venerdì 8 giugno 2012

..al Centro-Nord per ogni nuovo disoccupato, ce n’è un altro che è stato protetto da cassa integrazione; al Sud, invece, il rapporto è assai diverso, perché su 5 lavoratori toccati dalla crisi, 4 vengono espulsi dal mercato del lavoro a fronte di uno in cassa integrazione.

Il sud se ne va via
Venerdì 08 Giugno 2012 00:32  Redazione
Persi 266mila posti Paese ormai spaccato. Nuovo boom emigrati


Ormai è chiaro: la crisi sta mettendo definitivamente in ginocchio il Mezzogiorno, che con il 27% di occupati di tutto il Paese ha pagato in termini di perdite di posti di lavoro, per il 61%: la Svimez calcola che tra il 2008 e il 2011 in Italia sono andati in fumo 437 mila posti di lavoro, di cui 266 mila nel Sud. Se la disoccupazione esplicita è cresciuta mediamente di meno nel Mezzogiorno, cioè dal 12% al 13,6%, mentre nel resto del Paese è passata da 4,5% a 6,3%, sommando il numero di disoccupati con il numero di inattivi il divario appare nella sua chiarezza: 25,7% al Sud e 10,9% al Centro-Nord.
Il divario tra le due parti del Paese si riflette anche sugli ammortizzatori sociali: al Centro-Nord per ogni nuovo disoccupato, ce n’è un altro che è stato protetto da cassa integrazione; al Sud, invece, il rapporto è assai diverso, perché su 5 lavoratori toccati dalla crisi, 4 vengono espulsi dal mercato del lavoro a fronte di uno in cassa integrazione. Un allarme risuonato nella conferenza Stato-Regioni, dove 2 giorni fa si è chiesto al governo un decreto per garantire gli ammortizzatori sociali in deroga a oltre 200mila lavoratori, che dal prossimo mese non avrebbero di che vivere. Un sos seguito al braccio di ferro tra la Regione Campania e il ministro Fornero circa la richiesta di sbloccare 150 milioni per 30mila cassintegrati locali. «I nodi della crescita e della produttività e competitività dell’economia italiana ripropongono la necessità di costruire “un patto sociale per lo sviluppo, tra istituzioni della politica, ai diversi livelli di governo centrale e locale, pubbliche amministrazioni e rappresentanze sociali» ha ha detto Manin Carabba, consigliere della Svimez e del Cnel, aprendo i lavori del seminario su “Concertazione e governance economica: lavoro, Mezzogiorno e welfare”, che si è tenuto a Roma il 30 maggio. «Il concetto stesso di governance democratica – ha spiegato Carabba con chiara allusione al governo Monti che ha messo da parte la politica della concertazione – implica la ricostruzione di nuovi equilibri tra istituzioni e rappresentanza sociale». E come conseguenza dell’aggravarsi della forbice Nord-Sud, è ripresa la diaspora dei giovani meridionali verso la parte più dinamica del Paese: negli ultimi dieci anni 630mila persone sono emigrate al Nord. Di questi, la metà, circa il 48%, sono giovani under 34 (302.400). quasi 1 su 5 è laureato: 113.400, pari al 18% del totale dei migranti. Le nuove migrazioni: i residenti nel Mezzogiorno che, pur non cambiando residenza, lavorano al Centro-Nord sono passati a 134mila. Dei 134mila pendolari di lungo raggio del 2010, ben il 65% ha meno di 34 anni (88.230), e uno su quattro è laureato (45mila, pari al 26%). Uno tsunami demografico, che da un lato vede un Sud spopolato, dall’altro rileva un Nord che fa più figli. Il Mezzogiorno rischia di essere sempre più vecchio: negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2011, la popolazione italiana è aumentata di circa 2 milioni e mezzo. Di questi, ben 2 milioni e 400mila sono al CentroNord. Al Sud la popolazione non cresce più.(+83mila abitanti in dieci anni). Sfatato anche il mito del Sud prolifico: nel 2010 il numero di figli per donna al CentroNord è stato di 1,7 contro l’1,5 del Sud. Non va meglio nei prossimi 40 anni: sono i vecchi che seppelliscono i giovani. In base a stime Svimez il Sud perderà nel 2051 oltre 2milioni e 300mila giovani under 29, che cresceranno invece al Centro-Nord di 818mila unità. Segno negativo anche per la classe di età compresa tra i 30 e i 74 anni: meno 2 milioni e 600mila al Sud, più del doppio del Centro-Nord (meno 1 milione 300mila). A svettare sono gli over 75: cresceranno di 5 milioni 400mila nel Centro-Nord, e di 2 milioni 600mila al Sud. Secondo il vice direttore della Svimez Luca Bianchi «la sistematica esclusione delle nuove generazioni dai processi di sviluppo, soprattutto al Sud, è la vera emergenza attuale». Secondo l’economista «le chance di ripresa della crescita sono legate ad un nuovo patto sociale tra Sud e Nord che ponga al centro le politiche per l'inserimento di giovani qualificati nei processi produttivi».

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