mercoledì 7 marzo 2012

pm:7.3.12/ La Regione padana Cafonia dell’Est minaccia la Ribellione. – 1) La Regione – tuona il capogruppo del Pdl Daniele Galasso – ha competenza primaria sulle autonomie locali, se il governo contesta al Fvg quegli interventi significa che ci considera Regione ordinaria. È una provocazione che potrà determinare solo una ribellione, non lasceremo – conclude Galasso – che lo statuto speciale venga colpito mortalemente.---2) Marco Bonet: I veneti hanno un’identità forte, che non dipende dalla Lombardia». Un punto, questo del «mai servi di Milano» che da sempre attraversa come un fiume carsico il corpaccio padano ma che ora sta sgorgando più violento, perché com’è, come non è, quando si parla a livello nazionale di un possibile ricambio al vertice, pare sempre una partita da giocarsi tutta tra Varese e Milano.

De Mistura fa scudo ai militari italiani "Mai in quelle celle"
Marina indiana a bordo Enrica Lexie
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Forconi, notte trascorsa all'Ars
Rifiuti, il Casertano pensa all'«export»
Consiglio dei Ministri n.17 del 05/03/2012
Germania: ok asta bund 5 anni, tassi giu'
Atene non paga chi dice no allo swap
Grecia: cinque fondi pensioni dicono no a ristrutturazione debito
A Madrid nuovi tagli al welfare
Udin, oltrepadania. Ricorso contro il no di Monti al bilancio
Venezia, padania. La Lega del futuro? «Partito dei sindaci sganciato da Milano»



De Mistura fa scudo ai militari italiani "Mai in quelle celle"
Il sottosegretario racconta lo scontro nel carcere di Trivandrum
 MASSIMO NUMA
inviato a trivandrum
Che dicono di noi in Italia? Quanto durerà tutto questo?». Il maresciallo Massimiliano Latorre e il sergente Salvatore Girone del Battaglione San Marco sono in divisa, uno a fianco all’altro, nell’ufficio del capo della polizia penitenziaria di Tiruvananthapuram. È il tardo pomeriggio. I marò hanno passato la prima notte in questo decrepito istituto penitenziario statale, alla periferia della capitale del Kerala. Alcune jeep Mahindra grigio chiaro della Prison Police, cariche di agenti armati di carabine con la baionetta inastata, presidiano la strada. Su un’antica targa, all’ingresso, c’è scritto 905 maschi, 0 femmine. Fondato nel 1886, 100 acri di parco, giardini e terre coltivate dai reclusi. Vicino alla guardiola l’infermeria, le porte aperte, neon accesi e un medico in servizio nell’ambulatorio. Archi e scale di legno, i gradini coperti da un consunto tappeto di juta.
Le guardie hanno acconsentito che i marò venissero accompagnati fuori dalla casetta dai muri bianchi che li ospita per incontrare i giornalisti italiani. Il comandante della polizia penitenziaria è un tipo cordiale. Spiega che il trattamento è «buono» e che «si fa il possibile per aiutarli». I nostri sono un po’ provati. I detenuti «comuni» li vediamo uscire, finiti i turni di lavoro, da una porta laterale, avvolti da un lenzuolo stretto in vita, una ciotola e una sottile stuoia di bambù tra le mani.
I marò sono preoccupati: «Ma i comandanti lo sanno che siete qui? Non possiamo dire nulla, lo sapete...». È un breve scambio di parole, di strette di mano, di frasi banali, che non devono mai sfiorare l’inchiesta, attenti a non irritare le guardie. «Sappiamo che le istituzioni ci sono vicine e stanno facendo il possibile. Vogliamo ringraziare il governo e la Farnesina. Tutto il San Marco». Poi: «Ci facciamo coraggio ogni minuto che passa, riuscendo ancora a sorridere per una battuta». Il comandante li informa, in diretta, che «la doccia è stata riparata». Bene. Nella piccola foresteria, che ha pure un cortile-giardino, ci sono i materassi e due stanzette. Per due volte al giorno gli italiani della delegazione diplomatico-militare che fa base al «South Hotel» portano loro il cibo. Come previsto dagli accordi. Ieri spaghetti, pomodoro, olio d’oliva e basilico; oggi pizza margherita e altre specialità tricolori con il cuoco impegnato a seguire i consigli, anzi gli ordini. Dodici bottiglie d’acqua minerale ogni 24 ore, poi quel che serve per lavarsi e tenersi in forma. Il sergente Girone si accarezza la barba: «È un po’ lunga ed è ora di tagliarla un po’, l’ultima volta è stato a Kochi». Frammenti di dialoghi che vorrebbero essere normali, che tentano di allontanare anche per pochi istanti l’incubo delle ultime ore. «Non sappiamo quanto durerà tutto questo, nessuno ora può ipotizzarlo», dicono i marò.
Il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura resterà a Trivandrum per qualche giorno. Nella hall del «South Park» De Mistura ricostruisce nei dettagli quanto è accaduto l’altra notte nell’ufficio del direttore della prigione, Alexander Jacob: «Dopo l’udienza di Kollam avevano portato i nostri soldati nel carcere statale. C’eravamo anche noi, appena arrivati dall’aeroporto. I marò erano in divisa, sull’attenti, il direttore aveva in mano il foglio della sentenza, voleva destinarli a una cella con i detenuti comuni. Allora ho deciso di intervenire, in un clima tesissimo. Ho ordinato ai marò di non muoversi di un centimetro».
Jacob riunisce un gruppo di poliziotti in armi. Dieci, poi venti. Pronti a costringere con la forza i fucilieri del San Marco a spogliarsi delle divise, prima di finire in cella. Gli italiani non cedono, i marò restano impietriti e tra il viceministro e il direttore avviene uno scontro assai poco diplomatico. «Gli ho ricordato che l’ordinanza di Kollam prevedeva una serie di precise facilitazioni e solo dopo ore, in piena notte, il direttore finalmente cedeva».
Con De Mistura ci sono anche il contrammiraglio Franco Favre e un ufficiale del Battaglione. «L’accelerazione imposta dalle autorità del Kerala con questo atteggiamento ci impone di superare in un solo colpo la fase uno e la due, legate alla gestione dei processi. Adesso siamo nella fase tre, in cui l’Italia vuole affermare un principio irrinunciabile, quello della titolarità dell’indagine su un incidente avvenuto in acque internazionali. L'inammissibile comportamento degli inquirenti del Kerala costituisce un pericoloso precedente non solo per le forze armate italiane, impegnate in tutto il mondo ma per tutti i Paesi coinvolti in operazioni volte alla tutela della sicurezza mondiale. Si rischia di indurre i Paesi a limitare a riconsiderare il proprio impegno a livello internazionale, per non vedere i soldati trattatialla stregua di delinquenti comuni. L’Italia, alle richieste Onu, ha sempre detto sì ma fatti del genere potrebbero mettere in discussione equilibri consolidati».
La polizia di Kollam, intanto, ha consegnato una serie di questionari ai marò tuttora imbarcati sulla Enrico Lexie, ancorata a dieci miglia dal porto di Kochi, per ricostruire l’incidente in cui hanno perso la vita i due pescatori indiani.

