mercoledì 16 novembre 2011

Federali.sera_16.11.11. Veneto, padania, Sara D’Ascenzo: Zaia torna su questo punto e polemizza col presidente della Regione Campania, espressione del Pdl e quindi ex alleato, anche se solo a livello nazionale: Farebbe bene il presidente Caldoro, invocando spesa storica e costi standard a immaginare cosa sarebbe della Campania se non fosse mantenuta dalle Regioni del Nord che ogni anno lasciano sul tavolo della cosiddetta solidarietà una sessantina di miliardi. E infine farebbe un gran bene a Caldoro la lettura di un bel libro del professor Luca Ricolfi, intitolato emblematicamente Il sacco del Nord.

A questo indirizzo trovate il mattone inglese sui disastrosi numeri comparati Ue dell’agricoltura italico-padana:

L'UNIONE SARDA - Economia: Mutuo casa a misura di giovani
Veneto, padania. Veneto contro tutti: ricorsi e no a nuove tasse
Istat. Prezzi al consumo Ottobre 2011
Conti in rosso, crolla Finmeccanica
Francia. Per le imprese scatta l'ora dei tagli al personale
Per Nicolas Sarkozy l'Italia è una colonia
I big spagnoli del mattone scappano oltre confine
Svizzera. L’Italia s’è desta E noi?
Produttori di gas per un prezzo più giusto



L'UNIONE SARDA - Economia: Mutuo casa a misura di giovani
16.11.2011
Dalla Regione incentivi per l'acquisto della prima abitazione: tetto massimo di 120 mila euro. Sconti del 70% sui tassi per coppie unite da non più di 3 anni.
La casa è alla portata anche delle giovani coppie. L'assessorato regionale ai Lavori pubblici vara «il bando per la concessione di contributi in conto interessi e a fondo perduto finalizzati a costruzione, acquisto e recupero della prima abitazione (legge regionale 32/85)». GLI OBIETTIVI «Rispetto all'anno scorso ci sono importanti novità», dice l'assessore dei Lavori pubblici, Angela Nonnis: «Per esempio, abbiamo introdotto l'agevolazione per le giovani coppie fino al 70% di abbattimento degli interessi e il contributo in conto capitale. È nostro obiettivo prioritario anche la costruzione e il recupero delle case e gli interventi nei centri storici e nei piccoli comuni, in coerenza con le politiche di contrasto allo spopolamento. In questi casi», precisa Nonnis, «l'abbattimento del tasso di interesse è sempre del 70%». I MUTUI L'importo del mutuo ammissibile all'agevolazione non può superare l'80% del valore dell'immobile con un tetto massimo di 120 mila euro. Le novità riguardano le giovani coppie, gli interventi nei centri storici e l'introduzione dell'anticipazione a fondo perduto. Le famiglie di nuova formazione - ossia coloro che si sono sposati non oltre i tre anni precedenti la domanda di agevolazione presentata alla Regione o che intendano farlo entro un anno dalla stessa data di presentazione - potranno usufruire della riduzione del tasso bancario di interesse nella misura del 70%. In alternativa, può essere riconosciuta un'anticipazione a fondo perduto per una quota massima di 10 mila euro, oltre alla riduzione del tasso bancario di interesse del 50% sulla restante quota. Stesse modalità di abbattimento degli interessi sino al 70% e riconoscimento del fondo perduto sono riservate a chi effettua interventi nei centri storici o nei centri matrice (le aree confinanti con il centro). LE PRATICHE «Con questo provvedimento», commenta l'assessore, «contiamo di licenziare almeno 2500 pratiche nel 2011 con uno stanziamento totale di 50 milioni di euro, mentre abbiamo previsto di dare continuità all'azione di sostegno alle famiglie per l'acquisto della prima casa, sino al 2012, senza soluzione di continuità, con altri 30 milioni». Altra novità riguarda la possibilità di usufruire delle maggiori agevolazioni previste dal bando, presentando una nuova domanda per chi, non avendo ancora stipulato alcun atto, è già in possesso dell'autorizzazione bancaria e del nulla osta regionale. Le informazioni sul provvedimento si trovano sul portale della Regione all'indirizzo:

