venerdì 13 gennaio 2012

Federali_sera_13.1.12. Francesco Forte: Così le banche possono comperare i titoli pubblici che durano tre anni o meno, senza rischio, guadagnando la differenza fra l’ 1% e il tasso di questi. Questo tipo di operazione, che negli anni passati si faceva sui prestiti della Boj, la banca centrale giapponese, che per combattere la recessione dava prestiti ultra annuali allo 0,5%, è denominata «carry trade», cioè è un commercio di puro riporto. Il successo di questa asta di Bot ha tonificato la Borsa ed è per noi una buona notizia, dopo tanti timori. Il merito spetta alla Banca centrale europea, cioè a Draghi.---Marco Bonet: Tant’è, che la si guardi da un lato, oppure dall’altro, certo l’apertura del governatore Luca Zaia ai nuovi veneti, stranieri nati qui oppure arrivati in Veneto da tempo immemore, fa discutere. Anche loro, secondo il presidente, dovrebbero sentirsi parte di quella élite che grazie al particolare legame con il territorio godrà d’ora in poi di un occhio di riguardo nelle future scelte della Regione.

L'UNIONE SARDA - Economia: Artigiani, fondi per gli investimenti
Veneto, padania. Lo statuto e gli immigrati «Veneto chi paga le tasse»
Giù i tassi sui Bot ma il merito è di Draghi
Se anche la Slovenia scherza con il fuoco
Classi solo per rom, scontro in Slovacchia
TICINO. Ministro italiano: "Il caldo ha offuscato il cervello di Norman Gobbi"



L'UNIONE SARDA - Economia: Artigiani, fondi per gli investimenti
13.01.2012                                                                                      
Prorogati i bandi della legge “51” per l'erogazione dei 100 milioni di finanziamenti
Una boccata d'ossigeno per le imprese artigiane della Sardegna. La legge di incentivazione (la 51 del 1993) che mira a sostenere le aziende del settore, le aiuta a migliorare l'efficienza e la competitività e incentiva l'innovazione di prodotti e processi, è stata infatti prorogata. Il rinvio risponde ai ritardi accumulati dagli imprenditori. Molti sono infatti gli artigiani che hanno realizzato solo in parte il programma per cui era stato concesso il contributo. E altrettanti sono stati gli imprenditori che hanno presentato in ritardo sia il piano che il suo “rendiconto” (ovvero l'aggiornamento in base al quale vengono concessi gli aiuti). Per permettere quindi ai destinatari del contributo di completare l'iter avviato, l'assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio ha chiesto e ottenuto nuove scadenze. In particolare per i bandi del 2006 e del 2007 il nuovo termine è il 31 dicembre 2012, per quello 2008 è il 30 giugno 2013 mentre quello del 2009 scadrà il 30 giugno 2014. I NUMERI Grazie allo strumento, che presto sarà riformulato, sono state finanziate 1.221 pratiche a sportello con una dotazione di 16.630.313 euro e 1.319 a bando con 83.289.911 di euro: un totale di 2.540 pratiche (per quasi 100 milioni di euro) dal 2006 ad oggi, con 4 bandi emanati. Gli imprenditori hanno ricevuto i fondi in conto capitale ma in 1.549 hanno richiesto e ricevuto anche un contributo in conto interessi (per un totale di 7,5 milioni di euro). Non tutti i fondi sono stati però erogati. «Molte sono state le aziende che a causa della crisi hanno rallentato gli investimenti, se non addirittura in diversi casi hanno rinunciato al contributo», fanno sapere dall'assessorato. Da qui la decisione della proroga. RIFORMA «Il rinvio dei termini era indispensabile ma la legge va riscritta e ci stiamo lavorando», ha confermato l'assessore al Turismo, Artigianato e Commercio, Luigi Crisponi. «Dobbiamo avere uno strumento che risponda alle esigenze attuali, diverse da quelle di pochi mesi fa». E da cambiare c'è tanto. «È una norma complessa che vogliamo rendere più agevole ed efficiente, rapida e che consenta di stilare e pubblicare le graduatorie in tempi brevi». Per Crisponi, insomma, deve rispondere a quella che è l'esigenza degli artigiani, ovvero sostegno e affiancamento. «Dobbiamo rivedere tutta la disciplina sull'artigianato».

