sabato 9 giugno 2012

am_9.6.12/ Le quattro manovre effettuate nel 2010 e nel 2011 e approvate dal precedente e dall'attuale Governo, in un generale contesto di crisi recessiva, hanno un impatto complessivo sul Pil piu' pesante nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord. Lo sottolinea la Svimez. (...) Cio' soprattutto a causa dei tagli alle spese per investimenti, che penalizzano il Mezzogiorno, in particolare per la forte riduzione delle risorse del Fas attuate con successivi interventi dal Governo precedente (oltre 300 milioni nel 2011, oltre 2 miliardi nel 2012, circa 4 miliardi nel 2013). (AGI) Red/Ila .

Maro': Delhi, bene ritorno ambasciatore
Caso Maro': Terzi, ultimi sviluppi sono incoraggianti
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Svimez: con manovre persi 2 punti pil al sud; 0,8 al nord
Moody's,rischio contagio Grecia e Spagna
Crisi spagnola, i conti dell'Fmi: servono 40 miliardi per le banche
Grecia, Pil primo trimestre rivisto a -6,5% anno su anno
Svizzera. «Legare il franco al dollaro»
Ticino. Ma quanti "squattrinati" ticinesi che non sanno gestirsi
Bozen, oltrepadania. Fondo sociale europeo: 160 milioni fino al 2013
Bozen, oltrepadania. «L’inno di Mameli disprezza l’uomo»

Maro': Delhi, bene ritorno ambasciatore
Portavoce governo, relazioni ottime
08 giugno, 13:43
(ANSA) - NEW DELHI, 08 GIU - L'India da' il benvenuto all'ambasciatore italiano Giacomo Sanfelice tornato a New Delhi dopo essere stato richiamato dalla Farnesina lo scorso 18 maggio per ''consultazioni'' sui maro' e ribadisce che le relazioni tra i due Paesi ''sono ottime''. Lo ha detto oggi all'ANSA il portavoce del governo indiano.

Caso Maro': Terzi, ultimi sviluppi sono incoraggianti
ultimo aggiornamento: 08 giugno, ore 16:31
Roma, 8 giu. (Adnkronos) - Nella vicenda che vede coinvolti i due maro' italiani in India "gli ultimi sviluppi sono stati incoraggianti, anche se non sono definitivamente risolutivi". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, intervenendo a Sky TG24. Per il titolare della Farnesina, e' "incoraggiante" che dal capo di imputazione contro i due militari sia stata eliminata l'accusa che poteva consentire all'India di fare ricorso alla legislazione antiterrorismo. "Sarebbe stata una decisione devastante", ha detto Terzi. Si e' trattato quindi di un "atto dovuto, ma oggettivamente di un passo avanti". Il governo, ha aggiunto Terzi, sta seguendo "quotidianmente col massimo impegno" la vicenda.
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Svimez: con manovre persi 2 punti pil al sud; 0,8 al nord
(AGI) - Roma, 8 giu. - Le quattro manovre effettuate nel 2010 e nel 2011 e approvate dal precedente e dall'attuale Governo, in un generale contesto di crisi recessiva, hanno un impatto complessivo sul Pil piu' pesante nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord. Lo sottolinea la Svimez. Le manovre di finanza pubblica si articolano cosi' nel 2012: per il 67% deriva da nuove entrate e per il 33% da minori spese. Tali manovre comportano un effetto depressivo sul Pil dell'1,10% in Italia, differente a livello territoriale: 8 decimi di punto nelle regioni centro settentrionali e 2,08 punti percentuali in quelle meridionali. Se i Governi Berlusconi e Monti non fossero intervenuti con le manovre che si sono susseguite, spiega la Svimez, la variazione in termini di impatto sul Pil, a causa del forte aumento dello spread tra Btp e Bund, sarebbe stata, secondo la Svimez, pari a -2,33% nel Centro Nord e -3,80% al Sud. Le previsioni fatte col modello Svimez - Irpet per il Mezzogiorno e il Centro Nord, tenendo conto degli effetti della manovra, giungono a questa conclusione: nel 2012 il Pil avra' una contrazione dell'1,8% in Italia: -0,8% nel Centro Nord e -2,9% al Sud. Nel 2013 il Pil avra' un leggero aumento dello 0,3%, frutto di un +0,4% nelle regioni centro-settentrionali e di un -0,1% di quelle meridionali. Le manovre correttive di finanza pubblica hanno avuto effetti molto diversificati impattando in modo piu' consistente sulla crescita del Sud rispetto al resto del Paese. Il peso cumulato che le maggiori entrate hanno sul Pil e' sostanzialmente uniforme sull'intero territorio nazionale: 3% nel Centro Nord e 3,1% al Sud nel 2012; 3,4% al Centro Nord e 3,7% nel Mezzogiorno nel 2013. Nel Centro Nord pesa maggiormente l'imposizione diretta, al Sud quella indiretta , ma complessivamente le imposte hanno una maggiore incidenza sul pil delle aree meridionali perche' le indirette (dentro le quali figura anche l'Imu) pesano per 43 miliardi e le dirette per 11. Il peso cumulato delle minori spese e' ben piu' diversificato: 1,2% nel 2012 e 2% nel 2013 nelle regioni centro-settentrionali, 2,3% nel 2012 e 4% nel 2013. Cio' soprattutto a causa dei tagli alle spese per investimenti, che penalizzano il Mezzogiorno, in particolare per la forte riduzione delle risorse del Fas attuate con successivi interventi dal Governo precedente (oltre 300 milioni nel 2011, oltre 2 miliardi nel 2012, circa 4 miliardi nel 2013). (AGI) Red/Ila .

