martedì 13 marzo 2012

pm:13.3.12/ Lettura capovolta delle statistiche oltrepadane. - Michela Zanutto: Un friulano su due individua nel Tricolore come il simbolo d’Italia, l’11% degli intervistati si sente italiano quando ascolta l’Inno di Mameli e l’8% ritiene che lo stivale sia il simbolo della nazione in cui abitiamo. Il 31% degli intervistati ha barrato la casella “altro”: Nelle 188 risposte aperte – spiegano i ragazzi che hanno condotto l’indagine guidati dall’insegnante Giancarlo Martina – si trovano molti simboli gastronomici, come pizza e spaghetti, ma anche indicazioni legate a un personaggio politico. Diversi danno una indicazione decisamente negativa dell’Italia collegandola alla mafia e alla criminalità.

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: «Una firma contro Equitalia»
Inflazione: Istat, a febbraio al 3,3%
Ocse: Ungheria, nel 2012 recessione
Moody's taglia rating Cipro a 'junk'
Spagna, +2% inflazione a febbraio
Svizzera. Il PIL svizzero dribbla anche l’eurorecessione
Svizzera. L'export sta in piedi grazie alle medicine
Udin, oltrepadania. I friulani e la loro Patria. Il 28% non si sente italiano



LA NUOVA SARDEGNA - Economia: «Una firma contro Equitalia»
13.03.2012
CARBONIA. Fermare Equitalia e bloccare la sua azione vessatoria per evitare il tracollo economico del territorio. È la parola d’ordine alla base della mobilitazione, con la raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare promossa da Mauro Pili per le nuove regole su Equitalia. Ieri il parlamentare ha presentato la proposta in una conferenza stampa in piazza Roma e un incontro con i cittadini, dove sono stati attivati i banchi per la raccolta delle firme di sottoscrizione. «La situazione debitoria del territorio e la riscossione vessatoria messi in atto da Equitalia costituiscono un limite insopportabile a qualsiasi progetto di rilancio del territorio - ha detto Mauro Pili nel corso della presentazione dell’iniziativa - I numeri parlano chiaro. Ci sono 5565 imprese sotto scacco di Equitalia, con 365 milioni di debiti. E poi si contano 195 imprese fallite con debiti per 121 milioni di euro. Sono dati che che fotografano una situazione che rischia, per il Sulcis Iglesiente, considerato come il territorio più povero d’Italia, di essere irreversibili se non si interviene su due fronti: serve da un lato una riscossione equa e corretta e dall’altra progetti definiti e chiari per creare le condizioni per avviare lo sviluppo». Così la proposta di legge di iniziativa popolare prevede, ad esempio, l’abbassamento dal 9 per cento al due per cento delle delle somme spettanti ad Equitalia a titolo di aggio. «Oggi come oggi una cartella esattoriale di mille e 600 euro arriva in breve tempo a 4.500 euro. Somme assurde che impediscono al debitore di onorare gli impegni. Ed è lo Stato il vero perdente. Non incassa e si ritrova con aziende chiuse. Inoltre paga di proprio per garantire disoccupazioni e cassintegrazioni». Una situazione che è aggravata dalla mancanza di prospettive. C’è un elemento che pare preoccupante. I depositi bancari della provincia di Carbonia e Iglesias sono passati da 464 milioni del 2008 ai 1.125 milioni del 2010. Significa che nessuno investe più e preferisce tenere i soldi sotto il classico materasso. Per smuovere l’economia occorrono nuove iniziative ma soprattutto occorre una nuova politica mirata alla creazione di infrastrutture. «La provincia del Sulcis iglesiente è la penultima in Italia a livello di infrastrutture territoriali in tema di trasporti e accessibilità alla rete primaria - ha spiegato alla fine Mauro Pili - E’ un dato che non più essere ignorato. E occorre mobilitarsi perchè l’arteria principale che collega l’intero territorio, la statale 126 con la 195 diventi una arteria a quattro corsie. Occorre perseguire una politica di forte infrastrutturazione del territorio. Solo così possono essere create condizioni in grado di smuovere l’economia e riconquistare fiducia».

Inflazione: Istat, a febbraio al 3,3%
Su base mensile aumenta dello 0,4%
13 marzo, 10:01
(ANSA) - ROMA, 13 MAR - Il tasso d'inflazione annuo a febbraio risale con una lieve accelerazione, passando al 3,3% dal 3,2% di gennaio (su base annua l'ultima accelerazione era stata registrata ad ottobre 2011). Lo rileva l'Istat confermando le stime provvisorie e indicando un aumento dei prezzi su base mensile dello 0,4%.