Marina indiana a bordo Enrica Lexie
Controlli su scatola nera, presenti diplomatici italiani
07 marzo, 11:45
(ANSA) - TRIVANDRUM (INDIA), 7 MAR - Una delegazione del Dipartimento della Marina indiana e' salita oggi a bordo della Enrica Lexie per svolgere presumibilmente controlli legati alla scatola nera e al logbook della nave, riguardanti l'incidente del 15 febbraio in cui morirono due pescatori del Kerala. L'operazione amministrativa, si e' appreso da una fonte che segue la vicenda, e' sorvegliata da un responsabile dell'ambasciata italiana e da tre rappresenti della Marina.

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Forconi, notte trascorsa all'Ars
Quattordici componenti del movimento hanno occupato gli uffici di una commissione legislativa. Nuovo vertice alla Regione
PALERMO. Hanno trascorso la notte negli uffici di una commissione legislativa all'Assemblea regionale siciliana i 14 componenti della delegazione del movimento dei Forconi. In mattinata nella Sala Rossa a Palazzo dei Normanni si terrà una nuova riunione tra il presidente dell'Ars, Francesco Cascio, l'assessore regionale alle Infrastrutture, Pier Carmelo Russo, l'assessore regionale all'Economia, Gaetano Armao, il presidente della Serit Sicilia, Benedetta Grazia Cannata e un rappresentante dell'assessorato regionale all'Agricoltura. I dimostranti ieri hanno sfilato in corteo a Palermo poi, erano alcune migliaia, hanno assediato la sede del Parlamento siciliano. Chiedono il federalismo fiscale, la defiscalizzazione dei carburanti e la sospensione dei pagamenti alla Serit.
"Abbiamo visto un grande imbarazzo da parte della politica che ancora non riesce a dare risposte alle nostre domande per lo sviluppo dell'economia - dice stamattina il leader del movimento, Mariano Ferro -. Dopo l'incontro di questa mattina decideremo le nostre prossime mosse".