Moody's,rischio contagio Grecia e Spagna
Per agenzia rating eurozona in pericolo,anche Paesi con tripla A
09 giugno, 01:35
(ANSA) - NEW YORK, 9 GIU - Moody's lancia l'allarme Grecia: se dovesse uscire dall'area euro, a rischio ci sono non solo i rating di tutti i Paesi del Vecchio Continente, inclusi quelli con la tripla A come Germania e Francia, ma l'esistenza della stessa Eurozona. Anche perché quella di Atene non è l'unica emergenza: timori ci sono anche per la Spagna. Ed e' dal sistema bancario spagnolo, secondo l'agenzia, che vengono i maggiori pericoli per l'Italia. 'Avvisati' i paesi creditori di Madrid.

Crisi spagnola, i conti dell'Fmi: servono 40 miliardi per le banche
Grandi istituti sufficientemente capitalizzati per resistere a eventuali choc, ma vulnerabili parecchi altri
 Servono almeno 40 miliardi per mettere al riparo il sistema bancario spagnolo da un ulteriore peggioramento della crisi economica e finanziaria. Queste le conclusioni degli stress test del Fondo Monetario Internazionale. Per cui, se le grandi banche spagnole sembrano sufficientemente capitalizzate e pronte a resistere a eventuali choc, restano comunque «vulnerabili» parecchie altre banche, nonostante gli sforzi compiuti dalle autorità e dalla Bce. Gli stress test dell'Fmi hanno preso in considerazione anche lo scenario di un «severo deterioramento delle condizioni economiche».
GLI STRESS TEST - I risultati dell'analisi dell'Fmi confermano le preoccupazioni per lo stato di salute di un sistema bancario - sottolineano da Washington - che negli ultimi quattro anni è stato colpito da una crisi «senza precedenti nella storia moderna», con una ristrutturazione che «inizialmente è andata avanti lentamente». Questo non ha fatto altro che aggravare le cose, col risultato che «la qualità degli asset bancari ha continuato a deteriorarsi» provocando una grave stretta creditizia e accentuando la dipendenza dai fondi della Bce per poter continuare ad avere accesso sui mercati. Il Fondo riconosce quindi come «le autorità spagnole di recente hanno accelerato le riforme del sistema finanziario», compiendo «significativi progressi». Nonostante ciò l'invito alle autorità di Madrid è chiaro: «Bisogna agire rapidamente e non risparmiare sforzi per recuperare la fiducia nel sistema finanziario e preservare la sua stabilità». Ecco quindi la necessità di una iniezione di capitali per almeno 40 miliardi di euro, per rafforzare le molte banche che non reggerebbero l'urto di nuovi choc economici e finanziari. E per adempiere a quelli che sono gli obblighi e i requisiti patrimoniali previsti da Basilea 3. Sono molti di più i soldi che serviranno: «Il capitale necessario per queste banche, poi - prosegue il Fondo - dovrebbe essere più grande se si includono i costi di ristrutturazione e la riclassificazione dei prestiti». La buona notizia è che dagli stress test targati Fmi non sono emerse particolari criticità sugli istituti bancari più importanti. Ma questo di certo non elimina i rischi di un tracollo del sistema finanziario spagnolo e di un contagio ad altri Paesi.

