domenica 15 luglio 2012

(2)_XV.VII.MMXII/ Bancarotta etnica “u Trst: onda bombardira napoli” (quindi bombardare i napoletani).===Trst, oltrepadania, la Corte dei Conti: per i dipendenti pubblici si spende più della Sicilia.---La pressione sugli stati membri dell'Eurozona - dice Hoyer - e dell'Ue per rimettere in ordine le proprie case continuera' a lungo.

Crisi: Hoyer (Bei), in Europa durera' oltre due anni
Svezia. Il Paese cresce grazie alle riforme degli anni 90
Trst, oltrepadania. Costi del personale quasi da record
Udin, oltrepadania. Gli imprenditori del Nord est: no al porcellum e Monti a termine

Crisi: Hoyer (Bei), in Europa durera' oltre due anni
11:53 15 LUG 2012
(AGI) - Berlino, 15 lug. - La crisi del debito europeo durera' oltre due anni. Lo sostiene il numero uno della Bei, la Banca europea per gli investimenti, in un'intervista al settimanale tedesco Focus. "La pressione sugli stati membri dell'Eurozona - dice Hoyer - e dell'Ue per rimettere in ordine le proprie case continuera' a lungo". "Non durera' solo uno o due anni". Hoyer non fa previsioni precise, ma ritiene che la crisi non terminera' prima di due-tre anni. Inoltre avverte i leader europei che la Bei non va considerata una panacea. Alla fine di giugno i leader europei hanno deciso di incrementarne di 10 miliardi di euro il capitale portandolo a 60 miliardi di euro.

Svezia. Il Paese cresce grazie alle riforme degli anni 90
La Svezia è un Paese che cresce. La crisi dell'euro pesa sulle esportazioni, ma la stima del Pil del primo trimestre del 2012 è di un +1,4 per cento. Anche Stoccolma, però, all'inizio degli anni 90 ha avuto la sua tempesta finanziaria (poi economica) e Carl Hamilton se la ricorda bene, essendo allora il numero 2 del ministero delle Finanze.
«La valuta perse il 15%, il deficit arrivò al 12%, il Pil crollò del 4,4% e la disoccupazione s'impennò», rievoca quest'uomo posato, 66 anni, oggi presidente del Comitato Affari europei del Parlamento. «All'epoca c'era un Governo conservatore che poi perse le elezioni. La spesa fu ridotta, alcune tasse furono alzate, riformammo le pensioni, avviammo le liberalizzazioni, soprattutto creammo un'agenzia per gestire il processo di risanamento del sistema bancario».
Ma l'opposizione?, lo interrompo. Le proteste di piazza? «L'opposizione vinse le elezioni successive senza poi smantellare nulla, anzi. Né i sindacati fecero una guerra senza quartiere perché non c'era altra via. In Svezia l'approccio è quello del consensus: quando si è in crisi, si converge sull'obiettivo comune che è quello di superarla», spiega Hamilton.
Ma l'euro sopravviverà a questa bufera? «Il problema non è la moneta unica, ma il debito. Ci sono Paesi come l'Islanda o la Gran Bretagna che non sono nell'euro eppure sono in difficoltà, avendo accumulato un debito enorme. Stati come la Finlandia, fino a poco fa l'Olanda, la Germania ovviamente, non hanno alcun problema». Quindi? Come si esce da questa impasse? «La chiave, a mio parere, sta nei poteri e nel ruolo della Bce. Oltre che nella volontà di Berlino». (E.D.C.)
 15 luglio 2012

Trst, oltrepadania. Costi del personale quasi da record
La Corte dei Conti: per i dipendenti pubblici si spende più della Sicilia. Preoccupa il livello di indebitamento degli enti locali
TRIESTE. «La spesa pubblica del Friuli Venezia Giulia cresce in misura sensibilmente, di più rispetto alla media nazionale e gli enti locali hanno debiti troppo elevati». Lo sostiene la sezione regionale della Corte dei Conti che venerdì ha decretato la parificazione del rendiconto generale della Regione Friuli Venezia Giulia per l’esercizio 2011. Se, infatti, per i magistrati contabili l’attuale amministrazione si è distinta per l’abbattimento del debito e per la riduzione del personale, che in un anno è calato dell’8,8 per cento (264 unità); particolare attenzione va, però, dedicata alla continua crescita della spesa pubblica.
 «La spesa del settore pubblico allargato in ambito regionale, nel 2010, si è collocata a 15.521 euro por capite – si legge nella relazione –. Anche nella sommatoria della spesa tra l’amministrazione regionale e quelle locali, il Friuli Venezia Giulia, con una spesa pro capite di 3.512 euro, di cui 2.085 per la prima e 1.427 euro per le seconde è preceduta soltanto da Valle d’Aosta, e le Province autonome di Trento e Bolzano. Analago riscontro – continua la Corte dei Conti – si ha in riferimento alla spesa per il personale della Regione che, con 1.778 euro pro capite, registra un valore inferiore solo a quello delle altre regioni a statuto speciale, eccezion fatta per la Sicilia che segna un valore inferiore di circa il 7,65%».
 Secondo la Corte di Conti, poi, dati ancor più «significativi si registrano in merito al costo del debito e all’indebitamento degli enti locali. Le risultanze sono preoccupanti, considerando che la progressiva riduzione del debito costituisce il principale obiettivo del patto di stabilità Regione-enti locali. Il costo del debito, riferito sempre al 2010, è di 174,1 euro pro capite a fronte di una media nazionale di 84,5. In questa classifica il Fvg distanzia persino la Valle d’Aosta, la seconda “peggiore” con 139,7 euro».
 «Le risultanze – si legge ancora nella relazione – sono confermate dalla consistenza del debito degli enti locali per mutui: 181,10 euro pro capite, un valore che è almeno doppio di quello di ogni realtà regionale. Il dato del Fvg è più che triplo dell’omologo valore medio nazionale, che è di 50,9. Pare anche utile segnalare – continuano i magistrati contabili – che la disamina dell’andamento storico dell’accensione dei mutui è individuata nel 2007 (l’anno in cui la riduzione del rapporto debito-Pil è diventato il principale obiettivo del Patto di stabilità regionale), il momento in cui il trend regionale, fino ad allora sostanzialmente allineato, in discesa, a quello nazionale, ha invertito la sua rotta iniziando a crescere, mentre il trend nazionale continuava a diminuire».
 «Analogamente, anche in riferimento allo stock di debito esistente al primo gennaio dell’anno scorso, il risultato del Fvg (1.456,6 pro capite) si colloca al primo posto nel panorama nazionale, il cui valore medio è di 838,8 euro. Anche in questo caso – sottolinea la Corte dei Conti – il Friuli Venezia Giulia precede la Valle d’Aosta che ha un residuo debito pro capite di 1.304,7 euro». Queste dinamiche secondo i giudici contabili «riguardano anche la spesa sanitaria. Nell’ambito di una disanima comparativa su scala nazionale, nel 2011 il dato Fvg era di 2.074 euro pro capite a fonte di un dato medio di 1.851. Davanti soltanto le Province di Trento e Bolzano, la Valle d’Aosta. Appare indispensabile una rivisitazione di alcune logiche di fondo che hanno guidato il legislatore regionale. E comunque la Regione si dovrà adeguare alla nuova legge (aprile) su pareggi di bilancio».