Rifiuti, il Casertano pensa all'«export»
La discarica di Maruzzella sarà satura entro fine anno L'alternativa al suo ampliamento è quella di spedire l'immondizia in Europa, come ha scelto Napoli
CASERTA — Secondo i piani, avrebbe dovuto garantire l'autosufficienza del territorio fino a giugno 2013. Ed invece le cose sono andate diversamente: la discarica di Maruzzella sarà satura entro la fine dell'anno. O, al massimo, entro il prossimo gennaio. Perché non solo l'impianto di San Tammaro si sta facendo carico dello svuotamento del sito di stoccaggio «temporaneo» di Ferrandelle (dove sono accumulate circa 700 mila tonnellate di rifiuti napoletani risalenti all'emergenza del 2008), e di altri mini invasi (100 mila tonnellate complessive), ma ha dovuto subire - da più di un anno a questa parte - l'ulteriore peso della solidarietà praticamente «imposta» dal capoluogo partenopeo.
In queste ore la Provincia si sta adoperando per individuare una soluzione alternativa. E sul tavolo ci sono essenzialmente due ipotesi. La prima contemplerebbe un cospicuo ampliamento di Maruzzella per circa un milione di tonnellate. Si tratta di un progetto in realtà già incluso nel protocollo d'intesa sottoscritto a Palazzo Chigi il 4 gennaio 2011: tra le compensazioni destinate a Caserta per l'aiuto offerto a Napoli, fu previsto lo stanziamento di 20 milioni di euro (10 messi a disposizione dal dipartimento di Protezione civile e 10 dalla Regione) proprio per l'allargamento della discarica di San Tammaro. In realtà, poi, quei 20 milioni non si sono mai visti (la Regione ha assunto una delibera in tal senso, senza trasferire i fondi). Ma, anche per la piega assunta dagli eventi nei mesi successivi, a corso Trieste stanno seriamente riconsiderando l'ipotesi: «Se facessimo una nuova discarica da un milione di tonnellate, con i poteri commissariali di deroga sui flussi dei rifiuti, correremmo seriamente il rischio di dover accogliere rifiuti napoletani fino alle calende greche», spiega l'assessore all'Ambiente Maria Laura Mastellone. Ed allora, al momento sembra prendere piede soprattutto la seconda opzione, che prevede il trasferimento dei rifiuti all'estero, nelle more della realizzazione degli impianti previsti dal piano provinciale.
In pratica, è la soluzione scelta dal Comune di Napoli (che ha già inviato un paio di navi verso l'Olanda), aspramente criticata, lunedì scorso, dal ministro dell'Ambiente Clini («Forniamo materia prima per produrre elettricità e calore, e paghiamo pure. Ognuno tragga le conseguenze» ha affermato l'esponente del governo Monti). «Il ministro ha perfettamente ragione — ammette l'assessore — portare i rifiuti all'estero è una sconfitta per lo Stato. Ma noi siamo finiti in questa situazione per responsabilità che obiettivamente non possono esserci addebitate. Senza contare i ritardi che abbiamo dovuto subire nella realizzazione degli impianti». «Al momento, abbiamo allo studio un bando che riguarderebbe eventualmente la frazione umida tritovagliata, e non quella secca come accade per Napoli. In ogni caso — conclude la Mastellone — una decisione definitiva, comunque, non c'è ancora».
Pietro Falco

Consiglio dei Ministri n.17 del 05/03/2012
5 Marzo 2012
Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle ore 18,30 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, Mario Monti.
Segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Antonio Catricalà.
Il Consiglio dei Ministri ha deliberato la partecipazione all’aumento del capitale della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, la proroga dell’emergenza per la concentrazione di arsenico nelle acque destinate all’uso umano nella Regione Lazio e preso in esame alcune leggi regionali.
Durante la riunione, inoltre, il titolare della Farnesina, Giulio Terzi, ha fatto il punto sulla missione che la scorsa settimana lo ha portato in Asia, con tappe in India, Vietnam e Singapore, e infine in Turchia.
Con particolare riguardo alle tappe a New Delhi e Kochi, il Ministro Terzi si è soffermato sull’impegno coordinato delle Amministrazioni coinvolte nella ricerca di ogni possibile soluzione alla vicenda dei militari Latorre e Girone, ai quali tutte le articolazioni del Governo continueranno a garantire la massima tutela ed assistenza. In particolare, Terzi ha illustrato le iniziative da lui stesso attuate durante la visita, i costanti sforzi del Sottosegretario De Mistura e delle nostre Autorità diplomatico-consolari, e l’attività del gruppo interministeriale di esperti inviati dai Dicasteri degli Esteri, Difesa e Giustizia.
Quanto alle altre tappe in Asia, il Ministro Terzi ne ha sottolineato l’importante componente economica, evidenziando di avere riscontrato in tutti i Paesi visitati una fortissima attenzione verso l’Italia e verso le nuove prospettive di investimento determinate dall’azione di risanamento del Governo.