Grecia, Pil primo trimestre rivisto a -6,5% anno su anno
Il Pil della Grecia nel primo trimestre del 2012 è stato rivisto a -6,5% a livello annuale dal -6,2% del dato preliminare. Lo ha reso noto l'ufficio di statistica nazionale, aggiungendo che nell'ultimo trimestre dello scorso anno l'economia greca si era contratta del 7,5% a livello annuale.

Svizzera. «Legare il franco al dollaro»
Di Alexander Thoele e Alexander Kuenzle, swissinfo.ch
Il controverso saggista tedesco Thilo Sarrazin non ha un’idea chiara di come potrebbe essere l’unione politica dell’Europa nel caso di un fallimento dell’euro. Il franco dovrà forse orientarsi di più verso il dollaro. E la Banca nazionale svizzera sarà nuovamente chiamata a intervenire.
 Con il suo primo libro sulla Germania e gli stranieri, Thilo Sarrazin aveva suscitato non poco scalpore nei media tedeschi. Il provocatorio economista aveva esposto tesi genetiche in relazione a politiche sociali, in particolare nel campo dell’immigrazione islamica in Germania.
In un secondo libro di recente pubblicazione, Sarrazin si focalizza invece sull’euro e sull’unione monetaria.
L’ex membro esecutivo della Banca centrale tedesca conosce bene i diversi aspetti della politica monetaria, inflazionistica e dei tassi d’interesse. Spesso, si esprime su ciò che i politici non vogliono dire o di cui non sono a conoscenza. «Se leggessero i miei libri potrebbero perlomeno prendere decisioni migliori», sottolinea a swissinfo.ch.
Nel Sud dell’Europa la gente sta ritirando i propri averi dai conti bancari, mentre al Nord si investe nel mercato immobiliare. C’è ragione di preoccuparsi?
 Thilo Sarrazin: Non mi sorprende nulla di ciò che sta succedendo attualmente. Il Sud dell’Europa, Francia compresa, è confrontato a una duplice missione: ridurre il deficit pubblico e abbassare i salari. Se dovesse fallire, temo che il divario tra Nord e Sud sia destinato ad allargarsi ulteriormente.
Cosa è andato storto?
 T. S.: L’idea di disporre di una moneta comune senza per questo costituire uno Stato comune è fallita. I parametri di Maastricht avrebbero potuto salvare l’unione monetaria, ma non sono stati adottati nella loro totalità. Al Sud, le spese non sono state tenute sotto controllo. Lo stesso vale per il bilancio pubblico di tutti i paesi.
Ora il Nord tirerà fuori dagli impicci il Sud, ciò che viola le clausole contrattuali dell’unione monetaria.
Nel suo libro afferma che l’Europa non ha affatto bisogno dell’euro…
 T. S.: Nel mio libro espongo ciò che va fatto. Le banche centrali non devono finanziare i debiti e i disavanzi delle partite correnti dei paesi europei del Sud. Dobbiamo tornare al principio secondo cui ogni paese deve estinguere i propri debiti. Altrimenti si compromette la stabilità a lungo termine dell’unione monetaria.
Lei ritiene che l’euro rappresenta un concetto sbagliato. I politici tedeschi sostengono al contrario che l’euro ha avuto effetti positivi sul mercato comune. Chi ha ragione?
 T. S.: I politici che la pensano così sono coloro che negli ultimi 15 anni hanno condotto l’unione monetaria verso la crisi. La classe politica ha fallito di fronte all’euro. Ora bisogna cambiare mentalità. La prosperità del Sud dell’Europa all’inizio dell’unione monetaria, favorita dai tassi d’interesse bassi, è stata un’illusione. Ciò ha condotto a un’incredibile boom edilizio e ora i paesi del Sud sono paralizzati da deficit e spese elevate.
Lei parla di una differenza di mentalità. Una pura polemica
