domenica 4 marzo 2012

pm: 4.3.12/ Non solo la Grecia.2 - Friuli Venezia Giulia, oltrepadania, Marco Ballico: Il Friuli Venezia Giulia, lo certifica il Conto annuale della Ragioneria dello Stato, è una Regione pubblica: la percentuale di dipendenti statali, regionali, degli enti locali e delle partecipate, è superiore al 7% in rapporto alla popolazione. Ma c’è anche, collegato, un numero record, quello degli enti pubblici distribuiti sul territorio regionale. Sono 243, rende noto la Cisl.

Scommesse online: italiani a caccia del colpo grosso
Pensioni: dal 2020 Italia con eta' piu' alta di uscita in Ue
Friuli Venezia Giulia, oltrepadania. Record di enti pubblici nel Fvg: sono 243
Trst, oltrepadania. Consiglio posapiano, lavori ancora a rilento



Scommesse online: italiani a caccia del colpo grosso
Filadelfo Scamporrino - 4 marzo 2012
In Italia i cittadini spendono di più per tentare il “colpo grosso”, attraverso scommesse online, giochi e lotterie, piuttosto che per l’acquisto di frutta e verdura. A rilevarlo è stata la Coldiretti in accordo con un’elaborazione effettuata su dati del Macfrut, Osservatorio dei consumi, e su quelli consolidati del 2011 dell’AAMS, Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Nonostante la caduta media dei redditi degli italiani, a causa della crisi, il fenomeno del gioco è dilagante ed alimentato proprio dalla congiuntura sfavorevole che porta a sperare in una maxi-vincita per riscattare anni di sofferenze e ristrettezze.
Ma chiaramente giocano in tanti ed in pochissimi poi riescono a coronare il sogno di una vita. Nel dettaglio, stando ai dati AAMS del 2011, in Italia sono stati spesi quasi 80 miliardi di euro in giochi, lotterie e scommesse con un rialzo pari a ben il 23% rispetto all’anno precedente.
80 miliardi di euro individuano oltre il 50% della spesa annua delle famiglie, complessivamente, per l’acquisto di generi alimentari, al punto che non mancano le Associazioni di Consumatori che chiedono a gran voce uno stop all’incentivazione al gioco d’azzardo. In particolare, l’Adoc stima con preoccupazione che nel 2012 gli italiani per i giochi spenderanno in media ben il 10% del proprio reddito. Inoltre, non mancheranno i giocatori che, alle prese con vere e proprie ludopatie, si indebiteranno per andare a cercare a tutti i costi una vincita che quasi sempre mai arriverà. Quindi, va bene giocare, ma è altrettanto importante giocare il giusto senza accanirsi visto che non è con una lotteria istantanea che si può pensare di dare una svolta alla propria vita.

