono quelle di Aosta, Siena, Pescara e Campobasso dove l'evasione si attesta al 12%.
Ma l'evasione maggiore si riscontra nelle imprese. Secondo i dati di Contribuenti.it in Italia esistono circa 4,5 MLN di imprese di cui il 98% collegata con Internet con almeno un computer, per cui almeno 4,4 MLN di imprese dovrebbero pagare il canone speciale. Ma dai dati pubblicati dalla RAI risulta che i canoni speciali riscossi ogni anno sono meno di 180 mila, per cui almeno 4,2 MLN di imprese, non pagano il canone con un 95% di evasione. Limitandosi ad applicare il canone speciale base di 195,31 euro a 4,2 milioni di imprese, l'evasione e' di 820 MLN di euro. E se si considera che oltre alle imprese devono pagare il canone anche i lavoratori autonomi, i circoli, le associazioni, le fondazioni, le sedi di partiti politici, gli istituti religiosi, gli artigiani, le scuole e gli enti pubblici e che il canone speciale va pagato per ciascuna sede o ufficio, e che lo stesso varia da 198,11 a 6.603,22 euro l'anno a seconda della tipologia commerciale, Lo Sportello del Contribuente stima che l'evasione del canone speciale ammonta a circa 1,1 MLD di euro l'anno.
Tra i maggiori evasori del Canone Rai figurano le imprese con sede nelle province di Milano, Venezia, Torino e Roma dove l'evasione sfiora il 98% delle imprese. All'opposto le province più virtuose sono quelle di Aosta, Napoli, Pescara e Firenze dove l'evasione si attesta al 92%.
In assoluto i contribuenti più fedeli restano quelli della Valle d'Aosta, Toscana, Emilia-Romagna e Puglia ma in buona posizione si piazzano anche aventi sede nelle regioni meridionali dell' Abruzzo, Molise, Puglia e Campania.
In assoluto i contribuenti più fedeli restano quelli della Valle d'Aosta, Toscana, Emilia-Romagna, Abruzzo e Molise.
Il canone Rai di 110,50 euro per famiglia è nella media europea. In Europa, il record del canone più esoso appartiene all'Islanda con 346 euro, seguita dalla Svezia e Finlandia dove la tassa è pari rispettivamente a 210 e 208,5 euro, dalla Germania con 206 euro, dall'Inghilterra con 176 euro e dalla Francia con 116 euro. All'estremo opposto troviamo la Spagna, il Portogallo, Olanda e Un! gheria dove gli utenti non pagano il canone per vedere la TV pubblica.
Perché si evade? Dall' indagine di Contribuenti.it è emerso che il 36% delle famiglie non paga il canone perché c'è la pubblicità sulla TV pubblica, il 31% per la troppa presenza dei politici in TV, il 24% per la scarsa qualità dei programmi e solo il 9% perché non ha soldi.
"L'abbonamento alla RAI è una tassa e come tale va pagata - afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani - La lotta all'evasione fiscale deve partire dal Canone Rai. Ed è incredibile che l'amministrazione finanziaria dimentichi di richiedere il pagamento della tassa di concessione governativa durante le verifiche generali, pur avendo la delega all'accertamento".
Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani
L'ufficio stampa Infopress 3314630647

Bozen, oltrepadania. Non autosufficienti, valanghe di ricorsi
La denuncia dell'Auser (Cgil): cambiati i criteri per gli assegni, decine di famiglie in difficoltà
di Davide Pasquali
BOLZANO. Assegno di cura per non autosufficienti. A febbraio la Provincia ha cambiato i criteri di assegnazione in base alla gravità della patologia, rendendoli più severi. Di fatto, molte famiglie con malati in casa si sono ritrovate in tasca assegni assai meno sostanziosi o addirittura negati. Da maggio sono così cominciati a fioccare i ricorsi.
La denuncia dell'Auser filo d'Argento (Cgil). La denuncia arriva da parte del presidente dell'Auser Paolo Borella e dalla responsabile di settore dell'associazione, l'assistente geriatrica Gabriella Bissacco. Raccontano: «A febbraio hanno cambiato i criteri della valutazione. Sono stati praticamente irrigiditi. Da quel momento chi ha presentato la domanda ha dovuto aspettare circa tre mesi.
Da inizio maggio abbiamo iniziato ad avere un continuo venire di gente, ogni settimana. Sono tutti sconcertati, chiedono cosa si possa fare, se sia possibile un ricorso». Perché sono stati tagliati in parte, anche consistente, gli assegni di cura ai familiari di malati gravi: «Alzheimer, gente in cure palliative, situazioni pesanti, casi drammatici».