Veneto, padania. Veneto contro tutti: ricorsi e no a nuove tasse
E Gobbo incita alla disobbedienza fiscale: non può sempre pagare solo il Nord. La Regione contro la manovra che dava facoltà di «sforare» alle Regioni del Sud. Il governatore a Monti: no all’Ici prima casa
VENEZIA — Veneto contro tutti. La strategia partita ufficialmente col «liberi tutti» di Umberto Bossi e il suo «no» all’esecutivo Monti, macina chilometri nella regione guidata dal governatore Luca Zaia. Il presidente ha dettato la linea sabato scorso annunciando la stagione dei ricorsi, poi ieri ha insistito avvertendo il premier incaricato Monti di non puntare tutto sull’Ici: «Prima di pensare di punire le famiglie sulla prima casa varrebbe la pena di pensare ai grandi potentati e a quelli che hanno risorse che andrebbero viste sotto altri profili ». Per non parlare del capo leghista Gian Paolo Gobbo, che in un’intervista a Klaus Davi ha già fatto capire l’aria che tira nella Lega d’opposizione alla riconquista dei consensi della base, agitando lo spettro della disobbedienza fiscale.
Il ricorso Dopo la messa in mora dello Stato sulle paritarie, dopo la battaglia antesignana del dissenso contro i ticket di agosto, la Regione tira dritto anche sul patto di stabilità e decide di ricorrere contro la manovra bis di agosto, e in particolare contro l’articolo 5 bis del decreto 138 del 2011 (convertito in legge a settembre) che stabiliva una deroga grande come una casa al vincolo di spesa per le regioni del Sud in virtù di una non meglio identificata «attuazione del piano del Sud». La giunta nella scorsa seduta aveva dato mandato al professor Mario Bertolissi di vedere se ci fossero gli estremi per ricorrere sia contro quello che contro il 149, uno dei decreti attuativi del federalismo fiscale contro cui altre Regioni si stanno organizzando per ricorrere. Ma contro il 149 la Regione Veneto non ricorrerà per evidenti ragioni di opportunità politica: la stesura di quel decreto porta anche la firma di Luca Antonini, il costituzionalista ingaggiato dall’exministro Roberto Calderoli e dallo stesso Zaia come consulente per il federalismo fiscale. Scrupolo che per l’altro decreto, scritto dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, non c’è. E visto che quel decreto, in barba al federalismo, in materia di patto di stabilità dà ampio mandato alle regioni del Sud di sforare, il Veneto spera nella Corte Costituzionale: in genere incline a stare dalla parte delle decisioni adottate dallo Stato, ma le cose possono sempre cambiare.

No alle tasse Da una parte l’Ici sulla prima casa, dall’altra la pressione fiscale. È tornata la Lega del «no» alle tasse di Roma. E se Zaia plaude al ritorno il 4 dicembre del parlamento padano, caduto «in letargo e non in catalessi», definendolo il luogo, per la Lega, dove «fare sintesi, un’officina delle idee, la sede ideale dove gli amministratori leghisti possono confrontare le proprie tesi», sospeso «perché tanti dei suoi rappresentanti erano al governo», il capo Gobbo risuscita il fantasma della disobbedienza fiscale: «Se Monti aumenterà la pressione fiscale al Nord — dice Gobbo — è evidente che non ce n’è più per nessuno, perché anche il Nord è in posizione sfavorevole e non ha più quella possibilità. Si pensi all’Inps che, mentre al Nord il bilancio viene pareggiato, al Sud nemmeno il 30% viene portato per pagare quelle che sono le previdenze dello Stato. Se si dovesse scatenare questa guerra civile, risponderemo con una pacifica disobbedienza fiscale .
Pacifica, ma pesante. Zaia torna su questo punto e polemizza col presidente della Regione Campania, espressione del Pdl e quindi ex alleato, anche se solo a livello nazionale: «Farebbe bene il presidente Caldoro, invocando spesa storica e costi standard a immaginare cosa sarebbe della Campania se non fosse mantenuta dalle Regioni del Nord che ogni anno lasciano sul tavolo della cosiddetta solidarietà una sessantina di miliardi. E infine farebbe un gran bene a Caldoro la lettura di un bel libro del professor Luca Ricolfi, intitolato emblematicamente Il sacco del Nord. Mi auguro che il Governo che potrebbe nascere in questi giorni abbia la barra ben fissa ai territori che in questi decenni, con un carico fiscale iniquo e scandaloso, hanno avuto l’onere di trattenere in Europa chi altrimenti ne sarebbe stato certamente escluso. Altro che dimenticare il federalismo: Caldoro farebbe bene a chiederne di più». Prove di schermaglie anche a livello regionale? No, lì per il governatore Zaia non ci sono problemi: «Per la nostra Regione il nostro impegno è sul programma e su quello che abbiamo preso con i cittadini veneti che vengono prima di tutto. Sul piano nazionale il Pdl poi ha tutto il diritto di fare le sue richieste, ma qui l’alleanza non è a rischio».
Sara D’Ascenzo