Pensioni: dal 2020 Italia con eta' piu' alta di uscita in Ue
Libro bianco della Commissione Europea: ok riforma, nessuna raccomandazione
04 marzo, 13:57
ROMA  - I lavoratori italiani avranno nel 2020 l'età di pensionamento più alta in Europa, con 66 anni e 11 mesi, a fronte dei 65 anni e 9 mesi della virtuosa Germania e i 66 della Danimarca. E' quanto si legge nel libro bianco della Commissione Europea sui sistemi previdenziali presentato nei giorni scorsi dal Commissario Ue all'occupazione.
 Nella scheda sui diversi sistemi pensionistici l'Italia è uno dei pochissimi Paesi, insieme alla Germania e all'Ungheria, a non avere a questo punto raccomandazioni specifiche sulla materia.
 L'Italia, grazie alle nuove riforme sul sistema previdenziale e al meccanismo che lega l'età di pensionamento alla speranza di vità avrà l'età più alta di uscita dal lavoro anche dopo il 2020 (70 anni e tre mesi per maschi e femmine nel 2060) superando ampiamente la Germania (67), il Regno Unito (68) e l'Irlanda (68). Nel 2009 nel nostro Paese l'età di pensionamento di vecchiaia era di 65 anni per gli uomini e 60 per le donne ma grazie alla possibilità di uscire dal lavoro con la pensione di anzianità (59 anni di età e 35 di contributi dal luglio 2009 o 40 anni di contributi a qualsiasi età) l'età media di pensionamento era di 60,8 anni per gli uomini e 59,4 per le donne. In Germania nello stesso anno, a fronte dei 65 anni previsti per uomini e donne, per il pensionamento di vecchiaia la media per l'uscita dal lavoro era di 62,6 anni di età per gli uomini e 61,9 per le donne.
 Il libro bianco evidenzia anche una proiezione sull'andamento dei tassi di sostituzione (tra la pensione e il reddito da lavoro precedente) con un calo per l'Italia tra il 2008 e il 2048 (a parità dell'età di pensionamento) che si avvicina al 15% (grazie prevalentemente al passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ndr). Il calo si riduce a meno del 5% se si considera che i lavoratori saranno costretti a lavorare più a lungo. Lo studio sottolinea come in Italia la speranza di vita a 65 anni nel 2010 fosse 18,2 anni per gli uomini e 22 per le donne, ma anche che entro il 2060 la speranza di vita alla nascita in Europa dovrebbe aumentare rispetto al 2010 di 7,9 anni nei maschi e di 6,5 nelle femmine. Un problema, spiega il libro bianco pubblicato sul sito del ministero del Lavoro, non lontano ma "incombente". "Diventa più che mai urgente - si legge nel testo - sviluppare e attuare strategie globali per adeguare i regimi pensionistici all'andamento della contingenza economica e demografica. Si tratta di problemi enormi ma risolvibili se vengono attuate politiche adeguate. Una riforma dei regimi pensionistici e delle pratiche di pensionamento è essenziale per migliorare le prospettive di crescita europee".
 La Commissione comunque sottolinea che "il successo di riforme tese ad aumentare l'età del pensionamento (compresa l'eliminazione dei prepensionamenti) dipende tuttavia da migliori opportunità per uomini e donne anziani di restare sul mercato del lavoro". E ciò comporta adeguamento dei luoghi di lavoro e dell'organizzazione del lavoro, oltre a promozione dell'apprendimento durante tutto l'arco della vita e "politiche efficienti capaci di conciliare lavoro, vita privata e familiare, misure per sostenere un invecchiamento sano, lotta alle diseguaglianze di genere e alle discriminazioni basate sull'età".

Friuli Venezia Giulia, oltrepadania. Record di enti pubblici nel Fvg: sono 243
La Cisl denuncia: troppi doppioni. Il governatore replica: un tavolo subito, riforma delle Province entro la legislatura
di Marco Ballico
TRIESTE
Il Friuli Venezia Giulia, lo certifica il Conto annuale della Ragioneria dello Stato, è una Regione pubblica: la percentuale di dipendenti statali, regionali, degli enti locali e delle partecipate, è superiore al 7% in rapporto alla popolazione. Ma c’è anche, collegato, un numero record, quello degli enti pubblici distribuiti sul territorio regionale. Sono 243, rende noto la Cisl. Troppi, decisamente troppi, anche tenendo conto che la maggior parte (218) sono i comuni distribuiti da Tarvisio a Lignano, da Trieste a Pordenone. La conseguenza è che ci sono anche numerose competenze sovrapposte. Quello che fa la Regione lo fanno pure la Province, a volte: si pensi per fare un esempio alle istanze di contributi per le associazioni sportive, capita di non sapere a chi rivolgersi. L’occasione per ragionare di un’opportuna riorganizzazione, ieri a Palmanova, l’ha data il convegno, promosso dalla Cisl funzione pubblica, “Riorganizzazione e razionalizzazione nella pubblica amministrazione del Fvg", al quale, assieme ai vertici regionali dell'organizzazione sindacale, è intervenuto il segretario nazionale Giovanni Faverin. E proprio Faverin ha messo sul tavolo quel numero altissimo, 243, e commentato: «Va posta fine a un'autonomia istituzionale che ha piuttosto l'aspetto di anarchia». Occorre dunque «semplificare gli enti istituzionali – ha proseguito il segretario – e mettere mano ai troppi livelli dirigenziali, attraverso un processo graduale di ridisegno, articolato nel tempo e condiviso con le parti sociali». Assist accolto da Renzo Tondo. Il presidente della Regione, che prevede entro la legislatura la riforma della Province, «per rafforzarne i compiti», e un percorso di aggregazione tra comuni, risponde positivamente alla richiesta di aprire subito un tavolo «continuativo e strutturato» di confronto sulle diverse partite in atto (legge Garlatti sulla previdenza, legge a suo nome sul riordino Erdisu e case popolari, riforma degli enti pubblici e riorganizzazione sanitaria), ma anche condivide la ricetta Cisl specialmente sull’esigenza di avviare «un’azione educativa convinta» rispetto ai processi in questione. Nessun colpo di mano, dà per certo il governatore, ma un percorso di ragionamenti «che non dovranno aver paura della parola razionalizzazione, vale a dire che ci prenderemo carico delle diverse problematiche e le affronteremo usando la ragione per fare della pubblica amministrazione Fvg un autentico motore dello sviluppo». I paletti? «No ai tagli lineari del personale, sì a ragionamenti condivisi». «Ogni decisione – insiste Tondo – continuerà a essere improntata a ridare una percezione positiva di ciò che è pubblico, a offrire alle imprese semplificazione, meno burocrazia, celerità nelle risposte. Perché il sistema pubblico deve diventare un valore aggiunto». Così anche sul fronte della sanità, con Tondo che ribadisce la sua preferenza per la soluzione dell’Azienda unica, «che nelle Marche funziona», ma non forza: «Non è un totem, sono disposto anche a cambiare idea sulla base di proposte convincenti purché non ideologiche. Quelle che ho trovato finora». Un botta e risposta quello di ieri sul filo del dialogo – Tondo non ha nascosto di considerare la Cisl «il sindacato più responsabile» – , con il segretario della Fp regionale Pierangelo Motta che auspica «scelte di sobrietà, a tagliare gli sprechi e salvaguardare il personale». Palla al centro per il governatore, che rilancia, elencando le scelte già adottate (taglio dei dirigenti, rinnovo del biennio economico del comparto unico, riduzione dei cda, «perché non sono più i tempi delle vacche grasse») e annuncia che il modello della riforma delle comunità montane «sarà esportato anche ad altri enti locali». E sul versante caldo della sanità? Tondo pensa al riordino delle specialità ma garantisce massima disponibilità a trattare e a confrontarsi. Disponibilità ben accolta dalla Cisl, con il segretario regionale Giovanni Fania che punta sul ruolo insostituibile della concertazione, ottiene il tavolo e una buona sponda nel governatore.

