domenica 29 gennaio 2012

Federali_sera_29.1.12. Bari, Bepi Martellotta: Nero su bianco, il Dipartimento Sviluppo non solo modifica i target (anticipando alla scadenza del 31 maggio il 40% della spesa da certificare entro l’anno) fissati dal precedente ministro Raffaele Fitto (70% di spesa entro fine ottobre), ma si riserva di multare le Regioni inadempienti trattenendo per sè una quota del co-finanziamento nazionale che va dal 5 al 20%. Il punto è come dirottarla. Nel documento si ribadiscono le finalità del Piano di Azione Coesione concordato dal ministro Fitto con le Regioni del Sud ma, al secondo punto, si afferma che tali risorse trattenute possano andare anche ad interventi coerenti con quelle finalità nelle Regioni dell’obiettivo Competività (Nord).---Vendola: Ora, non c’è dubbio che occorra riportare al centro dell’attenzione una moderna etica della responsabilità, e però, appare opportuno ricordare a tutto il paese che in moltissimi casi i servizi di cui si parla sono servizi a diretta responsabilità statale e la responsabilità della loro cattiva qualità non è attribuibile al Mezzogiorno. I Governi, via via succedutisi, si sono spesso superati nella logica dei due pesi e nelle due misure. A cominciare dal taglio delle risorse ordinarie in favore del Sud.

Vendola su Trenitalia e trasporto pubblico locale: “Non daremo tregua”
Bari. Fondi Ue, spesa più veloce ma siamo ancora al 27,4%
Bozen, oltrepadania. L'Alto Adige piange Scalfaro: l'autonomia, la grazia ai terroristi e il lager di Bolzano
Bozen, oltrepadania. «Troppi cinesi non rispettano le regole»
Udin, oltrepadania. Anche Monti impugna il welfare del Fvg
Ticino. Corsi da frontaliere contro la crisi



Vendola su Trenitalia e trasporto pubblico locale: “Non daremo tregua”
Bari – UN intervento del Presidente della regione Puglia Nichi Vendola su Trenitalia, trasporto pubblico locale, qualità dei servizi e moderna etica della responsabilità. “Assistiamo da anni ad una gara insopportabile ad indicare il Sud come il luogo di tutti i mali. Sempre più spesso, ‘autorevoli’ commentatori esortano i cittadini meridionali a pretendere servizi pubblici dovuti alle comunità civili e moderne. Ciò nel presupposto che la scarsa qualità dei servizi esistenti sia esclusiva responsabilità degli amministratori del Sud. Ora, non c’è dubbio che occorra riportare al centro dell’attenzione una moderna etica della responsabilità, e però, appare opportuno ricordare a tutto il paese che in moltissimi casi i servizi di cui si parla sono servizi a diretta responsabilità statale e la responsabilità della loro cattiva qualità non è attribuibile al Mezzogiorno. I Governi, via via succedutisi, si sono spesso superati nella logica dei due pesi e nelle due misure. A cominciare dal taglio delle risorse ordinarie in favore del Sud.
In questa chiave la vicenda di Trenitalia è simbolica. Una società di proprietà pubblica gestisce il trasporto universale pretendendo di dividere il paese in due. Buoni e cattivi. Tempi moderni e Medioevo. Ma Trenitalia si occupa anche di trasporto pubblico regionale. Ed è il momento che essa risponda con interventi e impegni concreti al dovere di elevare il servizio ferroviario a livelli accettabili di qualità richiesti dai cittadini utenti ma anche dalla committente Regione. È quindi dovuto l’atto dell’assessore Minervini di contestare alla società amministrata da Moretti l’inammissibile ritardo nell’acquisto dei treni finanziati dal bilancio regionale. I cittadini pugliesi hanno il diritto di viaggiare come i cittadini del resto d’Italia. Avere le risorse a disposizione, ma spenderle altrove è un’inaccettabile violenza che Trenitalia fa alla Puglia. E’ un ulteriore segnale, semmai ce ne fosse stato bisogno, di quanta disattenzione la società abbia nei confronti del Mezzogiorno. Noi su questo intendiamo non transigere. Così come non transigeremo su orari, pulizia e decoro. Non daremo tregua a Trenitalia fin quando non ci saranno segnali chiari e coerenti con gli obiettivi di sviluppo dell’intero Mezzogiorno d’Italia”.
 Redazione Stato

