venerdì 23 dicembre 2011

Federali_sera_23.12.11. Non abbiamo piu’ doveri, Cagliari: Avere a che fare con Equitalia - lamenta Impera - significa rovinarsi la vita. In tutte le categorie esiste l'evasore, e anche fra noi c'è qualcuno che non rispetta le regole. Posso però assicurare che tra noi in difficoltà e uniti nella protesta non ci sono i classici furbetti che non pagano le tasse. Siamo semplicemente gente con problemi economici, perché il lavoro è calato e non siamo più in grado di pagare le tasse, calcolate senza tenere in alcun conto il nostro reale fatturato e, quindi, il guadagno.

Nespoli: la diaria da senatore mi serve anche per i regali di nozze ai concittadini
L'UNIONE SARDA - Economia: Riesplode la rabbia dei tartassati: «Adesso basta, così ci uccidete»
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Venduto nel Lazio il latte sardo frutta dieci centesimi in più
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Ventimila firme per il marchio unico
Moody's lascia rating AAA ad Austria, outlook stabile
Slovacchia: Moody's conferma rating a A1, outlook stabile



Nespoli: la diaria da senatore mi serve anche per i regali di nozze ai concittadini
Il sindaco di Afragola e parlamentare: «Sono solo due giorni a Roma, embè? Incompatibilità? Non ne vedo»
 Ore 13,30, prima telefonata.
(Il premier Mario Monti ha da poco finito di illustrare ai senatori di Palazzo Madama la manovra finanziaria).
«Sì, sono io... sono il senatore Nespoli... no, guardi, sto arrivando... sono in treno... tra mezz'ora sarò in Senato... eh, lo so, ma sono anche il sindaco di Afragola e purtroppo avevo un impegno nel mio municipio... del resto è di questo che vuole parlare, no? del mio doppio incarico...».
Ore 14,15, seconda telefonata. (Intanto, in aula, sono già iniziate le dichiarazioni di voto dei partiti). «Sto in taxi! Cinque minuti e arrivo... vedo com'è la situazione, voto e poi possiamo vederci alla buvette. D'accordo?».
Ore 14,45. Buvette.
Senatore Nespoli, una domanda preliminare: come ha fatto a votare se non ha sentito neppure mezza parola del discorso di Mario Monti?
«Beh... che significa? Qual è il problema? Avevo sentito quello che disse alla Camera e... beh, suppongo avrà ripetuto le stesse cose, no?».
Forse però sarebbe stato meglio essere presente in aula. Forse è materialmente impossibile ricoprire, contemporaneamente, due incarichi: senatore della Repubblica per il Pdl e sindaco di una città grande e complessa come Afragola.
«Senta, voi giornalisti dovete smetterla di parlare per slogan, di fare bassa propaganda e disinformazione!».
Senatore, la prego di usare toni...
«L'ho letto quello che è stato scritto dopo che, poche ore fa, legittimamente, la giunta per le elezioni di Palazzo Madama ha stabilito che si può essere insieme senatore e sindaco di un comune sopra i 20 mila abitanti...».
Alla Camera, i due incarichi sono stati valutati incompatibili.
«E allora? Lei lo conosce l'articolo 66 della Costituzione, eh? L'articolo 66 è chiarissimo: le Camere sono autonome nel decidere sui casi di incompatibilità. Punto. È tutto in regola. E poi sa che c'è?».
No.
«C'è che quando nel 2008 io fui eletto sindaco di Afragola, i cittadini che mi votarono sapevano perfettamente che sarei stato impegnato anche qui a Roma: al ballottaggio, infatti, arrivai già da senatore. Ora, scusi: l'importante è che il doppio incarico vada bene a loro, ai miei concittadini, non crede?». Mario Monti Veramente lei qui al Senato rappresenta anche qualche milione di elettori del Pdl. «Ehhh...».
Quanto tempo dedica alla sua attività di senatore?
«Allora: arrivo a Roma il martedì pomeriggio, e sto qui, in Senato, per l'intera giornata del mercoledì. Il giovedì mattina, alle 13, risalgo sul treno e torno a fare il sindaco».
Quindi lavora meno di due giorni a settimana per il Senato della Repubblica.
«Embé?». Come embé? «No, dico: embé? Qual è il problema? Tutti i miei colleghi senatori lavorano due giorni a settimana. È così, ed è inutile se ora mi guarda con quella faccia... lei non può venirsela a prendere solo con me!».
Deduco che lei dal giovedì pomeriggio al martedì mattina fa il sindaco di Afragola. «Esatto. Però, attenzione: faccio il sindaco senza percepire mezzo euro. Guadagno solo da senatore».
Può ricordarmi quanto guadagna?
«A occhio?».
Sì, a occhio è sufficiente.
«Diciamo che sto sui 140 mila euro lordi all'anno».
Ci pensi bene.
«Mmhhmmm....».
Ci pensi bene.
«Vabbé, certo: quello è il compenso sottoposto a tassazione. Poi, in più, ci sono le altre due voci "al netto", su cui noi senatori non paghiamo tasse... E lì... Mah... Saranno 3.200 euro per le spese di segreteria e intorno ai 4.000 euro di diaria».
A lei, scusi, la «diaria» a cosa serve?
«Non la seguo».
Se sta a Roma due giorni a settimana, a cosa le servono 4.000 euro di diaria?
«Ehhh... allora: primo, io devo pur mangiare, no? Secondo: lei ha idea di cosa significhi fare politica dalle mie parti, in Campania? Ha idea di quanti regali di matrimonio devo comprare? E non le dico di quante volte mi chiedono di fare il padrino alle cresime...».
(Vincenzo Nespoli detto anche «Enzo», di anni 57, da Afragola: per lui i magistrati di Napoli chiesero l'arresto, accusandolo di «bancarotta fraudolenta e concorso in riciclaggio». L'aula del Senato ha però respinto la richiesta).
Fabrizio Roncone