Istat. Prezzi al consumo Ottobre 2011
Nel mese di ottobre, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), comprensivo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,6% rispetto al mese di settembre 2011 e del 3,4% nei confronti dello stesso mese dell'anno precedente (era 3,0% a settembre). Il dato definitivo conferma la stima provvisoria. La dimensione del rialzo congiunturale dei prezzi al consumo rispecchia anche gli effetti delle misure previste dalla recente manovra finanziaria (Legge n. 148/2011) e, in particolare, dell'aumento dell'aliquota dell'Iva ordinaria al 21%.
L'inflazione acquisita per il 2011 è pari al 2,7%.
L'inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale al 2,5% dal 2,4% di settembre.
Al netto dei soli beni energetici, il tasso di crescita tendenziale dell'indice dei prezzi al consumo sale al 2,4% (era +2,3% a settembre).
La crescita tendenziale dei prezzi dei beni è del 3,9%, con un'accelerazione di sei decimi di punto percentuale rispetto a settembre 2011 (+3,3%), mentre quella dei prezzi dei servizi scende al 2,6% (dal 2,7% del mese precedente). Come conseguenza di tali andamenti, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi aumenta di sette decimi di punto rispetto al mese di settembre.
Nel mese di ottobre, si rilevano tendenze all'accelerazione della crescita dei prezzi al consumo per quasi tutte le tipologie di beni e servizi. Dal punto di vista settoriale, il principale effetto di sostegno alla dinamica dell'indice generale deriva dal rialzo congiunturale dell'1,8% dei prezzi dei Beni energetici.
I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza aumentano dello 0,7% su base mensile e del 4,1% su base annua (3,7% di settembre). L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,9% su base mensile e del 3,8% su base annua, con un'accelerazione di due decimi di punto percentuale rispetto a settembre 2011 (+3,6%). Anche in questo caso, il dato definitivo conferma la stima preliminare.
L'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,4% sul piano congiunturale e del 3,2% su quello tendenziale

