lunedì 2 aprile 2012

am-2.4.12. Relativita’ generazionale. - Studio Bankitalia, Giovanni d'Alessio: L'Italia e' ancora un Paese piuttosto ricco, ma la ricchezza degli italiani e' composta sempre piu' dal patrimonio accumulato in passato e sempre meno dal reddito. Negli ultimi anni inoltre, si e' invertita la distribuzione della ricchezza tra le classi di eta': oggi al contrario che in passato gli anziani sono piu' ricchi dei giovani che non riescono ad accumulare.

Caso Maro': De Mistura, preoccupanti dichiarazioni primo ministro Kerala
India: altri 14 giorni carcere per maro'
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In Italia i 10 piu' ricchi come 3 milioni poveri
Ticino. Due paradossi d’attualità: frontalieri e San Gottardo
Ambasciatore russo a Belgrado, entrata in Ue mette a rischio rapporti con Mosca

Caso Maro': De Mistura, preoccupanti dichiarazioni primo ministro Kerala
ultimo aggiornamento: 01 aprile, ore 17:25
Nuova Delhi, 1 apr. (Adnkronos) - "Se confermate, le dichiarazioni del primo ministro del Kerala "sono preoccupanti". Lo ha detto il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura raggiunto al telefono dall'Adnkronos a Nuova Delhi, dove e' appena arrivato per una nuova missione a sostegno dei due maro' italiani. Il suo commento giunge dopo che il primo ministro del Kerala, Oommen Chandy, ha detto che i due italiani devono essere giudicati in India, secondo quanto riporta la stampa indiana.

India: altri 14 giorni carcere per maro'
Lo ha deciso magistrato del Kerala. Oggi De Mistura a Trivandrum
02 aprile, 08:35
(ANSA) - NEW DELHI, 2 APR - Il magistrato che istruisce il processo in Kerala contro i maro' Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha disposto oggi altri 14 giorni di custodia giudiziaria. Lo ha appreso l'ANSA da fonti che seguono direttamente la vicenda. Il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, tornato ieri a New Delhi, si trasferira' oggi a Trivandrum dove i due militari italiani sono detenuti con l'accusa di aver ucciso due pescatori indiani scambiandoli per pirati.
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In Italia i 10 piu' ricchi come 3 milioni poveri
Studio Bankitalia: sempre piu' patrimoni, giovani in difficolta'
01 aprile, 15:19
ROMA - In Italia i 10 individui piu' ricchi posseggono una quantita' di ricchezza piu' o meno equivalente ai 3 milioni di italiani piu' poveri.
E' quanto emerge da uno studio pubblicato negli Occasional papers di Bankitalia che rileva anche che la ricchezza e' sempre piu' legata ai patrimoni e che i giovani sono piu' poveri degli adulti.
L'Italia e' ancora un Paese piuttosto ricco, ma la ricchezza degli italiani e' composta sempre piu' dal patrimonio accumulato in passato e sempre meno dal reddito. Negli ultimi anni inoltre, si e' invertita la distribuzione della ricchezza tra le classi di eta': oggi al contrario che in passato gli anziani sono piu' ricchi dei giovani che non riescono ad accumulare.
E' quanto emerge dallo studio Bankitalia che analizza l'evoluzione della ricchezza e la diseguaglianza nel nostro paese. E se da un lato i dati evidenziano l'esistenza di un conflitto generazionale in termini di redditi, lo studio di Giovanni d'Alessio conclude che il livello di diseguaglianza e' comparabile a quello di altri Paesi europei.