Bari. Fondi Ue, spesa più veloce ma siamo ancora al 27,4%
di BEPI MARTELLOTTA
BARI - Due miliardi e 78milioni di spesa di fondi comunitari, dei quali 1 miliardo e 106 milioni solo nel 2011. È con queste cifre che la Regione Puglia si presenterà al tavolo col governo mercoledì prossimo, per il primo faccia a faccia tra il ministro Fabrizio Barca e il governatore Nichi Vendola dopo gli stracci volati in questi giorni sulle modifiche ai target di spesa dei fondi Ue.
L’andamento della spesa per Fesr, Fse e Feasr - i tre capitoli di spesa del Por pugliese - al 31 dicembre appare buona. Sebbene, va sottolineato, siamo ancora a meno del 30% della spesa complessiva del 2007-2013, donde la necessità di accelerare - in Puglia come in altre Regioni - sollevata dal governo. Al centro del confronto, in ogni caso, ci sarà il famigerato documento inviato dal Dps lo scorso 25 gennaio, documento tutto da interpretare. Nero su bianco, il Dipartimento Sviluppo non solo modifica i target (anticipando alla scadenza del 31 maggio il 40% della spesa da certificare entro l’anno) fissati dal precedente ministro Raffaele Fitto (70% di spesa entro fine ottobre), ma si riserva di multare le Regioni inadempienti trattenendo per sè una quota del co-finanziamento nazionale che va dal 5 al 20%. Il punto è come dirottarla. Nel documento si ribadiscono le finalità del Piano di Azione Coesione concordato dal ministro Fitto con le Regioni del Sud ma, al secondo punto, si afferma che tali risorse trattenute possano andare anche ad interventi coerenti con quelle finalità nelle Regioni dell’obiettivo Competività (Nord). Per Vendola si tratta di uno «scippo» preventivato ai danni del Sud; per i tecnici del ministro Barca, invece, è la normativa stessa che impedisce di dirottare le quote fuori dai territori cui sono destinate dal Piano. Insomma, dovrebbero rimanere al Sud e piuttosto - questi gli obiettivi del Piano - essere re-investite in nuovi progetti proprio per evitare che scatti il disimpegno da parte di Bruxelles. di Più, secondo Vendola l’anticipo dei target di spesa già nel 2012 rappresenterebbe il de profundis di tutti gli enti locali e le stazioni appaltanti con i quali gli impegni di spesa sono stati già raggiunti.
LA SPESA Nel complesso, nel 2011 l’avanzamento ha raggiunto il 27,4% del totale delle risorse disponibili, superando di 183milioni gli obiettivi previsti per l’anno e registrando un aumento medio del 121% rispetto al 2010. Il tutto, evidenzia la Regione, nonostante la crisi che ha investito imprese ed enti locali e i vincoli alla spesa particolarmente restrittivi imposti dal Patto di stabilità.
FESR La spesa nel 2011 ammonta a 1 miliardo e 189milioni: a fronte dei 462,5 milioni spesi nel 2010 segna un aumento del 157,2% solo nell’ultimo anno. Il fondo europeo di sviluppo regionale ha cumulato il 23% delle risorse dell’intero programma, superando di 140 milioni di euro il target di spesa previsto nel 2011 (doveva essere di 1 miliardo e 50 milioni). Anche la quota di spesa certificata ha superato di 68 milioni (+11%) il target prefissato, toccando quota 683 milioni e 335mila euro. A fare la parte del leone sono «sistemi produttivi e occupazione» (292 milioni), «risorse ambientali ed energetiche» (231,2 milioni) e «inclusione sociale e servizi per la qualità della vita» (190,8 milioni).
FSE È volato a +115,5% l’andamento di spesa del Fondo sociale: dai 121,4 milioni del 2010 si è passati ad una spesa nel 2011 di 261,6 milioni, pari al 20,4% dell’intero programma (1,2 miliardi). La spesa certificata è di 175,8 milioni (27,5%), superando di 17,9 milioni (11,3%) il target fissato per il 2011. L’incremento sill’anno precedente è stato superiore ai 140 milioni. «Risorse umane», con 205 milioni, e «occupabilità», con 45,3 milioni, gli assi principali di finanziamento.
FEASR Più contenuta l’impennata di spesa del Piano di sviluppo rurale (+65,9%), passato da 379 milioni nel 2010 agli oltre 627 milioni dello scorso anno, che rappresentano il 38,8% dell’intero programma. Anche in questo caso, il target annuale è stato superato di 25 milioni (4,2%), così come la quota Feasr è andata oltre di 14 milioni (4%) rispetto al target previsto. «Competività del settore agricolo e forestale» e «ambiente e spazio rurale», rispettivamente con 315,7 e 251 milioni, gli assi prioritari.
29 Gennaio 2012

