lunedì 26 dicembre 2011

Federali_sera_26.12.11. Regalino di fine anno, in stile sabaudo: armiamoci e partite, per la guerra. E schiattate

Imu, affare per lo Stato ma il Comune di Foggia incasserà di meno
Oltre mille sfratti all’anno a Bari è emergenza-casa
Caserta. La Tesoreria non paga, Del Gaudio si arrabbia ma è Natale senza stipendi
Pensioni: Inps, effetto finestre, assegni 11 mesi -29,5%
Lavoro, sei imprese su dieci assumono in base alle conoscenze e non al curriculum



Imu, affare per lo Stato ma il Comune di Foggia incasserà di meno
di Filippo Santigliano
FOGGIA - Ad incassare sono i Comuni, ma l’Imu è un affare soprattutto per lo Stato e l’erario centrale. Ai sindaci le maledizioni dei cittadini per le ulteriori vessazioni fiscali, allo Stato la «polpa» dell’ultima nata, l’Imposta municipale sugli immobili, che soppianterà l’Ici.
Le aliquote per la prima casa vanno da un minimo del 2 per mille ad un massimo del 6 per mille con detrazioni fisse di 200 euro che possono essere aumentare di 50 euro per ogni figlio convivente (fino a 26 anni) ma senza superare la soglia dei 600 euro. Per le case in fitto si va da un minimo del 4,6 per mille ad un massimo del 10,6 per mille. La vera questione è tuttavia un’altra. I Comuni dovranno decidere come fare per recuperare le somme che oggi certamente perderanno con l’introduzione dell’Imu, visto che lo Stato, a prescindere, prenderà il 50% delle risorse.
Ora al Comune di Foggia bisogna solo decidere se ritoccare o meno le aliquote per incassare quello che verrà «sottratto» dallo Stato, anche se il tutto è legato alla contesa tra l’Anci e lo stesso Governo a proposito appunto della destinazione dei fondi per l’Imu. L’associazione dei Comuni d’Italia chiede infatti al Governo di garantire l’intero gettito dell’Imu alle municipalità.
«Sarà una valutazione che andrà fatta nelle sedi competenti. Tutti i Comuni sono fortemente in dissenso con questo meccanismo perverso con lo Stato che incassa aliquote importanti dell’Imu ma che rende invece i Comuni gli enti vessatori nei confronti dei cittadini», afferma il sindaco Gianni Mongelli che ha peraltro la delega al bilancio e ai tributi.
«C’è una preoccupazione che riguarda tutti i sindaci perché con l’Imu i terriutori sono completamente penalizzati. Anche il ritocco delle aliquote mi sembra qualcosa fuori luogo, per il semplice motivo che a mio avviso c’è una soglia di sopportabilità da parte del cittadino. E poi non dobbiamo dimenticare che questa imposta arriva in un momento particolare per Foggia che, nel 2012, dovrà da un lato affrontare i tagli decisi dalla manovra finanziaria del Governo Berlusconi e che ammontano a non meno di 23 milioni di euro, e dall’altra deve fare i conti anche con il piano di rientro dalla debitoria municipale come richiestoci dalla Corte dei conti. Che dire, diventa sempre più difficile portare la fascia tricolore», ammette Mongelli.
A Foggia, secondo le previsioni dell’ufficio tributi (si tratta per il momento solo di stime) una prima casa con rendita di 750 euro verrebbe a costare al contribuente, 300 euro invece delle 400 previste dalla vecchia Ici. Alle quali andranno tolte ulteriori 50 euro per ogni figlio. Fino, potrebbe accadere, ad azzerarla l’intera Imu.
La tassazione, invece, volerebbe esattamente al doppio (950 euro invece di 550) se trattasi di seconda casa. E volano anche gli altri fabbricati: 800 invece di 500 gli uffici, quasi mille euro invece di 500 negozi ed esercizi di categoria C1, 3600 euro invece di 2700 quelli di categoria D. Con l’opzione, non va dimenticato, del ritocco da parte dei Comuni, a seconda delle esigenze di cassa.
Messa così potrebbe apparire una stangata per il contribuente ed una boccata d’ossigeno per gli enti locali. In realtà, come detto, a beneficiarne non sono i Comuni. L’Imu porterà in cassa molto meno dell’Ici. L’incasso, infatti, andrà diviso esattamente a metà con lo Stato, fatto salvo quello riveniente dalle prime case.
Secondo le prime stime, su ogni contribuente il comune andrà a perdere da un minimo di 25 ad un massimo di 960 euro. Nel 2010 Palazzo di Città sono entrati 30 milioni di euro: 11 di trasferimenti ministeriali dopo l’abolizione dell’imposta sulla prima casa, 19 dagli altri fabbricati. Con la nuova Imu si andrebbero a perdere dai 4 ai 5 milioni di euro. Nei fatti, insomma, gli enti sarebbero obbligati a quei famosi ritocchi al rialzo. E ciò che esce dalla porta, per il contribuente, rientrerebbe dalla finestra. Mentre un prezzo altissimo lo pagherebbe la qualità dei servizi comunali. Bisognerà far leva sull’accertamento fiscale, è evidente. Ma nei fatti, l’Imu resta tassa per lo Stato.