Veneto, padania. Lo statuto e gli immigrati «Veneto chi paga le tasse»
Ruffato (Pdl) plaude a Zaia: apertura positiva. Gli stranieri: «Affezionati a questa terra, precedenza anche a noi»
VENEZIA — C’è chi pensa che il ravvedimento, se così lo si vuol chiamare, sia sincero. Chi dice che invece è soltanto strategia, che si tratta di evitare che lo statuto finisca impallinato dal governo. Chi teme sia stato un lapsus, magari nell’entusiasmo del momento, e chi invece si dice convinto che anche nella Lega, qualcosa sta cambiando. Tant’è, che la si guardi da un lato, oppure dall’altro, certo l’apertura del governatore Luca Zaia ai «nuovi veneti», stranieri nati qui oppure arrivati in Veneto da tempo immemore, fa discutere. Anche loro, secondo il presidente, dovrebbero sentirsi parte di quella élite che grazie al «particolare legame con il territorio» godrà d’ora in poi di un occhio di riguardo nelle future scelte della Regione. «Sono felice che anche Zaia sia approdato a queste posizioni - commenta il presidente del consiglio Valdo Ruffato - abbandonando certi slogan fin troppo facili. Veneto è chi vive qui, lavora qui, vuol crescere i suoi figli qui. E soprattutto paga le tasse qui, abitudine che purtroppo talvolta non si riscontra in certi conterranei dall’albero genealogico saldamente radicato dalle Dolomiti alla laguna». Per Ruffato si deve fare attenzione a non scivolare in contraddizione: «Non si può accusare la Ditec di voler lasciare il Veneto per la Cina dopo aver spolpato il territorio ed allo stesso tempo pretendere di spolpare lo straniero, chiamato qui perché c’era bisogno di lui, purché smetta di esistere all’uscita dalla fabbrica. E Zaia questo lo sa bene».
 Si dice stupito dallo stupore padre Mauro Lazzarato, direttore dell’Ufficio migrantes della diocesi di Vicenza, «perché la stranezza non sta nell’apertura di Zaia maera semmai nella chiusura che inizialmente si leggeva all’articolo 5 dello statuto, dove in controluce traspariva l’idea di una "cittadinanza limitata". Ora si riconosce un dato di fatto, e cioé che italiane o non italiane, qui vivono e lavorano migliaia di persone che contribuiscono al benessere della comunità e come tali ha il diritto di sentirsi "venete". Assistiamo, insomma, al formarsi progressivo di un’identità "veneto-marocchina", "veneto- albanese", "veneto-brasiliana". Un po’ come accade negli Stati Uniti - chiude Lazzarato - dove si è prima di tutto americani, maciascuno con la propria declinazione ». D’accordo Abdallah Khezraji, vice presidente della consulta regionale per l’immigrazione: «Per carità, quello di Zaia è un bel riconoscimento e ce lo godiamo volentieri, perché anche il solo fatto che ci sia stato rivolto un pensiero in unmomento importante comel’approvazione del nuovo statuto, è cosa che fa riflettere. Il punto è che si dovrebbe superare questa storia del tu sei veneto, io no, lui sì, tu da quanti anni? e via di questo passo. Veneto è chi vuol bene al Veneto, una formula che va letta con la giusta elasticità. Già il solo pensare ad un articolo di legge che introduce una distinzione, è pensare una discriminazione».
Chissà. In ogni caso le parole di Zaia, che ha ribadito e precisato la sua postilla anche a margine del voto in aula, lontano dai microfoni, non fanno abbassare la guardia a Laura Puppato, che proprio durante il dibattito a Palazzo Ferro Fini aveva avvertito del rischio che quelle tre righe tre, nelle 25 pagine dello statuto, potessero finire per mettere a repentaglio tutto il testo, che ora dovrà passare al vaglio del governo: «Pur aggiustato, annacquato, decisamente depotenziato, quel passaggio resta comunque ambiguo ed equivoco. Mi pare evidente che con la lettura che ne ha dato ieri, Zaia punta a mettersi al riparo da possibili bacchettate da Roma e polemiche future». E insomma, non gli si può concedere neppure il beneficio di una sospetta buona fede al governatore, che ha azzardato un allungo così scivoloso per un leghista nostrano? «Mah, forse Zaia si accorto che ogni volta che asseconda, se non addirittura cavalca, le uscite più strampalate di Bossi e dell’ala oltranzista del partito, finisce per farsi male ed è costretto alla marcia indietro. Basta ricordare il caso dell’Unità d’Italia. E sarebbe meglio non governare sempre con i sondaggi come bussola».
Marco Bonet