A – AUMENTO DI CAPITALE DELLA BANCA DI SVILUPPO DEL CONSIGLIO D’EUROPA
Il Consiglio dei Ministri ha sottoscritto l’aumento di capitale della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa – CEB.
La CEB è un importante strumento della politica di solidarietà e di coesione sociale europea. Attraverso i propri presiti partecipa infatti al finanziamento di progetti sociali, risponde a condizioni di emergenza, concorre al miglioramento delle condizioni di vita e alla coesione sociale nelle regioni meno avvantaggiate del continente europeo. La Banca è composta da 40 Paesi membri che coprono un’area geografica che si estende dalla Turchia all’Islanda e dal Portogallo alla Georgia.
Le sfide difficili poste dall’attuale contesto economico e finanziario hanno portato a una crescita consistente della domanda di prestiti da parte degli Stati membri. Per questo motivo, il 4 febbraio 2011 il Consiglio direttivo della Banca ha adottato una risoluzione per aumentare il capitale. Una volta ultimata positivamente la sottoscrizione entro il termine stabilito (30 giugno 2012), l’aumento porterebbe il capitale totale sottoscritto da 3.3 miliardi a 5.5 miliardi di euro. Tale aumento prevede un’incorporazione delle riserve nel capitale liberato di 246 milioni di euro, senza alcun versamento da parte degli Stati Membri. La parte di capitale liberato sul capitale sottoscritto resterebbe invariata all’11,19%.
L’Italia, insieme a Francia e Germania, è il maggior azionista della CEB. Al 31 dicembre 2010 il nostro Paese disponeva di circa il 17% del capitale sottoscritto, pari a 549.692.000 euro. L’aumento – per un totale di 366.078.000 euro – viene attuato con due modalità. Anzitutto, con l’attribuzione supplementare di titoli di partecipazione dell’ammontare di euro 40.964,000. Inoltre, mediante la sottoscrizione, senza obbligo di versamento immediato, di nuovi titoli di partecipazione, per un totale di 325.114,000 euro. Questo capitale “a chiamata” non comporta dunque esborsi finanziari effettivi. Esso ha una funzione di garanzia che i Paesi sottoscrittori forniscono per accrescere la credibilità e solidità della CEB. L’aumento di capitale, inoltre, potrà essere sottoscritto fino al 30 giugno 2012.

B – PROROGA EMERGENZA ARSENICO NELLE ACQUE POTABILI DELLA REGIONE LAZIO
Il Consiglio dei Ministri ha prorogato, fino al 31 dicembre 2012, lo stato di emergenza – dichiarato il 17 dicembre 2010 – in relazione alla concentrazione di arsenico, superiore ai limiti stabiliti dal decreto legislativo n. 31 del 2001, riscontrata nelle acque destinate all’uso umano di alcuni Comuni della Regione Lazio.
La proroga, chiesta dal Commissario delegato – Presidente della Regione Lazio, si è resa necessaria per garantire il completamento degli interventi di potabilizzazione di carattere straordinario e urgente approvati il 14 marzo 2011 e finalizzati a ricondurre le concentrazione di arsenico entro i limiti stabiliti dalla Commissione europea, oltre che a salvaguardare da possibili gravi rischi a interessi pubblici primari quali la salute e l’igiene pubblica.
In particolare, secondo la relazione sullo stato di avanzamento dei lavori predisposta dalla struttura del Commissario delegato, per i Comuni delle Province di Latina e Roma (30 in totale con il coinvolgimento di circa 470 mila abitanti) il rientro nei parametri consentiti sarebbe imminente grazie agli interventi già avviati; più difficile, invece, il lavoro sui 53 Comuni interessati nella Provincia di Viterbo (circa 286.000 persone coinvolte) perché, oltre ad avere un’alta concentrazione di arsenico, a carattere naturale, in gran parte delle fonti di approvvigionamento idrico potabile, hanno schemi idrici fortemente frammentati che non consentono un’agevole integrazione del sistema degli acquedotti.

C – LEGGI REGIONALI
Infine, Il Consiglio dei Ministri ha esaminato sedici leggi regionali su proposta del Ministro per gli Affari regionali, il Turismo e lo Sport, Piero Gnudi. Nell’ambito di tali leggi, il Consiglio ha deliberato l’impugnativa, dinanzi alla Corte Costituzionale, della “legge finanziaria 2012” della Regione Friuli Venezia Giulia. La decisione di impugnativa, condivisa dal Ministero dell’economia e delle finanze e dal Dipartimento della funzione pubblica, è motivata dal fatto che varie disposizioni eccedono dalle competenze legislative conferite al Friuli Venezia Giulia dallo Statuto speciale e violano principi e norme costituzionali.
Per le altre leggi regionali e delle province autonome esaminate, invece, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la non impugnativa. Si tratta delle seguenti leggi:
1) Toscana – Legge n. 71 del 29/12/2011 “Modifiche alla legge regionale 6 ottobre 2010, n. 51 (Norme sull'iniziativa popolare delle leggi).”

2) Friuli Venezia Giulia – Legge n. 19 del 29/12/2011 “Bilancio di previsione per gli anni 2012-2014 e per l'anno 2012.

 3) Veneto – Legge n. 1 del 09/01/2012 “Istituzione di una Commissione d'inchiesta sulla gestione amministrativa della Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ARPAV).”

 4) Veneto – Legge n. 2 del 09/01/2012 “Disposizioni transitorie in materia di varianti urbanistiche.”

5) Veneto – Legge n. 3 del 09/01/2012 “Modifica della legge regionale 3 aprile 2009, n. 11 "Disposizioni in materia di attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente e modifica dell'articolo 4 della legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 "Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale" e disposizioni transitorie in materia di noleggio con conducente e di servizi atipici.

6) Valle Aosta – Legge n. 32 del 28/12/2011 “Contenimento dei costi della democrazia. Riduzione del trattamento indennitario spettante ai consiglieri regionali. Modificazione della legge regionale 21 agosto 1995, n. 33.”