Bozen, oltrepadania. L'Alto Adige piange Scalfaro: l'autonomia, la grazia ai terroristi e il lager di Bolzano
BOLZANO. Grande commozione in Alto Adige per la scomparsa del presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Molto amato dalla comunità italiana, rispettato da quella tedesca, Scalfaro nel corso del suo mandato (dal 1992 al 1999) si è occupato molto della questione altoatesina, alternando un mix di fermezza e lungimiranza. Se da un lalto ha sempre stoppato le derive "indipendentiste" (vedi la polemica sull'Euregio come ente contrapposto allo Stato italiano), dall'altro ha dimostrato anche comprensione, concedendo la grazia a 4 ex terroristi degli anni Sessanta. Molti ricordano la sua visita ufficiale in Alto Adige nel marzo del 1997. Scalfaro, davanti a Magnago, scandisce le parole: «Questo è territorio dello Stato italiano, ma l'autonomia e la tutela delle minoranze sono valori indissolubili della Repubblica«». Scalfaro sottolinea anche come la questione altoatesina sia ormai da ritenersi «chiusa». Nel 1998 Scalfaro concede la grazia a 4 terroristi sudtirolesi degli anni Seassanta: Peter Matern, Wolfgang Pfaunder, Enirco Klier e Gerhard Pfeffer, tutti condannati a pene dai 3 a 20 anni, ma non per fatti di sangue. Un atto di clemenza apprezzato dalla Svp, meno dalla comunità italiana. L'ultima visita di Scalfaro a Bolzano è del 2004, da presidente ormai "emerito" della Repubblica. Scalfaro viene ad inaugurare il "Percorso della memoria" al muro di via Resia, che segna la fine dell'oblio sul campo di concentramento. Una giornata memorabile, tagliò il nastro insieme a Mike Bongiorno, che nel lager c'era passato giovanissimo. «Qui - disse Scalfaro - hanno sofferto tutti: italiani e tedeschi. Italiani e tedeschi sono state vittime di due feroci dittature».29 gennaio 2012