 T. S.: Se tutti avessero seguito le regole, se tutti avessero agito come i tedeschi… I paesi sono però diversi tra loro. Il problema è che l’unione monetaria potrebbe funzionare soltanto se tutti agissero come i tedeschi!
Per fortuna gli svizzeri sono diversi! Anche la Svizzera è però toccata dal problema, malgrado la sua indipendenza…
 T. S.: La Svizzera è stata confrontata con problemi di rivalutazione già negli anni Settanta. Poi non è successo più nulla fino al 2010. Da allora la pressione si è accentuata. La Banca nazionale svizzera (BNS) è libera di adottare la propria politica. Ma se blocca l’euro a un franco e venti troppo a lungo, rischia di farsi risucchiare dalla crisi inflazionistica dell’Europa. Forse bisognerebbe legare maggiormente il franco al dollaro.
Il fatto di legare il franco all’euro deriva dall’industria dell’importazione, un settore molto importante per la Svizzera. Quali sono i suoi suggerimenti?
 T. S.: La Svizzera deve ponderare due aspetti: la protezione dell’industria dell’esportazione e il vantaggio di importare a basso prezzo. Vanno pure valutati i rischi di una maggiore inflazione da una parte e i vantaggi di un tasso di cambio stabile dall’altra. Meglio che sia la BNS a occuparsi di questo, anche se dovrà ancora intervenire.
Nel suo libro non mancano lodi alla Svizzera. La Confederazione potrebbe essere un modello per l’Ue nella risoluzione dell’attuale crisi?
 T. S.: Non si può trasferire nulla da un paese all’altro. Paesi coma la piccola Svizzera o i grandi Stati Uniti mostrano tuttavia come funziona uno Stato federale: una chiara suddivisione delle competenze tra governo centrale e Stati federali, così come un’autonomia finanziaria e una propria amministrazione per le singole entità federali.
La perequazione finanziaria, così importante per la Svizzera, ha invece un ruolo minore negli Stati Uniti. Ammettiamo che venisse applicata anche in Europa: non deve certo essere il compito della Germania quello di dare soldi ad altri Stati!
Una perequazione finanziaria tra gli Stati europei non consentirebbe però di equilibrare le disparità all’interno dell’Europa?
 T. S.: Bisogna fare una chiara distinzione tra Unione europea e unione monetaria. Uno spazio economico comune e un’unione doganale, che comprenderebbero anche la Svizzera, non sono affatto un’unione monetaria.
La cancelliera tedesca Angela Merkel vorrebbe addirittura un’unione politica…
 T. S.: Per l’Unione europea, l’unica soluzione sarebbe uno Stato federale, così come la Confederazione svizzera. Nessuno può però prevedere come sarà questo Stato federale europeo. Nemmeno io posso dire quale deve essere la configurazione per assicurare la funzionalità di un’unione politica.
È questo il motivo per cui uno dei suoi detrattori, l’ex ministro delle finanze tedesco Peer Steinbrück, la accusa di non avere prospettive e di dimenticare la storia?
 T. S.: Ho probabilmente una conoscenza storica più ampia della maggior parte dei politici che si sono occupati dell’unione politica. Chi afferma che il mio libro manca di prospettive, vuol dire che non l’ha letto. Dopo tutti gli errori commessi è ora necessario attenersi rigorosamente agli accordi.
Se la Banca centrale europea dovesse diventare inadempiente con la sua continua politica inflazionistica, dovremo rinunciare anche all’unione monetaria. Di soldi, però, la Germania non deve più concederne. Queste sono prospettive sufficienti.
Ciò che manca sono le previsioni. Queste dipendono dal comportamento politico e non si possono predire.
Alexander Thoele e Alexander Kuenzle, swissinfo.ch