7) Valle Aosta – Legge n. 33 del 28/12/2011 “Modificazione alla legge regionale 20 aprile 2004, n. 4 (Interventi per lo sviluppo alpinistico ed escursionistico e disciplina della professione di gestore di rifugio alpino. Modificazioni alle leggi regionali 26 aprile 1993, n. 21, e 29 maggio 1996, n. 11).

8) Valle Aosta – Legge n. 34 del 28/12/2011 “Modificazioni alla legge regionale 31 dicembre 1999, n. 44 (Disciplina della professione di maestro di sci e delle scuole di sci in Valle d'Aosta. Abrogazione delle leggi regionali 1° dicembre 1986, n. 59, 6 settembre 1991, n. 58 e 16 dicembre 1992, n. 74).”

9) Valle Aosta – Legge n. 35 del 28/12/2011 “Modificazioni alla legge regionale 7 marzo 1997, n. 7 (Disciplina della professione di guida alpina in Valle d'Aosta.”

10) Veneto – Legge n. 4 del 13/01/2012 “Abolizione dell'istituto dell'assegno vitalizio, riduzione e semplificazione del trattamento indennitario dei consiglieri regionali.

11) Abruzzo – Legge n. 2 del 10/01/2012 “Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2012 - Bilancio pluriennale 2012 - 2014.”

12) Provincia di Bolzano – Legge n.1 del 19/01/2012 “Disposizioni in materia cimiteriale e di cremazione.”

13) Provincia di Bolzano – Legge n. 2 del 19/01/2012 “Promozione della banda larga sul territorio della provincia.”

14) Provincia di Bolzano – Legge n. 3 del 19/01/2012 “Modifica della legge provinciale 16 novembre 2007, n. 12 "Servizi pubblici locali".

15) Provincia di Bolzano – Legge n. 4 del 19/01/2012 “Cooperativa di garanzia fidi e accesso al credito delle piccole e medie imprese.”
Il Consiglio è terminato alle ore 19,45

Germania: ok asta bund 5 anni, tassi giu'
Rendimento in calo a 0,79% da 0,91% precedente, domanda stabile
07 marzo, 11:45
(ANSA) - ROMA, 7 MAR - La Germania ha collocato Bund a 5 anni per 3,312 miliardi, poco meno del massimo importo previsto di 4 miliardi, registrando un calo dei rendimenti e una domanda stabile. Il rendimento medio e' sceso allo 0,79% dallo 0,91% dell'asta precedente. Il rapporto tra domanda offerta e' rimasto stabile a 1,8.
(ANSA).

Atene non paga chi dice no allo swap
Vittorio Da Rold
 Ieri nell'evidente tentativo di far pressione sui detentori internazionali di bond l'Agenzia di gestione del debito pubblico greco ha reso noto in un comunicato che Atene «non contempla la disponibilità di fondi per effettuare i pagamenti ai creditori del settore privato che si rifiutano di partecipare». Atene non dice direttamente che non rimborserà chi non accetta lo swap, ma che il suo programma economico «non contempla» questo caso.
 La minaccia si rivolge in particolare al 14% degli investitori che possiedono titoli greci emessi ai sensi del diritto internazionale. Il restante 86%, che possiedono obbligazioni sotto la legge greca, nello stesso comunicato sono stati avvertiti che la Grecia avrebbe usato le cosiddette clausole di azione collettiva (Cac) per far diventare vincolante lo swap su qualsiasi obbligazionista.
 Come se non bastasse secondo un rapporto dell'Iif, un ipotetico default disordinato dei 357 miliardi di euro del debito complessivo della Grecia potrebbe costare oltre mille miliardi di euro e comporterebbe aiuti straordinari per Italia e Spagna, due pesi massimi dell'Eurozona.
 La stima è contenuta in un report dell'istituto internazionale di Finanza (Iif) guidato dal direttore generale Charles Dallara e dal co-presidente Jean Lemierre di Bnp Paribas e che raggruppa le maggiori banche creditrici della Grecia, secondo il quale gli aiuti internazionali a Italia e Spagna da parte dei fondi di salvataggio europei (Efsf e Esm) e dell'Fmi salirebbero a 350 miliardi di euro. Anche Irlanda e Portogallo avrebbero bisogno di più aiuti. Insomma si tratterebbe del tanto temuto «effetto domino» dei mercati finanziari che ha fatto sconquassi in tutto il mondo con il fallimento disordinato di Lehman Brothers.
 Il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos, che viene considerato già il futuro leader del Pasok al posto di George Papandreou, ieri si è detto ottimista sulla ristrutturazione del debito: dovrebbe riuscire a raggiungere un'adesione del 75-80% all'accordo sullo "swap" dei propri bond. Tuttavia, c'é il rischio che l'adesione al piano sia inferiore al 90%, soglia ritenuta da Atene indispensabile per evitare che scattino le eventuali clausole di azione collettiva da parte di coloro che non intendono aderire al piano di ristrutturazione del debito. Lo "swap bond" con i privati - ossia lo scambio di 206 miliardi di euro di titoli greci vecchi con nuovi che avranno scadenze più lunghe e interessi più bassi - è parte integrante del secondo piano di aiuti per la Grecia da 130 miliardi di euro, volto ad evitare il default del Paese. Lunedì scorso 12 dei 13 membri dell'Istituto della Finanza Internazionale, che complessivamente detengono bond per 40 miliardi di euro, hanno dato il loro sostegno all'accordo di concambio. La scadenza è fissata per domani sera alle 21 ma non è escluso una proroga dell'ultima ora.
 Infine un paradosso. Aiutare la Grecia in difficoltà ha fruttato a Berlino 380 milioni di euro, grazie agli interessi sul primo pacchetto di aiuti. Lo rivelano documenti del ministero delle Finanze tedesco, secondo cui a fronte di un contributo finanziario di Berlino nel 2010 di 15,17 miliardi di euro, Atene ha pagato interessi tra il 3,423% e il 4,528%, facendo rientrare nelle casse tedesche 380 milioni di euro.