Giù i tassi sui Bot ma il merito è di Draghi
di Francesco Forte
Le banche hanno usato i prestiti all’1% della Banca centrale per acquistare i bond, guadagnando sulla differenza. Rendimenti dei titoli annuali al 2,7%
Il successo dell’asta dei titoli di Stato a breve termine- tutti gli 8,5 miliardi di Bot a 12 mesi collocati al tasso del 2,735%, a quelli a 6 mesi collocati al tasso dell’ 1,64% - non dipende dal fatto che il governo Monti ispiri una particolare fiducia, a livello internazionale, ma dalla politica attuata dalla Bce, la Banca centrale europea che Monti e Passera dovrebbero ringraziare, anziché criticare, in contrasto con il comportamento adottato con Angela Merkel. Infatti la Bce offre alle banche prestiti triennali all’1%, in cambio di garanzie consistenti in titoli di ogni tipo, compresi i Bot.
Così le banche possono comperare i titoli pubblici che durano tre anni o meno, senza rischio, guadagnando la differenza fra l’ 1% e il tasso di questi. Questo tipo di operazione, che negli anni passati si faceva sui prestiti della Boj, la banca centrale giapponese, che per combattere la recessione dava prestiti ultra annuali allo 0,5%, è denominata «carry trade», cioè è un commercio di puro riporto. Il successo di questa asta di Bot ha tonificato la Borsa ed è per noi una buona notizia, dopo tanti timori. Il merito spetta alla Banca centrale europea, cioè a Draghi.
La prova è data dal fatto che l’asta di titoli spagnoli,che si è svolta ieri, ha avuto un risultato ancor più brillante su titoli triennali e quinquennali. Madrid ha collocato 9,9 miliardi di Bonos triennali e quinquennali rispettivamente al tasso del 3,38% e 3,7-3,9%. Il tasso per i titoli triennali spagnoli è più alto di quello per i nostri titoli annuali, perché essi hanno una scadenza meno breve su cui incide di più il tasso di inflazione.
Ma in termini reali, anziché monetari, questi titoli spagnoli hanno un tasso più basso dei nostri Bot annuali, dato che l’inflazione annua prevista è il 2% circa o l’1,5%mentre il differenziale di tasso fra i Bot e i Bonos è di 0,63 punti (i Bot al 2,75 e i Bonos al 3,38). I titoli spagnoli quadriennali beneficiano del carry trade per tre quarti della loro durata e quindi hanno un rendimento un po’ maggiore dei triennali. La Spagna s’avvantaggia di questa nuove politica della Bce più di noi sicché mentre lo spread fra i Bpt decennali italiani e i Bund tedeschi è di circa 480 punti, quello dei Bonos spagnoli è di 335. Il governo di centro-destra spagnolo di Rojoy che ha un deficit maggiore del nostro riscuote più fiducia di quello «lacrime e sangue » di Monti perché ha una sua base politica nell’elettorato ed è stabile.
Inoltre è chiaramente per l’economia di mercato mentre il governo Monti tassa i patrimoni e i risparmi grandi o piccini e pratica le demagogie fiscali per farsi gradire dal Pd, che a sua volta deve fare i conti con la Cgil. Ma,confronti a parte, c’è il fatto che lo spread sui nostri Bpt, dopo questa asta, è sceso a 480, un livello assai meno drammatico di quello di 500 o superiore, che comporta per il Tesoro un esborso molto elevato di interessi sul nuovo debito. La ragione della discesa dello spread, sui titoli decennali, che non beneficiano di carry trade, sta nel fatto che il costo alto che il Tesoro sopporta su di essi è attenuato, nella media, da quello basso sui titoli a breve.
Quando i debiti pubblici sono gravati da alti tassi, gli operatori e le agenzie di rating si preoccupano della solvibilità futura dello Stato emittente, dato che esso dovrà fare nuovi aumenti di imposte o tagli di spese per far quadrare il bilancio onde pagare il costo del caro-denaro. E ciò deprime l’economia e rende più difficile l’equilibrio economicofinanziario. L'Italia nel 2012 emetterà 400 miliardi di titoli di Stato. Oltre la metà sono annuali o biennali, sicché l'effetto del rincaro di quelli a lungo termine si diluisce. E, comunque, se una emissione di titoli decennali risultasse troppo onerosa e di difficile collocamento, lo Stato potrebbe emettere titoli triennali, che fruiscono del «riporto » delle banche.
Ma poiché l’Italia quest’anno è in recessione e di ciò quasi non siparla,l’ottimismo è fuori luogo. Al governo Berlusconi si rimproverava l’insufficienza della politica pro crescita. Ma adesso stiamo andando peggio, siamo in decrescita. Rischiamo di peggiorare ancora se dopo una politica che, nella forma, oltreché nella sostanza, ha spaventato consumatori, risparmiatori, possessori di immobili, vacanzieri, non si fa una politica di rilancio. E il governo non può limitarsi a dire che ha fatto (o meglio ha fatto fare agli italiani) i compiti a casa. Non siamo a scuola. Dobbiamo poter produrre, per poter pagare le tasse e quadrare bilanci privati e pubblici.