Conti in rosso, crolla Finmeccanica
Via al piano di dismissioni per un miliardo, salta il dividendo. Il colosso pubblico perde il 20%
MILANO - Giornata da dimenticare per Finmeccanica, che archivia nove mesi in perdita e segna in Borsa un tonfo del 20%, cui si aggiunge la previsione di chiudere l'intero anno in profondo rosso e di non distribuire alcun dividendo. Di fronte al calo di ordini e ricavi e al lievitare dell'indebitamento, il gruppo ha deciso di correre ai ripari con un piano di dismissioni per circa un miliardo di euro da portare a termine entro la fine dell'anno prossimo, per uscire dai settori non strategici, come trasporti ed energia, e consolidare gli asset essenziali. Ad essere cedute saranno quindi attività nel settore civile, nell'elettronica per la difesa e la sicurezza e partecipazioni di minoranza, compresa quella del 14% in Avio.
IL PRESIDENTE NON VA AL CDA - Piano e risultati sono stati approvati lunedì da un cda disertato dal presidente Pier Francesco Guarguaglini, che però ha firmato i conti dei nove mesi. Un'assenza che ha alimentato voci di uno scontro in atto con l'amministratore delegato Giuseppe Orsi che, arrivato a Piazza Monte Grappa nel maggio scorso, è ancora affiancato da manager delle controllate nominati da Guarguaglini. Ma Orsi getta acqua sul fuoco: Guarguaglini ha deciso di non prendere parte alla riunione ma «niente è cambiato», ha assicurato l'ad, riconoscendo meriti al management che in questi anni ha fatto crescere l'azienda e aggiungendo che un cambio al vertice al momento non è nelle previsioni. Ma potrebbe essere solo rinviato dopo gli sviluppi legati al nuovo governo Monti.
ANSALDOBREDA IN VENDITA - Ma nel futuro di Finmeccanica c'è anche il deconsolidamento di AnsaldoBreda, per la quale al momento si studia una partnership, in vista della dismissione della società o, se necessario, addirittura di tutto il settore ferroviario, compresi quindi i servizi di segnalamento di Ansaldo Sts. Quello per la vendita di AnsaldoBreda è infatti un «impegno assoluto», ha spiegato l'amministratore delegato, Giuseppe Orsi, e se le società internazionali che hanno finora mostrato interesse, dovessero porre come condizione quella di acquistare tutte le attività ferroviarie del gruppo, Finmeccanica potrebbe allora «prendere in considerazione la cessione dell'intero settore».
GIORNATA NERA IN BORSA - Le notizie arrivate di prima mattina hanno gettato nel panico la Borsa, dove il gruppo ha vissuto martedì una vera giornata di passione. All'avvio delle contrattazioni, il titolo non è riuscito a fare prezzo e una volta riammesso, è arrivato a perdere oltre il 16% e tra diversi passaggi in asta di volatilità il titolo ha ceduto il 20,33% finale a 3,57 euro.
I PRIMI NOVE MESI - I conti dei nove mesi sono del resto ben poco rassicuranti. Il risultato netto al 30 settembre è negativo per 324 milioni, rispetto ai 321 milioni di utili dello stesso periodo dello scorso anno. Sono peggiorati ebita Adjusted e ebit. I ricavi sono diminuiti del 5%, scendendo a 12,2 miliardi, e gli ordini hanno registrato un calo del 21% a 10,6 miliardi. Da qui la scelta di ridurre gli investimenti, di procedere con le dismissioni per un miliardo (ma l'ammontare complessivo considerato dal gruppo è anche maggiore) e di non distribuire dividendo. Una cedola che lo scorso anno era ammontata a 41 centesimi, portando nelle casse del Tesoro 72 milioni di euro.

LE PREVISIONI - Non solo, l'intero 2011, ha annunciato Orsi, sarà anche peggiore, con una perdita «significativamente superiore» ai nove mesi. In compenso, grazie ai benefici del piano di ristrutturazione, nel 2012 migliorerà l'ebita e si ridurrà drasticamente l'indebitamento, oggi oltre 4,6 miliardi. L'obiettivo è quello di portarlo a una cifra compresa tra i 2,4 e 2,6 miliardi entro la fine dell'anno prossimo. «Sono convinto - ha aggiunto Orsi - che Finmeccanica torni in positivo nel 2012». I numeri non hanno placato le tensioni all'interno del gruppo, anche se Orsi minimizza l'assenza di Guarguaglini: il presidente «ha deciso di non prendere parte alla riunione, ma nulla è cambiato. Credo - ha detto l'ad - che condivida il piano». (fonte Ansa)
15 novembre 2011 21:35