Oltre mille sfratti all’anno a Bari è emergenza-casa
di Manlio Triggiani
BARI - Sono 1.236 i provvedimenti di sfratto emessi nel 2010 a Bari: 215 per finita locazione e ben 1.020 per morosità. Gli sfratti di fatto eseguiti sono stati 368. E questi dati del Ministero dell’Interno non sarebbero completi. Soprattutto se si pensa che una proiezione sul 2011 mostra un sensibile aumento.
La morosità indica «una situazione di crisi che sta coinvolgendo le classi medie perché la gente perde il posto di lavoro, è in cassa integrazione, non ha più quanto basta per pagare il fitto», spiega Nicola Zambetti, segretario provinciale del Sunia (Sindacato unitario nazionale inquilini e assegnatari) che ha incontrato ieri mattina alcuni sfrattati e il segretario generale regionale della Cgil, Pino Gesmundo.
I dati ufficiali, rilevati in uno studio della Scuola superiore dell’Amministrazione del Ministero dell’Interno, sono eloquenti sulla situazione a Bari: negli ultimi 10 anni il dato degli sfratti si è dilatato passando da 492 nel 2001 a 1.236 nel 2010. Anche le proroghe, secondo Zambetti, «non sono una soluzione: non si possono far vivere le famiglie nella precarietà. E l’Amministrazione comunale ha di fatto accumulato ritardi nel mettere a disposizione gli appartamenti. Si aggiunga - ha detto Zambetti - che c’è gente che nella graduatoria raggiunge il diritto alla consegna della casa ma siccome è previsto un parametro congruo fra metri quadri e numero di persone del nucleo familiare, va a finire che se il nucleo è formato solo di due persone, non ricevono la casa».
Insomma, l’amministrazione comunale dovrebbe accelerare i tempi per la costruzione degli appartamenti, «visto che nel Piano casa sono previsti 2mila alloggi in totale e che dalla Regione il Comune ha ottenuto finanziamenti e bandi per giovani coppie. I lavori non sono stati ancora appaltati per i 101 alloggi di Palese, a Ceglie e in via Buozzi. Inoltre, verificare che gli alloggi siano dati agli assegnatari e non a chi alza maggiormente la voce - ha detto Zambetti - superando chi è in graduatoria da anni».
Gesmundo ha chiesto che «il Comune apra un tavolo tenendo conto delle esigenze dei cittadini. Pretendiamo che l’osservatorio del Comune si costituisca per evitare guerre fra poveri».
L’assessore comunale al Patrimonio, Gennaro Palmiotti, ha replicato: «Abbiamo costituito un comitato e ci stiamo muovendo. Pochi gli alloggi, sequestrati alla mafia, e forse utilizzeremo nostre case fuori città. Stiamo valutando anche di prendere in fitto appartamenti in attesa dei 101 appartamenti che avremo entro 2 anni in via Buozzi, a Ceglie e a Palese».