Molti hanno chiesto una rivalutazione dell'assegno a causa di un aggravamento della patologia. Il tutto certificato, anzi, consigliato dai medici curanti o dagli operatori sociali, perché il malato necessitava di maggiore assistenza e dunque di maggiori spese. «Tutta gente che si era cominciata ad impegnare con una badante, regolarizzandola: stipendio, assicurazione. Peccato che i nuovi criteri della valutazione sembra invece che ci dicano: se unoè più grave, non è detto che abbia bisogno di più assistenza. Insomma, la valutazione dei tempi assistenziali è cambiata. La Provincia valuta solo il diretto intervento alla persona».
Per capirsi, l'unica è un esempio. «Se uno porta il catetere, non gli devi cambiare il pannolino». Ergo, serve meno tempo da parte di chi assiste, quindi l'assegno per pagare quest'ultimo può essere meno corposo. Tagliati gli assegni, sono cominciati così a fioccare i ricorsi, non facili da redigere perché assai tecnici e soprattutto perché chi ricorre ha ben altri problemi a cui pensare, poco tempo, nessuna voglia di girare per uffici e pagarsi certificati su certificati. È proprio questo il vero intoppo: vista la crisi, le famiglie avrebbero bisogno di un aiuto maggiore, non uguale o addirittura minore.
«La scorsa settimana - spiega Bissacco - siamo stati a parlare coi funzionari provinciali, per denunciare la nostra incapacità: ci proviamo, ma non è semplice gestire tutti questi ricorsi». Idem accade alle altre associazioni assistenziali, legate agli altri sindacati. «In Provincia abbiamo ricevuto una rassicurazione: cercheremo di curare con urgenza i ricorsi per i casi gravi».
Troppo poco, spiegano all'Auser. Anche perché il sommerso è altissimo: «In questo settore le persone che più hanno bisogno meno parlano. Questo è il dramma. Ciò che a noi maggiormente dispiace sono questi abbassamenti nei livelli di cura. Anche perché ci sono famiglie con cassaintegrati, disoccupati, studenti senza stipendio. Tutto si aggrava in un momento in cui la gente è spaventata, perché dice: cosa facciamo adesso che abbiamo assunto la badante?». Ché magari uno aveva un certo livello, con 900 euro al mese, e ora si trova al precedente con 500. «Ora, la badante, come la paga?» 9 ottobre 2011

Est padania. A Riello l'appoggio di tutto il Nordest
CONFINDUSTRIA. Convergenza sul candidato proposto dal Comitato esecutivo del Veneto per la presidenza nazionale
 Gradimento da parte delle territoriali di Trentino e Friuli dell'organizzazione E pure la politica approva
09/10/2011
VENEZIA. Quella di Andrea Riello è la prima candidatura concreta e supportata alla corsa per la presidenza di Confindustria nazionale, dopo la autocandidatura del bergamasco Alberto Bombassei. La formalizzazione unanime di venerdì sera da parte del Comitato esecutivo di Confindustria Veneto con l'indicazione di Riello, è un segnale forte e preciso che riconosce «come legittime la possibilità e l'opportunità di esprimere un candidato proveniente dal territorio veneto».
Una candidatura che, secondo quanto si apprende, avrebbe già ottenuto l'appoggio di tutte le territoriali di Confindustria del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, compattando il Nordest attorno alla figura del veronese, ex presidente di Condindustria Veneto e attuale componente del comitato di presidenza di Confidustria nazionale a fianco di Emma Marcegaglia.
E oltre che dalla galassia confindustriale del triveneto un parere positivo alla candidatura di Andrea Riello arriva anche da Rosanna Filippin, segretario regionale del Pd Veneto, secondo la quale «Il sistema dell'impresa veneta ha sicuramente i numeri per esprimere una candidatura autorevole alla guida di Confindustria, quindi è un bene che un nome veneto sia in campo». L'auspicio, per Filippin, «è che, qualsiasi sarà il nuovo presidente, sappia rappresentare il mondo dell'impresa nella sua interezza. E il punto è che, soprattutto nel Nordest, il mondo delle imprese non si ferma ai grandi gruppi».
Insomma la candidatura trova subito sponde e sostegni che dovranno rendersi più robusti nei cinque mesi che verranno. L'iter procedurale che porterà gli industriali italiani a individuare, nella prossima primavera, il successore di Emma Marcegaglia, partirà ufficialmente a gennaio 2012 per concludersi nell'assemblea del 24 maggio con la nomina del nuovo presidente.