Francia. Per le imprese scatta l'ora dei tagli al personale
Il gruppo automobilistico Psa (Peugeot-Citroen) ha confermato ieri il suo piano di riduzione di seimila addetti in Europa, annunciando che oltre quattromila tagli saranno in Francia. Société Générale, da mesi nel mirino dei mercati, ha comunicato che le attività di investment banking dovranno fare a meno di alcune centinaia di dipendenti in Francia.
Come se non bastassero lo spread ai massimi e la crescita ai minimi, ora arrivano le brutte notizie dalle grandi imprese. Mentre le piccole devono fare i conti con un settore bancario - sotto pressione per gli accresciuti vincoli sulla capitalizzazione e la crisi dei debiti sovrani che ha trasformato decine di miliardi di obbligazioni "sicure" in titoli tossici - più selettivo nella concessione di prestiti. Banche che dopo aver drasticamente ridotto la loro esposizione sui Paesi cosiddetti periferici, hanno cominciato a vendere anche il debito francese.
Peggio di così non potrebbe andare per un Nicolas Sarkozy in cerca di rielezione che tenta di salvare la sua tripla A muovendosi a fatica sul crinale sempre più stretto tra sostegno a una ripresa che non c'è più e risanamento dei conti. Il ministro dell'Economia François Baroin esclude una terza manovra sul budget 2012. Per ora. Perché prima o poi, se Parigi vuole centrare l'obiettivo di un deficit al 4,5% del Pil, un ulteriore intervento sarà necessario. Il tentativo è di rinviarlo a giugno dell'anno prossimo, dopo il voto. Ma con un divario di quasi 200 punti tra Oat e Bund (erano 30 all'inizio di giugno) l'impresa sembra impossibile.
Eppure Sarkozy potrebbe anche non andare ad aggiungersi alla lunga lista dei dirigenti scalzati dalla crisi. Ha la fortuna di avere come avversario un candidato trasformato in facile bersaglio proprio dal difficile momento che sta attraversando la Francia. Le proposte del socialista François Hollande sull'assunzione di 60mila insegnanti o sul ritorno alle pensioni a 60 anni paiono ormai appartenere a un'altra era geologica.
 16 novembre 2011

Per Nicolas Sarkozy l'Italia è una colonia
Il governo Monti faccia capire al presidente francese che il Belpaese non è più un carciofo
 di Alessandra Nucci  
La Francia ci ha preso gusto a colonizzare l'Italia sfilandoci un'azienda dopo l'altra. Così, quando si trova in difficoltà, sia nei sondaggi sia per i miliardi di asset tossici che le sue banche hanno nei bilanci, che cosa fa Sarkozy? Una serie di cose che riguardano l'Italia, come per esempio convincere Cameron (l'Inghilterra storicamente è sempre d'accordo quando si tratta di tagliare le gambe all'Italia papista) e Obama (che ha i sondaggi in picchiata e ha bisogno di distrarre gli americani dalle sue politiche disastrose) ad attaccare la Libia, per prendersi non tanto il petrolio quanto gli appalti che in virtù di decenni di cooperazione e di lavoro diplomatico si erano guadagnati gli italiani.
 È così che sono cominciati i vertici a due o a tre da cui incredibilmente viene esclusa la principale interessata, l'Italia.
Il «bunga-bunga» torna a fagiolo; la gente pensa che ci escludono a buona ragione: non vogliono avere a che fare con un Primo Ministro così ridicolizzato sulla stampa di tutto il mondo. Gli italiani continuano a votarlo? Ben gli sta. Si tengano il bunga-bunga, noi ci prendiamo il business.
 È questo che consente a Sarkozy l'escalation di «schiaffi» che si susseguono, a partire dalla chiusura delle frontiere quando, risalendo l'Italia, arrivano in Francia i nuovi immigrati, conseguenza diretta proprio dell'attacco alla Libia.
 I bombardamenti costringono le aziende italiane (Eni, Ansaldo, Finmeccanica...) a chiudere gli impianti. Ma quando l'assedio finisce, si palesa il rischio che i nuovi leader libici possano ripristinare (come hanno assicurato di voler fare) i rapporti economici con gli italiani. Ci possiamo immaginare quindi sia una telefonata allarmata di Sarkozy a Obama a sortire il discorso incredibile con cui il presidente americano ringrazia tutti i paesi, ma proprio tutti, all'infuori dell'Italia. È un messaggio chiaramente diretto ai libici: il vostro business lo dovete dare a chi diciamo noi, non più all'Italia, nonostante anche l'Italia abbia bombardato Gheddafi e soprattutto abbia dato le basi necessarie per gli attacchi aerei della Nato. (Subito dopo Obama farà il giro elettorale degli italo-americani dando all'Italia delle fraterne pacche sulle spalle con commenti che non incidono più sul business.) Fanno parte dell'operazione sminuire-l'Italia anche i sorrisini di derisione lanciati davanti alle telecamere verso la Merkel e l'annunciata «disponibilità» di Sarkozy a venire in Italia di persona a catechizzare i partiti. A cosa serve mostrare l'Italia impotente e sotto tutela? A tenere i titoli delle nostre aziende e delle nostre banche sotto il livello del verosimile, valere cioè meno degli immobili che possiedono. Ciò fa sì che i nostri concorrenti in Francia, Inghilterra, Usa e Germania possano continuare comprarli a prezzi di saldo. Anzi, a prezzo di bancarotta.
E arriviamo all'ultima operazione di scarica-barile sull'Italia. Le banche francesi e tedesche sono pieni di titoli tossici. Quelle italiane no. Come fare a non perdere la faccia di fronte agli investitori? È semplice. Basta che l'Autorità bancaria europea, uno dei tanti enti non-elettivi a cui dobbiamo obbedienza, istituisca una regoletta che permetta loro di sopra-valutare i titoli di Stato, (iscrivendo non il valore reale, quello che verrà rimborsato, ma il valore di mercato - creato dagli speculatori), più che compensando così il buco creato dai titoli insolvibili che hanno in pancia. Al contempo le banche italiane, anziché risultare più affidabili grazie alla prudenza dimostrata, finiranno in ginocchio perché chiamate proprio dalla Eba a ricapitalizzarsi quasi del triplo rispetto alle banche francesi concorrenti.
 Ma in fondo, ammettiamolo: cosa abbiamo mai da lamentarci noi italiani? Non hanno preso un italiano, Mario Draghi, a presiedere la Bce? E non ci hanno mandato pure uno dei loro, Mario Monti, a presiedere il governo italiano? Dovremmo esserne fieri. Pensare che voleva perfino venire scendere in Italia a dircene quattro Sarkozy in persona. Cosa vogliamo di più dalla vita?