Caserta. La Tesoreria non paga, Del Gaudio si arrabbia ma è Natale senza stipendi
Dipendenti comunali e Caserta Ambiente senza soldi e senza tredicesime: scatta il blocco del servizio
 CASERTA — Due fax sono partiti da Palazzo Castropignano all'indirizzo della banca responsabile del servizio di tesoreria. La prima, un'ordinanza del sindaco contingibile ed urgente perché il mancato pagamento di Caserta Ambiente costituisce, con il conseguente blocco del servizio da parte dei lavoratori, motivo di ordine pubblico. La seconda, invece, una comunicazione del dirigente Giammaria Piscitelli per ricordare lo stato di cose e sollecitare i pagamenti. Sarà un Natale senza stipendi e senza tredicesime sia per i dipendenti di Palazzo Castropignano sia per i lavoratori di Caserta Ambiente. Eppure in cassa ci sono oltre 3 milioni di euro, e i mandati di pagamento risalgono a più di dieci giorni fa. «Un tempo sufficiente per consentire alla banca di svolgere tutti i passaggi necessari e far fare un sereno Natale ai lavoratori e alle loro famiglie» aveva detto l'assessore alle Finanze Nello Spirito. E, invece, nel giorno dell'antivigilia di Natale la banca non aveva ancora provveduto ad effettuare i pagamenti. Inutili, raccontano dagli uffici comunali, tutti i tentativi di mettersi in contatto con i vertici bancari. «Non abbiamo una motivazione ufficiale», ha ammesso Nello Spirito. Dall'opposizione, il consigliere Pd Enrico Tresca parla di «rapporti confusi con la banca», si dice «preoccupato per come sembra si voglia gestire questo dissesto» e contesta al governo cittadino di non aver avviato «alcun ragionamento complessivo: piuttosto che rimanere isolati in uno splendido automatismo - dice -, bisognerebbe finalmente fare un ragionamento sulla città, con la città». Un concetto, quest'ultimo, ripreso anche dal segretario cittadino del Pd, Mauro Desiderio che in una nota contesta gli incontri di Del Gaudio con gli studenti «considerandoli novelli figli della lupa», invita il sindaco a parlare «più con il Consiglio Comunale e la città di cosa vuole fare, specie nel campo delle tassazioni, dei servizi e dell'espansione edilizia, non coinvolgendo i Commissari governativi in scelte già prese fuori dal Palazzo»; e paventa, infine, dietro «la fretta del dissesto», la fredda determinazione «di accelerare i processi dell'housing sociale e dell'edificazione, motivandola con la costrizione da parte dei commissari di far cassa e privando la città di una serena e trasparente discussione sulla sua espansione futura».
Antonella Palermo