Ticino. Due paradossi d’attualità: frontalieri e San Gottardo
di Silvano Toppi - 03/29/2012
Alle volte per rendersi conto della realtà o per provocarla e illuminarla servono i paradossi. Non lo dico io, lo dice un illustre statista ed economista, Luigi Einaudi. “Amante del paradosso è colui il quale ricerca e scopre la verità esponendola in modo da irritare l’opinione comune, costringendola a riflettere ed a vergognarsi di se stessa e della supina inconsapevole accettazione di errori volgari” (da ‘Lo scrittorio del presidente’, capitoloSullo scrivere per il pubblico). Forte ma utile. Vorrei proporre due paradossi d’attualità.
1) La monotonia politica ticinese ci offre da tempo il tema dei frontalieri. Dapprima proposto come assurdità che grida vendetta, anche se non si sa a chi: come tollerare gli oltre cinquantamila frontalieri che entrano in Ticino a lavorare di fronte a uno dei tassi di disoccupazione cantonale più elevati della Svizzera? Interrogativo che non è però mai accompagnato da un’altra persistente stranezza che potrebbe invece essere una buona opportunità di autoanalisi economica.
Perché la causa della stortura è da attribuire ai lavoratori frontalieri e non a chi li assume, al tipo di economia che ci siamo dati, a chi permette l’insediamento di “industrie” italiane divoratrici di frontalieri e creatrici di zero valore aggiunto per l’economia cantonale (vedi recente caso “call center” segnalato dall’Ocst)?
Poi, in altra fragorosa battuta, i frontalieri usati come strumento di ricatto (voltala e girala, la parola può essere solo questa): siccome Roma non ci ascolta per toglierci dall’infamia delle liste dei paradisi fiscali, per giungere presto ad un accordo sulla fiscalità o la doppia imposizione, per migliorare i rapporti economici applicando il principio della reciprocità e superando il burocratismo italiano, diamoci noi una mossa bloccando il cinquanta per cento dei ristorni delle imposte dei frontalieri (penalizzando però più che Roma i vicini comuni italiani che ne sostengono i servizi).
È passato più di un anno dalla tonitruante strategia ma a Roma, anche per la partenza del riaddolcito Tremonti e l’arrivo del compassato Monti, non si muove un gran che. Anzi, la situazione sembra persino peggiorata poiché riversata tutta su Bruxelles, più intransigente.
Ecco quindi l’ultima strategia, emersa al Nazionale con la comparsata ticinesamente iperbolica di sette deputati ticinesi alla tribuna per parlarne, anche perché i frontalieri rendono politicamente (non bastava il più che chiaro intervento di Pelli?): ridurre il ristorno delle imposte dei frontalieri dal 38,8 al 12,5 per cento. «Ma la strada è ancora lunga per trovare una soluzione», ammette lo stesso Pelli.
Ci si può chiedere a questo punto se non sia il caso di procedere come gli austriaci nel 1853 contro il ribelle Ticino (espulsione per ripicca politica di seimila lavoratori ticinesi dalla Lombardia: visitate i “fortini della fame” di Camorino, una bella lezione storica!). Dunque, indifferenti come ormai siamo alla violazione degli accordi internazionali, perché non fermiamo subito per una settimana l’entrata dei frontalieri? Avremmo due vantaggi. Creeremmo un efficace subbuglio in tutta Italia e anche in Europa dimostrando molto più concretamente che cosa significhi mettere improvvisamente allo sbaraglio cinquantamila lavoratori: il governo di Roma sarebbe costretto a tenerne conto e quei lavoratori non sarebbero un pretesto o un’arma di ricatto, ma degli uomini-protagonisti.
Potremmo poi finalmente verificare con concretezza quanto siano necessari i frontalieri al Ticino o come sia applicabile una loro forzosa matematica riduzione, proposta da alcuni benpensanti: quali servizi dovrebbero cessare ogni attività, quante industrie dovrebbero chiudere, di quanto diminuirebbe il prodotto interno lordo o la ricchezza creata nel cantone, quanto perderemmo in gettito fiscale, quanti ticinesi sarebbero pronti a compensare quel mancato lavoro, di quanto si pulirebbe l’aria? Ecco la chiarezza e la verità che porta il paradosso.
2) Altro tema incombente è il raddoppio del tubo autostradale del San Gottardo. Senza quel raddoppio camuffato, si sostiene, sarebbe la catastrofe economica del Ticino e la fine del turismo. Non entro nel merito ma prendo il discorso da un’altra parte, che purtroppo sarà subito etichettata di “politicamente scorretta”, anche se racchiude verità fondamentali. Il nostro territorio, preziosissimo, lo abbiamo messo a soqquadro per conto nostro e abbondantemente a disposizione (come le acque) per quella che è la massima arteria di comunicazione tra Nord e Sud che è servita e serve ancora alla Svizzera come merce di scambio con l’Europa.
Non è però solo una questione di occupazione di territorio. È una privazione con sacrificio enorme (che, sostengono i contrari, con il raddoppio sarebbe ancora più devastante). È un consumo smisurato di aria, di ossigeno, di quiete, di luoghi, abitazioni e terreni resi pressoché inabitabili o svalutati. È una perdita immensa di valore di territorio, di ambiente, di paesaggio (turismo) e soprattutto di salute (vedi ultimi dati relativi al Luganese e al Mendrisiotto).
Illustri esperti federali hanno valutato che il traffico stradale, compreso tutto, genera in un anno costi e perdite per 65 miliardi di franchi. Diamo questa valutazione per buona, anche se solo quantitativa e per niente qualitativa. Calcolando che un buon 30 per cento di quel traffico più inquinante passa nello stretto corridoio ticinese, il nostro Cantone sopporterebbe quindi un costo annuo di una ventina di miliardi di franchi, dieci volte le sue entrate fiscali.
È vero che quegli esperti attribuirono solo un sette per cento ai costi esterni, ambientali: 4 miliardi per tutta la Svizzera, cifra che appare ormai ridicola. Teniamola comunque buona. Constateremo allora che per l’enorme consumo di ambiente nel Ticino la Confederazione ci corrisponde si e no lo 0,3 per cento. Generosissimo Ticino. E se, al di là della storia del tubo, ci occupassimo anche di questo mercato praticamente ignorato, ma nel quale siamo già realmente e maledettamente perdenti e paganti? Già, ma i bilanci globali, sociali, ambientali rimangono sempre paradossi per la politica e i politici.