I big spagnoli del mattone scappano oltre confine
In Spagna il crollo del settore immobiliare e la disoccupazione record si congiungono nelle strategie internazionali di Acs e Ohl, due tra le maggiori società di costruzioni del Paese.
Secondo i grandi network dell'immobiliare i prezzi delle case esistenti non hanno ancora smesso di scendere e hanno perso già il 40% rispetto ai picchi toccati dalla bolla alla fine del 2006.
Prima della grande crisi internazionale, nel 2007, prima del tracollo di Lehman Brothers la Spagna aveva un tasso di disoccupazione dell'8,3%, più basso - sono dati del Fondo monetario - di quello della solida Germania. In meno di quattro anni il tasso di disoccupazione iberico è quasi triplicato arrivando al 21,5% mentre in Germania la percentuale dei senza lavoro è addirittura scesa sotto il 7 per cento.
La persistente difficoltà dell'immobiliare, settore ad alta intensità di lavoro, diventa peccato originale e pena da scontare per l'economia spagnola che non cresce e non crea occupazione. Intanto Acs - Actividades de Construccion y servicios, società presieduta da Florentino Perez - dopo aver preso il controllo della tedesca Hochtief ha portato dal 30% al 65% il peso dell'internazionale sul fatturato complessivo. E Ohl - Obrascon Huarte Lain - ha già raggiunto una proiezione verso l'estero del 69,5 per cento.
 16 novembre 2011

Spagna, crescita economia nulla in terzo trimestre
Il prodotto interno lordo spagnolo mostra nel corso del terzo trimestre una variazione congiunturale nulla e un'espansione tendenziale al tasso di 0,8%. Lo dicono i dati finali a cura dell'ufficio di statistica Ine, identici alla stima precedente e rispetto a +0,2% e +0,8% del secondo trimestre.

