lunedì 7 novembre 2011

Federali.mattino_7.11.11. Su base annua (dato stagionalizzato) la produzione industriale tedesca vede un rialzo del 5,4%.----Non mi aspetto niente, finché la gente non cambia e non capisce per chi deve votare – sostiene un residente di Atene – Il cambiamento ci sarà solo quando saremo affamati e ci sarà un sollevamento…solo allora le cose cambieranno.

Melfi, il Tar riavvia Fenice inceneritore della discordia
Oltrepadania. Trieste in crisi: protestate 2033 aziende
Crisi: Germania, Italia puo' vendere oro
Germania: industria settembre -2,7%
Svolta politica non basta a ridare speranza ai greci
San Marino - Italia, Arzilli: manca il motivo per non firmare


Melfi, il Tar riavvia Fenice inceneritore della discordia
di Antonella Inciso
POTENZA - Non c’è pericolo per la salute pubblica, non ci sono pericoli per l’ambiente. Ci sono, invece, pericoli per gli interventi di bonifica e per le popolazioni che potrebbero trovarsi a dover pagare un cospicuo risarcimento danni. Fenice ha riacceso i forni per questi motivi. Ieri, il termovalorizzatore di San Nicola di Melfi è tornato in funzione 20 giorni dopo lo stop imposto dalla Provincia di Potenza. A deciderlo è stato un decreto emesso dal presidente del Tribunale amministrativo regionale, Antonio Camozzi, al termine di un’udienza presidenziale pre-cautelare. Per il giudice amministrativo, dunque, Fenice deve tornare in funzione. Deve tornare a bruciare i rifiuti speciali e non, come avevano chiesto i legali della società francese. In poco più di due pagine, scritte fitte fitte, le motivazioni del provvedimento che, di fatto, ha scardinato la decisione della Provincia di Potenza che, il 14 ottobre scorso, aveva sospeso l'esercizio del termovalorizzatore perchè dai dati emergevano «forti perplessità che l’attività dell’impianto avvenisse tuttora senza arrecare pregiudizio all’ambiente e alla salute».
Per il Tar, però, quel provvedimento non è legittimo.
«La sospensione delle attività non appare sorretta, infatti, da risultante istruttorie presenti in atti - si legge nel decreto - in quanto situazioni epidemiologiche di pericolo non vengono affermate dalla competente autorità sanitaria, Asp Potenza, ed i pericoli per l’ambiente non sono, in attesa del progetto di bonifica - poi nei termini presentato il 18 ottobre del 2011 - avallati dall’Arpab che afferma “nello specifico, gli interventi di messa in sicurezza di emergenza hanno ridotto sensibilmente i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa di interventi di bonifica specifici che valuteremo». Insomma, per il Tar non vi sono pericoli per la salute pubblica e per l’ambiente. Al contrario di quanto attiene, invece, all’intervento di bonifica che l’azienda sta realizzando ed alla richiesta di risarcimento danni. «Va considerato il pericolo che la interruzione possa interessare altresì gli interventi di bonifica già avviati - continua ancora il decreto - e da proseguirsi secondo l’individuazione dell’attività operata con il progetto di bonifica». A questo, poi, sempre secondo il giudice va «ponderato il bilanciamento degli interessi coinvolti anche alla luce della domanda risarcitoria dispiegata nel ricorso». Già, il risarcimento. Nel ricorso al Tar, infatti, Fenice ha anche «bussato a moneta», chiedendo un risarcimento di 40mila euro per ogni giorno di chiusura dell’impianto di San Nicola di Melfi. Quarantamila euro al giorno a cui si sommano altri 360mila euro. Un maxi risarcimento, dunque, una somma cospicua che potrebbero pagare i cittadini lucani. Sul risarcimento, al momento, però, nulla è stato ancora stabilito. Se ne dovranno occupare i giudici amministrativi in sede collegiale il prossimo 16 novembre. In quella data, infatti, il ricorso dei legali della società Fenice sarà discusso in sede collegiale e i giudici dovranno emettere una nuova pronuncia. Sentenza che potrebbe confermare ma potrebbe anche ribaltare il provvedimento che è stato emesso ieri. Nel frattempo il termovalorizzatore ha ripreso a funzionare. Ieri pomeriggio, dopo che tutto l’iter per la riapertura era stato seguito. Ha ripreso a funzionare con la soddisfazione dei vertici della società che hanno ribadito fiducia nella Magistratura. «Con la massima fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie – è scritto in un comunicato – rimaniamo in attesa del pronunciamento del Tar. Abbiamo ribadito che la messa in sicurezza di emergenza del termovalorizzatore di San Nicola di Melfi, operata a partire dal 2009, ha di fatto individuato ed eliminato tutte le sorgenti di contaminazione mentre ogni possibile fonte di diffusione della stessa è stata confinata. Nell’attesa dell’approvazione da parte di Regione, Provincia, Comune di Melfi, Arpab, Asp e Consorzio Asi del progetto di bonifica presentato lo scorso 18 ottobre, ribadiamo ancora una volta, il nostro impegno e la nostra volontà a realizzare, da subito, tutte le attività di bonifica».

