sabato 12 novembre 2011

Federali.sera_12.11.11. Pechino, Vendola: C’è molta Italia sui media cinesi in questi giorni. Cronache, analisi, vignette anche puntute. La gravità del momento non sfugge a Pechino, che osserva inquieta l’Europa. E Nichi Vendola nella Repubblica Popolare si è imbattuto in quello che definisce «lo stupore» degli interlocutori. Sì, stupore che io fossi qui nonostante la crisi di governo, un fatto che le autorità hanno apprezzato molto. Ebbene - spiega il governatore - io sono orgoglioso di aver scelto di servire il mio Paese venendo in Cina e non pensando di essere presente nel teatro della politica italiana.----Le regioni del nord - sottolinea la Cgil - si segnalano ancora una volta per il ricorso più alto alla cassa integrazione da inizio anno. Dal rapporto della Cgil emerge che al primo posto per ore di cig autorizzate c'è la Lombardia con 182.836.039 ore che corrispondono a 105.808 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il Piemonte con 126.886.570 ore per 73.430 lavoratori e il Veneto con 71.762.580 ore di cig autorizzate per 41.529 lavoratori.

Vendola: La Puglia in Cina con un progetto ambientale
Cgil: dal 2008 registrate 3,3 miliardi di oredi Cig per 500mila lavoratori
Veneto, padania. «Zaia, è un errore fare ricorso contro il federalismo»
Mario Monti a Lugano



Vendola: La Puglia in Cina con un progetto ambientale
«Coinvolgeremo realtà innovative su acqua e energia»
Ma la Puglia è poco presente nei mercati asiatici
PECHINO — C’è molta Italia sui media cinesi in questi giorni. Cronache, analisi, vignette anche puntute. La gravità del momento non sfugge a Pechino, che osserva inquieta l’Europa. E Nichi Vendola nella Repubblica Popolare si è imbattuto in quello che definisce «lo stupore» degli interlocutori. «Sì, stupore che io fossi qui nonostante la crisi di governo, un fatto che le autorità hanno apprezzato molto. Ebbene - spiega il governatore - io sono orgoglioso di aver scelto di servire il mio Paese venendo in Cina e non pensando di essere presente nel teatro della politica italiana». Vendola parla accanto all’ambasciatore Attilio Massimo Iannucci: Pechino è la terza e ultima tappa del viaggio istituzionale che lo ha portato prima in Guangdong (la regione meridionale motore storico del boom economico cinese) e poi in Zhejiang (altra regione vivace, peraltro terra d’origine della quasi totalità dei cinesi immigrati in Italia). Il governatore è alla prima visita da quando, lo scorso giugno, ha firmato il partenariato tra la Puglia - prima regione in Italia - e il Guangdong. Sullo sfondo c’è la convinzione che «non si tratta solo di accogliere attori dotati di liquidità. I commerci contano se costruiscono convivenza pacifica». Ecco perché Vendola sottolinea con enfasi l’accordo per l’apertura di un Istituto Confucio a Bari: «Avvieremo le pratiche appena rientrati». La proposta «ha entusiasmato i cinesi» e avrà l’effetto di favorire gli scambi di studenti: pugliesi in Cina e cinesi in Puglia. «Un investimento strategico».