Grecia: cinque fondi pensioni dicono no a ristrutturazione debito
07 Marzo 2012 - 12:00
 (ASCA-Afp)- Atene, 7 mar - Cinque fondi pensioni ellenici hanno detto no alla ristrutturazione del debito pubblico greco che prevede l'accollo di perdite (53% su valore nominale dei titoli posseduti) e lo scambio (swap) dei vecchi titoli con nuovi bond trentennali con cedola piu' bassa.
 I cinque fondi pensione, tra cui quello dei giornalisti e della polizia, possiedono circa due miliardi di di euro in pubblici greci, pari a circa l'1% del valore nominale (circa 206 miliardi) del debito da ristrutturare, post ristrutturazione il valore nominale dei bond scende a circa 107 miliardi.
 Hanno invece aderito all'operazioone di spwa altri 12 fondi pensioni ellenici che possiedono 2,7 miliardi di euro in titoli di stato della Grecia.
 La percentuale minima di adesione degli investitori privati allo swap deve essere pari al 75%.
red/vam

A Madrid nuovi tagli al welfare
Luca Veronese
 Il premier spagnolo Mariano Rajoy sembra non avere più vie di scampo, stretto tra la linea del rigore dell'Unione europea e la mezza rivolta delle regioni autonome, in larga parte governate dal suo Partito popolare, incapaci di frenare la spesa nonostante i vincoli imposti dall'amministrazione centrale.
 Rajoy dovrà definire entro la fine di marzo i tagli e (con tutta probabilità) le nuove tasse per recuperare nel bilancio pubblico altri 15 miliardi di euro, da raggiungere alle misure di austerity già introdotte a gennaio, e arrivare nell'anno fiscale a ridurre il deficit di 29,5 miliardi di euro, pari al 2,7% del Pil nazionale: una manovra senza precedenti per il Paese che potrebbe diventare anche più pesante tenendo conto degli effetti diretti della crisi economica in corso: minori entrate fiscale e maggiori costi sociali per l'aumento della disoccupazione.
 Un risanamento tuttavia ancora insufficiente secondo l'Unione europea che insiste per avere spiegazioni sulla decisione con la quale Rajoy, solo due giorni fa, ha rivisto, in tutta solitudine, l'obiettivo di deficit per il 2012: abbandonando il rapporto del 4,4% sul Pil per accontentarsi di un più credibile 5,8 per cento. «È essenziale che la Spagna definisca una strategia di medio termine per raggiungere i suoi obiettivi sul debito», ha ribadito ieri il commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn sottolineando che «la Spagna è uno dei Paesi che si sono impegnati a correggere il proprio deficit entro il 2013 per riportarlo al di sotto del 3% del Pil».
 Il leader conservatore spagnolo si è già dovuto rimangiare molte promesse: «Rispetteremo gli impegni presi con Bruxelles, dimostreremo che la Spagna è un Paese di cui ci si può fidare», diceva a fine dicembre; «risaneremo il bilancio ma non metteremo un euro in più di tasse», affermava a gennaio, pochi giorni prima di alzare in un colpo solo le imposte sui redditi da lavoro, quelle sulla casa e quelle sui capital gain. Rajoy ha scaricato le responsabilità del deficit accumulato alla precedente stagione socialista, al suo predecessore José Luis Zapatero: la Spagna, secondo i dati diffusi dal nuovo Governo conservatore, ha chiuso il 2011 con un disavanzo dell'8,5% rispetto al Pil mentre aveva promesso ai partner europei di scendere al 6,6 per cento.
 In meno di un anno, dalla scorsa estate, molto è cambiato e la Spagna - che si muoveva su una prospettiva di crescita, seppure faticosa - oggi sta per entrare in recessione con il Pil che nel 2012 si contrarrà di almeno un punto percentuale. Le piazze hanno ricominciato a riempirsi di manifestazioni, i disoccupati sono già 5,5 milioni: la crisi finanziaria internazionale, il crollo dell'immobiliare e poi le tensioni sui debiti sovrani hanno messo in ginocchio un Paese abituato dagli anni Novanta a sognare con le banche e il mattone.
 Rajoy ha mostrato fermezza con la Ue e altrettanta ne dovrà avere con le 17 autonomie regionali. Il buco del bilancio spagnolo è nella gestione di Andalusia, Valencia, Catalogna e delle altre amministrazioni locali che controllano più di un terzo della spesa pubblica nazionale: dopo i tagli di Zapatero e la prima stretta di Rajoy, il risanamento chiesto dalla Ue dovrà passare da lì, nonostante le resistenze.
 «Non c'è più un euro, è impossibile rispettare l'obiettivo di deficit all'1,3% del Pil che ci chiede Madrid», dice Ignacio Diego, il presidente della regione Cantabria, che già l'anno scorso ha sforato il limite, superando il 4 per cento. «Quello che gli spagnoli non vogliono è che i tagli ricadano sulla salute e sull'istruzione», afferma José Antonio Grinan, presidente socialista dell'Andalusia, quasi anticipando le prossime scelte di Rajoy.

