sabato 19 maggio 2012

am_19.5.12/ Ticino, Mauro Baranzini: Chi scrive non sa dove si andrà a parare. Se veramente l’area Euro non riuscirà più a stare assieme, e saranno dolori in ogni caso, personalmente penso che sarebbe meglio che i Paesi forti escano, creando una nuova area monetaria, alla quale la Svizzera si potrebbe agganciare con un cambio fisso.---Tra il 2007 e il 2011 l'occupazione in Italia è diminuita di circa 250.000 unità ma il dato significativo è che a fronte di un calo di un milione di lavoratori italiani si registra un aumento di 750.000 lavoratori stranieri.

India, depositate le accuse contro i marò. Roma richiama l'ambasciatore a New Delhi
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Istat: boom di lavoratori stranieri
Irlanda rischia nuovo salvataggio banche
Ticino. I nodi vengono al pettine

India, depositate le accuse contro i marò. Roma richiama l'ambasciatore a New Delhi
Roma, 18 mag. (Adnkronos/Ign) - Alla luce degli sviluppi della situazione in Kerala e dei capi di imputazione a carico dei due militari italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, l'Ambasciatore a New Delhi Giacomo Sanfelice è stato richiamato a Roma per consultazioni con il Governo. Lo riferisce una nota della Farnesina.
La polizia dello stato indiano del Kerala, riferisce la stampa locale, ha depositato oggi in tribunale 196 pagine di accuse contro i due marò Latorre e Girone. I due italiani sono accusati di omicidio, tentato omicidio, danni e azione comune per delinquere.
Le accuse comprendono anche la violazione dell'articolo 3 della Convenzione Internazionale per la repressione degli atti illeciti nella navigazione marittima. Gli atti, depositati tre mesi dopo i fatti, affermano che la nave italiana Enrica Lexie stava navigando a 20,5 miglia nautiche dalla costa indiana quando i due marò avrebbero aperto il fuoco contro il peschereccio St. Antony, provocando la morte di due marinai indiani.
Vengono elencati fra i reperti sequestrati sulla Enrica Lexie, il Voyage Data recorder, sei pistole Berretta, due mitragliette leggere, 1690 pallottole, dati Gps e il diario di bordo (in italiano e inglese).
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Istat: boom di lavoratori stranieri
 A marzo industria al palo
A fronte di un calo di un milione di occupati italiani, dal 2007 al 2011 quelli immigrati sono aumentati di 750.000 unità
ROMA - Tra il 2007 e il 2011 l'occupazione in Italia è diminuita di circa 250.000 unità ma il dato significativo è che a fronte di un calo di un milione di lavoratori italiani si registra un aumento di 750.000 lavoratori stranieri. È quanto si legge dalle statistiche sulla coesione sociale pubblicate dal ministero del Lavoro sulla base dei dati Istat. Secondo i dati Istat gli occupati sono passati da 23.222.000 nel 2007 a 22.967.000 nel 2011 con un calo di 255.000 unità (-1,09%). I lavoratori con cittadinanza italiana sono passati da 21.719.000 a 20.716.000 (oltre un milione in meno pari a -4,61%). I lavoratori immigrati sono passati dai 1.502.000 del periodo pre crisi economica a 2.251.000 nel 2011 con un aumento di 749.000 unità (+49,8%).
Badanti e colf. Il dato è anche il risultato degli interventi per la regolarizzazione dei lavoratori sommersi, soprattutto badanti e colf. L'aumento dell'occupazione straniera è stato rilevante soprattutto per la componente femminile con il passaggio da 579.000 unità del 2007 a 960.000 (+65,8%) nel 2011 mentre l'occupazione degli uomini stranieri nello stesso periodo è passata da 924.000 unità a 1.292.000 (+39,8%).
Gli italiani. Nell'andamento dell'occupazione italiana sono stati penalizzati soprattutto i maschi con il passaggio da 13.133.000 occupati nel 2007 a 12.327.000 (con oltre 800.000 unità in meno e un -6,13%) mentre per le donne si è registrato un calo più contenuto. L'occupazione delle donne con cittadinanza italiana è passata da 8.586.000 unità a 8.389.000 unità con circa 200.000 unità in meno (-2,29%). L'occupazione degli italiani è diminuita soprattutto nel Mezzogiorno con un calo da 6.345.000 del periodo pre crisi a 5.922.000 nel 2011 (423.000 posti con un -6,66%) mentre nel Nord gli occupati italiani sono diminuiti da 10.974.000 a 10.565.000 (409.000 posti in meno con un -3,72%). Nel Centro l'occupazione è diminuita di di 173.000 unità (da 4.401.000 a 4.228.000 unità) con un -3,93%. Per gli stranieri l'occupazione nel Nord nel corso della crisi è aumentata da 947.000 unità a 1.360.000 (+43,6%) mentre nel Sud l'aumento è stato del 71,3% passando da 171.000 unità a 293.000. Un aumento consistente del lavoro immigrato si è registrato anche per il Centro con un +55,3% (da 385.000 a 598.000).
L'industria. Pubblicati anche i dati Istat sull'andamento dell'industria. Il fatturato a marzo resta fermo su febbraio (dato destagionalizzato), mentre cala del 3,1% (dato corretto per effetti calendario) su base annua. Sulla negativa performance pesa l'andamento del mercato interno. La variazione nulla registrata rispetto al mese precedente, spiega l'Istat, è sintesi di un calo dello 0,7% sul mercato interno e di un aumento dell'1,3% su quello estero. Quindi, nella media degli ultimi tre mesi, l'indice scende dell'1,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto tendenziale, il calo, il terzo consecutivo, deriva da una flessione del 6,8% sul mercato interno e da un aumento del 4,8% su quello estero.
Nel dettaglio, gli indici destagionalizzati del fatturato segnano incrementi congiunturali per l'energia (+7,1%) e per i beni intermedi (+1,0%). Invece, diminuiscono quelli dei beni strumentali (-4,4%) e dei beni di consumo (-0,3%). Guardando ai diversi settori, su base annua, il fatturato corretto per gli effetti di calendario, registra gli incrementi maggiori nei settori della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+13,2%), dell'estrazione di minerali da cave e miniere (+9,5%) e delle industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,8%); le variazioni negative più marcate si rilevano nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-11,6%), nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-10,8%) e nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-10,5%).