Nel viaggio lo ha seguito una delegazione di imprenditori, mentre «della Regione siamo solo io e il capo di gabinetto», precisa alludendo al tema sensibile della «casta». L’agenda comprendeva - tra l’altro - l’attuazione del progetto Renewal, in coordinamento con l’Emilia-Romagna, nel quadro del programma per le regioni del ministero degli Esteri italiano (che lo finanzia insieme con l’Ue). Ma Vendola aggiunge una proposta, fatta al segretario del Partito comunista del Guangdong, Wang Yang: «Indipendentemente dal business delle singole aziende, che qui hanno avuto molti scambi con società cinesi, saremmo contenti di mettere insieme tutte le realtà innovative per adottare una città o un quartiere, indicato dalle autorità». Il governatore pensa a «un progetto integrato di riqualificazione ambientale che metta insieme l’edilizia sostenibile, la purificazione delle acque, l’efficienza energetica, cioè elementi su cui in Puglia abbiamo un sistema produttivo molto evoluto e politiche pubbliche d’avanguardia». E i porti? «Abbiamo consegnato il dossier dei porti di Puglia», risponde Vendola al Corriere. Non ci sono misteri, per i cinesi: «Sanno l’importanza dei porti nel Mediterraneo, conoscono il porto di Taranto. C’è qualche difficoltà, ora. La Cina sta investendo al Pireo in Grecia e in Egitto. Ho chiesto più volte al governo italiano di fare il punto sui porti, perché noi rischiamo non solo di non avere nuovi investitori nei porti italiani ma anche di perdere quelli che già occupano alcune banchine. Non possiamo più inseguire le farfalle. Noi invitiamo a scegliere i porti del Mediterraneo anziché Anversa o Rotterdam, ma da noi le loro navi difficilmente potrebbero attraccare senza lavori di adeguamento. Dei fondali, delle infrastrutture, delle piattaforme logistiche. Occorre investire. I finanziamenti ci sono, ma è tutto fermo». leviedellasia.corriere.it
Marco Del Corona

Cgil: dal 2008 registrate 3,3 miliardi di oredi Cig per 500mila lavoratori
Gli ammortizzatori sociali hanno inciso sul reddito per 11,4 miliardi di euro, 22mila di salario in meno per ogni dipendente
ROMA, 12 NOV - Dall'avvio della crisi dell'economia reale, nell'ottobre del 2008, le ore di cig registrate sono state poco meno di 3 miliardi e 300 milioni. È quanto calcola la Cgil, secondo cui la cassa ha inciso sul reddito degli oltre 500mila lavoratori mediamente coinvolti per 11,4 miliardi, circa 22mila euro in meno nel salario di ciascuno.
 È il bilancio diffuso oggi dalla Cgil, attraverso le elaborazioni dell'Osservatorio cig del dipartimento Industria. Ad ottobre 2011, aggiunge la Cgil, la cassa integrazione ha registrato un leggero calo sul mese precedente, eccezion fatta per la straordinaria, mentre si conferma una crescita delle aziende che fanno ricorso ai decreti di cassa integrazione straordinaria, pari al +3,5% da inizio anno sui primi dieci mesi del 2010. Così come sono stabilmente in cig a zero ore circa 500mila lavoratori che hanno perso nel loro reddito oltre 3,1 miliardi di euro, pari a più di 6.600 euro per ogni singolo lavoratore.
Numeri che fanno dire al segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere, «che dopo aver messo fine al governo Berlusconi adesso c'è bisogno di decisioni politiche che mettano al centro il lavoro come unico agente per la crescita». Come la Cgil vuole sottolineare con la manifestazione di Roma in piazza San Giovanni il prossimo 3 dicembre, incentrata sul tema lavoro, il timore del sindacato è che i circa 190 tavoli di crisi aperti, il crollo della produzione industriale a settembre e i dati sulla cassa, «possano determinare - secondo Scudiere - il serio rischio per il prossimo anno di in un micidiale mix fatto di stagnazione e disoccupazione». «Il nuovo governo - aggiunge - deve rispondere a Bruxelles con il lavoro: introduca una patrimoniale e mette al centro l'occupazione a partire da quella giovanile».
 In dettaglio il rapporto di Corso d'Italia evidenzia come le ore di cig registrate lo scorso mese sono state 80.244.847 con un leggero calo del -3,97% su settembre. Un dato che porta il totale delle ore di cassa da inizio anno a 812.394.364 per un -20,86% sui primi dieci mesi del 2010. Nello specifico la cassa integrazione ordinaria (cigo) a ottobre diminuisce sul mese precedente del -14,50% per 17.971.444 ore. Da inizio anno il monte ore è pari a 184.930.084 con una variazione tendenziale del -38,26%. In aumento invece la cassa integrazione straordinaria (cigs) a ottobre su settembre del +6,78% per un totale di 35.990.495 ore.