Se anche la Slovenia scherza con il fuoco
La Slovenia non sa decidere: il sistema politico è bloccato, travolto dalla crisi economica dell'Europa e incapace di uscire dall'incertezza. Da settembre, da quando il Parlamento ha bocciato la riforma delle pensioni e l'austerity del premier socialdemocratico Borut Pahor, Lubiana non ha un Governo stabile.
E non è servito quasi a nulla il voto anticipato di inizio dicembre: come dimostra la battaglia di queste ore tra il centro-sinistra di Zoran Jankovic, che ha vinto (seppur di misura) e i conservatori di Janez Jansa usciti sconfitti dalle urne. La Slovenia non è credibile, senza un Governo non può esserlo nei confronti dei mercati che chiedono stabilità e misure urgenti. E nemmeno a Bruxelles che rafforza la disciplina di bilancio ma lascia indietro Paesi da risanare.
Da mesi il Paese dell'ex Jugoslavia, il primo postcomunista a entrare nell'Eurozona, subisce i contraccolpi delle vicende dei big europei, a cominciare dalla vicina Italia. Ora rischia di seguire l'Ungheria, ormai incapace di rifinanziare il suo debito sui mercati e vicina al default. Anche la piccola Slovenia senza Governo, con i suoi pericolosi giochi politici, può trasformarsi in un nuovo bubbone della crisi continentale.
 13 gennaio 2012