Udin, oltrepadania. Gli imprenditori del Nord est: no al porcellum e Monti a termine
Così la classe dirigente nell’indagine di Fondazione Nord Est: «Via i partiti minori ed elezione diretta del presidente»
di Silvia Oliva
 UDINE. «L’attesa della classe dirigente nordestina per la prossima legislatura è quella di poter contare su un sistema di governo in cui il ruolo dell’elettorato appaia più direttamente coinvolto nelle scelte sia del Presidente della Repubblica sia del Premier e in cui la durata della legislatura sia meno vincolata e influenzata dalle dinamiche e dai conflitti interni a coalizioni legate più da motivi elettorali che di programma comune». Sono questi in sintesi i principali risultati della periodica indagine «One», realizzata dalla Fondazione Nord Est e promossa da Intesa Sanpaolo, per raccogliere, appunto, le opinioni della classe dirigente nordestina in merito a questioni di attualità politica, economica e sociale. Interviste che si spingono fino al ruolo, presente e futuro, dell’attuale premier Mario Monti e sulla possibilità-necessità che sulla scena politica si inseriscano altri soggetti.
 Per garantire maggiore stabilità al sistema il primo elemento che emerge nelle opinioni raccolte dalla Fondazione Nord Est è quello di «limitare la presenza dei partiti minori in seno al Parlamento, inserendo nella nuova legge elettorale una soglia di sbarramento importante, così come auspicato da ben il 96,4 per cento degli intervistati. La riforma del sistema di voto, inoltre, appare più urgente rispetto a quella del sistema costituzionale che per il 77,5% può essere rinviata alla definizione e approvazione da parte del futuro Parlamento. Alla cui elezione, tuttavia, pare indispensabile arrivare con la promulgazione di una nuova legge elettorale necessaria per superare i limiti della attuale, oggetto di ripetute critiche tanto da guadagnarsi la definizione di legge porcellum».
 La maggioranza del campione, in merito alla forma di Governo auspicabile per l’Italia, «esprime preferenza per un sistema semi-presidenziale alla francese in cui – sempre secondo l’indagine One realizzata per il gruppo Intesa SanPaolo – sia prevista l’elezione diretta del Presidente della Repubblica il cui ruolo supererebbe quello attuale di garante, per diventare controparte pienamente politica del Parlamento stesso».
 Sugli obiettivi – si legge nelle sintesi del sondaggio – che la nuova legge elettorale dovrebbe perseguire emergono due punti fermi: «da un lato la necessità che con il voto venga scelta una maggioranza netta guidata da un unico partito (51,3%) e dall’altro lato che la scelta del Premier sia fatta ex ante rispetto alle elezioni, in modo che gli elettori possano esprimere direttamente la preferenza anche per chi sarà chiamato a guidare l’Esecutivo (83,0%). Se la maggioranza, poi, si esprime a favore della necessità di affidare la guida del paese a un partito unico e forte, un quarto del campione si esprime, invece, auspicando la creazione di una coalizione di grandi intese tra i partiti esistenti, mentre un altro 23,8% ritiene necessario che nella scena politica attuale si inseriscano nuovi soggetti politici».
 Nuovi soggetti politici che soltanto per il 16,4 per cento della classe politica nordestina «dovrebbero coinvolgere l’attuale premier. Infatti – secondo le risposte del sondaggio –, l’83,6% ritiene che il professor Monti, una volta portate a termine le riforme necessarie, non debba ricandidarsi e che la sua esperienza alla guida dell’Esecutivo debba rimanere limitata a quella di un Governo tecnico, creato con lo scopo preciso di affrontare nei tempi dell’attuale legislatura i nodi più critici per il Paese in termini di debito pubblico, gestione della crisi, rilancio della crescita e della credibilità italiana nel contesto internazionale».


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