 Nel corso dei primi dieci mesi dell'anno le ore di cigs sono state 351.137.044 per un -13,66% sul periodo gennaio-ottobre 2010. Infine si segnalano cali per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga (cigd). A ottobre conta 26.282.908 di ore richieste, segnando così un -8,86% su settembre, mentre da inizio anno le ore sono state 276.327.236 per un -13,71% sui primi dieci mesi del 2010. Quanto alle causali di cigs cresce ancora, avvicinandosi al 60%, il numero di aziende che fanno ricorso per 'crisi aziendalè ai decreti di cassa integrazione straordinaria. Da inizio anno a ottobre i decreti sono stati 5.670 con un aumento del +3,49% sullo stesso periodo del 2010. I decreti investono 8.861 unità aziendali territoriali con un +17,32%, sempre sui primi dieci mesi dello scorso anno, in conseguenza, spiega il rapporto, «di un aumento maggiore di gruppi industriali con insediamenti in più territori piuttosto che di aziende singole».
Le regioni del nord - sottolinea la Cgil - si segnalano ancora una volta per il ricorso più alto alla cassa integrazione da inizio anno. Dal rapporto della Cgil emerge che al primo posto per ore di cig autorizzate c'è la Lombardia con 182.836.039 ore che corrispondono a 105.808 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il Piemonte con 126.886.570 ore per 73.430 lavoratori e il Veneto con 71.762.580 ore di cig autorizzate per 41.529 lavoratori. Nelle regioni del centro c'è il Lazio con 55.551.338 ore che coinvolgono 32.148 lavoratori.
Per il Mezzogiorno è la Campania la regione dove si segna il maggiore ricorso alla cig con 51.567.389 ore per 29.842 lavoratori. È la meccanica il settore in cui si conta il ricorso più alto allo strumento della cassa integrazione. Secondo il rapporto della Cgil, infatti, sul totale delle ore registrate da gennaio a ottobre, la meccanica pesa per 294.532.413, coinvolgendo 170.447 lavoratori (prendendo come riferimento le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il settore del commercio con 102.791.768 ore di cig autorizzate per 59.486 lavoratori coinvolti e l'edilizia con 73.506.839 ore e 42.539 lavoratori. Complessivamente, nel mese di ottobre, considerando un ricorso medio alla cig, pari cioè al 50% del tempo lavorabile globale (22 settimane), risultano essere 940.000 i lavoratori in cigo, cigs e in cigd.
Se si considerano i lavoratori equivalenti a zero ore, pari a 43 settimane lavorative, si determina un'assenza completa dall'attività produttiva per 470.136 lavoratori, di cui 200mila in cigs e 160 mila in cigd. Dai calcoli dell'Osservatorio cig si rileva come i lavoratori parzialmente tutelati dalla cig abbiano perso nel loro reddito 3 miliardi e 115 milioni, pari a 6.626 euro per ogni singolo lavoratore.