L'UNIONE SARDA - Economia: Riesplode la rabbia dei tartassati: «Adesso basta, così ci uccidete»
23.12.2011
Manichini impiccati come simboli di uno Stato che strozza le imprese Alcuni manichini impiccati in piazza Donatori di Sangue, a Cagliari, come simboli «di tutti quegli imprenditori che hanno un'assicurazione sulla vita e sono talmente disperati da pensare di suicidarsi per salvare le loro famiglie dai debiti». È l'inquietante protesta dal Movimento degli artigiani e commercianti liberi, provenienti in gran parte dal Sulcis ma in generale un po' da tutta la Sardegna: ieri hanno manifestato per le strade del capoluogo contro le cartelle esattoriali di Equitalia. autentici cappi al loro collo.
I MOTIVI «Con questa iniziativa - dice Andrea Impera, leader del movimento - vogliamo innanzi tutto ricordare le vittime del fisco ingiusto, coloro che si sono tolti la vita. Altri si curano per tentare un rimedio ai disturbi da stress fiscale». Fare l'imprenditore, oggi come oggi, vuol dire anche questo: «Avere a che fare con Equitalia - lamenta Impera - significa rovinarsi la vita. In tutte le categorie esiste l'evasore, e anche fra noi c'è qualcuno che non rispetta le regole. Posso però assicurare che tra noi in difficoltà e uniti nella protesta non ci sono i classici furbetti che non pagano le tasse. Siamo semplicemente gente con problemi economici, perché il lavoro è calato e non siamo più in grado di pagare le tasse, calcolate senza tenere in alcun conto il nostro reale fatturato e, quindi, il guadagno».
LA PROTESTA Il corteo ha toccato alcuni edifici “simbolo” della città: prima è stato allestito l'albero di Natale in piazza Donatori di Sangue, con appeso il manichino impiccato e, al posto delle palline, come decorazioni gli attrezzi da lavoro dei manifestanti. Poi la manifestazione si è spostata al Palazzo di Giustizia (piazza Repubblica è stata ribattezzata “Via dei lavoratori per le banche”), e nel largo Carlo Felice, dove , all'ingresso dell'istituto, sono stati attaccati alcuni cartelli con scritto «Banca d'Italia proprietà delle lobby internazionali». Immancabile il blitz davanti agli uffici di Equitalia: i contestatori hanno consegnato simbolicamente le loro cartelle. Rispedite, insomma, al mittente.
IL CASO Non mancano situazioni disperate. Riguardano alcuni imprenditori che non sanno come venire fuori dai debiti. Li hanno accumulati per salvare le aziende, per compensare il crollo delle entrate provocato dalla crisi. «Qualche settimana fa - racconta Impera - ho parlato al telefono con un amico titolare di un'impresa. L'ho sentito piangere e, insieme ad altri colleghi, siamo corsi da lui, per consolarlo. Abbiamo così evitato che si togliesse la vita. Qualche giorno dopo, infatti, lui stesso ci ha confidato di aver pensato al suicidio». La recessione di sicuro non aiuta: «È un periodo complicato per chi ha un'attività commerciale» Di qui un appello ai politici: «Mi rivolgo in modo particolare a coloro che guadagnano tanti soldi ogni mese: devono assolutamente fare qualcosa per risolvere questa situazione. Non possono assolutamente permettersi di fregarsene». Richiesta disperata di aiuto. Speriamo che non cada nel vuoto. Trovare le soluzioni non è facile ma neppure impossibile se ciascuno farà la sua parte. Piercarlo Cicero

