sabato 16 giugno 2012

am_16.6.12/ Lombardo ha fallito; qualunque altro medico non avrebbe fatto meglio: amministrare vuol dire masticare economia e tecnica aziendale, ma lui di produzione, distribuzione, logistica e commercio non ne capisce una beata mazza. Il Sud e’ fatto cosi’: un medico ispira piu’ fiducia elettorale di un ingegnere, uno statistico o di un venditore ambulante d’aglio. Forse perche’ questi ultimi non potranno mai essere Canonizzati, e quindi non possono – ne’ potranno - fare il Miracolo, per la Nonna o per lo Zio.

La Sicilia in crisi, la Regione allo sbando
Napoli, piano di investimento da 100 milioni in tre anni
Fmi: Spagna:recessione senza precedenti
Merkel prima del G20 accusa la Francia: rifiuta i controlli sul bilancio
Rajoy, futuro Spagna in gioco

La Sicilia in crisi, la Regione allo sbando
Al di là della retorica autonomista, utilizzata dal presidente della Regione quale bandiera ideologica per accusare il potere centrale, resta un quadro fatto di immobilismo e di spreco. Con la gestione distorta del denaro pubblico, in chiave clientelare ed elettoralistica, una intera classe dirigente locale e regionale ha organizzato consensi e preferenze
di NINO SUNSERI
La crisi economica ha aggredito la Sicilia. Se qualcuno non se ne fosse accorto ci sono i dati della Banca d’Italia, ribaditi dagli studi della Cisl, certificati dagli uffici regionali che annunciano l’esaurimento dei fondi per la cassa integrazione. Sullo sfondo il pericolo più grave: l’impossibilità per Palazzo dei Normanni, entro la fine dell’anno, di poter pagare stipendi e pensioni dovendo fronteggiare un debito di cinque miliardi.
Poi ce la possiamo raccontare come vogliamo ma con i numeri è difficile litigare. Il Pil regionale calerà quest’anno di quasi il 3% e gli occupati del 2,2% cosicché a lavorare sarà poco più del 40% dei siciliani in età da lavoro. Una crisi che si somma ad un 2011 molto difficile. Il tasso di occupazione s´è attestato al 56,4% per gli uomini (-0,7%) e al 27,7% per le donne (-1%). I debiti delle famiglie sono aumentati del 3% e sono, ora, più alti della media nazionale.
Il gelo della crisi ha presentato il conto. Chi si illudeva che la Sicilia potesse uscirne indenne adesso deve fare i conti con la realtà. Al di là della retorica autonomista, utilizzata dal presidente della Regione quale bandiera ideologica per accusare il potere centrale, resta un quadro fatto di immobilismo e di spreco. I fondi europei utilizzati poco e male così come un tempo avveniva con la Cassa per il Mezzogiorno. Con la gestione distorta del denaro pubblico, in chiave clientelare ed elettoralistica, una intera classe dirigente locale e regionale ha organizzato consensi e preferenze. E, soprattutto, ha sperperato risorse destinate alla collettività. I risultati sono quelli certificati dalla Banca d’Italia: la disoccupazione è cresciuta al 19,5 % trascinando la Sicilia al fondo della classifica della disperazione. Solo la Campania ha un numero di disoccupati maggiore del nostro (19,6%). I giovani siciliani sono i più colpiti: solo il 20,9 % dei diplomati tra i 20 e i 24 anni è occupato e solamente la metà dei laureati tra i 25 e i 34 anni ha trovato un lavoro (il 49,3%). I siciliani in cerca di occupazione si sono ridotti del 3 per cento. In presenza di una diminuzione degli occupati il fenomeno è da ricollegare all'effetto scoraggiamento. Vuol dire che le persone stanche di bussare alle porte che restano invariabilmente chiuse hanno lasciato perdere. Le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà reale sono il 27%, la percentuale più