Oltrepadania. Trieste in crisi: protestate 2033 aziende
Impennata degli insoluti bancari: in crescita del 30%. Paoletti (Camera di commercio): «Nessuno paga nessuno»
 di Maddalena Rebecca
 Trieste. L’impennata a Trieste degli insoluti bancari - in crescita del 30% rispetto a giugno - da parte di aziende che hanno sforato il fido concesso dall’istituto di credito. Il peggioramento di sei punti percentuali dell’indicatore che registra i ritardi nei pagamenti dei clienti. Il crollo delle richieste di cancellazione dei protesti (passate dalle 69 di inizio anno ad appena 16 dello scorso mese) a seguito di estinzioni dei debiti contratti.
 Bastano forse queste indicazioni fornite da Confartigianato, Camera di commercio e Confidi per rendere l’idea delle pesantissime difficoltà finanziarie con cui sono costretti a fare i conti sempre più imprenditori triestini. Difficoltà evidenziate purtroppo anche da molti altri campanelli d’allarme. Come l’aumento esponenziale delle somme concesse in passato a titolo di garanzia dal Congafi e ora escusse dalle banche alle aziende insolventi (dai 205mila euro del 2010 si è passati ai 361mila di quest’anno). O come il rapporto trimestrale di Confcommercio secondo cui, nel periodo luglio-settembre 2011, ben il 51% delle attività non è riuscito a tenere i conti in ordine e ben il 15% del campione si è trovato nell’impossibilità di coprire tutte le spese.
 Qualunque sia l’osservatorio preso in esame, il verdetto è sempre impietosamente uguale. Ogni associazione di categoria racconta di titolari di piccole e medie imprese strozzato dalla mancanza di liquidità provocata da un micidiale mix di fattori, che chiama in causa la contrazione generale dei consumi e la stretta all’erogazione del credito decisa dalle banche. «La gente acquista sempre di meno e rimanda anche le spese un tempo considerate irrinunciabili, come la sostituzione della vecchia caldaia o la riparazione dell’auto» spiega Dario Bruni, presidente di Confartigianato e Congafi Trieste. I ricavi delle aziende quindi diminuiscono e, a ruota, si riduce anche la capacità di pagare i fornitori, a loro volta in carenza di ossigeno. Una criticità aggravata poi dalla difficoltà di ottenere prestiti dagli istituti di credito».
 Le imprese, quindi, si trovano schiacciate all’interno di una sorta di circolo vizioso. «Il clima di incertezza generale fa sì che circolino sempre meno soldi. E il risultato - commenta il presidente camerale Antonio Paoletti - è che nessuno paga più nessuno. Assistiamo cioè ad una sorta di effetto domino. Le aziende sono come birilli: quando ne cade uno, a ruota cadono tutti gli altri».
 L’effetto più immediato ed evidente di questo meccanismo distorto è il dilazionamento dei tempi di pagamento. «Se prima le aziende si vedevano saldare le fatture in 60-90 giorni, ora devono attendere anche 150-180 giorni» chiarisce Franco Rigutti, presidente del Confidi di Trieste. Attese lunghissime che crescono ulteriormente se l’impresa lavora con enti e istituzioni: il pubblico, in questa fase, ha tempi di pagamento davvero biblici».
 Visto il ritardo con cui vengono retribuiti i lavori già svolti, le aziende hanno a disposizione sempre meno liquidità. Il denaro, in molti casi, non basta nemmeno a pagare i dipendenti, figuriamoci ad estinguere debiti pregressi. Si spiega così il drastico calo delle richieste di cancellazione dei protesti bancari, monitorate dalla Camera di commercio. Si è passati dalle 69 domande di “regolarizzazione” del periodo gennaio-marzo 2011 alle appena 13 del terzo trimestre (16 al 31 ottobre scorso). Numeri piccoli piccoli che testimoniano l’impossibilità di sanare persino quelle posizioni che costringono a vedersi inseriti negli elenchi dei debitori incapaci di pagare assegni o cambiali. Elenchi, peraltro, sempre più lunghi: al 31 ottobre 2011 le aziende triestine protestate erano 2033, dato già superiore a quello dei 12 mesi completi del 2010 (1962) e del 2009 (2013).

Crisi: Germania, Italia puo' vendere oro
Provocazione del presidente commissione Europa del Bundestag
07 novembre, 10:43
(ANSA) - BERLINO, 07 NOV - Il presidente della commissione parlamentare per l'Europa del parlamento tedesco, Gunther Krichbaum, ha prospettato per l'Italia la vendita di parte delle riserve d'oro per abbassare il debito pubblico.
''Attraverso una vendita l'Italia potrebbe, considerato alto valore (dell'oro), ridurre sensibilmente il suo debito'', ha detto in un'intervista al quotidiano Rheinischen Post il politico della Cdu, il partito cristianodemocratico della cancelliera Angela Merkel.