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Venduto nel Lazio il latte sardo frutta dieci centesimi in più
23.12.2011
CAGLIARI. La spallata è arrivata. Il mercato del latte non è più chiuso e prigioniero del passato. Quindici milioni di litri saranno venduti dai produttori sardi al gruppo laziale Brunelli, per un prezzo superiore di dieci centesimi (75 contro 65) rispetto a quello finora battuto nell’isola. A mettere assieme gli allevatori è stata la Coldiretti, che nei mesi scorsi aveva annunciato: «Faremo di tutto per sconfiggere il solito monopolio della compravendita». Lo ha fatto. Il primo passo è avvenuto nei giorni scorsi con la firma del contratto preliminare fra alcune Op (organizzazioni di produttori) e il caseificio che dal 1938 produce pecorino romano e altri formaggi freschi col latte di pecora. La notizia ha di per sé del clamoroso per due motivi. A cominciare dalla conferma che il latte è una materia prima sempre più richiesta dai mercati nazionali e internazionali. In particolare, lo è quello di pecora, che solo in Sardegna continua a essere deprezzato da un listino regionale inchiodato da troppi anni. Secondo motivo, l’ennesimo fallimento del tavolo regionale, quest’anno convocato più volte dall’assessorato all’Agricoltura per chiudere un accordo fra produttori e industriali locali, non può essere più considerato un incubo per gli allevatori. Esiste un’alternativa, o comunque ci sono strade parallele. Certo, non deve sorprendere che ad acquistare sia stato un imprenditore della penisola, accade da anni. L’aspetto nuovo è la quantità comprata dal gruppo Brunelli (il trasporto sarà a carico dell’acquirente). Quindici milioni di litri sono il cinque per cento della produzione isolana, stimata intorno ai 300 milioni (litri) dalle associazioni di categoria. Dunque, è una percentuale considerevole, anche se resta il retrogusto che questo latte sardo andrà a ingrossare i bilanci di un’azienda della penisola che produce un suo pecorino e quindi farà concorrenza a quello marchiato Sardegna già in difficoltà per conto suo. Ma anche questo purtroppo è un processo inevitabile e non solo per colpa della globalizzazione del mercato. Gli allevatori sardi è dalla fine del 2009 che non riescono a strappare un prezzo superiore ai 63-65 centesimi. L’ultimo picco risale al 2008, 80 centesimi, poi c’è stata una discesa verticale fino al minimo storico del 2010, con la denuncia degli allevatori: «A causa dell’aumento sconsiderato di gasolio, mangimi e del costo dell’energia elettrica, ormai produciamo sottocosto». E produrre in perdita vuol dire mettere le aziende in pericolo, sull’orlo del precipizio, considerando che un allevamento di trecento pecore ha una produzione media di 140 litri a capo e un costo stimato a litro intorno ai 72 centesimi, sempre secondo le tabelle della Coldiretti. Il prezzo base - 75 centesimi - adesso previsto nell’accordo col gruppo lattiero-caseario laziale è uno scatto netto in avanti. Comunque, garantirà un margine di guadagno, intorno ai tre centesimi, minimo ma almeno c’è. Bisognerà vedere quale sarò l’effetto dell’accordo «Brunelli» sul mercato sardo. Senza dimenticare che le associazioni (Coldiretti, Cia, Copagri e Confagricoltura) hanno in piedi la trattativa con la Sfirs per costituire un consorzio di secondo livello incaricato di organizzare le aste indipendenti.

