mercoledì 16 novembre 2011

Senza pressioni esterne nulla cambierà in Italia

di Maarten Veeger – 12 novembre 2011
Pubblicato in: Olanda
[Articolo originale " Zonder externe druk verandert niets in Italië" di Maarten Veeger]
Traduzione di ItaliaDallEstero.info



Il vero problema dell’Italia non è Berlusconi ma il sistema. “L’Italia è un muro di gomma. Più si cerca di cambiare qualcosa, più duramente si viene respinti”.

Nemici e persino amici del premier Silvio Berlusconi concordano sul fatto che abbia fatto poco. La sua mancanza di incisività in realtà rispecchia meno l’uomo stesso che la tenacità del sistema italiano, che sembra impedire qualsiasi riforma.
Il bilancio così negativo dei suoi vari governi – un paio di mesi nel 1994, il periodo dal 2001 al 2006 e dal 2008 fino a probabilmente stasera – stupisce pochi italiani.
“In termini di efficacia non è molto diverso rispetto ad altri politici italiani”, afferma il professor Carlo Galli, docente di storia politica dell’Università di Bologna. “La nostra politica è lontana mille miglia dai problemi della società. Le regole e le leggi che il Parlamento si inventa creano soprattutto problemi e nessuna soluzione”.
È dubbio che tutto questo cambi con un altro premier. Infatti, poiché lo sviluppo della società italiana è fermo da almeno tre decenni, i leader devono avere il coraggio di andare in profondità. Perché, per cambiare davvero le cose in Italia, è necessario affrontare cinque aree.

1. Fare affari
 “Il modo italiano di fare affari è stato per decenni garanzia di successo. Tutti ne erano convinti in Italia. In soffitte e in garage, menti creative inventavano i prodotti più belli. Ma, dice il professor Cargani dell’Università Bocconi di Milano, “‘the Italian way’ è ora diventato innanzitutto sinonimo di inefficienza aziendale. ‘Piccolo è bello’ è ancora la norma qui, ma non funziona in un contesto globalizzato”.
Il problema è che per lungo tempo molte piccole aziende italiane avrebbero benissimo potuto crescere ma il capo non ha voluto, preferendo investire i profitti della sua azienda in una bella villa o nel mercato finanziario. Cargani: “Le regole del sistema rendono la crescita poco allettante. Se cresci devi sottostare a regole di sicurezza assurde. Se dài lavoro a più di quindici dipendenti le regole sul licenziamento diventano più severe. È molto conveniente restare piccoli e locali”.
Sino alla fine degli anni Novanta, l’Italia è comunque riuscita ad esportare con successo grazie alla lira, che veniva regolarmente svalutata garantendo così la ripresa dell’economia.
 “Il problema della bassa produttività che stiamo vedendo ora esisteva già con la lira”, spiega Galli. “Era solo reso invisibile. Ciò indica che il capitalismo italiano è da lungo tempo inferiore alla variante europea. Ora che non abbiamo una nostra valuta, non possiamo più risolvere il problema così facilmente.”
Secondo gli esperti, quello che manca in Italia è il pensiero sistemico. Cargani: “L’errore è che in Italia ci siamo sempre fatti guidare dalla fantasia, dalla creatività del singolo. Questo è un punto di forza ma deve essere incanalato in un sistema: per avere successo più velocemente, ma anche perché con il pretesto della creatività molti si sentono liberi di non rispettare le regole. “

2. La morale
Telefonare al volante è vietato anche in Italia, invece sembra quasi che sia obbligatorio. A molti automobilisti non viene in mente che questa regola sia stata pensata per aumentare la sicurezza stradale. ‘Lo fanno anche i poliziotti’, è la replica.
“Cambiare questa mentalità è la cosa più difficile da farsi”, dice Cargani. “Ci vorranno generazioni per convincere un italiano del fatto che le regole hanno senso. Naturalmente, nel corso degli ultimi anni Berlusconi ha dato il peggiore esempio. Molti si sentono legittimati a evadere le tasse e a fregarsene di altre norme. L’italiano è molto più individualista rispetto agli altri europei. Solo la famiglia conta davvero. Anche l’influente chiesa cattolica dice solo da un anno che bisogna pagare le tasse “.
L’Unione Europea ha da tempo segnalato i problemi economici e di bilancio dell’Italia, ma per gli italiani questi problemi sono diventati urgenti solo quando hanno capito che il Paese minacciava di dover uscire dall’euro. Cargani: “Solo ora l’Italia si rende conto che non rispettare le regole ha un prezzo”.
Secondo Cargani, il rispetto delle regole in Italia deve partire con il ’disboscamento’ della giungla di leggi e regolamenti. “Abbiamo bisogno di una serie di regole di base e di una politica di tolleranza zero. Il sistema giudiziario deve però funzionare correttamente.”

