domenica 3 giugno 2012

pm_3.6.12/ Arroganza ed umiliazione

Marò, il gioco ambiguo dell'India
Marò: dichiarazione del Presidente del Consiglio
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San Ferdinando di Puglia. Il carciofo in «caduta» aziende sul filo di lana
Tagli spesa: uffici, acquisti e personale, ecco le voci su cui intervenire
Svizzera. Caccia al tesoro nell'immondizia

Marò, il gioco ambiguo dell'India
Forse il governo indiano e quello del Kerala si aspettano anche un ringraziamento dall'Italia. La loro arroganza e la nostra umiliazione continuano ininterrottamente da mesi. I due marò del San Marco ora saranno ospitati in un albergo e non più rinchiusi in una prigione. Ma la loro libertà è ancora lontana e le gravi accuse ancora pendenti: non più il ridicolo "terrorismo dei mari" ma sempre omicidio premeditato dei due pescatori indiani.
Il chief minister, il premier del Kerala, continua a dire ai suoi giornali che i due italiani sono colpevoli e andrebbero condannati. Un giudizio prima del processo, un pesante condizionamento sugli inquirenti, giusto per restare nel solco comportamentale degli indiani in questa vicenda: le prove se le sono create da soli, le accuse espresse senza consistenza, lo sciovinismo sopra ogni realtà giudiziale. Anche in un democrazia come quella indiana, lo straniero è una facile scappatoia perché la gente non pensi alla crisi economica montante e alle dispute politiche del Kerala.
 3 giugno 2012

Marò: dichiarazione del Presidente del Consiglio
2 Giugno 2012
“Esprimo la viva soddisfazione del Governo e mia personale per la liberazione, avvenuta oggi su cauzione, dei nostri marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti da oltre tre mesi nel Kerala (India) a seguito di un incidente avvenuto in acque internazionali. Ho porto telefonicamente i sentimenti di gioia del popolo italiano al maresciallo Latorre e al Secondo Capo Girone e ho potuto constatare la loro forza e fierezza, malgrado la dura esperienza di questi mesi.
“Un obiettivo importante della nostra azione è stato così raggiunto. Ma la conclusione finale che vogliamo, per la quale abbiamo lavorato fin dal primo giorno con determinazione nei confronti delle autorità indiane di ogni livello, è il ritorno in Italia dei nostri militari.
“Il risultato oggi conseguito è frutto dell'incessante impegno dei Ministri della Difesa, degli Esteri, della Giustizia e delle rispettive Amministrazioni, nonché dello stretto coordinamento al quale abbiamo improntato l'intera operazione, rivolta ad una finalità così rilevante non solo per i due militari, ma anche per la dignità nazionale dell'Italia, profondamente sentita dall'opinione pubblica e dalle forze politiche.
“Trovo significativo che la liberazione sia avvenuta proprio nel giorno della festa della Repubblica e all'indomani di un altro risultato significativo: la rapida liberazione di Modesto Di Girolamo, sequestrato in Nigeria lunedì scorso. Anche per questo evento esprimo la soddisfazione del Governo e l'apprezzamento per tutti coloro che vi hanno contribuito”.
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San Ferdinando di Puglia. Il carciofo in «caduta» aziende sul filo di lana
SAN FERDINANDO DI PUGLIA - Confagricoltura Foggia esprime grande preoccupazione per le segnalazioni giunte da parte di Associati sulla forte crisi del mercato del carciofo, evidenziando nell'ultimo periodo un importante crollo dei prezzi del prodotto in campo, e successivamente un completo blocco delle vendite. Non vi è più richiesta. La produzione foggiana, di questo prodotto è concentrata prevalentemente nell'area tra Foggia, Carapelle e Ortanova sino a giungere al triangolo d’oro del basso Tavoliere ora nella Bat, e cioè San Ferdinando di Puglia, Margherita di Savoia e Trinitapoli, ed è questo il periodo di maggior produzione, dove le aziende potevano contare su un'implementazione del reddito.
Da un'indagine condotta da Confagricoltura Foggia si è giunti alla conclusione che la deflazione dei prezzi dall'inizio della campagna agraria ha subito una flessione del -20% rispetto all'anno precedente sino a toccare -46.4% prima del blocco definitivo. Anche le altre produzioni orticole risentono di una flessione del -25,8%, specialmente le coltivazioni di patate e cipolle nelle Zone di Zapponeta, Manfredonia e Margherita di Savoia, che non fanno altro che appesantire ulteriormente la situazione finanziaria con importanti ripercussioni negative sull'indotto e sulla manodopera impiegata, in una provincia la cui economia è basata prevalentemente sul comparto agricolo.
«Facile immaginare gli effetti di una simile situazione, per la quale appare necessario ed urgente individuare misure capaci di ridare impulso al mercato per la ripresa delle vendite dei prodotti in uno a strumenti di attenuazione della crisi finanziaria», ha dichiarato il Direttore di Confagricoltura Foggia Alfredo Giordano con una lettera indirizzata al Direttore Area Sviluppo Assessorato regionale Agricoltura Gabriele Papa Pa gliardini. «Si attendono risposte immediate, la crisi sta strozzando le nostre aziende», rimarca ancora una nota della Confagricoltura Foggia. Le tradizioni legate al carciofo, non va dimenticato, hanno anche altri effetti e ricadute per il territorio come l’organizzazione dell’annuale fiera del carciofo, punto di riferimento nazionale ospitato proprio a San Ferdinando di Puglia.