Ocse: Ungheria, nel 2012 recessione
Disoccupazione aumentera' fino al 12%
13 marzo, 09:09
(ANSA) - PARIGI, 13 MAR - L'economia ungherese sara' in recessione nel 2012, con un Pil in contrazione dello 0,6% su base annua, ''con una debole ripresa a partire dall'ultima parte dell'anno''. Lo prevede l'Ocse, nel suo rapporto sullo stato dell'economia ungherese. Di conseguenza, afferma ancora l'organizzazione parigina, la disoccupazione nel Paese aumentera' fino a sfiorare il 12%, contro l'11% registrato nel 2011.

Moody's taglia rating Cipro a 'junk'
Outlook negativo, pesa esposizione verso Grecia
13 marzo, 10:27
(ANSA) - ROMA, 13 MAR - Moody's ha tagliato il rating su Cipro a 'junk' (spazzatura) per i rischi legati all'esposizione delle maggiori banche del Paese verso la Grecia.
 Moody's ha declassato Cipro di un livello portando il giudizio a 'Ba1' (non-investment grade) con outlook negativo, segnalando cosi' la possibilita' di un ulteriore downgrade.
(ANSA).

Spagna, +2% inflazione a febbraio
In Spagna l'inflazione si è attestata al 2% anno su anno a febbraio. Lo ha reso noto l'ufficio di statistica spagnolo (Ine), aggiungendo che il tasso di inflazione armonizzato è cresciuto dell'1,9% anno su anno a febbraio, rispetto al +2% di gennaio e al +2,4% di dicembre.

Svizzera. Il PIL svizzero dribbla anche l’eurorecessione
Un confortante +1,9% per l’economia elvetica nel 2011
di Corrado Bianchi Porro
Tutto sommato il Pil svizzero nel IV trimestre del 2011 pur avendo vistosamente rallentato, non è andato male: +0,1% mentre la Germania è in negativo (-0.2%) e la Francia si mantiene sulla linea di galleggiamento, con la periferia dell’UE tutta nelle cifre rosse e la zona euro in calo dello 0,3%. La Svizzera invece ha tenuto e ha tenuto grazie ai consumi interni e all’edilizia. In sintesi, l’impressione è che il peggio possa passare in fretta. I mercati principali per la Svizzera, vale a dire la Germania e gli Stati Uniti quest’anno promettono bene e dunque il traino per l’export non dovrebbe mancare. Gli Stati Uniti dovrebbero infatti crescere quest’anno del 2% (i mercati ieri dopo che hanno ascoltato le parole di Ben Bernanke, il presidente della Fed, hanno chiuso mercoledì in rosso solo perché temono che un’altra iniezione di liquidità non sia imminente) e la Germania - finanziandosi a tasso zero e con lo spread europeo tutto a suo favore - dovrebbe crescere quest’anno dello 0,5%. Dunque la Svizzera tira un sospiro di sollievo.
Anche il tasso di disoccupazione destagionalizzato non ha mostrato segni di stanchezza, il che significa che il rallentamento economico (facciamo le corna per scaramanzia, sempre che serva) potrebbe essere di breve raggio. Gli esperti del Seco, che ieri ha diffuso i dati dell’ultimo trimestre, rimangono per il momento abbottonati (d’altronde siamo ancora in inverno). Solo tra due settimane forniranno le loro previsioni per il 2012, dopo aver valutato altri indicatori sull’andamento dei primi due mesi dell’anno. Per ora godiamoci lo scampato pericolo e d’altronde l’economia è fatta (anche) di fiducia. Non siamo in recessione, come qualcuno poteva immaginare e anzi, dato che tecnicamente occorrono due trimestri consecutivi di crescita negativa per relegarci ai play-out, di certo non lo siamo fino alla fine di giugno. Sempre che più avanti (ma questo fa parte dell’imponderabile) le stime non siano riviste al ribasso. Anzi c’è da aggiungere un’altra notizia positiva accanto alla sequela di +0,4% nel primo, +0.4% nel secondo, +0,3% nel terzo e +0,1% nel quarto trimestre 2011 sui dati del trimestre precedente.
Ed è che nell’insieme del 2011 la crescita media annua è stata del +1,9%. Il rallentamento economico c’è: non lo si può negare. Ma di fronte alle striminzite previsioni di una crescita che quest’anno è prevista ad un modesto +0.4% come media annua, magari si potrà fare di meglio. I più pessimisti (che sono molti) stimavano nel quarto trimestre un calo dello 0,2% e nell’anno un +0.7%. I pochi ottimisti ipotizzavano invece nel trimestre una crescita dello 0,2% e nell’anno dell’1,3%.
Dunque, l’economia nel 2011 è andata ancor meglio con l’1,9% descritto e anche i dati del terzo trimestre sono stati rivisti in rialzo allo 0,3% rispetto allo 0,2% indicato nelle prime stime. L’economia ha resistito meglio del previsto. I consumi interni oggi rappresentano il 60% del Pil e anche nel IV trimestre sono aumentati dello 0,4% mentre i consumi pubblici sono rimasti sui livelli precedenti. Nelle esportazioni, come si è visto anche dai dati del commercio di gennaio diffusi qualche giorno fa, hanno brillato soprattutto quelle chimico-farmaceutiche e gli orologi che dunque confermano il loro stato di grazia, mentre gli altri settori, specie l’industria delle macchine, hanno faticato.
02.03.2012