Ambasciatore russo a Belgrado, entrata in Ue mette a rischio rapporti con Mosca
L’entrata della Serbia nell’Unione europea “segnerà la fine della validità degli accordi bilaterali sul libero commercio attualmente esistenti con Mosca, con una prevedibile riduzione delle esportazioni serbe verso la Russia”. E’ quanto dichiarato dall’ambasciatore russo a Belgrado, Aleksandr Konuzin, in un articolo da lui scritto per il nuovo numero della rivista ‘Nin’. Secondo Konuzin, “la Russia comprende le aspirazioni della Serbia verso una migliore qualità del livello di cooperazione con l’Ue”, ma è altrettanto necessario evitare di “causare danni collaterali” attraverso l’avvicinamento a Bruxelles. “Il rischio è reale”, ha sottolineato il rappresentante della diplomazia russa, che ha inoltre menzionato la cooperazione energetica fra i due paesi, di fondamentale importanza per Belgrado. “Le regolamentazioni europee riguardo al gas naturale e al mercato dell’energia elettrica vanno in direzione contraria all’accordo di cooperazione sottoscritto fra Mosca e Belgrado il 25 gennaio 2008, e potrebbe complicare la nostra collaborazione”. Ricordando infine che uno Stato Ue a pieno titolo deve anche condividere la politica estera di Bruxelles, Konuzin ha osservato che “la questione kosovara rappresenta il problema principale”, e che i paesi dell’Ue si sono opposti alla decisione serba di tenere elezioni anche in Kosovo. Gli accordi raggiunti fino ad ora con Pristina, ha concluso l’ambasciatore, “sono dei tentativi di introdurre le autorità kosovare all’interno delle istituzioni internazionali facendole passare dalla porta di servizio”. La Russia, ha infine precisato Konuzin, accetterà ogni decisione che verrà presa dalla popolazione serba, e proseguirà nella sua collaborazione con una paese amico come la Serbia.

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