Tagli spesa: uffici, acquisti e personale, ecco le voci su cui intervenire
La spending review deve portare benefici strutturali per 100 miliardi. Una postazione di lavoro allo Stato costa dieci volte di più
ROMA - I commercialisti italiani propongono – un po’ provocatoriamente un po’ no – un’Agenzia delle uscite con poteri sanzionatori per costringere la pubblica amministrazione a procedere con i tagli alla spesa. E persino il leader di Rifondazione comunista Paolo Ferrero è disponibile a ragionare su proposte selettive di tagli. Il ministro per i rapporti con il parlamento Piero Giarda, autore di un rapporto sulla spesa pubblica, dice che è possibile incidere su uno stock di 100 miliardi. Ma sul fronte della spending review, nelle prossime settimane vedremo presumibilmente solo dei primi aggiustamenti per fare un po’ di cassa. Il governo vorrebbe riuscire a sostituire l’aumento dell’Iva con i tagli, ma è molto difficile. Al momento le stime sul lavoro del commissario Bondi valutano in 4 miliardi l’obiettivo massimo per quest’anno. Esistono ragionevolmente degli spazi per fare di più? Ovviamente sì, esistono. E infatti Giarda ha chiesto ai ministri di indicare tagli strutturali e permanenti per i prossimi tre anni.

La spesa pubblica. La nostra spesa pubblica è pari a 800 miliardi di euro circa, oltre il 50 per cento del pil. In questa massa ci sono margini per tagliare la spesa e di conseguenza per alleggerire la pressione fiscale: basti pensare che ancora nel 1980 la spesa pubblica era solo il 41,4% del pil, il 36,9 al netto degli interessi. Come si arriva a tutti questi soldi? Leggiamo una tabella del rapporto elaborato da Giarda e reso pubblico a marzo. La prima voce sono i cosiddetti consumi pubblici, 328 miliardi nel 2010. Poi le pensioni, 240 miliardi nel 2010 (30% del totale della spesa a cui bisogna aggiungere i trasferimenti alle famiglie). Poi le spese per interessi, 70 miliardi (che superano ormai stabilmente le spese per gli investimenti, solo 53,9 miliardi nel 2010).
 Sulle pensioni si è intervenuto con una riforma che produrrà risparmi a regime nei prossimi anni e che però in una stagione recessiva sta creando qualche problema alle aziende in ristrutturazione. La riforma corregge alcuni aspetti di un andazzo terribilmente generoso. È sufficiente un dato: dal 1980 al 2008 il valore medio annuo di una pensione – ai prezzi del 2000 – è passato 5.000 a 8.200 euro, con un ritmo di crescita superiore a quello del Pil. Terza voce, le spese per interessi. Dipendono dall’andamento del mercato, dalle aste dei titoli pubblici e sono influenzate dalla capacità dello stato di ridurre e sostenere il debito.