Pensioni: Inps, effetto finestre, assegni 11 mesi -29,5%
I dati dell'Inps sui primi 11 mesi. Sono 224.856 tra vecchiaia e anzianita', -94.000 rispetto al 2010
26 dicembre, 13:10
ROMA - Crollo delle nuove pensioni liquidate nel 2011: nei primi 11 mesi dell'anno - secondo gli ultimi dati dell'Inps che l'ANSA e' in grado di anticipare - le pensioni di vecchiaia e anzianita' liquidate sono state 224.856, oltre 94.000 in meno rispetto allo stesso periodo 2010. Il dato e' stato possibile soprattutto grazie all'effetto finestre.
Il calo piu' consistente si e' registrato per le nuove pensioni di vecchiaia (eta' anagrafica di 65 anni per gli uomini e di 60 le donne secondo le regole vigenti fino al 2011, anni pero' che sono diventati 66 e 61 con l'introduzione della finestra mobile). Nei primi 11 mesi del 2011 sono state liquidate appena 94.216 nuove pensioni di vecchiaia, con un calo del 39,4%. Per le anzianita' si e' registrato invece un calo del 20,1%, con gli assegni liquidati nei primi 11 mesi passati dai 163.507 del 2010 ai 130.640 del 2011. Sulla diminuzione hanno inciso soprattutto le nuove regole scattate nel 2011 sulla finestra mobile (12 mesi di attesa una volta raggiunti i requisiti per la pensione, 18 mesi per gli autonomi) e sull'inasprimento dei requisiti per l'accesso alla pensione di anzianita' (almeno 60 anni di eta' con quota 96 tra eta' e contributi, a fronte dei 59 e quota 95 del 2010, mentre sono rimasti stabili i 40 anni di contributi a qualsiasi eta').
Nel 2011 quindi sono riusciti a uscire solo coloro che avevano gia' raggiunto i requisiti nel 2010, perche' per chi li ha raggiunti quest'anno e' scattata la finestra mobile che ha rinviato tutti al 2012. L'andamento e' leggibile con chiarezza nei diagrammi dell'Inps, con il blocco quasi totale per le pensioni di vecchiaia dei lavoratori dipendenti da maggio 2011 (su 46.778 pensioni di vecchiaia ai lavoratori dipendenti oltre 39.000 sono state erogate tra gennaio e aprile grazie alle uscite con le vecchie finestre). Per i dipendenti il crollo delle pensioni di vecchiaia rispetto alle 90.108 accertate nei primi 11 mesi del 2010 e' stato del 48%. Dal prossimo anno scatteranno le regole previste dalla manovra correttiva (addio alle quote per l'anzianita', aumento per l'eta' di vecchiaia delle donne, cancellazione della finestra mobile ecc.) ma usciranno ancora con le vecchie regole coloro che hanno maturato i requisiti nel 2011 e sono stati bloccati dalla finestra mobile. Quindi il lavoratore dipendente che ha maturato i requisiti per la pensione a giugno 2011 uscira' a giugno 2012, ancora con la finestra mobile. Il calo complessivo delle pensioni ha riguardato sia i lavoratori dipendenti (da 191.666 a 134.243, con un -29,6%) sia gli autonomi (da 27.501 a 20.137 per i coltivatori diretti, da 53.416 a 38.107 per gli artigiani, da 46.362 a 32.369 per i commercianti).
Se si guarda solo alle pensioni di anzianita', il calo e' stato piu' consistente per gli autonomi che per i dipendenti. Nei primi 11 mesi del 2011, infatti, le nuove pensioni di anzianita' liquidate dal fondo lavoratori dipendenti sono state 87.465, appena il 13,8% in meno rispetto alle 101.558 dei primi 11 mesi del 2010. Per i trattamenti di anzianita' dei dipendenti si e' registrato un aumento di 21.135 assegni rispetto ai 66.330 previsti dall'Inps, unico caso per il quale gli assegni liquidati sono stati superiori a quelli previsti dall'Istituto (nel complesso tra vecchiaia e anzianita' sono stati nei primi 11 mesi del 2011 14.364 in meno rispetto alle attese).
MASTRAPASQUA, TRANSIZIONE ANCORA TROPPO LENTA - Le riforme della previdenza messe in campo prima del decreto salva-Italia "hanno funzionato, ma abbiamo verificato che prima la transizione era troppo lenta". Lo ha detto il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua commentando in un colloquio con l'Ansa il crollo delle pensioni liquidate nei primi 11 mesi del 2011. Mastrapasqua ha sottolineato che nei primi 11 mesi del 2011 l'età media di uscita dal lavoro è stata di 60,2 anni, in calo rispetto ai 60,4 del 2010 e ai 61,1 del 2009.
Il dato è dovuto al crollo delle pensioni di vecchiaia (-39,4%), liquidate ad un'età più alta di quelle di anzianità (62,7 anni di età rispetto ai 58,7 di quelle di anzianità). "Abbiamo verificato - ha detto Mastrapasqua - che la transizioni era troppo lenta e l'età media si allungava troppo poco rispetto alla crescita dell'aspettativa di vita. Abbiamo messo in sicurezza il sistema". Nel 2011, ha sottolineato il presidente Inps, l'uscita media dell'età per anzianità è stata di 58,5 anni per i dipendenti e 59 per gli autonomi (media 58,7). Per le pensioni di vecchiaia l'età di uscita media è stata di 62,3 anni per i dipendenti e di 63,1 per gli autonomi (media 62,7), dati che tengono conto del fatto che fino al 2011 le donne andavano in pensione di vecchiaia a 60 anni (uomini a 65). "Negli altri Paesi europei - ha detto il presidente Inps - si esce dal lavoro più tardi e con tassi di sostituzione molto più bassi. A fronte del nostro 80% rispetto all'ultimo stipendio, in Germania chi va in pensione prende in media il 58,4% dell'ultima retribuzione. Ora il sistema è stato messo in sicurezza". Nel 2011 il bilancio finanziario di competenza dell'Inps chiuderà, secondo Mastrapasqua, in sostanziale pareggio, mentre le cose potrebbero andare meglio nel 2012 grazie alle novità del decreto salva-Italia sulle aliquote contributive degli autonomi, sul blocco delle indicizzazioni delle pensioni superiori a tre volte il minimo e sui contributi di solidarietà. Quanto all'età di uscita, nel 2012 usciranno coloro che hanno raggiunto i requisiti per la pensione nel 2011 e stanno attendendo i 12 mesi previsti dalla finestra mobile (18 per gli autonomi). "Oggi più che mai - ha concluso Mastrapasqua - è importante l'educazione previdenziale, perché una riforma così importante va spiegata a tutti, e su questo siamo impegnati".
INPS, IN 11 MESI 130.640 ANZIANITA',2/3 CON 40 ANNI - Nei primi 11 mesi del 2011 le nuove pensioni di anzianità sono state 130.640, in calo del 20,1% sullo stesso periodo del 2010. E' quanto emerge da dati Inps che l'ANSA è in grado di anticipare, secondo i quali quasi i due terzi dei nuovi trattamenti di anzianità (84.205) sono stati liquidati grazie ad almeno 40 anni di contributi versati (quindi indipendentemente dall'età anagrafica). Sono invece usciti nel 2011 grazie alle quote (età più contributi) 46.435 lavoratori, poco più del 35% del totale.
E' crollato rispetto al 2010 il numero di coloro che sono usciti dal lavoro grazie alle "quote" per la pensione di anzianità. Nei primi 11 mesi del 2011 infatti sono usciti grazie alla somma di età e contributi 46.435 lavoratori dipendenti, a fronte dei 70.618 usciti nel complesso grazie alle quote nell'intero 2010 (-34,2%). Il numero di coloro che sono usciti con almeno 40 anni di contributi versati è diminuito da 95.397 a 84.205 (-11,7%). Hanno tenuto soprattutto le uscite con almeno 40 anni di contributi dei lavoratori dipendenti, passate da 57.574 dell'intero 2010 a 51.885 dei primi 11 mesi 2011 (-9,8%).