Trst, oltrepadania. Consiglio posapiano, lavori ancora a rilento
Un giorno e mezzo di riunioni nella settimana entrante. Pedicini: non siamo in catena di montaggio
 di Gianpaolo Sarti
TRIESTE
 Dopo i tre giorni di seduta di martedì, mercoledì e giovedì scorsi e la commissione di venerdì dedicata al taglio del numero di consiglieri, in piazza Oberdan si ritorna a sbadigliare. La prossima settimana l’attività consiliare degli eletti è ridotta all’osso, così come è avvenuto nei giorni di Carnevale e, prima ancora, a gennaio: da domani l’agenda di Palazzo prevede a un giorno lavorativo e mezzo. Martedì alle 10 si incontra la Quarta commissione per esaminare tre leggi che disciplinano il terzo settore. Mercoledì alle 15 si dà appuntamento la Giunta per regolamento, organismo che interviene con aggiustamenti di tipo tecnico e burocratico su vari aspetti della vita del Consiglio. Giovedì pomeriggio si ritrova invece il Comitato per la Legislazione e il Controllo, chiamato a verificare, in genere, la qualità delle norme. Il calendario si ferma qui. Il presidente del Comitato, Giorgio Baiutti (Pd) è critico: «È poco. Dalla maggioranza ci aspettavamo di più per dare forza all’attività legislativa. E certo il materiale non mancherebbe – commenta – pensiamo alla riforma della Sanità annunciata da Tondo o alla riduzione degli enti regionali. Dal centrodestra non è arrivato niente. Sarà che in vista delle elezioni di maggio, la politica pensa ad altro. Però – precisa Baiutti – è adesso il momento di lavorare sulle riforme, altrimenti arriviamo alle porte dell’estate, quando si discute solo di assestamento di bilancio». Polemico anche l’Idv, con Alessandro Corazza: «L’andazzo continua. Nella riunione dei capigruppo ho proposto per la prossima settimana una sessione straordinaria ma tutti hanno scartato l’idea». Critiche che il Pdl respinge ai mittenti. «Le leggi che votiamo non scendono con il paracadute – obietta Antonio Pedicini – c’è un lavoro intenso che sta dietro a ciascun provvedimento. Quindi non è possibile quantificare la nostra attività solo con le commissioni o le sedute d’aula. Così non si tiene in considerazione l’impegno quotidiano sul territorio. Altrimenti come nascono le norme? E poi la fase di studio, ad esempio per preparare l’emendamento sulle autonomie locali per le Province, tra direttive comunitarie e nazionali ci sono volutii giorni di elaborazione. Non siamo operai di una catena di montaggio anche se, come da qualsiasi parte, c’è sempre qualcuno che non fa niente. Ma non vale per tutti noi».

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