Svizzera. L'export sta in piedi grazie alle medicine
Per i due terzi generate da Pharma
di Corrado Bianchi Porro
L’anno è iniziato bene per il commercio estero svizzero, nonostante l’alto livello del franco svizzero. Infatti nel mese di gennaio le esportazioni sono aumentate del 5,4% (+3,6% in termini reali) a 16,2 miliardi di franchi rispetto al mese precedente. Gran merito di questo inaspettato balzo in avanti spetta al settore chimico farmaceutico che ha generato i due terzi della crescita nell’export con una crescita del 9%. Ancora meglio in termini percentuali (ma ha meno incidenza sul totale) l’industria orologiera che ha registrato una crescita del 15,5%. Terzo settore che ha registrato una crescita è quello dell’industria alimentare, con un aumento del 2,1%. Questo settore è cresciuto soprattutto grazie all’exploit del caffè (+12%) e formaggio (+9%) mentre il settore del cioccolato è invece sceso del 12%, ma è inutile misurarlo con le vendite di dicembre, dove si concentrano molti acquisti per le feste di fine anno e quindi nulla di preoccupante.
Altri rami in difficoltà
Se la chimica, gli orologi e gli alimentari hanno brillato, gli altri settore hanno portato il peso della morosità della congiuntura. In lieve calo (-0,2%) gli strumenti di precisione. In regresso dell’1,4% l’industria delle materie plastiche e nella fascia del -3% l’industria metallurgica, quella delle macchine ed elettronica e l’abbigliamento. Invece in drastico calo l’industria tessile (-15,5%) e quella della carta e arti grafiche (-16.5%).
Il Brasile locomotiva
Per quanto riguarda i mercati di esportazione, tutti i continenti hanno registrato un aumento con l’eccezione marginale dell’Africa (-3%). L’Oceania è cresciuta della metà grazie all’Australia (+52%). L’America Latina è progredita di un terzo con il Brasile che si è dimostrato la vera locomotiva per l’export (+58%). Molto bene il NordAmerica con il Canada (+24%) che ha superato di un’incollatura gli Stati Uniti (+22%).
Profondo rosso con la Cina
Ci si aspettava naturalmente molto dall’Asia, ma questa volta le attese non sono sempre state pari ai risultati. Infatti se Hong Kong ha realizzato una crescita rallegrante (+21%), così come è stato sorprendente il progresso del Giappone (+14%) che era dato per stagnante, invece hanno fatto da contrappeso l’andamento deludente delle vendite in India (-17%) e in Cina (-13%). Precisiamo subito che se l’export svizzero ha faticato con la Cina, a livello di importazioni in provenienza da Pechino si registra un eclatante incremento del 67%. Dunque: vendite per 507 milioni e acquisti dalla Cina per 893 milioni, questo significa per la prima volta un rosso di ben 387 milioni di franchi. Anche qui, prima di stracciarci le vesti, bisogna considerare che l’eccedente con Hong Kong si situa a 386 milioni. In sostanza, posto che Hong Kong sia la porta (non esclusiva) della Cina, il rosso è più mitigato.
Ue: tra luci ed ombre
L’Ue ha registrato un timido incremento delle esportazioni (+1%). Ma qui risalta l’incremento del 16% per il Belgio, il +12% per la Gran Bretagna, il positivo andamento (+4%) per la Germania, ma pure il calo del 12,8% verso la Spagna e del 26,3% verso l’Austria. Boom delle importazioni (+114%) dall’Irlanda. In Africa, come detto andamento negativo dell’export, ma crescita del 97% con la Libia. Bello sforzo: si partiva quasi da zero e si è arrivati a 3 milioni.
22.02.2012