Sabato 12 Novembre 2011 - 12:06

Veneto, padania. «Zaia, è un errore fare ricorso contro il federalismo»
 POLEMICA. Berlato attacca la Regione
 «È necessario diminuire i costi della politica anche nelle Regioni e punire chi fa un buco nei bilanci»12/11/2011
«Le due delibere di Zaia sono a dir poco paradossali e vanno nella direzione opposta rispetto a quanto predicato finora da lui stesso e dal suo partito di riferimento, la Lega». Dopo l'attacco dell'assessore provinciale Paolo Pellizzari, anche il vicecoordinatore provinciale del Pdl, l'on. Sergio Berlato, attacca la Regione per il doppio ricorso alla Corte costituzionale contro sia il decreto "premi-sanzioni" del federalismo fiscale, sia la manovra di agosto del Governo che dà direttive taglia-costi alle Regioni e agli enti locali. «Una Regione da sempre virtuosa come il Veneto - attacca Berlato - dovrebbe essere la prima a sostenere i provvedimenti del Governo volti ad eliminare gli sprechi e la mala gestione della cosa pubblica e invece Zaia a questo si oppone. Sono fermamente convinto nella necessità di diminuire i costi della politica anche delle Regioni, a partire dalla diminuzione dei consiglieri regionali, e nel sanzionare duramente quelle amministrazioni regionali protagoniste di dissesti finanziari che molto spesso riguardano il settore della sanità. Mi fa specie vedere Zaia difendere le rendite di posizione che anche lui, insieme al suo partito, ha sempre, perlomeno a parole, combattuto. Se la politica vuole ritrovare la fiducia dei cittadini è necessario che prosegua lungo la strada tracciata della razionalizzazione delle risorse e delle sanzioni per la mala gestione della cosa pubblica».
«Ancora una volta - chiude - alcuni rappresentanti della Lega sembrano predicare bene e razzolare male. I problemi del Paese e degli italiani non si risolvono né coi proclami e neppure con gli slogan ma con la coerenza tra ciò che ci si impegna a fare e quello che effettivamente si fa».

Mario Monti a Lugano
di Vito Monte - 11/12/2011
Il 9 settembre scorso, proprio quando la crisi dell’euro manifestava già la sua drammaticità, la direzione del Credito Svizzero ha invitato a Lugano, ad una cena per pochi ‘amici’, l’economista Mario Monti per avere, da un testimone d’eccezione, una chiave di lettura sul futuro dell’Unione europea. La scelta si rivela quantomeno fortunata in quanto Monti è stato nominato mercoledì scorso, a sorpresa, dal presidente della Repubblica italiana, senatore a vita. Giorgio Napolitano vuole trasformare il pacato professore, presidente della Bocconi ed ex commissario europeo, in politico, per affidargli il mandato di formare un nuovo governo.
Chi ha avuto il piacere di ascoltare il racconto concesso da Monti ai suoi commensali non ha avuto dubbi di trovarsi di fronte alla persona ideale per un simile incarico. E chi ha avuto la sfacciataggine di chiederglielo si è sentito rispondere: «Non sono stato interpellato».
La chiamata sembra arrivata. Giorgio Napolitano intende salvare l’Italia dal default e l’euro, quindi l’Unione europea, attraverso Monti. Se il nuovo ‘Governo del presidente’, un esecutivo legittimato dall’autorevolezza dell’europeista Napolitano e dalla professionalità di un altro provato europeista, Monti, riuscirà a raggruppare una credibile maggioranza d’urgenza per governare l’Italia, potrebbe offrire all’Europa i migliori leader per attraversare la drammatica crisi che l’affligge.
È un tentativo disperato e non per niente scontato. La Penisola è oggi lo Stato più importante dell’Unione europea, in quanto il futuro di quest’ultima è nelle sue mani, ancor più che in quelle di Francia e Germania. Giorgio Napolitano sta agendo da grande statista creando i presupposti per la nascita di un governo credibile, nel totale rispetto delle sue prerogative costituzionali. La presa di posizione del presidente, di fatto, mette con le spalle al muro la classe politica italiana: da adesso il mercato non sarà più disposto ad accettare nessun compromesso su chi dovrà guidare il governo.
A Lugano Mario Monti aveva parlato dei rischi del nazionalismo che contamina l’attitudine di chi decide: non c’è un codice di condotta per i politici dell’Unione europea che possono permettersi di prendere decisioni in comune a Bruxelles e poi in patria incolpare l’Europa di tutti i mali del loro Paese. Per il professore, al contrario, l’uomo politico ha il dovere di decidere e poi convincere, spiegare, educare i suoi elettori, non di lasciarsi sopraffare dagli umori del momento.