Udin, oltrepadania. Ricorso contro il no di Monti al bilancio
Tondo a Gnudi: il tavolo Stato-Fvg deve partire. Galasso (Pdl): resisteremo. Maran (Pd): intollerabili i contributi a pioggia. UDINE. La Regione resisterà davanti al ricorso alla Corte costituzionale promosso dal governo Monti contro la Finanziaria 2012. A garantirlo è stato ieri il governatore Renzo Tondo che, a Roma, ha incontrato il ministro per gli Affari regionali Piero Gnudi, dicastero da cui è partita la richiesta di impugnazione del bilancio di previsione Fvg. Non solo.
 Al ministro Tondo ha chiesto il rapido avvio del tavolo di trattativa tra Regione e Stato, quello che dopo l’incontro con il presidente del Consiglio sembrava pronto a essere riunito e che invece a Tondo appare in netto ritardo. Anche perché è quella la sede per rideterminare il rapporto, fatto di competenze e di risorse, con Roma. Tondo nella capitale ha partecipato all’insediamento della Paritetica del Friuli Vg – con Manlio Contento confermato presidente –, ha poi incontrato Gnudi e infine, come da iniziativa, ha visto i parlamentari eletti in Fvg per individuare la strategia a salvaguardia della specialità regionale. A loro, e a Gnudi poco prima, ha fatto sapere che la Regione ricorrerà contro la decisione del governo, ma ha anche chiesto un pressing sul governo perché il tavolo di confronto parta davvero.
 La bocciatura del governo Monti alla Finanziaria è articolata in nove punti. L’esecutivo ritiene incostituzionali alcuni contributi, alcune norme sulla stabilizzazione di personale, la decisione di congelare i fondi da dare allo Stato per l’avvio del federalismo, le regole sul patto di stabilità dei Comuni e il limite entro il quale i Comuni del Fvg possono accendere mututi, troppo alto per il governo.
 I contributi illegittimi per il governo, perché concessi per spese sostenute prima del 2012 e perché non vengono specificati i criteri di assegnazione, sono quelli destinati alla promozione del cinema di qualità, alla valorizzazione e conservazione del patrimonio cinematografico di interesse regionale, alle attività culturali dei Comuni di Coseano e di Sedegliano e al Teatro stabile di Udine. Non rispettano il “buon andamento e la trasparenza” della pubblica amministrazione, invece, i 250 mila euro assegnati alla Comunità collinare del Friuli e i 500 mila ai Comuni per “situazioni particolari”.
 Incostituzionale anche la parte in cui il bilancio consente la stabilizzazione di personale nelle Province e negli uffici regionali dell’agricoltura e la progressione di alcuni dipendenti regionali in aspettativa perché sindacalisti. Il governo infine non accetta di non ricevere i 370 milioni per il federalismo e non ammette il patto di stabilità per i Comuni e la quota fissate alle municipalità per i mutui.
 «La Regione – tuona il capogruppo del Pdl Daniele Galasso – ha competenza primaria sulle autonomie locali, se il governo contesta al Fvg quegli interventi significa che ci considera Regione ordinaria. È una provocazione che potrà determinare solo una ribellione, non lasceremo – conclude Galasso – che lo statuto speciale venga colpito mortalemente». L’opposizione sorride. «Tondo e la sua maggioranza continuano a pasticciare» dice il capogruppo del Pd Gianfranco Moretton. Duro il deputato del Pd Alessandro Maran. «Il centro-destra regionale sembra non aver capito che sono finiti i tempi in cui si attingeva con leggerezza al bilancio regionale.
 Certi comportamenti di spesa pubblica – sostiene Maran – non sono mai stati accettabili, ma oggi risultano particolarmente intollerabili. Tondo e la giunta dovrebbero essere consapevoli più di tutti che la priorità va data a sviluppo e lavoro, non all’erogazione di contributi a pioggia». Nessuno stupore davanti alla bocciatura di Monti per i Cittadini. «È una nuova prova di malgoverno le cui conseguenze – dice Stefano Alunni Barbarossa – ricadranno inevitabilmente sui cittadini della nostra regione».