Nelle scorse sttimane sono stati fatti più nomi di possibili aspiranti candidati alla poltrona numero uno di Viale dell'Astronomia, tuttavia senza poi trovare alcuna conferma. Tra i più gettonati Gianfelice Rocca (che si è comunque chiamato fuori ancora prima di scendere in campo), Giorgio Squinzi, Aurelio Regina, Ivan Lo Bello e Diego Della Valle.

«Il declassamento continuerà, ma qui si soffrirà meno»
 L'INTERVISTA. L'economista Giacomo Vaciago e le agenzie di rating
 «Spero che i mercati distinguano: ci sono filiere di imprese non ferite dall'immagine dell'Italia»
09/10/2011
Debito pubblico italiano declassato di tre livelli da AA2 ad A2 con lo spettro di un "outlook negativo" prodromo di altri declassamenti. L'agenzia di rating Moody's emette una sentenza senza possibilità di appello che farà levitare il costo del denaro e il costo del credito per le imprese italiane. E ora si aggiunge il declassamento da parte di Fitch. Eppure, di fronte a questi giudizi impietosi, c'è una parte del mondo produttivo che cresce e non risentirà del downgrading. E, sorpresa, rivela l'economista Giacomo Vaciago, docente alla Cattolica di Milano, sta proprio nel Nordest, culla delle "piccole Ferrari" d'Italia.
Professor Vaciago, prima Standard & Poor's, poi i verdetti di Moody's e di Fitch. Macigni che pesano sul sistema delle imprese e si riverberano anche sull ricco Nordest?
Spero che i mercati sappiano distinguere. Certo, se una piccola impresa è molto globale, gira in tutto il mondo, soffre solo dell'immagine un po' ridicola che ha in questa fase l'Italia e il suo capo di governo. Ma se è un'impresa molto italiana e molto immedesimata nel Paese, il danno d'immagine e di reputazione che l'impresa riceve è molto maggiore.
In questo territorio le imprese hanno una forte vocazione all'export.
Appunto. Il made in Italy di lusso e di qualità, dalla Ferrari in giù, non soffrirà del downgrading di Moody's. Montezemolo ha detto recentemente che questo è il suo anno migliore per le vendite a livello globale. Il che significa che i ricchi del mondo fanno la fila per avere la qualità italiana, nonostante il nostro governo sia preso in giro da tutta la stampa del mondo.
D'accordo, la Ferrari di Montezemolo. Ma per le Pmi, tessuto connettivo di quest'area, come andrà?
Dipende dalla filiera in cui sono inserite e dalla loro qualità. Quelle di eccellenza, inserite in buone filiere globali e qui vale l'analogia con la Ferrari, non hanno certo problemi. Detto per inciso: in Italia ci sono imprese che vanno benissimo e non sembrano soffrire della carenza di politica economica o dell'immagine del governo italiano.
Tornando al declassamento di Moody's che ha colpito anche una Regione coi conti a posto come il Veneto. Cosa è successo?
Il giudizio di Moody's è basato su tre cose: la credibilità del Paese, la sua crescita e l'incertezza economica e politica che circonda questa fase della vita politica dell'Italia. Questo non si corregge in un giorno, e non vi porremo rimedio subito. A questo punto è anche chiaro che l'outlook negativo, che si accompagna a questo downgrading, scatterà ulteriormente entro un anno con un ulteriore peggioramento delle nostre condizioni di credito.
Si avvicina il rischio default come in Grecia?
Per nostra fortuna l'Italia non è come la Grecia. Siamo migliori, abbiamo una parte dell'economia che va bene, cresce, riempie il mondo di prodotti di qualità è una realtà ben diversa dalla Grecia. È evidente, però, che se si rinviano sempre le scelte il Paese non cresce, i migliori se ne vanno, c'è una lenta decadenza delle qualità dell'Italia in questi anni. Non voglio drammatizzare comparandoci alla Grecia ma non siamo nemmeno virtuosi come l'Irlanda, che ha fatto errori e li sta correggendo rapidamente, tant'è che adesso non se ne parla più.
Forse la manovra del governo ha trascurato lo sviluppo?
Basta leggere il documento di Confindustria da cui emerge un atto d'accusa nei confronti della nostra politica economica degli ultimi anni che va oltre quello che di Moody's. Basterebbe sapere cosa pensano gli italiani per arrivare a dare un giudizio come Moody's o più di Moody's.
E se cambia il governo cambierà il giudizio delle agenzie di rating e della comunità finanziaria internazionale?
