lunedì 14 novembre 2011

Il dopo Tremonti deve ripartire dal Sud

di Gianfranco Viesti
Con la caduta di Berlusconi è auspicabile che si possa riprendere un confronto sulla situazione economica, dell’Italia e del Sud, superando la contrapposizione per schieramento politico. Il confronto deve partire da un bilancio dell’eredità che questo governo ci lascia. Per il Mezzogiorno, questo bilancio è disastroso.




Giulio Tremonti è stato certamente il ministro dell’economia più nemico del Sud nella storia repubblicana; forse nell’intera storia nazionale. Alla sua uscita di scena ci troviamo per molti versi con un cumulo di macerie, fra cui non sarà facile scavare per ricostruire. E bisognerà innanzitutto vedere se il nuovo governo avrà voglia e capacità di farlo.

Tremonti ha in primo luogo fatto di tutto per esacerbare la contrapposizione politica fra Nord e Sud. Fingendo di ignorare la differenza fra spese e impegni, ha definito cialtroni i vertici delle amministrazioni meridionali, facendo credere all’intero paese che il Sud era ed è seduto su una montagna di risorse che non sa o non vuole utilizzare, mentre tutta l’Italia tira la cinghia. Ha sostenuto – in certi momenti ancor più della Lega Nord – che lo scopo del federalismo fiscale era quello di “togliere ai ricchi del Sud per dare ai poveri del Nord”; che lo si stava facendo non per migliorare efficienza ed efficacia dell’azione pubblica a tutte le latitudini, ma, appunto, per ridare al Nord un po’ delle risorse rubate dai meridionali. Molto più leghista dello stesso Calderoli. Per l’atteggiamento assai accondiscendente dei mezzi di informazione, per l’incredibile fiancheggiamento a lungo attuato dalle parti sociali (a cominciare da Confindustria, fino a tempi recenti), per i balbettii dell’opposizione (incapace di individuare una linea nazionale e dilaniata anch’essa da conflitti territoriali), queste tesi si sono diffuse senza ostacoli. Giulio Tremonti ha “avvelenato i pozzi” a cui ci abbeveriamo nella nostra vita di comunità nazionale. Non sarà per niente facile rimediare, ritrovare un linguaggio e una condivisione di fatti come base per un confronto. Grazie anche a lui, è ormai quasi impossibile parlare di sviluppo del Sud come grande potenzialità per la crescita dell’intero paese.

In secondo luogo Tremonti – coerentemente con le sue idee - ha devastato il quadro delle politiche per lo sviluppo del Sud. L’indispensabile cornice programmatica d’insieme in Italia era rappresentato dal Quadro Strategico Nazionale 2007-13, tra l’altro messo a punto nel periodo 2005-06 da governi di diverso colore politico. Indispensabile perché racchiudeva, in modo condiviso, l’analisi della situazione, l’individuazione delle priorità, la costruzione degli interventi. E’ diventato carta straccia. Formalmente la sua gestione è stata a lungo nelle mani dell’allora Ministro Claudio Scajola, famoso solo, oltre che per le sue vicende patrimoniali, per aver destinato al finanziamento dell’industria bellica le risorse (che rivenivano dalla legge 488) destinate all’occupazione dei laureati meridionali.

Con astuzia e coraggio, Tremonti ha iniziato da subito a smantellare le disponibilità economiche che finanziavano quel quadro programmatico. Lo ha fatto appena insediato, destinando le risorse per strade e ferrovie in Calabria e Sicilia alla copertura del taglio dell’ICI. Definanziamento che dimostra come, se mai ve ne fosse ancora dubbio, come l’idea del Ponte sullo Stretto sia sempre stata solo uno specchietto per le allodole (se si voleva il Ponte, magari era utile migliorare le ferrovie calabresi e siciliane: se no, a che serve?). Nessuno ha detto nulla, né a destra né a sinistra. Anzi, molte voci si sono levate, al Nord e incredibilmente anche al Sud, per lodare chi finalmente tagliava un po’ di risorse al Sud parassita e sprecone. E il Ministro si è scatenato. Ha approfittato di ogni occasione per ridurre le disponibilità (il FAS) per il Sud. Con abilità funambolica le ha ripartite in più fondi, le ha mascherate, le ha ridenominate: ma sostanzialmente le ha destinate ad altro. Senza lungimiranza, prevalentemente a spesa corrente: gestendo così la crisi nel modo peggiore, finanziando le necessità del presente con le risorse destinate a investimenti per il futuro. I moltissimi che elogiano il Ministro (incredibilmente anche a sinistra!) perché “ha tenuto i conti in ordine” dovrebbero riflette un attimo su come ha costruito il bilancio pubblico per questi e per i prossimi anni. Sulla circostanza che la crisi è stata gestita mettendola prevalentemente a carico della parte più debole del paese. Così, una cifra colossale è sparita: oltre 35 miliardi volatilizzati; gran parte delle risorse non solo dell’oggi, ma del domani. L’unica opposizione è venuta dall’ANCE, dalle imprese di costruzione: che con un occhio al proprio portafoglio e un altro al futuro del paese, hanno visto svanire, misura dopo misura, il loro mercato per i prossimi anni. I soldi per rimettere in sicurezza le scuole, per le reti idriche, per migliorare le ferrovie, per la messa in sicurezza del territorio…

Oggi c’è un cumulo di macerie. Per l’oggi e per il domani. E’ bene prenderne atto, e cominciare da subito a scavare per tirare fuori qualche tassello: di una convivenza Nord-Sud da ricostruire; di una politica di sviluppo da ridisegnare.
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=470235

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