Venezia, padania. La Lega del futuro? «Partito dei sindaci sganciato da Milano»
Primi consensi al manifesto di Covre e Favero «Identità forte, non dipendiamo dai lombardi»
VENEZIA — «Monti rischia la vita. Il Nord lo farà fuori». Umberto Bossi barrisce da Piacenza l’ennesimo attacco al Professore e quando l’eco arriva in Veneto è tutto un allargar di braccia, un alzar di sopraccigli, uno scuotere la testa sconsolati. E stiamo parlando della Lega, beninteso. «Sparate come queste ci costano migliaia di voti a botta» sospira un colonnello mentre un altro, lì accanto, avverte: «L’opposizione a Monti va fatta sulle cose concrete, in modo puntuale. O davvero qualcuno si illude di poter contrastare il calo dello spread, che fa risparmiare 100 euro al mese alle famiglie col mutuo, parlando di moschetti e balle varie?». Guarda un po’ il destino cinico e baro, la boutade del Capo è arrivata proprio nel giorno in cui i giornali veneti pubblicavano «il manifesto per la Lega che verrà» scritto da Bepi Covre e Marzio Favero, l’eretico e il filosofo del Carroccio. Un manifesto che ha fatto infuriare qualche senatore di lungo corso (l’inciso sugli amministratori «inesorabilmente in attrito con chi ha fatto l’abitudine ai privilegi romani e nemmeno se ne accorge» non è piaciuto affatto) ma ha pure raccolto larghi consensi, specie tra i nomi di quella new wave padana chiamata a governare il cambiamento. Se mai ci sarà.
«Bepi e Marzio pongono alcune questioni condivisibili, per nulla scandalose o rivoluzionarie - commenta il governatore Luca Zaia - anzi, il manifesto mi pare quasi una sintesi di cose che sento ripetere da un po’ di tempo nel nostro dibattito interno, che fortunatamente è sempre piuttosto vivace. I capisaldi della Lega, ossia l’autonomia e il federalismo, restano fermi e vanno coniugati con un pragmatismo che ci porti a preoccuparci dei problemi della nostra gente, lasciando perdere il resto». Un punto, in particolare, sta a cuore al governatore: «Rifiutiamo la logica delle correnti, che non ci appartiene. I veneti hanno un’identità forte, che non dipende dalla Lombardia». Un punto, questo del «mai servi di Milano» che da sempre attraversa come un fiume carsico il corpaccio padano ma che ora sta sgorgando più violento, perché com’è, come non è, quando si parla a livello nazionale di un possibile ricambio al vertice, pare sempre una partita da giocarsi tutta tra Varese e Milano.
E i veneti, che hanno fatto di questa regione la più leghista d’Italia, non ci stanno più a fare i portatori d’acqua. «Abbiamo condotto per vent’anni delle battaglie giustissime - aggiunge Nicola Finco, coordinatore dei Giovani Padani - ma nei prossimi anni ci attendono nuove sfide, che non possiamo affrontare con vecchi slogan e vecchi schemi che rischiano solo di esporci al vento dell’antipolitica. Dobbiamo concentrarci sulle imprese, così da far ripartire il Veneto, e sui giovani, che comprensibilmente chiedono di avere un ruolo nella Lega che verrà. E poi ripartiamo dal territorio: a Roma, fino a quando non avremo il 51% dei consensi, saremo sempre laterali, per quanto ci impegniamo. Qui, invece, possiamo essere davvero incisivi e fare del Carroccio una Svp del Nord che contratti di volta in volta con lo Stato centrale le sue pretese».
Abbandonare Roma, dove ancora ci si deve riprendere dal mortifero abbraccio del Cavaliere, e ripartire dal territorio, dall’esercito di amministratori che si è andato formando in questi anni, di elezione in elezione: «Il loro lavoro, dalla Regione al più piccolo dei Comuni, sta emergendo e viene riconosciuto dalla base, dal partito e spesso, anche se non lo ammetteranno mai, dai nostri avversari - sorride l’assessore regionale al Bilancio Roberto Ciambetti, venetista appassionato -. Ecco, spero che su questo continueremo a concentrarci, invece di spendere energie inutili su Facebook: ciascuno è chiamato a rappresentare la Lega secondo la sua sensibilità, per il bene del movimento». Proprio qui sta un altro dei problemi posti da Covre e Favero: come coniugare le diverse anime che convivono nella Lega, il passato e il futuro. «Abbiamo un elettorato diverso da quello di tutti gli altri partiti - avverte Massimo Bitonci, onorevole sindaco di Cittadella tra i primi Sceriffi allievi di Gentilini - da noi convivono moderati ed estremisti ed il compito del movimento è proprio quello di fare sintesi, con buoni risultati visto il numero di sindaci che possiamo vantare. Sindaci che sono stati poi mandati in parlamento a rivendicare le istanze del territorio e sono diventati classe dirigente. Questa è la strada su cui dobbiamo proseguire».
Marco Bonet

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