alta, in termini assoluti, del Mezzogiorno. In particolare, secondo la relazione della Banca d'Italia, dal 2007 al 2010 la spesa media mensile delle famiglie si è ridotta del 9%, raggiungendo il valore minimo dal 2002. La contrazione, superiore alla media italiana (-4 per cento), ha portato a un ampliamento del divario tra la Sicilia e il resto del Paese. A partire dal 2008 tutte le principali voci di spesa hanno registrato una diminuzione. Il calo è stato particolarmente intenso per i trasporti, l'abbigliamento, i ristoranti e gli alberghi.
Il quadro è quello di una economia che si va progressivamente desertificando. L’impresa privata umiliata e costretta a ritirarsi (come insegna il caso della Fiat di Termini Imerese). La Regione che, invece di mettersi al centro di politiche di sviluppo, è diventata un freno. Una casta attenta solo ai propri interessi. Da qui l’esplosione degli organici con la stabilizzazione dei precari, gli aumenti di stipendio ai propri dipendenti, la totale assenza di programmi e di progetti. Solo gestione clientelare attenta a garantirsi la sopravvivenza. Né si vedono pentimenti all’orizzonte. Basta vedere il balletto in corso all’Ars e nelle immediate vicinanze.
L’aula impegnata nella manovrina con l’unico scopo di riuscire a strappare ancora qualche boccone da quel che resta del bilancio regionale. Tutt’intorno i partiti che fanno il gioco dei quattro cantoni con le dimissioni di Lombardo e della sua giunta. Immagini desolanti. Prive anche della grandiosità e dell’eleganza dell’orchestra che suona sul Titanic vicino al naufragio o del gran ballo alla Corte di Vienna mentre, nel 1918, quel che resta del Sacro Romano Impero (la più grande istituzione politica della storia d’Europa) si avvia al disfacimento.
Qui, invece, si vede solo la corsa disperata di uomini intrappolati che cercano una via di fuga verso il futuro. Adesso si aspettano le elezioni e la nuova assemblea che uscirà dalle urne. Sarebbe auspicabile una campagna elettorale imperniata sui programmi anche se, francamente, siamo scettici. In ogni caso è di assoluta evidenza che la prossima legislatura dovrà avere natura costituente. Nelle casse non ci sono più soldi come certificato dal Ragioniere generale e non ce ne saranno più. Difficile che il futuro governo nazionale, qualunque esso sia, torni a privilegiare la Sicilia. La ricreazione è veramente finita. Difficile (oltre che ingiusto) che le tasse raccolte in Veneto vengano a finanziare i precari siciliani o la sanatoria che gonfia gli organici degli enti locali di fannulloni (come dimostra la protesta nei giorni scorsi del sindaco di San Biagio Platani).
Infine, i dati sulla tassa per l’immondizia sono tremendi. Testimoniano dell’assoluta inefficienza dei Comuni. La percentuale di evasione è altissima visto che si aggira fra il 70 e l’80% con punte del 99%. Insomma nessuno paga per il servizio di raccolta dei rifiuti e gli enti locali non sono capaci di farsi valere. Il festival dell’evasione mentre le aziende che lavorano nel settore vantano un miliardo di crediti. Chi pagherà? Deve essere chiaro che i pochi soldi che, da ora in avanti, arriveranno alla Sicilia dovranno essere dedicati alle imprese, allo sviluppo, alla crescita. Basta con l’assistenzialismo.
Non solo non serve a nulla ma è anche il mandante del deserto che sta diventando l’economia siciliana. I dati resi noti ieri hanno segnato la svolta. La Regione non è più in grado di sostenere nessuno. Nemmeno se stessa, se diamo credito all’allarme della Cisl sulle difficoltà di pagamento di stipendi e pensioni per la fine dell’anno.