Classi solo per rom, scontro in Slovacchia
Per la prima volta una sentenza impone di eliminare la separazione tra i banchi. La scuola si oppone
I contendenti: le autorità scolastiche e un tribunale. Il pomo della discordia: gli alunni rom di una scuola elementare in Slovacchia, quella del paesino di Sarisske Michalany. Sarà una questione che farà discutere ancora a lungo quella nata nel distretto di Presov, nel Nordest del Paese. Il caso è scoppiato con la decisione di una Corte distrettuale locale di sanzionare, per la prima volta nella storia slovacca, la pratica di un istituto scolastico di separare gli alunni di etnia rom da quelli slovacchi “puri”. Alla scuola sono iscritti 430 studenti, di cui più della metà rom. Delle 22 classi attive, ben 12 sono riservate ai soli zingari. Tutte collocate su un piano diverso da quelle degli altri ragazzi, per aumentarne ancor più la distanza e l’esclusione.
Secondo la sentenza, i dirigenti scolastici hanno 30 giorni per creare classi miste ma la scuola si oppone. «Stiamo preparando un appello contro la decisione della Corte», ha dichiarato la direttrice Maria Cvancigerova al quotidiano slovacco d’indirizzo liberale “Sme”. «Non discriminiamo nessuno, al contrario. Cerchiamo di aiutare i bambini rom» ha rincarato, giustificandosi col fatto che le classi “speciali” consentono di seguire meglio i rom, che spesso «non parlano slovacco, non rispettano le norme basilari d’igiene e non sono assistiti dai genitori, fattori che li condannerebbero a fallire se inseriti in classi miste», ha spiegato un’altra insegnante al giornale. La questione ora ritornerà nelle mani dei giudici – e il rappresentante del governo per la questione rom si è già schierato dalla loro parte – ma intanto i residenti “non-rom” del villaggio parteggiano compatti a favore della separazione. Minacciano di togliere i propri figli dall’istituto e di costringerli al pendolarismo pur di evitare le classi miste. Malgrado le promesse e gli sforzi delle autorità nazionali, la segregazione dei rom nel sistema educativo in Slovacchia è una consuetudine ancora molto diffusa. Secondo il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg, che ha pubblicato a fine dicembre un nuovo rapporto sulla Slovacchia, la segregazione prende forma attraverso «l’assegnazione sproporzionata di bambini rom a scuole speciali per bimbi con disabilità mentali o con l’inserimento degli alunni rom in classi o scuole solo per rom». Un’abitudine, come dimostra il caso di Sarisske Michalany, difficile da estirpare. (s.g.)

TICINO. Ministro italiano: "Il caldo ha offuscato il cervello di Norman Gobbi"
COMO/LUGANO - Accesa reazione quella che arriva dall'Italia di fronte alle parole di Norman Gobbi, che negli scorsi giorni è tornato ad esprimere la sua preoccupazione sul fenomeno della criminalità transfrontaliera. "Il fenomeno della criminalità transfrontaliera - ha detto Gobbi - ci preoccupa, ci fanno paura i dati sull’aumento dei reati in Lombardia. Si parla di una crescita del 33%. Ovviamente, le conseguenze sul nostro territorio sono evidenti".
 Parole che hanno suscitato indignazione da parte italiana.  L’assessore regionale lombardo alla Sicurezza, Romano La Russa (Pdl), intervistato da laRegioneTicino ha così commentato le parole di Gobbi: "Il sole e il clima caldo di questo anomalo gennaio, evidentemente, hanno offuscato il cervello del signor Norman Gobbi. Se ha prove e ritiene di avere notizie concrete, denunci il fatto alle autorità competenti". E poi continua: "Come mai il signor Gobbi non ha mai avuto da ridire quando a passare il confine sono stati i grandi e veri criminali che portano milioni e miliardi di euro in Svizzera? È bene ricordare che proprio la normativa bancaria vigente nel Paese incentiva l’afflusso di capitali di dubbia provenienza. Se si è diretti in banca con la borsa piena vi è il 'lasciapassare', altrimenti stop".
 Stesso parere da parte del questore di Como, Michelangelo Barbato, che sempre al gionale ha dichiarato: "La mia breve esperienza a Como (Barbato è in carica da poco più di due mesi, ndr) non offre alcun riscontro alle parole di Gobbi. I rapporti di collaborazione con la polizia elvetica sono ottimi, lavoriamo insieme su molti campi. Non so da dove vengano fuori certi numeri, allo stato attuale non esiste un frontalierato della criminalità. Non ci sono riscontri concreti di questa tesi, né da parte italiana né tantomeno da parte ticinese".

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