Svizzera. L’Italia s’è desta E noi?
di Matteo Caratti - 11/16/2011
Vogliamo fare del nostro Ticino una novella Corleone? Basta lasciar marciare indisturbato un certo leghismo che sdogana, domenica dopo domenica (ma ora pure in settimana), la violenza (per ora solo verbale) e l’intimidazione.
Chi osa denunciare o, di riflesso, anche solo solidarizzare con chi avverte la pericolosità di certi metodi, viene messo alla berlina, utilizzando gli strumenti della pubblica gogna sui mass media di via Monte Boglia. Così tutti possono vedere la fine che fanno coloro che osano mettersi di traverso. Capito il messaggio?
A ben guardare il salto di livello a cui stiamo assistendo in queste settimane è notevole. Chi prova a pensarla diversamente dal presidente a vita del nuovo partito di maggioranza relativa e prova a manifestare il suo dissenso ad alta voce, finisce col ritrovarsi dapprima con le orecchie d’asino sulla testa sul settimanale di papà Giuliano e poi, con la testa mozzata, sul trisettimanale del figlio di papà Boris.
Se poi (seconda ipotesi) chi prova a pensarla diversamente e prova a manifestare il suo dissenso ad alta voce fa pure un lavoro in parte sussidiato dallo Stato, apriti cielo! Parte l’interrogazione per sapere quanti soldi il Dimitri di turno riceva dall’ente pubblico. Ma i sussidi che riceve l’artista sono soldi privati della Lega o appartengono all’ente pubblico e vengono versati all’artista secondo criteri di utilità ed interesse pubblico?
È chiaro: così facendo si vuol cancellare ogni anelito di libera e sana cultura del dibattito. Tutti zitti, comandiamo noi!
Se poi (terza ipotesi) sempre per citare gli esempi più recenti, chi prova a pensarla diversamente e prova a manifestare il suo dissenso, ha la sfortuna di lavorare per mamma Rsi, quel cittadino non dovrebbe avere, neppure in privato, né il diritto di ragionare né quello di parlare.
Purtroppo – e lo vogliamo rilevare per contribuire a rompere il silenzio attorno alle derive in atto – in pochi anni siamo passati dagli sberleffi di dubbio gusto alla pesante, pesantissima denigrazione dell’avversario. E da quest’ultima siamo giunti, in queste ultime settimane, alle minacce di morte nei confronti di chi ha osato criticare! Di chi ha osato dire che non è giusto accettare (subire) certi metodi.
Che cosa aspettiamo ancora per dire basta? Forse che dalle immagini forti di teste mozzate o grondanti di sangue si passi ai fatti?
Succederà. Succederà se continueremo a considerare normale ciò che da qualche tempo tale non è più.
Non è più accettabile che un partito politico di domenica in domenica continui ad alzare l’asticella dello scontro, utilizzando parole ed immagini sempre più forti. Contro i diversi, gli stranieri, i frontalieri, gli ebrei, i neri, i rom... Oggi anche contro chi democraticamente si para sul suo cammino verso la conquista del potere.
Ad aggravare il tutto c’è la facilità, visto che i soldi non mancano, di chi – ci riferiamo al figlio-figlio di papà – si è trovato fra le mani uno strumento nobile (un foglio trisettimanale) trasformato con estrema facilità in novella macchina del fango. Quando (non ce lo auguriamo!) avverrà l’irreparabile, sarà interessante vedere come chi guarda e tace e cavalca l’onda leghista – ci riferiamo ai due leghisti incravattati che ci governano – sarà capace di rivoltare la frittata infarcita di ipocrisia.
Ma di responsabilità, per dirla tutta, ne hanno anche i cittadini che continuano a correre la domenica ad abbeverarsi alle fonti avvelenate. Idem per i partiti politici che sembrano non accorgersi, nemmeno in piena campagna elettorale, della Santa Barbara sulla quale ci troviamo seduti.
La brutale discesa agli inferi (borsistici e non solo) della vicina Repubblica che per vent’anni si è divertita con Berlusconi e Bossi e la loro tracotanza non vi suggerisce niente? L’Italia s’è desta e noi?

Produttori di gas per un prezzo più giusto
15/11 22:43 CET
Un prezzo del gas più giusto, che assicuri la stabilità del mercato: è quanto auspicato dal primo summit del forum dei Paesi esportatori di gas naturale, in corso a Doha, in Qatar.
All’incontro partecipano i rappresentanti dei 12 membri dell’organizzazione fondata 10 anni fa, tra cui i due più grandi produttori di gas al mondo, Russia e Iran.
Il forum ha sottolineato i vantaggi di stipulare contratti di fornitura a lungo termine.
La nostra corrispondente da Doha Maha Barada:
“Il summit non ha dato indicazioni su quali meccanismi possono essere adottati per equilibrare i prezzi e controllare la produzione, ma la principale preoccupazione della riunione è stata quella di rassicurare i Paesi consumatori. E per quanto i produttori stiamo rinsaldando i legami è ancora presto per definire questo forum come l’Opec del gas”.

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