Napoli, piano di investimento da 100 milioni in tre anni
È finanziato con una ricognizione dei mutui «dormienti» per 57 milioni di euro di cui 31 saranno impiegati per arredo urbano, manutenzione scuole e strade
NAPOLI - N ei prossimi tre anni il Comune di Napoli darà seguito a un piano di investimenti per 100 milioni di euro. Il programma è contenuto nella manovra di bilancio previsionale 2012 illustrata oggi dall'assessore Riccardo Realfonzo in Consiglio comunale. Il piano, come spiegato, è finanziato con una ricognizione dei mutui «dormienti» per 57 milioni di euro di cui 31 saranno impiegati per arredo urbano, manutenzione straordinaria di scuole, strade, della Villa comunale, acquisto beni mobili per scuola infanzia, parcheggi e Municipalità, e 26 milioni per nuovi investimenti tra cui manutenzione metropolitana, varchi telematici per ztl, aumento capitale del Caan e di Bagnolifutura, ambiente, sport, politiche sociali.
RISPARMI DI SPESA - La restante parte, sarà finanziata con l'alienazione di quote di proprietà di Stoà e Gesac per circa 20 milioni e con 23 milioni derivanti dalla vendita del patrimonio immobiliare. Ma nel documento è contenuta anche un'azione di spending review «avviata lo scorso anno» improntata, come illustrato, «al miglioramento del sistema delle riscossioni, alla lotta all'evasione che ha prodotto un incremento delle entrate di 22 milioni a fronte degli 11 previsti, alla riforma della macchina comunale, verifica dell'efficienza della spesa, lotta alla formazione dei debiti fuori bilancio». Sul fronte della spesa corrente, è stato evidenziato come il 2012 mostri «una lieve diminuzione» con 11 milioni di euro in meno rispetto allo scorso anno, ma nonostante ciò, ha sottolineato Realfonzo, il Comune di Napoli «aumenta la spesa sociale, le spese per ambiente e cultura, spostando le risorse dalle attività di auto-amministrazione».
PARTECIPATE - Altro capitolo, la revisione del sistema delle partecipate che ha detto l'assessore «giungerà a piena maturazione con il loro dimezzamento» e con la nascita , «entro la fine dell'anno» di un'unica società del trasporto pubblico locale. Le entrate complessive del bilancio di previsione 2012, come illustrato al ter mine della relazione, ammontano a circa 3 miliardi di euro in diminuzione dell'1,49 per cento rispetto al 2011 e l'utilizzo delle leve fiscali da parte del Comune «ha permesso - ha concluso Realfonzo - di mantenere sostanzialmente immutato il livello di spesa rispetto all'anno precedente».

Fmi: Spagna:recessione senza precedenti
Il Fondo Monetario avverte, prospettive molto difficili
15 giugno, 19:04
(ANSA) - ROMA, 15 GIU - Le prospettive per la Spagna sono "molto difficili": l'economia è nel mezzo di una nuova recessione "senza precedenti, con un tasso di disoccupazione già a livelli inaccettabili, il debito pubblico che sale rapidamente e Il sistema finanziario che necessita di ricapitalizzazione". Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale guidato da Christine Lagarde.