Bozen, oltrepadania. «Troppi cinesi non rispettano le regole»
Dopo le false licenze, i commercianti chiedono chiarezza: «Molto nero e rischio clandestini»
Valeria Frangipane
BOLZANO. «Troppi cinesi non rispettano le regole a cui tutti noi siamo costretti. Aprire locali a ripetizione, con dei certificati falsi, è molto più facile». La Guardia di Finanza ordina i sigilli a 25 tra bar, ristoranti, rosticcerie e minimarket cinesi anche a Bolzano perché lavorano con licenze contraffatte ed i rappresentanti dei commercianti di Unione (Dado Duzzi) e Confesercenti (Domenico Sacco, Mirco Benetello) prendono posizione: «Non vogliamo criminalizzare tutti i cinesi ma da anni sosteniamo che c'è qualcosa che non funziona vista la rapidità con la quale hanno comprato o aperto circa 150 locali anche per questo ben venga l'inchiesta della Finanza. È fondamentale, infatti, che tutti giochino con le stesse regole, che i dipendenti non lavorino in nero e non siano sfruttati e che vengano rispettate le elementari norme igieniche». E Duzzi rincara la dose: «Troppe attività messe in piedi dai cinesi anche in città servono da paravento per riciclare il denaro che arriva dall'immigrazione clandestina. Chiediamo chiarezza e trasparenza anche su questo punto». L'indagine delle Fiamme gialle di Padova, coinvolge esercizi di tutta Italia, aperti con "certificati per l'attività di somministrazione e vendita di prodotti alimentari" - in gergo Rec - tarocchi. Certificati comprati con 1.800 euro da commercialisti compiacenti per evitare il corso di 120 ore con frequenza obbligatoria in italiano. Da capire quando scatteranno a Bolzano i sigilli a bar e ristoranti. Fabiola Petilli, direttrice dell'Ufficio
licenze del Comune - spiega che sul suo tavolo non è arrivato dalla Finanza di Padova ancora nessun documento. «Certo, se i Rec sono falsi allora mancano i presupposti per il rilascio della licenza e noi siamo chiamati ad intervenire». Tecnicamente chi rilascia la licenza? «Il Comune». Ma allora stava a voi controllare i Rec? «No, alla Camera di commercio. In soldoni gli uffici di via Alto Adige controllano i certificati e danno a noi il nulla osta al rilascio della licenza. Tutto qui». Ma voi controllate qualcosa? «Certo, ma abbiamo in mano solo documenti corretti. È la Camera di commercio semmai - se le accuse verranno confermate - ad aver ricevuto a suo tempo documenti contraffatti». Intanto i commercianti sono molto preoccupati. Sacco, presidente di Confesercenti, dice senza mezzi termini che il fenomeno è allarmante e va stroncato: «Il Rec fornisce norme basilari per maneggiare gli alimenti e le bevande, se chi lavora non ha mai fatto un corso allora la professionalità che ci propone è pari allo zero ed è potenzialmente un pericolo per me e per gli altri». Benetello, responsabile dei pubblici esercizi per Confesercenti, è chiaro: «Sono garantista ma chiedo che venga fatta chiarezza perché le regole devono essere uguali per tutti altrimenti il sistema salta». Duzzi, vicepresidente dell'Unione è caustico: «Sappiamo da anni che dietro l'apertura a ripetizione di bar, ristoranti, rosticcerie e minimarket c'era un sistema poco trasparente ed adesso, per fortuna, grazie all'indagine della Finanza, si sta muovendo qualcosa. Il problema è che gira troppo nero e troppi clandestini che per arrivare in Italia pagano dai 20 ai 25 mila euro. Mi risulta che non tutti i bar in mano ai cinesi lavorino bene, che ci sia anche chi batte scontrini falsi per nascondere attività illecite di vario tipo ed immettere così sul mercato denaro ripulito».