Stipendi e servizi. Così la voce su cui ci sono più margini è quella dei consumi pubblici, stipendi, spesa per beni e servizi, trasferimenti alle regioni. Per una specie di tabù federalista, i trasferimenti alle regioni erano stati esclusi dall’attività della commissione Bondi, anche se Giarda dice che gli enti locali saranno interessati dall’azione di revisione del governo. Idem gli stipendi pubblici. Sui quali c’è una nota interessante da fare. Valgono oltre 150 miliardi di euro. In teoria la dinamica delle retribuzioni sarebbe sterilizzata dal blocco del turn over e dal congelamento degli aumenti. Ma, come spiega Gilberto Muraro, professore di Scienza delle Finanze a Padova, il quale presiedette la commissione per la riforma della finanza pubblica istituita dall’allora ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, «in passato lo stop al turn over è stato aggirato dal ricorso ai precari, e gli aumenti bloccati vanificati dal ricorso alle promozioni. Segnali di allarme per il futuro».

I tagli possibili. In che ambito si può cercare di ridurre i cosiddetti consumi pubblici? «Premesso che i tagli per essere permanenti devono essere strutturali, quindi non devono rispondere a una logica istantanea, cioè tagli immediati che assomigliano a una molla compressa. Ci sono quattro cose su cui si può lavorare. La prima è il personale. Mandare in pensione quelli che si possono mandare in pensione (la riforma è un problema da questo punto di vista), prendere oculatamente dei giovani quando servono». E qui gioca un ruolo significativo il vincolo della non licenziabilità, con tutto il dibattito di questi ultimi mesi sull’applicabilità dell’articolo 18 al settore pubblico. Secondo una stima elaborata dal ministero dell’Economia le eccedenze di personale nella pubblica amministrazione potrebbero arrivare a quasi 300.000 unità. E solo il ministero della Difesa ha avviato un piano organico di riduzioni.
 «Seconda questione – continua Muraro – lavorare sulle procedure della P.A. Esempio: l’allungamento della validità della carta di identità da 5 a 10 anni è di per sé un episodio banale ma efficace, per capire come si può tagliare strutturalmente la spesa pubblica pensando che nelle procedure amministrative ci sono centinaia di casi in cui il cambiamento implica una riduzione strutturale del lavoro e quindi del fabbisogno del personale». Restando nel ramo dei documenti di identità, ecco un altro minuscolo esempio: per ottenere un permesso di espatrio per un bambino bisogna produrre un certificato di nascita, ma il certificato di nascita online – dice una nota che viene stampata in calce al documento – «non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione». Dunque per ottenere fisicamente un documento dall’ufficio x devo chiedere fisicamente un altro documento all’ufficio y. Basta moltiplicare per 23 milioni di famiglie e 5 milioni di imprese una procedura di questo tipo e ci rendiamo conto quanto è inutilmente impegnato il personale della P.A.
 Dice ancora Muraro: «C’è un terzo ambito di intervento. La razionalizzazione degli uffici. Accorpamento di tribunali, prefetture e di tutti gli uffici che ora agiscono su base provinciale». C’è un dibattito sulla duplicazione orizzontale delle competenze, basti pensare per esempio alle funzioni che si intrecciano o si sovrappongono nella gestione delle finanze, tra Ministero, agenzie delle Entrate, Demanio, Territorio, Monopoli, Sogei, Equitalia, Consip. Qual è il quarto campo di interventi possibili? «Il risparmio sugli acquisti di beni e servizi – spiega Muraro – quel fenomeno per cui come abbiamo visto in questi giorni una siringa può costare 100 a Palermo e 50 a Milano. Perché queste discrepanze? Bisognerebbe allargare l’ambito di applicazione degli acquisti centralizzati, quelli che passano attraverso Consip».