Merkel prima del G20 accusa la Francia: rifiuta i controlli sul bilancio
articoli degli inviati Beda Romano e Vittorio Da Rold
A qualche giorno da una delicato G-20, il cancelliere Angela Merkel ha difeso strenuamente ieri le proprie posizioni contro una mutualizzazione dei debiti nella zona euro. Ai più l'intervento della signora Merkel potrà sembrare l'uscita di un leader colpevolmente in trincea. In realtà, dietro alle sue parole si nasconde una Germania convinta che l'integrazione europea richieda una necessaria cessione di sovranità.
«Il pericolo che si nasconde dietro alle proposte impulsive di mutualizzazione» dei debiti pubblici è di nascondere le differenze dei livelli economici appiattendo i rendimenti obbligazionari dei diversi stati, ha avvertito ieri la signora Merkel, parlando a Berlino davanti a una platea di dirigenti di imprese famigliari. «Colui che non vuole vedere questa realtà fa una scelta mediocre. E la mediocrità non deve diventare la regola» nella zona euro.
«Non ci sarà una buona unione economica e monetaria senza una unione politica», e senza quindi una cessione delle sovranità nazionali. «Non si può volere gli eurobonds e al tempo stesso rifiutare ogni controllo» sui bilanci nazionali. La signora Merkel ha ricordato che nel 2011, mentre i Paesi negoziavano il fiscal compact (il patto che prevede una sorveglianza rafforzata sui bilanci nazionali), si era detta pronta a dare alla Corte di Giustizia il potere di «invalidare» i bilanci in deficit eccessivo, «ma questo - ha aggiunto il cancelliere - non piace ad alcuni Paesi». Il cancelliere ha parlato di «mancanza di fiducia tra gli attori» della zona euro. La critica era rivolta alla Francia, che solo ora ha proposto una unione bancaria che comporterebbe una cessione di sovranità nella vigilanza delle banche. Ancora più netto è stato il cancelliere nel criticare la politica economica del partner francese. «Se guardate all'evoluzione del costo del lavoro negli ultimi dieci anni in Germania e in Francia, un decennio fa la Germania era messa un po' peggio. Oggi le differenze stanno crescendo» a vantaggio della Germania. «Anche di questo bisogna parlare in Europa».
Proprio ieri si è tenuta una teleconferenza tra i capi di Governo di Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna nella quale hanno discusso del prossimo G-20, in programma a Los Cabos (in Messico) lunedì e martedì prossimi. I leader «hanno constatato un'ampia convergenza di vedute fra loro - secondo un comunicato diffuso dall'Eliseo - sulle questioni all'ordine del giorno del G-20, e in particolare le priorità da conferire alla crescita e all'occupazione, alle regole per il settore finanziario e al finanziamento dello sviluppo». Da settimane ormai i partner della zona euro dibattono di integrazione europea. La Francia, l'Italia, la Spagna chiedono una mutualizzazione, cioè una messa in comune dei debiti pubblici per lanciare ai mercati un segnalo politico oltre che economico. Dalle recenti prese di posizione dell'establishment tedesco emerge che la Germania non gira le spalle a una maggiore integrazione europea. Vuole però che avvenga nel pieno rispetto dei trattati e delle costituzioni.
L'articolo 125 dei Trattati vieta l'assunzione dei debiti altrui da parte dei Paesi della zona euro. Ciononostante, si discute di un fondo di riscatto dei debiti, proposto dai cinque saggi del governo tedesco. L'establishment è diviso sulla questione. Chi teme di violare i Trattati o la Costituzione pensa che il fondo possa prevedere, anziché la mutualizzazione dei debiti, solo una gestione in comune di obbligazioni che rimarrebbero nazionali. «La stabilizzazione della zona euro - ha assicurato ieri la signora Merkel - è una questione chiave per noi». Fino a interpretare anche in modo estensivo il Trattato, in caso di necessità? La scelta ieri della Germania di criticare così apertamente il partner francese è la migliore prova di come il Paese sia preoccupato dalla crisi debitoria, coinvolto nella ricerca di una soluzione e frustrato dalla reticenza con cui la Francia parla di sovranità nazionale e fatica a riformare la propria economia.
 16 giugno 2012

Rajoy, futuro Spagna in gioco
Debito pubblico troppo elevato riduce accesso a credito
16 giugno, 12:12
(ANSA) - ROMA, 16 GIU - ''E' in gioco'' il futuro della Spagna e ora ''non c'e' alternativa al taglio del deficit''. Il messaggio del primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, e' chiaro e diretto: il debito pubblico e' troppo alto e sta di fatto togliendo credito vitale all'economia. Rajoy, secondo quanto riporta Bloomberg, ha sottolineato ai parlamentari del Partito Popolare che le riforme renderanno la Spagna piu' competitiva e che gli aiuti alle banche serviranno a riportare fiducia nel comparto creditizio.

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