Udin, oltrepadania. Anche Monti impugna il welfare del Fvg
Come aveva fatto Berlusconi, pure l’attuale governo contesta i requisiti “padani” della legge: «Sono discriminanti».  Le motivazioni ribadiscono la sentenza della Corte costituzionale che a febbraio 2011 aveva censurato la vecchia legge regionale con i requisiti. I due anni di residenza sul territorio regionale inseriti nella nuova versione approvata a novembre 2011 «introducono inequivocabilmente – secondo il Governo – una preclusione destinata a discriminare».
Beniamino Pagliaro
 UDINE. Il Governo ha impugnato la nuova legge regionale sul welfare del Friuli Venezia Giulia. È la seconda volta in meno di tre anni che l’esecutivo nazionale – politico o tecnico – boccia i requisiti «padani» della residenza sul territorio regionale tanto voluti dalla Lega Nord per l’accesso ai servizi sociali.
 Il testo dell’impugnativa parla ancora di provvedimenti «discriminatori» e appare come una lunga ripetizione a uno studente un po’ somaro. Le motivazioni ribadiscono, infatti, la sentenza della Corte costituzionale che a febbraio 2011 aveva censurato la vecchia legge regionale con i requisiti. I due anni di residenza sul territorio regionale inseriti nella nuova versione approvata a novembre 2011 «introducono inequivocabilmente – secondo il Governo – una preclusione destinata a discriminare».
 Gli uffici del Ministero per gli Affari regionali, che si occupano delle impugnative hanno segnalato che le disposizioni volute con forza dalla Lega Nord «eccedono dalla competenza legislativa integrativa in materia di assistenza sociale attribuita alla Regione Friuli Venezia Giulia» e soprattutto comportano «l'esclusione assoluta di intere categorie di persone fondata sulla mancanza di una residenza temporalmente protratta, nonché su una ulteriore discriminazione tra gli stessi extracomunitari». La decisione del Governo ha riacceso il dibattito su una legge discussa infinitamente nel corso dell’attuale legislatura.
 Nella maggioranza la Lega Nord ha subito manifestato l’intenzione di andare avanti su questa strada, mentre la giunta regionale, con l’assessore Roberto Molinaro, ha sottolineato come – almeno questa volta – i rilievi non riguardino il diritto comunitario. «Il Consiglio regionale ha approvato le norme – ha dichiarato ieri – per adeguare la legislazione alla normativa europea e per una doverosa semplificazione delle procedure per accedere a talune prestazioni sociali. Prendiamo atto della decisione del nuovo Governo – ha continuato l’assessore – a quella assunta poche settimane fa in relazione ad una legge della Provincia di Bolzano». Ora la giunta ragionerà sul da farsi, ma Molinaro ha richiamato l’importanza di avere la «continuità dell’azione amministrativa».
 Dall’opposizione, Debora Serracchiani tuona contro il centrodestra. «Il presidente Tondo si presenta da Monti con un pessimo biglietto da visita», ha detto alludendo all’incontro in programma giovedì a Roma. «L'unico fattore rimasto invariato nel passaggio dal governo Berlusconi a quello Monti – ha proseguito Serracchiani – è l'incapacità del centrodestra regionale a fare leggi decenti. Questo è ciò che accade quando ci si appiattisce su un partito che non ha nessuna cultura di governo come la Lega». E la Lega? L’impugnativa – ha replicato il capogruppo Danilo Narduzzi – è una «vergogna». «Ma noi non molleremo mai».

Ticino. Corsi da frontaliere contro la crisi
COMO - Insegnano a muoversi nel mercato del lavoro ticinese. Spiegano quali sono i diritti, i doveri e le opportunità legate a un impiego in Svizzera. Sono insomma "istruzione per l'uso" che possono venire utili a chi ha intenzione di muoversi in un mercato del lavoro che non è il suo.
 È quanto sta accadendo a Como, dove, in tempi di crisi, c'è chi studia da frontaliere. A riportarlo è la Provincia di Como che spiega come da ieri mattina siano partiti i seminari organizzati a Como dalla Fondazione Ecap  dalla Fondazione Castellini nell'ambito del progetto Coop-Sussi.
 L'obiettivo è quello di formare figure professionali che andranno a inserirsi in settori quali quello del commercio, quello turistico alberghiero e della ristorazione.
 D'altra parte, come spiega Furio Bednarz, presidente della Fondazione Ecap: "Nonostante il momento difficile il mercato ticinese è aperto. I salari dei settori cui dedichiamo i nostri seminari sono stabili da anni. Stiamo parlando di 3mila-3500 franchi lordi al mese a fronte di una produttività elevata e di orari di lavoro lunghi, 40-42 ore settimanali. Per chi vive in Svizzera un simile stipendio non è sufficiente, mentre chi viene dall'Italia e non deve pagare la cassa malati raggiunge al netto un salario superiore ai 2500 franchi".

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