Udin, oltrepadania. I friulani e la loro Patria. Il 28% non si sente italiano
E’ uno dei dati più interessanti in un’indagine dello Stringher su 600 persone. I connazionali? Secondo il campione sono mammoni, ma poco coerenti
Michela Zanutto
 UDINE. Il 28% dei friulani non si sentirebbe del tutto italiano, mentre il restante 72% è convinto della propria italianità. Questo è uno dei dati più interessanti emerso dall’indagine “Il Risorgimento visto dai ragazzi” che ha coinvolto le classi terze e quinte del settore turistico dell’Isis Stringher. Otto domande sottoposte a un campione di 600 friulani dai 15 anni in su, che si erano poste l’obiettivo di fotografare la percezione che gli italiani hanno di sé proprio in occasione dei 150 anni dell’Unità nazionale.
 In che anno l’Italia è diventata uno Stato unitario? È la prima domanda del test, ma soltanto il 67% dei 600 intervistati (45% studenti e 55% fra lavoratori, pensionati e disoccupati) ha risposto 1861. Il 18% ha confuso l’Unità d’Italia con i moti del 1848 e il 15% con la terza guerra d’Indipendenza (1866). Non va meglio con l’anno di ingresso del Friuli nel Regno d’Italia: appena il 62% del campione ha risposto il 1866.
 Più di un friulano su quattro ritiene che il Friuli sia stato annesso all’Italia nel 1861 e il 12% addirittura nel 1848. I meno preparati in materia sono i ragazzi fra i 15 e i 25 anni. In questo caso il 30 per cento dei 269 intervistati pensa che l’annessione del Friuli sia avvenuta nel 1861. È andata meglio con i festeggiamenti del 17 marzo. L’84% del campione ha, infatti, barrato i 150 anni dell’Unità d’Italia, l’8% si è lasciato imbrogliare dai numeri scegliendo «i festeggiamenti per i 100 anni dell’Unità d’Italia» e quote trascurabili hanno indicato la festa del lavoro (5%) e della donna (3%).
 Andiamo un po’ meglio con i simboli. Un friulano su due individua nel Tricolore come il simbolo d’Italia, l’11% degli intervistati si sente italiano quando ascolta l’Inno di Mameli e l’8% ritiene che lo stivale sia il simbolo della nazione in cui abitiamo. Il 31% degli intervistati ha barrato la casella “altro”: «Nelle 188 risposte aperte – spiegano i ragazzi che hanno condotto l’indagine guidati dall’insegnante Giancarlo Martina – si trovano molti simboli gastronomici, come pizza e spaghetti, ma anche indicazioni legate a un personaggio politico. Diversi danno una indicazione decisamente negativa dell’Italia collegandola alla mafia e alla criminalità».
 Infine, il 28 per cento dei friulani pensa che gli italiani siano dei bamboccioni. Molti riconoscono caratteristiche di inventiva (18%) e adattabilità (17%) ai discendenti di Dante e Virgilio e c’è spazio pure per eroismo (7%), costanza (6%), pragmatismo (6%) e coerenza (3%). Anche in questo caso è ampia l’etichetta “altro”, il 15%, che include «94 risposte sostanzialmente negative – spiegano gli studenti dello Stringher – che comprendono mafia, criminalità, falsità e l’inganno». Il questionario, intitolato dai ragazzi “Italia sì, Italia no”, «non ha la struttura né le caratteristiche di un’indagine scientificamente costruita – sottolinea Giancarlo Martina, insegnante dello Stringher e membro del laboratorio di storia dell’istituto –, ma sicuramente permette di intuire le linee guida delle conoscenze e della percezione che gli italiani hanno di sé».
 La dirigente, Anna Maria Zilli, promuove l’esperimento perché «ha avvicinato i ragazzi al fenomeno storico risorgimentale in modo più dinamico di quanto avviene nelle lezioni tradizionali».

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