Ticino. Ma quanti "squattrinati" ticinesi che non sanno gestirsi
Un terzo dei meno abbienti non può spendere 2000 franchi extra
Un terzo dei ticinesi non è in grado di far fronte a una spesa imprevista di 2mila franchi. È questo, uno degli aspetti più preoccupanti, che emerge dall’indagine sui redditi e le condizioni di vita pubblicata dall’Ustat sull’ultimo numero della rivista “Dati”. Un dato che comunque, come vedremo in seguito, nasconde alcuni aspetti un po’ particolari.
Lo studio ha esaminato in particolare il fenomeno della povertà, partendo dall’interpretazione più restrittiva (privazioni materiali), passando al concetto relativo (la povertà come rischio di non riuscire a mantenere uno standard di vita in linea con quello nel Paese in cui si vive), arrivando all’accezione più soggettiva (la povertà che si manifesta in un deterioramento della qualità di vita percepita).
Per quanto riguarda il primo indicatore di povertà esso stima la quota di persone che non riesce a soddisfare una serie di 9 bisogni che non sono beni di prima necessità, ma valutano la capacità di accedere a far fronte a spese che sono considerati normali e sono: far fronte a una spesa imprevista di 2mila franchi, finanziare una settimana di vacanza fuori casa, pagare tutte le fatture senza accumulare ritardi, permettersi un pasto di carne o pesce almeno ogni due giorni, riscaldare adeguatamente il proprio domicilio, permettersi una lavatrice, un televisore a colori, un computer e un’automobile. In base a questo criterio in Ticino il 7,8% della popolazione risulta in una condizione di privazione e l’1,5% in condizione di privazione grave. Una situazione comunque in linea con la media nazionale. La sola particolarità ticinese riguarda le spese impreviste ai 2mila franchi che sono considerate un problema in Svizzera da una persona su cinque, mentre in Ticino da una persona su tre. Ma emerge anche un altro aspetto: il vero problema non è tanto la disponibilità economica quanto la gestione delle risorse. Infatti si viene a sapere che il numero di persone che non riesce a comparare un’auto è inferiore a quello che non riesca a pagare le bollette. E ancora, come mai tutti riescono a comprare una tv, mentre 7 persone su 100 non riescono a scaldare a sufficienza l’appartamento?
Tra le altre cifre viene evidenziato che il reddito equivalente disponibile mediano è di 43.800 franchi, simile a quello nazionale. E se si considera che la soglia di povertà relativa a livello nazionale è di 28.540 franchi, in Ticino il 19,4% della popolazione si situa al di sotto e viene definito a rischio povertà. E, in ultima analisi, ciò significa che da noi ci sono più persone a rischio povertà rispetto a cantoni come Zurigo e altri della Svizzera nord-occidentale.
09.06.2012