Dipende da che governo avremo e da quanto investirà sul futuro del Paese a cominciare dall'istruzione e dall'educazione, le cose più delicate, i cui ritorni non si hanno in un giorno ma nell'arco di vent'anni.
 Antonella Benanzato

Il Belgio ritrova un Governo
Beda Romano
BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
 Dopo quasi un anno e mezzo di negoziati la classe politica belga ha trovato finalmente un accordo sulla riforma istituzionale del Paese. Ormai l'ostacolo più importante alla nascita di un nuovo Governo è stato superato. Lo sconquasso finanziario di Dexia ha probabilmente indotto l'establishment a un ultimo colpo di reni, pur di evitare il peggio sui mercati.
 Elio di Rupo, il socialista vallone che ha ricevuto prima dell'estate il mandato di formare un nuovo Esecutivo, è riuscito nella notte tra venerdì e sabato a trovare un'intesa su una riforma federale, mettendo d'accordo gli otto partiti che potrebbero essere parte di una prossima maggioranza in Parlamento. È la sesta volta dalla fine della guerra che il Belgio mette mano al proprio assetto istituzionale.
 Il Paese ha battuto tutti i record, senza un Governo effettivo da quasi 500 giorni, ossia dalle ultime elezioni del giugno 2010. Al potere è rimasto un esecutivo pro tempore, responsabile per gli affari correnti e guidato dal primo ministro democristiano Yves Leterme. Il voto dell'anno scorso ha messo in luce tutte le divisioni geografiche, linguistiche, culturali ed economiche del Belgio.
 A vincere lo scrutinio nelle Fiandre è stato il partito separatista N-VA guidato da Bart De Wever, un professore amante di Cicerone, che ha criticato i generosi trasferimenti di risorse dal Nord fiammingo e ricco al Sud vallone e povero. L'N-VA è stato però escluso dalle trattative, e l'intesa raggiunta nella notte di venerdì è stata firmata da otto partiti, francofoni e fiamminghi, democristiani, socialisti, liberali e verdi.
 L'accordo prevede che le Regioni - Fiandre, Vallonia e Bruxelles - potranno raccogliere parte del gettito fiscale (per un totale di 10,7 miliardi di euro all'anno) senza passare dal Governo federale. Sia la politica degli assegni familiari che lo stesso codice della strada potranno essere almeno in parte decisi a livello locale. Le Regioni potranno imporre particolari limiti di velocità e incassare le multe.
 Trasferimenti di competenza dal centro alla periferia ci saranno anche nel settore della sanità e della politica sociale. I fiamminghi hanno ottenuto un particolare risultato simbolico. I diritti linguistici e amministrativi di cui godono i francofoni nella periferia fiamminga di Bruxelles saranno aboliti. Solo in sei comuni queste prerogative sopravvivranno. La questione ha avvelenato gli animi per decenni.
 Secondo le prime dichiarazioni, in attesa della presentazione ufficiale dell'accordo, l'intesa prevede anche l'allineamento delle elezioni regionali e federali. Ambedue si terranno ogni cinque anni (finora il voto nazionale era ogni quattro). I negoziatori hanno fatto di tutto per presentare l'accordo come un successo, ma ieri sera la stampa metteva l'accento sulla complessità dell'intesa.
 Peraltro, nonostante l'accordo, la partita negoziale non è terminata. Gli otto partiti che stanno trattando la formazione di un nuovo Governo devono mettersi d'accordo anche sulla politica economica. Il compito rimane arduo. Oltre che con la divisione linguistica, il Paese deve fare i conti anche con una divisione politica sempre più profonda, tra una Vallonia radicata a sinistra e le Fiandre sempre più conservatrici.
 Eppure, dietro l'intesa di questo fine settimana si nasconde la comune consapevolezza che la tempesta debitoria potrebbe a un certo punto colpire anche il Belgio, complice l'incertezza politica e il debito elevato. La stessa drammatica situazione in cui versa il gruppo bancario Dexia, sull'orlo del fallimento tanto che si discute la sua nazionalizzazione, ha probabilmente incitato la classe politica a un ultimo sforzo.
 Detto ciò, secondo gli stessi negoziatori, ci vorranno ancora tra le due e le tre settimane prima che gli otto partiti giungano a un accordo complessivo sulla formazione di un nuovo Governo. Qualche giorno fa un consigliere onorario di Re Alberto I, Pierre-Yves Morelle, aveva spiegato in televisione che il sovrano, «come molti cittadini», era «stufo» del pericoloso stallo politico.

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