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Ventimila firme per il marchio unico
23.12.2011
CAGLIARI. Quindici scatole, ventimila firme raccolte, un contorno di dame e cavalieri che indossano i costumi tradizionali della domenica, in sottofondo fisarmoniche e launeddas. La presentazione della proposta di legge «Compra sardo, per conservare e valorizzare i prodotti dell’isola» è stata una festa, sotto i portici del consiglio regionale. Una festa popolare. «La Sardegna - ha detto Modesto Fenu del comitato promotore Identità e Futuro - ha risposto con passione al nostro appello lanciato un anno fa. Ora spetta alla politica fare la sua parte». Sarebbe una svolta se la filiera agroalimentare avesse finalmente un marchio unico, identitario e di qualità. Vorrebbe dire sbarrare la strada, una volta per tutte, alle contaminazioni, ai tentativi sempre più selvaggi di plagio. «È dal marchio - ha detto Marco Scalas, presidente regionale della Coldiretti - che le produzioni agricole isolane devono ripartire. Lo slogan Compra sardo è indirizzato prima di tutto al mercato locale. Dobbiamo recuperarlo se è vero, come dicono le statistiche, che da Olbia a Cagliari solo il 35 per cento dei consumatori grattugia il pecorino romano sui malloreddus. Preferiamo il Reggiano, lo straniero, e questa è una colonizzazione che dobbiamo sconfiggere. Non solo con questa legge ma anche con una capillare educazione alimentare in difesa della nostra biodiversità». Oltre all’offesa del parmigiano, c’è dell’altro che grida vendetta: i sardi spendono 18 milioni l’anno per acquistare pane forestiero e pre-cotto, oppure sette bistecche su dieci che acquistano sono d’importazione e lo stesso accade con frutta e ortaggi sempre più spagnoli, francesi e sudamericani. «È il fenomeno della tavola globalizzata - ha denunciato Luca Saba, direttore regionale della Coldiretti - e dobbiamo opporci non con misure protezionistiche, finirebbero sotto il tallone dell’Unione Europea, ma attraverso la consapevolezza che spetta a noi essere i primi difensori della nostra agricoltura». Un esempio natalizio non guasta: basterebbe che ciascun sardo consumasse il 25 dicembre un prodotto indigeno, per produrre 10 milioni di fatturato che rimarrebbero nell’isola. La raccolta delle ventimila firme - consegnate ieri al presidente del consiglio regionale Claudia Lombardo - è un segnale che «nelle nostre tradizioni - ha continuato Fenu - non vogliamo essere conquistati e crediamo ancora nel valore aggiunto delle produzioni locali certificate». Certificate proprio dal marchio «Compro sardo», che «permetterà una tracciabilità immediata e trasparente di ogni prodotto». Senza scatenare la suscettibilità dell’Unione Europea, come ha detto il presidente della Regione Ugo Cappellacci, in prima fila sotto il gazebo del comitato insieme all’assessore all’Agricoltura, Oscar Cherchi: «Ma adesso sulla spinta forte di questa iniziativa popolare abbiamo un grimaldello in più per difendere la filiera agroalimentare». La speranza è che, all’indomani della festa e delle launeddas, gli scatoloni e le ventimila firme non finiscano dimenticati in uno stanzino del consiglio regionale. Sarebbe una figuraccia.

Moody's lascia rating AAA ad Austria, outlook stabile
L'agenzia Moody's ha lasciato all'Austria il suo rating Tripla A con outlook stabile, ma ha detto che la crisi del debito della zona euro si profila ancora come un pericolo potenziale. "Il rating AAA dell'Austria può portare al momento un outlook stabile, ma diventa sempre più dipendente dalla risoluzione della crisi nella zona euro in generale, che ha cominciato a influenzare negativamente anche i paesi core come l'Austria" si legge in uncomunicato.
"Tanto più i mercati monetari e obbligazionari rimangono volatili, tanto più le pressioni potranno estendersi sugli altri paesi della zona euro, quelli di Tripla A compresi". Anche Standard & Poor ha avvertito che la crisi deldebito sovrano potrebbe portare a un declassamento del rating di 15 membri della zona euro, compresa l'Austria. Nel suo rapporto reso noto oggi, Moody's ha inoltre detto che un deterioramento sostanziale e prolungato della capacità dell'Austria di gestire il proprio debito peserebbe sul rating.

Slovacchia: Moody's conferma rating a A1, outlook stabile
Moody's ha confermato il rating A1 con outlook stabile della Slovacchia, ma ha notato un deterioramento "significativo" della situazione del debito del Paese negli ultimi due anni. Qualsiasi problema fiscale "che portasse a un deterioramento della credibilità delle politiche in materia e delle dinamiche del debito sarebbero visto in maniera negativa" e potrebbe portare a un declassamento.
Moody's ha aggiunto che la capacità di credito del Paese è migliorata grazie alle "riforme attuate come parte del processo di accesso all'Unione europea". Tuttavia, "negli ultimi anni, la Slovacchia ha perso lo slancio" nei cambiamenti, ha precisato l'agenzia. Infine, "i rischi al modello di crescita economica del Paese, guidato dagli investimenti e dalle esportazioni, sono aumentati nel clima attuale", ha concluso Moody's.

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