Germania: industria settembre -2,7%
Contro stima di un -0,9%
07 novembre, 12:22
(ANSA) - ROMA, 7 NOV - Crolla la produzione industriale in Germania: a settembre segna una flessione del 2,7% su base mensile contro previsioni di un -0,9%, dopo il -0,4% di agosto (dato rivisto da -1%). Lo riferisce il ministero dell'Economia tedesco.
 Su base annua (dato stagionalizzato) la produzione industriale tedesca vede un rialzo del 5,4%.

Svolta politica non basta a ridare speranza ai greci
07/11 11:03 CET
L’annuncio di una svolta politica in Grecia è stato accolto con disincanto dalla maggioranza della popolazione, già provata da due anni di rigore e da una crisi di cui ancora non si intravede la fine.
Il prossimo governo di unità nazionale dovrà compiere le riforme invocate da Unione europea e Fmi, ottenendo lo sblocco della nuova tranche di aiuti da 8 miliardi di euro. Ma per molti questo non basta a migliorare le prospettive per il paese.
“Non mi aspetto niente, finché la gente non cambia e non capisce per chi deve votare – sostiene un residente di Atene – Il cambiamento ci sarà solo quando saremo affamati e ci sarà un sollevamento… solo allora le cose cambieranno”.

San Marino - Italia, Arzilli: manca il motivo per non firmare          
Lunedì 07 Novembre 2011
di Loris Pironi
SAN MARINO - Alla conclusione del Forum ‘San Marino meeting point dello sviluppo’, venerdì scorso al Kursaal, il Segretario all’Industria Marco Arzilli è palesemente soddisfatto. È appena uscito da una salva di strette di mano con potenziali investitori arabi. Ha potuto presentare il progetto concreto di Trilogy, l’auto elettrica che permetterà a San Marino di entrare direttamente dalla porta principale nel grande mercato dell’automobile, frutto di un ottimo lavoro di squadra. E, non per ultimo in ordine d’importanza, è reduce dal successo - per il Titano - della “promozione” da parte dell’OCSE.
Segretario, non è che per caso si comincia a vedere la fine del tunnel?
“Diciamo che cominciano ad esserci i primi spiragli in un momento che è e resta di grande criticità. Ma tutti questi elementi ci permettono di proseguire nella ricostruzione del nostro sistema Paese, in attesa della fine della crisi. C’è poi un altro aspetto importante che è emerso proprio da questo Forum, e che ancora una volta ci riempie di soddisfazione: chi ci viene a trovare e scopre San Marino per la prima volta, parlo di personaggi importanti o di grandi investitori, resta favorevolmente colpito, e in particolare apprezza la nostra Repubblica così friendly e sempre pronta al dialogo e al confronto”.

Finalmente stanno arrivando anche alcuni risultati concreti. Ci mancavano, lo sa?
“A chi lo dice. Il caso di Trilogy ci riempie d’orgoglio perché è la conseguenza di un lavoro collegiale di relazioni e di grande impegno da parte di tutti che si concretizza. Un esempio di green economy di alto livello. Con questo secondo Forum, poi, volevamo sì continuare a fare ‘cultura’ coinvolgendo tutte le varie realtà sammarinesi, ma desideravamo anche mostrare finalmente qualcosa di concreto. C’è un economia che sta andando avanti, che ha bisogno di una collaborazione stretta tra la politica, le associazioni, gli imprenditori e la cittadinanza. La posta in gioco è troppo alta, non ci possono essere primi attori, quel che conta è la squadra”.

Nel frattempo avete aperto una bella finestra sul Nord Africa e sul Medio Oriente.
“Sì, San Marino deve muoversi a 360 gradi: questa è una grande speranza, ma anche l’unica strada percorribile. Diventare sempre più un luogo di confronto tra nazioni in virtù anche della nostra storia di libertà è un’ambizione niente affatto campata per aria. L’importante è non avere paura del nuovo, perché quando ci siamo mossi con paura ci siamo sempre portati dentro casa progetti non idonei. O comunque non abbiamo raccolto quanto speravamo”.
Durante tutta questa Legislatura ogni volta che dite che state lavorando su scenari diversi, i detrattori ribattono che prima di parlare di Cina, o Medio Oriente, è opportuno risolvere il problema con l’Italia.
“Ho sempre detto che la strada dell’internazionalizzazione va battuta con convinzione ma deve essere sempre condivisa e interscambiata con il Ministero italiano dello sviluppo economico. Non possiamo lavorare nell’ombra nascondendo le cose all’Italia, per una questione di correttezza, e la cooperazione porta frutti a entrambe le parti. Anche risultati a lungo termine in fatto di fiducia e collaborazione”.

Dopo il passaggio alla fase 2 dell’OCSE pensate che possa davvero sbloccarsi una volta per tutte la trattativa con Roma?
“A questo punto riteniamo che manca ormai il motivo per non firmare. Ma personalmente mi auguro che, al di là delle tempistiche degli accordi, l’Italia tolga una volta per tutte alle nostre imprese il cappio della black list. Da sola, questa iniziativa (che, lo ricordiamo, è assolutamente una decisione discrezionale del MEF, ndr) può ridare ossigeno alla nostra economia”.

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