Il privato costa meno. Nelle pieghe della spesa pubblica ci sono fenomeni notevoli. Sul numero di dicembre scorso della rivista del pubblico impiego del Sole 24 Ore Francesco Verbaro, già segretario generale del ministero del lavoro e direttore dell’Ufficio personale della Funzione Pubblica, scrive che una postazione lavoro nella pubblica amministrazione – fatta di affitti, attrezzature, manutenzione, eccetera – ha un costo molto più alto dell’equivalente nel privato. Presso le aziende di servizi che fittano postazioni di lavoro a Roma, se ne possono trovare a 700-800 euro al mese. «Per il pubblico il costo si aggira fino a dieci volte tanto», scrive Verbaro. Cioè si prendono in affitto immobili troppo cari, si comprano materiali a prezzi troppo alti, si pagano contratti di pulizia e manutenzione al di sopra dei valori di mercato. I margini di risparmio potenziali sono molto alti.
 Se si riuscisse a intervenire con precisione su personale, acquisti, organizzazione degli uffici, sarebbe possibile tagliare del 2-3% quegli 800 miliardi di spesa pubblica e ridurre di conseguenza la pressione fiscale. Ricordiamo che la detestata Imu ha un gettito tutto sommato relativo rispetto alle grandi imposte come Iva e Irpef. Si stimano poco più di 20 miliardi di euro, appunto circa due punti e mezzo sul totale della spesa pubblica.

Svizzera. Caccia al tesoro nell'immondizia
Di Clare O'Dea, swissinfo.ch
Ogni abitante della Svizzera in media nel 2010 ha prodotto 707 kg di rifiuti urbani, ossia il 40% in più della media dell'Unione europea. Ma il commercio dei rifiuti è diventato un affare redditizio, grazie al modello di smaltimento e di riciclaggio messo in atto.
 C'è domanda per tutti i tipi di materiali riciclabili, dagli scarti edili allo sterco elefante, purché i costi di trasporto siano accettabili. Con 650 aziende attive nel settore, la concorrenza, in questo mercato di 20 milioni di tonnellate di materiale usato che cambiano di mano in Svizzera ogni anno, è in crescita.
Una ditta svizzera – l'abfallboerse.ch (borsa dei rifiuti) – si è ritagliata una nicchia fornendo un servizio online che mette in contatto chi produce rifiuti con chi li smaltisce. Le informazioni su chi si sbarazza di cosa restano rigorosamente riservate, precisa a swissinfo.ch Kurt Muther, fondatore della società.
"Sulla base dei rifiuti prodotti da un'azienda, gli insider industriali possono fare stime precise sulla produzione. Dunque possono risalire a informazioni sensibili", spiega Muther.
"Ad esclusione di materiale radioattivo, siamo in grado di gestire qualsiasi categoria di rifiuti: cartone, carta, plastica, metalli, rottami, legno, rifiuti ospedalieri, organici, edili, liquidi e quant'altro".

Valore aggiunto
 "I rifiuti organici, come per esempio il letame, nei bilanci si sono spostati dalla voce dei debiti a quella dei crediti", aggiunge Muther. "Il letame è molto richiesto dai produttori di compost e per gli impianti a biogas". Attraverso la piattaforma in rete, l'abfallboerse.ch, che rappresenta i produttori di scorie, analizza il mercato, individua il miglior prezzo per i rifiuti e calcola se la rimozione costituisce un costo o un guadagno.
"La concorrenza sta funzionando bene in Svizzera, con qualche variazione regionale. In particolare, nella Svizzera francese a causa della mancanza di concorrenza i costi di smaltimento sono il 20% più elevati", dice Muther.
"Abbiamo dati affidabili che indicano che attualmente vengono trasportati sulle strade della Svizzera più di 20 milioni di tonnellate di rifiuti all'anno. Se si applica un prezzo di mercato per i costi di trasporto e di smaltimento di questo volume di rifiuti, senza includere le infrastrutture di smaltimento, si arriva a un mercato potenziale di 2.8 miliardi di franchi".