Ciò premesso, per Monti non c’è una crisi dell’euro, poiché l’inflazione è contenuta e non stiamo assistendo ad un tracollo valutario. È l’eurozona ad essere in crisi e l’Europa dalle crisi è sempre uscita rafforzata. A settembre il professore era convinto che la Merkel fosse portatrice di gravi responsabilità: invece di temere la sua coalizione avrebbe potuto agire con forza visto che sia i verdi che i socialisti hanno una forte matrice europeista. Ma già allora Monti si era detto convinto che la cancelliera, passato lo scoglio della corte costituzionale, si sarebbe messa a lavorare per il futuro del Continente.
Monti non ritiene possibili uscite dall’euro perché ciò significherebbe la fine dell’intero progetto: le svalutazioni competitive erano tollerate in passato proprio perché si sapeva che sarebbero state superate con la moneta comune.
Per l’economista che sta per essere prestato alla politica, in un contesto così difficile, a nessuna forza politica importante dovrebbe essere permesso di restare fuori dalle responsabilità governative.
Se questo fine settimana decolla il ‘Governo del presidente’, i mercati avranno un segnale forte: l’Italia intende prendere veramente in mano il proprio destino. Ma la classe politica della Penisola è da troppo tempo impantanata nella pastoia berlusconiana che ha svuotato di contenuti sia la destra sia la sinistra. Quindi i rischi di insuccesso sono enormi. Ma anche ammettendo che l’Italia trovi un suo equilibrio, è l’insieme dell’impalcatura comunitaria che dovrà urgentemente essere rivista. Il duo franco-tedesco non si è dimostrato all’altezza della grave sfida storica. Le iniziative prese fino ad ora hanno permesso di guadagnare tempo, ma incancrenendo sempre più il malato. Un governo dell’economia è necessario con urgenza, ma deve essere emanazione del sistema comunitario, non un’ennesima struttura intergovernativa, come vorrebbero la Merkel e Sarkozy.
In pratica affinché l’Europa riparta è necessario riprendere il progetto di Jacques Delors, il padre dell’euro. L’ex presidente della Commissione aveva detto e scritto che l’unione monetaria sarebbe stata un successo solo dimostrando di essere un vettore capace di migliorare la qualità di vita dei cittadini. Per riuscirci, assieme alla nuova valuta, Delors aveva lanciato l’idea di creare un adeguato sistema finanziario che avrebbe permesso all’Ue di realizzare progetti infrastrutturali importanti per migliorare la produttività dell’intero Continente. In una simile prospettiva la creazione di eurobond, per raccogliere capitali necessari alla crescita (e non per pagare debiti), era assolutamente necessaria ma doveva realizzarsi attraverso un vero governo comune dell’economia capace anche di gestire le variabili fiscali.
Tutta questa dinamica venne bloccata dall’uscita di scena di Delors e dei suoi sostenitori, Kohl e Mitterrand. Romano Prodi, subentrato alla testa della Commissione europea, aveva cercato di continuare, in parte, il disegno, ma era troppo impegnato nell’apertura dell’Ue ai Paesi dell’Est.
Per certi aspetti, incredibilmente, con un ‘Governo del presidente’, l’Italia si troverebbe ad avere al comando politici in grado di offrire all’Unione europea la possibilità di compiere un grande balzo in avanti. E, per certi aspetti incredibilmente, l’Italia oggi ha il potere di farlo perché è in grado, con spensierata facilità, di far crollare tutto, l’Italia stessa, l’euro, trascinando il Continente in una pesante recessione.
Ma c’è nella vicina Penisola una maggioranza politica capace veramente di prendere coscienza della drammaticità del momento e sostenere un simile governo? Tanti, tanti auguri signor presidente Monti.

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