Lavoro, sei imprese su dieci assumono in base alle conoscenze e non al curriculum
Indagine sul 2010 di Unioncamere e ministero del Lavoro
Più spazio al merito nelle imprese di grandi dimensioni
MILANO - Anche i dati arrivano a confermare la disillusione di molti giovani italiani in cerca di lavoro. Le imprese per assumere preferiscono affidarsi a conoscenze personali piuttosto che a curriculum, società di lavoro interinale o centri per l'impiego. È quanto emerge dall'ultima indagine Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, che rileva come nel 2010 oltre sei imprese su dieci per la selezione del personale abbiano fatto ricorso al cosiddetto canale informale, «conoscenza diretta in primo luogo e segnalazioni personali», attraverso conoscenti o fornitori. Soprattutto, fa notare l'indagine Excelsior, rispetto all'anno precedente l'utilizzo del canale informale ha registrato un forte aumento, passando al 61,1% dal 49,7% del 2009.
Il rapporto tenta anche di spiegare - con la motivazione meno negativa possibile - questa prassi: «Il clima economico ancora incerto - si legge - spinge evidentemente le imprese alla massima cautela nella selezione di nuovi candidati. La conoscenza diretta, magari avvenuta nell'ambito di un precedente periodo di lavoro o di stage, e il rapporto di fiducia da essa scaturito diventano quindi premianti ai fini dell'assunzione».

ALTRI METODI - Nel 2010 è anche cresciuto il ricorso da parte delle imprese a strumenti interni, ovvero alle banche dati costruite dalle stesse aziende sulla base dei curriculum raccolti nel tempo (al 24,6% dal 21,5%), ma la quota resta limitata a poco più di due imprese su dieci. Perdono invece terreno le modalità di reclutamento «tradizionali» (annunci su quotidiani e riviste specializzate), preferite solo nel 2,3% dei casi. Sono pochissime e in diminuzione anche le aziende che utilizzano intermediatori istituzionali, come società di lavoro interinale, di selezione (5,7%) e quelle che si affidano a operatori istituzionali, ovvero ai centri per l'impiego (2,9%).

PIU' CHANCE NELLE GRANDI IMPRESE- Più speranza nelle imprese di più grandi dimensioni. Secondo lo studio, quando superano i 50 dipendenti le aziende iniziano a fare più affidamento sulle loro banche dati interne, a basarsi sulla «carta», ovvero sui curriculum. Ecco che, quindi, al crescere della dimensione d'impresa il rapporto diretto del candidato con il datore di lavoro o tramite conoscenti perde importanza. Basti pensare che nelle realtà con più di 500 dipendenti il ricorso al canale informale scende al 10,2%, mentre l'utilizzo di strumenti interni sale al 48,9%.

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