Bozen, oltrepadania. Fondo sociale europeo: 160 milioni fino al 2013
BOLZANO. Per la programmazione Fondo sociale europeo 2007-2013 la Provincia dispone di una dotazione finanziaria pari a 160,220 milioni di euro con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo dell’Alto...
BOLZANO. Per la programmazione Fondo sociale europeo 2007-2013 la Provincia dispone di una dotazione finanziaria pari a 160,220 milioni di euro con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo dell’Alto Adige attraverso misure che favoriscano la competitività, la piena occupazione e la coesione sociale attraverso politiche finalizzate all’innovazione del sistema economico e dei sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro. Nel corso del 2011, come ha riferito Thomas Mathà, direttore della Ripartizione Europa, la Provincia nell’ambito del programma «Competitività regionale e Occupazione» ha proseguito la programmazione su tutti gli assi prioritari di intervento come ha detto il presidente della Provincia Luis Durnwalder. Dal 31 luglio 2007, data di inizio della programmazione Fse, al 31 dicembre 2011 sono stati approvati 763 progetti su 1338 progetti presentati. L’Asse I - Adattabilità vede il maggior numero di progetti approvati pari a 310, seguito dall’Asse IV - Capitale umano con 211.

Bozen, oltrepadania. «L’inno di Mameli disprezza l’uomo»
Polemica in consiglio provinciale per una mozione firmata Knoll e votata ( per sbaglio) anche dalla Svp
BOLZANO. Cosa esprime l’inno di Mameli? «Un’ideologia che disprezza il genere umano» e che «è ostile nei confronti delle minoranze», come mostrano versi come «i bimbi d’Italia si chiamano balilla» o «già l’Aquila d’Austria le penne ha perduto». L’Alto Adige non ha «nulla a che vedere con l’inno». Sono le premesse della mozione approvata ieri in consiglio provinciale e che chiede al governo di esentare le scuole tedesche e ladine dall’obbligo di insegnamento dell’inno, come previsto da una recente norma (per altro già emendata per l’Alto Adige prevedendo che la competenza sull’argomento sia locale).
La mozione è firmata da Sven Knoll ed Eva Klotz e quindi i toni non sorprendono. Ma il documento alla fine è stato votato non solo da tutta la destra sudtirolese ma anche dalla Svp e dalla Lega. Alessandro Urzì (Fli) è durissimo: «Questo voto è un’indecenza morale e politica. Esentare o meno gli studenti dall’insegnamento dell’inno è una questione politica e ognuno la pensa come vuole (e io mi chiedo perché i ragazzi tedeschi e ladini non debbano conoscere il contesto storico dell’inno), ma quelle parole sul “disprezzo del genere umano” sono un’oscenità. E uno sgarbo al presidente Napolitano che a settembre verrà in Alto Adige». Tra l’altro, prosegue Urzì, «sono stato l’unico italiano a intervenire nel dibattito e, insieme a Vezzali, l’unico a votare contro. Il Pd non era in aula ma l’assessore Berger ha detto che l’ok della giunta era dell’intero esecutivo, quindi anche del Pd». Sul punto, però, Christian Tommasini nega: «Io e Bizzo eravamo fuori dall’aula per motivi istituzionali, ma Urzì sa benissimo che il giorno prima (la discussione era iniziata mercoledì, ndr) avevo chiesto a Knoll di ritirare l’intera mozione, figuriamoci quelle premesse. Polemica inutile».
Sul fronte Svp, il capogruppo Pichler Rolle la spiega così: «È stata una svista. Avevamo deciso che avremmo votato le premesse separatamente dal dispositivo, e sulle premesse a vremmo votato no. Poi la discussione si è accesa e tutti (compreso Urzì, ma anche io) ci siamo dimenticati del voto disgiunto. Nel merito invece credo sia stato un buon compromesso: abbiamo rivendicato la nostra autonomia ma lasciato libertà al gruppo italiano di seguire la normativa nazionale». (m.r.)

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