3. La giustizia
La durata media di una causa civile in Italia è di 1200 giorni, più del doppio che nei Paesi Bassi. Secondo la Banca Mondiale, la lentezza del processo giudiziario è causa di riduzione della competitività. Nella lista dei paesi più competitivi l’Italia è infatti all’87° posto, tra la Mongolia e la Giamaica, preceduta abbondantemente da tutti i partner dell’Unione Europea, compresa la Grecia. Per quanto riguarda il diritto commerciale l’Italia è al 158° posto ed anche in questo caso, secondo la Banca Mondiale, non si prevedono progressi a breve. “In realtà, la giustizia non è stata riformata quasi per niente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”, dice Cargani. “Poiché i governi erano spesso solo di breve durata, non è mai stato possibile fare riforme così complesse. Non guardare al lungo termine è diventato il DNA della politica italiana”.
Per gli avvocati, il lento sistema giudiziario italiano è una benedizione. Devono andare su e giù in tribunale tre volte più spesso di molti loro colleghi stranieri, ma fatturano anche tre volte tanto. L’Italia ha 207.000 avvocati, mentre la Francia, che ha la stessa popolazione, ne ha 47.000. La sola città di Milano ha più di 20.000 avvocati.

4. La concorrenza
Nel corso dell’ultimo governo Berlusconi, grazie al fatto che gran parte dei deputati sono loro colleghi, gli avvocati si sono potuti congratulare per il ritorno delle tariffe minime, come del resto molti altri professionisti. È una delle tante iniziative prese in Italia per limitare il principio del libero mercato. Grandi aziende, cooperative e numerosi gruppi professionali fanno pressione con grande successo per mantenere chiusi i mercati.
La liberalizzazione delle ferrovie non decolla, nonostante i tentativi di individui coraggiosi. Le aziende municipalizzate escludono tutti quelli che potrebbero minare la loro posizione di monopolio con normative ad hoc. A Milano molte aziende si lamentano di non aver potuto partecipare alla spartizione dei miliardi stanziati dal governo per la World Expo 2015. “Nel profondo l’italiano è meritocratico”, dice Galli. “Ma, anche grazie alla mafia, il clientelismo è molto dominante in questo Paese”.

5. La politica
Molti degli attuali problemi sembrano in gran parte risolvibili dalla politica. I politici sono però visti come una casta che non ha né le capacità né il desiderio di risolvere i problemi alla radice. Un paio d’anni fa, due giornalisti del Corriere della Sera hanno scritto un libro sull’argomento. Spaventando molti politici, hanno raccontato in dettaglio i privilegi di questi ultimi e i costosi difetti del sistema. “In quale altro Paese è fiscalmente più invitante sostenere un partito politico che pagare per il trattamento di bambini malati terminali? In quale altro Paese un pranzo di lusso al Senato costa meno di un semplice spuntino alla mensa in fabbrica?”
Niente è cambiato dopo la pubblicazione del libro. Secondo Galli, gli italiani sono arrabbiati con la politica da decenni. “Berlusconi l’ha capito. Ha detto che le cose andrebbero meglio in Italia se si rispettassero meno regole. Ha mostrato agli italiani che la politica è anche suo nemico. Si tratta di una forma di populismo di infimo livello”.
 Inoltre, sia lo storico che l’economista constatano che la politica italiana reagisce come un muro di gomma anche senza Berlusconi. Più si cerca di cambiare le cose, più duramente si viene spinti indietro.
 “Per cambiare le cose è necessario che incomba una catastrofe. La situazione attuale offre quindi un’opportunità e dobbiamo esserne grati all’Europa. É quindi molto importante che l’Europa mantenga la pressione sull’Italia nei prossimi anni”.


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