Irlanda rischia nuovo salvataggio banche
Analisi banca tedesca,ma Dublino smentisce:centreremo obiettivi
18 maggio, 16:59
(ANSA) - ROMA, 18 MAG - L'Irlanda puo' essere costretta a un secondo salvataggio bancario per l'aumento delle sofferenze. Lo prevede Deutsche Bank secondo cui gli istituti gia' salvati nel 2010 possono aver bisogno di una nuova iniezione di liquidita' per coprire fino a 4 miliardi di euro di ulteriori accantonamenti oltre a quelli previsti dagli stress test. Il portavoce del governo ha smentito l'ipotesi, scrive Bloomberg assicurando che Dublino centrera' tutti gli obiettivi per tornare sul mercato nel 2013.

Ticino. I nodi vengono al pettine
di Mauro Baranzini
Romano Prodi, di cui ho grande stima, ha detto che sparare adesso sull’Euro è come sparare sulla Croce Rossa. Sembra invece che la Merkel abbia detto che se l’Euro fallisce non saremo sicuri di avere altri 50 anni di pace e stabilità in Europa. Sono affermazioni che fanno tremare le vene e i polsi, soprattutto a chi conosce bene gli orrori delle due guerre mondiali, e non solo. Ma perché si è arrivati fin qua, sull’orlo del precipizio? Facciamo un passo indietro. Quando nel lontano 1988 si tracciarono, a Maastricht, le linee guida per la moneta unica, ci si illuse che un balzo in avanti di orgoglio della Comunità Europea (allora si chiamava così) avrebbe permesso una maggiore integrazione economica, sociale e politica. Ottimo progetto. Ma mettere in riga, sia pure con le migliori delle intenzioni, più di dieci nazioni con una storia millenaria così differente non è mai stato un problema facile. È stato relativamente più facile mettere in riga i quasi 50 Stati americani nel 1776, o nel 1783 quando venne approvata la costituzione USA, un gioiello di progetto, e vennero messe le basi per una moneta unica e per lo Stato federale. Si trattava di Stati giovani, certo con importanti differenze, ma non così incrostate come quelle degli Stati europei della fine del XX secolo. La moneta, e non me ne vorranno i miei colleghi per questa semplificazione, è l’espressione di tutta una serie di “dati fondamentali” economici, tra i quali troviamo il tasso di crescita del PIL, quello della produttività, i tassi di inflazione e di interesse, i saldi della bilancia commerciale e delle partite correnti (che include i servizi), la competitività internazionale della propria economia, la litigiosità o la ragionevolezza dei sindacati, i flussi (o deflussi) di capitali finanziari e la struttura fiscale e dello stato sociale. E la lista potrebbe continuare. Se negli anni Ottanta vi era una parvenza di convergenza di questi “fondamentali” nei vari Stati europei, gli anni Novanta e il primo decennio di questo secolo hanno dimostrato proprio il contrario. Un esempio: negli ultimi 12 anni il costo del lavoro nei Paesi mediterranei dell’UE è aumentato del 50% e più; in Germania di pochi punti percentuali, con una grande disponibilità dei sindacati a mantenere la competitività del lavoro. Negli ultimi 15 anni la bilancia commerciale e delle partite correnti dei Paesi mediterranei ha marcato continui peggioramenti; quella dei Paesi più virtuosi ha continuato ad essere positiva. A questi fatti si aggiungano i grossi disavanzi del settore pubblico a sud, e conti più controllati nel centro e nel Nord Europa.
Approfittando di tassi di interesse bassi (un grosso errore), i Comuni e le Regioni spagnole si sono super-indebitati; e adesso il costo sta per divenire ingestibile.
Chi scrive non sa dove si andrà a parare. Se veramente l’area Euro non riuscirà più a stare assieme, e saranno dolori in ogni caso, personalmente penso che sarebbe meglio che i Paesi forti escano, creando una nuova area monetaria, alla quale la Svizzera si potrebbe agganciare con un cambio fisso. Così i Paesi deboli resterebbero con l’Euro, con tre vantaggi. Quello di evitare la corsa agli sportelli bancari, di rallentare il processo di fuga di capitali all’estero e di permettere alla Banca Centrale Europea, che resterebbe certo non più a Francoforte, di “stampare moneta” per evitare ulteriori crisi. Gli squilibri delle bilance commerciali e delle partite correnti potrebbero così essere in parte riassorbiti. E la Banca Nazionale svizzera non dovrebbe più spendere montagne di soldi per mantenere un cambio irrealistico e pericoloso come quello attuale. Chi vivrà vedrà; speriamo solo che quanto detto (se è vero) dalla cancelliera tedesca non si verifichi. L’Europa ha bisogno non solo di altri 50 anni di pace e stabilità, bensì di mille.


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