Un successo
 Da solo, il settore edile rappresenta più dei due terzi del volume dei rifiuti in Svizzera. La buona notizia è che ben l'80% è riciclato. Una proporzione da record a fronte del 46% dell'Unione europea. L'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM) ha giocato un ruolo chiave nel rafforzamento del tasso di riciclaggio nel settore delle costruzioni e demolizioni negli ultimi dieci anni.
La forza del sistema svizzero di gestione dei rifiuti è dovuta al fatto che a legislazione è basata sulla consultazione. "Il risultato è una normativa abbastanza equilibrata che si può applicare in modo efficiente", dice a swissinfo.ch Robin Quartier dell'UFAM.
Una disposizione importante è l'obbligo di ordinare materiali presso il cantiere di demolizione. "In Svizzera non si può semplicemente demolire un edificio, farne un grande mucchio di macerie e portarlo alla più vicina discarica. Si devono dividere i rifiuti di demolizione combustibili e non combustibili", spiega il funzionario.
Inoltre le tariffe relativamente elevate incentivano i costruttori a portare meno materiale possibile in discarica.
Le macerie di cemento possono essere macinate e usate per produrre calcestruzzo fresco. Negli ultimi dieci anni le autorità hanno concentrato gli sforzi nella creazione di una domanda di questi materiali riciclati.
"Costruire con materiali riciclati era tecnicamente possibile da anni, ma la gente sceglieva materiali nuovi per la costruzione di case e altri edifici. Si è dovuto faticare molto. Ad esempio si sono introdotte norme tecniche per portare gli ingegneri a lavorare con questi materiali, per agevolare l'accesso al mercato", racconta Quartier.

La questione dei materiali combustibili
 Una legge in vigore dal 1° gennaio 2000 proibisce di portare i rifiuti combustibili in discarica. La regola è: tutto quel che è combustibile, deve bruciare. In Svizzera oggi il 50% di tutta l'immondizia urbana finisce in 29 inceneritori sparsi nel paese, mentre il resto è raccolto separatamente, suddiviso e riciclato.
Secondo l'UFAM, l'incenerimento contribuisce a ridurre le emissioni inquinanti e preservare le risorse. Il volume dei rifiuti è ridotto del 90 per cento.
Gli inceneritori, che sono di proprietà dei cantoni o dei comuni, in Svizzera sono accettati come parte integrante del paesaggio e del sistema, contrariamente ad altri paesi, come la Francia e l'Irlanda, dove suscitano resistenze.
Tutti gli impianti sono dotati di filtri elettrostatici che intrappolano ceneri e polveri. La maggior parte delle ceneri raccolte dai filtri vengono trattate in Svizzera. Il resto viene inviato in Germania, dove viene immagazzinato in miniere di sale dismesse, appositamente attrezzate.

Oltre i confini nazionali
 Nel 2010, la Svizzera ha esportato 214mila  tonnellate di scorie pericolose, pari al 12% del totale. Parallelamente ha importato circa 31mila tonnellate.
La Svizzera ha presentato una domanda di adesione alla Rete dell'Unione europea per l'implementazione e l'applicazione della legislazione ambientale (Rete IMPEL). Uno dei vantaggi che comporterebbe, sarebbe di "coordinare e risolvere i problemi del movimento transfrontaliero dei rifiuti".
La gestione dei rifiuti è un affare mondiale e le grandi multinazionali come Veolia, Loacker Recycling e Remondis sono presenti anche in Svizzera. Secondo Muther, stanno comprando aziende di smaltimento locali di medie dimensioni. "Questa è la strategia giusta perché le conoscenze locali sono essenziali", osserva.
Dato che la catena della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti è ben gestita e regolamentata, adesso l'attenzione politica si rivolge ai modi di ridurre l'impatto ambientale dei beni e servizi utilizzati dalla popolazione svizzera.
Tuttavia, per raggiungere la sostenibilità c'è ancora una lunga strada da percorrere. In un rapporto pubblicato di recente, il WWF stima che se il resto del mondo vivesse in un modo simile a quello svizzero, sarebbero necessari 2,82 pianeti per sostenere il consumo globale.
 Clare O'Dea, swissinfo.ch
(Traduzione dall'inglese: Sonia Fenazzi)

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